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Autore: lucifermorningstar    03/07/2018    1 recensioni
Seattle. Il Corvo, un Conduit o come preferiscono chiamarlo alcuni: "Bioterrorista" compierà quello che si potrebbe definire un Butterfly Effect. Un piccolo gesto cambierà totalmente il suo destino, legandolo in maniera indissolubile a quello di un altra persona.
{Crossover. Personaggi di LIS nel mondo di Infamous Second Son} {Coppia: Pricefield}
Genere: Azione, Fantasy, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Chloe Price, Max Caulfield, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Seattle 5 Ottobre 2018

Stare in compagnia di Chloe era strano. Non strano perchè l'altra faceva qualcosa di strano ma perchè anche se si erano appena conosciute le sembrava di conoscerla da una vita. Era simpatica e aveva una sorta di fascino che non sapeva spiegarsi. Forse era quella chioma azzurra o il suo modo di fare cosi diverso dal suo ad attrarla. Non sapeva stabilirlo e la cosa la faceva impazzire. Era abituata a scoprire le cose, capire le proprie emozioni e capire le persone con uno solo sguardo, studiando i dettagli su di loro come un critico poteva fare con un quadro. Ma non ci riusciva con Chloe per una qualche ragione.

Magari era anche per questo che aveva deciso di fermarsi a parlare con la ragazza. Forse perchè dopo essere passata in un incubo fatto locale, lei era stata in grado di farla sorridere con il suo modo di fare gentile, anche se Max era solo una sconosciuta per lei. O forse dietro c'era un altro motivo. Era difficile da spiegare ma si sentiva fin troppo a proprio agio con Chloe, qualcosa le punzecchiava la testa ma non capiva cosa e questo le impediva di concentrarsi a dovere. Chiaccheravano amichevolmente e, ad una prima occhiata, anche Chloe sembrava essere a suo agio con lei. Aveva deciso di farla parlare ancora, di scucirle qualcosa per capire il segreto del fascino di Chloe.

Si erano raccontate a vicenda qualche episodio sulla propria vita senza andare troppo nel dettaglio ma imparando a conoscersi. Stavano facendo amicizia in pratica. Chloe rivelò che il suo patrigno era un poliziotto, o come diceva lei: uno stronzo che voleva comandarla a bacchetta. Scoprì anche di come sua madre lavorava come cameriera e di come secondo lei era la donna più buona del mondo.

Max le rivelò di come aveva lavorato come fotografa freelance per un giornale, qualche tempo prima di iniziare la sua attività d'investigatrice privata. Le rivelò le passioni e più parlavano, più si accorgeva di una cosa. Se su alcuni aspetti erano completamente in sintonia, in altri erano tutt'altro che simili. A Chloe piaceva bere birra e alcolici, fumare erba, attirare l'attenzione con quei magnifici capelli blu e il suo modo di vestire stile "cattiva ragazza" mentre Max non fumava, non beveva e preferiva restare nell'ombra. Avevano caratteri diversi eppure stavano bene insieme. L'investigatrice le disse che era in compagnia di una sua amica quella sera, descrivendogliela per vedere se l'altra poteva averla incontrata, anche per puro caso. Quando sentì la descrizione Chloe fece una faccia strana, scuotendo il capo in maniera vistosa. Chloe iniziò a farle un paio di domande riguardo la sua amica, per curiosità pensava Max.

-Come si chiama questa tua amica?-

-Steph. E' un tipo particolare e penso che la incontrassi saresti il suo tipo....o lei il tuo- L'aveva buttata lì, giusto per raccogliere altri indizi su di lei. La ragazza dai capelli blu sorrise prima di ridacchiare sotto i baffi con un che di mesto e scuotere il capo in segno di diniego.

-Nah, sono una ragazza particolare io e ho gusti particolari. E poi l'ultima relazione che ho avuto con una ragazza è finita da schifo quindi...- Scrollò le spalle e, seppur Max era curiosa di sapere di più su Chloe, optò per sorvolare sull'argomento.

Raccontò di come Steph era una ragazza lesbica, buttata fuori di casa a calci dai genitori omofobi ma di come nonostante questo era felicissima perchè sostenuta dai propri amici. Avevano un bel rapporto loro due anche se non erano amiche molto strette. Le raccontò di come si erano conosciute per caso quando, un giorno mentre stava facendo foto in giro una ragazza dai capelli neri era venuta con uno sguardo furibondo a toglierle la fotocamera dalle mani. La tipa in questione era la fidanzata di Steph, gelosa come una iena, che credeva stesse fotografando Steph. Quest'ultima era subito arrivata a sbollentare la situazione, restituendole la fotocamera e dopo aver cacciato la sua ragazza in malomodo le aveva chiesto scusa per quanto accaduto. Da lì era stato tutto in discesa, scoprendo di avere delle amicizie in comune avevano iniziato a fare qualche uscita, ed erano diventate grandi amiche. Chissà come sarebbe finita la serata se non avessero sentito le sirene della polizia.

Chloe si era innervosita quando le sentì, mostrandosi tesa come la corda di un violino. L'investigatrice lo notò, guardandola una seconda volta e stava per chiederle qualcosa al riguardo quando altre sirene arrivarono. Non ci avrebbe fatto nemmeno caso, dato il quartiere dove si trovavano, ma il numero di sirene sopraggiunte nelle vicinanze era decisamente elevato.

-Ma che succede?-

 

Seattle 5 Ottobre 2018 

 

"La vita di un poliziotto fa schifo" Era questo che si stava ripetendo mentalmente da quando erano arrivati sulla scena.

Un sospiro profondo. Le mani andarono alle tempie, andando a massaggiarle in senso orario. La testa sembrava sul punto di esplodere e lo stomaco sembrava essere pronto a far risalire la cena del mese scorso. Lanciò un'imprecazione sottovoce, maledendo quel suo collega e i suoi dannati intrugli per smaltire rapidamente la sbornia. Certo, non poteva dare tutta la colpa a quello che si era bevuto prima e dopo essersi ubriacato per giustificare il suo stato d'animo. La morte di un collega, la visita di Rachel Amber e ora il corpo senza vita di una ragazza.

Raymond Wells non ne poteva davvero più. Aveva pensato mille volte di lasciare la polizia, andarsene in pensione e trovarsi una casa fuori Seattle ma ogni volta si era ritrovato più convinto di prima a restare, nonostante gli orrori che passavano dinanzi ai suoi occhi. Era con tristezza che guardava il cadavere della giovane, una persona il cui volto era ben noto a Wells per svariati motivi.

Il primo tra tutti era perchè lui stesso aveva arrestato la ragazza diversi anni prima per piccoli furti, reati di poco conto e una volta per atti osceni in luogo pubblico, oltre alle numerose multe. Il secondo era perchè Max era sua amica e di conseguenza lui la conosceva. Un paio di volte era capitato in loro compagnia, e un paio di volte Steph si era mostrata gentile nei suoi confronti tanto da guadagnarsi la sua simpatia nonostante il poliziotto non chiudesse mai un occhio sulle multe per eccesso di velocità.

Scosse il capo, tirando il lenzuolo per coprirle il viso. Mormorò qualcosa sottovoce e poi si rialzò, muovendo i primi passi verso i suoi colleghi. Erano tutti molto agitati, non per l'omicidio ma per quanto era avvenuto poche ore prima. Il capo della polizia frantumato per mano di Rachel Amber, le accuse fatte vere o non vere che sembravano sputare su ogni singolo poliziotto al servizio di quell'uomo e poi di come aveva invaso il loro posto di lavoro, facendone la propria "dimora". Stavano per iniziare dei bei casini, lo sapeva fin troppo bene.

Camminò con passio ciondolante, raggiungendo due uomini che stavano rassicurando una donna dai capelli lunghi grigi e vestita con abiti logori. Una pelosa coperta grigia le era stata posata sulle spalle, sia per coprirla dal freddo notturno sia per lo shock appena subito.

-Signora...?- Chiamò Raymond attirando su di se lo sguardo della donna. Occhi stanchi di una poveretta che ne aveva passate tante e che ora doveva affrontare anche una cosa del genere.

-Sono Raymond Wells, della omicidi. Mi può raccontare cosa è successo?- La donna diede un cenno di assenso con il capo, aprendo la bocca e mostrando come essa era sprovvista di alcuni denti e di come alcuni di essi erano marci.

-Stavo tornando a casa o meglio al vicolo che chiamo casa. Ad un certo punto ho visto il corpo di quella povera ragazza disteso sul marciapiede. Ho pensato stesse dormendo o che fosse svenuta per l'alcool o per la droga. Qui c'è un locale e capitano spesso certe cose sa? Più di una volta mi sono ritrovata maltrattata da alcuni di loro. Comunque non appena mi sono avvicinata per vedere in che stato fosse ho provato a darle qualche colpo, per svegliarla e insomma aiutarla ad andare via. Non è bene per le ragazze starsene da sole di notte. Sopratutto in uno stato di incoscienza. Purtroppo alla fine ho compreso di come non respirasse e sono subito corsa a chiamare aiuto. Questo è quanto- La voce della donna era roca, strideva come le unghie di una mano contro la lavagna e aveva un tono basso ma a un volume di voce comprensibile. Raymond ascoltò tutto senza interromperla mai.

-Ha visto qualcuno di sospetto aggirarsi nelle vicinanze? O qualcosa di strano particolarmente rivelante?- Comuni domande di rito a cui la donna rispose in maniera negativa. Nessuno era nelle vicinanze, niente di strano era successo e alla fine i poliziotti si ritrovavano con un pugno di mosche in mano.

-E' stata molto utile. Grazie della sua collaborazione- Detto questo si allontanò, socchiudendo gli occhi per un istante. Evitando di guardare il corpo celato dal lenzuolo bianco. Era strano, dopo tanti anni doveva averci fatto l'abitudine ai cadaveri, al fatto che non poteva "salvare" tutti. Si doveva essere arreso all'evidenza di come una parte del mondo era marcia e che certe cose accadevano e basta. Invece no, non ci si abituava mai a vedere una persona morta. Al massimo si imparava a nascondere quanto tale vista poteva sconvolgere, questo si. E si cercava di fare del proprio meglio affinchè certe cose non si ripetessero, evitando che qualcuno potesse soffrire ancora.

-Ray, cosa succede?- Quella voce bastò a fargli sgranare gli occhi e a pietrificarlo sul posto. Degludì, prendendo un bel respiro e voltandosi lentamente verso Max che lo fissava con un occhiata interrogativa. Accanto a lei una ragazza dalla chioma blu, ignorata bellamente dal poliziotto concentrato solo sul viso dell'investigatrice. La sua confusione, le domande nascoste dietro un paio di iridi color oceano.

"La vita di un poliziotto fa proprio schifo"

 

Seattle 6 Ottobre 2018 

 

-Arrenditi!- Urlò una voce minacciosa, avanzando in direzione di una figura maschile dal volto semi coperto da un cappuccio, illuminato parzialmente dalla luce lunare. Un colpo d'energia viola lo colpì alla schiena, facendolo gemere di dolore e fermando la sua fuga. Il bersaglio era caduto a terra, una perfetta occasione per attaccare e finirlo.

-Mai- Questa la risposta, accompagnata subito da un colpo simile a quello ricevuto ma verde acido. L'uomo con il cappuccio aveva una pessima mira dato che il suo aggressore riuscì facilmente a scansare l'attacco. Subito si rimise in piedi per fronteggiarlo, appena in tempo per parare un calcio e contrattaccare con un pugno, a sua volta parato. Lo scontro continuò così per un tempo indefinito, con attacchi sempre seguiti da una parata e un contrattacco. Sempre cosi, corpo a corpo. Fino a quando la stanchezza non iniziò a pesare sui due.

Il primo a pagarne le conseguenze era l'uomo incappucciato che, per la troppa stanchezza, non riuscì a schivare un pugno alla mascella. Si ritrovò letteralmente a volare, sbalzato via, e a impattare la schiena contro un muro di mattoni. Provò a muoversi ma il suo avversario era veloce e afferrò i suoi polsi, costringendolo a stare compattato contro il muro.

-Questa lotta è inutile. Smettila di lottare, sai che sarò io a uscirne vincitore- Sibilò ma l'uomo incappucciato non sembrava volersi arrendere. Spinse, cercando di liberarsi.

-Questo è ancora tutto da vedere- Riuscì a liberarsi quanto bastava per dare una ginocchiata allo stomaco, un colpo fatto per indebolire l'avversario e fargli perdere presa sulle sue mani. Scivolò rapido dietro l'altro, prendendolo e lanciandolo contro il muro che si infranse, tale era la potenza del colpo. Entrambi si ritrovarono dentro al salone di una casa disabitata visto che nessuno era accorso in quel trambusto.

Le mani dell'uomo incappucciato iniziarono a brillare di un intenso verde cosi come quelle del suo avversario si illuminarono di viola. Restarono fermi, uno dinanzi all'altro a guardarsi come la scena di un film western, come due cowboy pronti a spararsi allo scoccare di mezzogiorno.

-Vuoi davvero finirla in questo modo?- Domandò il suo aggressore

-Vorrei ci fosse un altra strada. Ma tu non mi lascerai in pace e non lascerai in pace le persone a cui voglio bene. Non ho scelta. Devo distruggerti prima che tu distrugga me- Le luci di entrambi gli uomini si fecero più intense, più forti.

-Cosi sia allora- Urlò l'altro. Nello stesso istante i flussi si andarono a scontrare. Verde contro viola, due energie completamente diverse ma di un intensità potente come bombe atomiche che si scontravano. La terra tremò sotto dimostrazione di tale potere, e le due onde si mescolarono tra loro, gonfiandosi in un nucleo sempre maggiore. Infine giunse l'esplosione.

Qualcosa che scaraventò entrambi in direzioni opposte, infrangendo completamente la casa e riducendo in cenere ogni ostacolo sul proprio cammino. L'uomo incappucciato aprì gli occhi, tossendo e rimettendosi in piedi dolorante. Raggiunse in breve tempo l'altro uomo, guardando come questi era a terra, sconfitto e inerme.

-Alla fine la giustizia trionfa sem...- La sua frase non trovò fine perchè la porta della stanza si aprì. Il bambino si voltò, lasciando i due giocattoli sul tavolo e rimettendosi composto. Sistemando veloce le cose che aveva buttato e capovolto per fare il suo mitico scontro tra eroi e cattivi. Le mani si misero sulle ginocchia e la bocca si chiuse di scatto come una molla mentre la ragazza entrava e si avvicinava a lui.

-Ciao- Lo salutò lei. Era una ragazza dai capelli biondi, vestita in un modo strano che gli ricordò molto l'abito di uno stregone o di un giullare. Ne aveva visti alcuni nei film medievali e cavallereschi, oltre al fatto che due anni prima vi andava matto per certe cose. Ora preferiva i supereroi, come si poteva notare dal mantello rosso sulla sua schiena e dalla sua maschera di cartone appoggiata sul naso.

Non rispose subito al saluto della ragazza, osservandola sospettoso e titubante prima di accennare a una sorta di "salve". La ragazza sorrideva, un sorriso gentile e rassicurante. Il suo abito era dotato di un cappuccio ma lei lo aveva calato, e portava anche una maschera solo che era stata tolta e messa attorno al collo come un paio di occhiali da aviatore. Il bambino si sistemò la maschera di cartone blu che copriva soltanto gli occhi, lasciando scoperti naso e bocca, come a non voler essere riconosciuto. La sconosciuta lo guardò per un istante.

-Sei un supereroe?- Domandò, indicando il lenzuolo rosso fiammante avvolto attorno al collo di lui, con uno stemma disegnato con la vernice spray gialla e due lettere rosse: C ed S.

Il bambino annuì, continuando a restare in silenzio, probabilmente a disagio nel stare con una persona a lui sconosciuta ma nascondendo il disagio incredibilmente bene. Forse perchè ormai era abituato ad essere visitato cosi tante volte. Non diceva nulla, continuando a tirarsi giù le maniche in un gesto ossessivo. Un gesto che non le sfuggì ma di cui non disse niente.

-Ti chiami Chris giusto?-

-Si, è la mia identità segreta. In realtà sono Captain Spirit- Dirlo sembrò farlo sorridere seppur di poco. La ragazza ricambiò il sorriso, fissandolo in maniera dolce e intenerita

-Io mi chiamo Rachel e non temere, la tua identità segreta è al sicuro con me- Si presentò a sua volta, facendo quella sorta di promessa prima di andarsi a sedere accanto a lui. Restarono in silenzio per diversi istanti e nel mentre Rachel iniziò ad osservare i vari fogli pieni di disegni disposti sul tavolo. Erano tutti fantasiosi e molto colorati, alcuni mostravano "Capitan Spirit" in imprese eroiche, salvando persone precipitate dai palazzi o spegnendo incendi o ancora fermando auto piene di criminali. Altri disegni ancora mostravano mostri che venivano sconfitti da vari supereroi, altri ancora semplici paesaggi spaziali. Lo stile di disegno era quello che si poteva aspettare da un qualsiasi bambino di dieci anni, molto confuso e per nulla perfetto ma bello da vedere. Si fermò dal continuare, volendo chiedere a Chris una cosa.

-Senti Chris. Sai cosa è un conduit?- Il bambino la fissò confuso, scuotendo il capo.

-Ok e invece un bioterrorista?- A quella parola il bambino si illuminò, conoscendo la risposta.

-Oh si. Sono persone cattive con i poteri che fanno del male. Sono supercattivi- A quella risposta Rachel si limitò a sorridere divertito, sorvolando sull'argomento, memorizzando la risposta del bambino. Tornò sui disegni.

Rachel ne afferrò uno che attirò la sua attenzione, osservando il bambino per studiare la reazione prima di tirarlo fuori da sotto gli altri fogli e guardarlo per bene. Era un disegno normale all'apparenza, niente di speciale se non un comune disegno. Ma era diverso dagli altri perchè non c'erano fantasie, non c'erano eroi o cattivi. Non c'erano animali umanoidi o alieni spaziali. C'era solo un bambino vestito di nero che piangeva, davanti a una tomba, sotto la pioggia.

-Questo sei tu?-

Il bambino era diventato muto, silenzioso e sembrava guardare il vuoto. Agitò il capo in segno di diniego, restando nuovamente in un religioso silenzio. Rachel alzò la testa, direzionando lo sguardo verso la telecamera nascosta in un angolo della stanza. Respirò lentamente, riflettendo prima di tornare a guardare il bambino e i suoi disegni. Ne prese qualcuno, iniziando a fare domande su di loro. Sembrò distrarlo, il bambino iniziò a parlare dei supereroi immaginari creati dalla sua mente fantasiosa cosi come dei cattivi, sempre sconfitti dai buoni.

-Captain Spirit è fortissimo. Sconfigge sempre tutti.- Rivelò Chris con un piccolo sorriso, tornando serio quando uno dei suoi disegni venne preso da Rachel.

-E questa chi è?- La figura era di una donna ma non aveva un viso definito, disegnato in modo sfocato e reso irriconoscibile. Era vestita in un modo che Rachel definì troppo maturo per l'immaginazione di Chirs. Era parzialmente svestita attorno al busto e alle gambe, con abiti stretti di colore verde e tacchi a spillo parecchio alti. Sicuramente stonava molto con il resto delle supercattive che aveva visto e si domandò come mai non lo aveva notato prima. Il bambino tornò a disagio.

-Lei è la Donna Serpente. Non è una supereroina ne una supercattiva. Aiuta Captain Spirit, certe volte e altre volte lo fa finire nei guai. E' una donna al servizio del Caos-

-Bhe, il nome non mi sembra tanto buono. Sembra il nome di una supercattiva no?- Il bambino alzò le spalle, non sapendo cosa rispondere e distogliendo lo sguardo da quello di Rachel.

-Puoi parlarmi della Donna Serpente? Mi incuriosisce- Chiese Rachel, ancora con il disegno in mano. Chris non sembrava molto contento di volerne parlare e le mani sembravano avvinghiate contro il tessuto delle maniche della propria felpa, ma provò comunque a farlo.

-Lei è....strana. Ogni tanto d'ha informazioni a Captain Spirit sui cattivi che vogliono prenderlo mentre altre volte lo porta dai cattivi e lo fa imprigionare. Le piacciono le mele e sembra arrabbiarsi se gliele si toglie. Dice di odiare gli uomini perchè malvagi e pericolosi ma vuole bene a Captain Spirit che è un suo amico. Anche se certe volte fa cose che gli amici non fanno- Raccontò il bambino, agitando i piedi e dondolandosi sulla sedia.

-Che tipo di cose?-

-Fa promesse senza mantenerle, chiede a Captain Spirit di fare cose e a volte anche di infrangere la legge dicendogli di rubare. Captain Spirit non ruba, non è una cosa da eroi. E poi...- Si fermò, non aggiungendo altro.

-Si arrabbia mai? La Donna Serpente si arrabbia mai con Captain Spirit?- Il disagio diventò evidente sull'espressione del bambino e Rachel di scatto afferrò il polso del bambino, bloccandolo per tirare su la manica. Sul braccio c'erano dei vistosi lividi, procurati dalla stretta di una mano attorno alla carne. Chris si divincolò, liberandosi e alzandosi in piedi per allontanarsi.

-E' stata lei a fare quelli?-

-No...non è stata colpa sua. Captain Spirit l'ha solo fatta arrabbiare, non è stata colpa sua- Piagnucolò Chris tirandosi giù la manica e andando a rintanarsi nell'angolo. Accucciandosi come un cucciolo ferito e nascondendosi con il proprio mantello. Rachel si alzò, provando a rassicurarlo ma Chris si mise a urlare.

-Vattene! Tu sei cattiva. Cattiva, sei cattiva!- Una scossa improvvisa fermò i suoi passi. Il lampadario sopra la testa di Rachel si era messo a dondolare, tintinnando e alcuni fogli erano caduti per terra. Lo sguardo andò verso il lampadario che smise di muoversi dopo un paio di istanti. Dopo aver lanciato un ultima occhiata a Chris, ancora rintanato e nascosto, guardò la telecamera e mostrandosi indecisa sul da farsi.

-Ho capito. Scusami Chris.- Uscì e si chiuse la porta alle spalle. Uscita dal luogo dove aveva fatto mettere Chris chiamò un paio dei suoi soldati, ordinando loro di duplicare la guardia sul bambino. Aprì la portiera del veicolo corazzato, infilandovisi dentro e ordinando all'uomo al volante di portarla alla stazione di polizia, lì dove aveva fatto instaurare la sua base temporanea.

Aprì un fascicolo riguardante Chris. Un bambino modello, nessun problema a scuola o di comportamento. La famiglia era l'unica nota scricchiolante per il bambino. Orfano prima di madre all'età di cinque anni per un incidente d'auto, si era trasferito a Seattle qualche mese dopo. Una vita quasi felice fino a quando il padre, vittima dell'alcolismo e delle droghe, non era stato cosi egoista da abbandonarlo due anni dopo. Tutt'ora non si sapeva nulla dell'uomo e di che fine avesse fatto. Chiuse il fascicolo per mettersi a leggere quello sul Corvo.

Un sorriso piegò le sue labbra, un sorriso divertito e intrigato da quanto scritto su di lui. La mano si portò all'orecchio, spostandosi una ciocca di capelli e facendo dondolare il proprio orecchino. Con il dito indice sfiorò la foto del Corvo, immersa talmente tanto nei propri pensieri che solo quando il suo uomo frenò improvvisamente, si "risvegliò". Buttò il fascicolo, riponendolo da dove lo aveva preso. Guardò l'ora, scoprendo con fastidio di come mancavano ancora un paio d'ore all'inizio della caccia. Sospriò e aprì la portiera, uscendo.

 

Seattle 9 Ottobre 2018 

 

Max aprì gli occhi. Era inutile provare a dormire, non ci riusciva per quanto ostinatamente ci provasse. Era distrutta per quanto era successo qualche sera prima. Wells le aveva detto di tornare a casa e, come un automa, lei aveva obbedito senza replicare. Non si era messa a piangere o urlare, non si era messa a fare niente come se non provasse niente. L'unica cosa che sentiva era che doveva scoprire il responsabile. Chi aveva fatto del male a Steph? Ma sopratutto perchè? Perchè uccidere lei che di problemi non ne aveva mai avuti? Una ragazza qualsiasi. Una ragazza lesbica qualsiasi. Forse era stato qualche mostro omofobo? No, non era possibile. Aveva valutato l'opzione ed era fin troppo scarsa. Se cosi fosse stato non l'avrebbero uccisa in un modo del genere. Era stata strangolata ed era un procedimento che richiedeva tempo e forza. Era una teoria troppo debole e l'aveva presto scartata. 

Si alzò dal letto, passandosi la mano sul viso. Andò in bagno, spruzzandosi dell'acqua gelida e cercando di evitare di notare le occhiaie attorno agli occhi. La testa le doleva, era stanca morta ma non dormiva. Non riusciva a farlo, forse si sarebbe dovuta prendere qualche pillola per lo stress. Scosse il capo, non volendo prendere in considerazione tale possibilità.

Pensava e ripensava a tutto. Al più piccolo gesto di Steph, ad ogni sua parola o qualcosa che poteva averla messa in allarme la sera precedente ma niente. Steph era tranquilla quella sera, era eccitata e piena d'energia come ogni volta che doveva uscire per una serata di rimorchio. Per lei era stata una mattinata lunga e insonne, come poteva dormire in fondo? Se ne andò in salotto, sedendosi sul divano e aprendo i vari documenti che Wells le aveva fornito. Le parole che avevano accompagnato la consegna erano state "Non farti più vedere alla stazione di polizia o con dei poliziotti. O rischierai grosso"

Più che una frase da amico o un consiglio le era parsa una minaccia. Il perchè lo aveva compreso solo poche ore dopo quando veicoli corazzati avevano cominciato a circolare per le strade. Uomini armati e in divisa dell'Ordine avevano iniziato a piazzare basi in tutta la città, le stavano costruendo piano piano. I lavori procedevano anche velocemente a dire il vero. Nelle metropolitane e all'uscite della città erano stati messi dei posti di blocco con delle tecnologie per rilevare i conduit nelle persone che uscivano o entravano in città.

La stazione di polizia era stata completamente trasformata in una base dell'Ordine. Non riusciva nemmeno a riconoscerla ormai, sembrava essere diventata una fortezza. Ogni due ore passavano anche degli elicotteri, sorvolando e studiando la zona. Sapeva che c'erano state diverse perquisizioni, le scuole erano state chiuse e cosi anche molti negozi. Non per volere dell'Ordine, semplicemente perchè la gente era terrorizzata dall'uscire di casa e rischiare di ritrovarsi in mezzo a una guerra.

Aprì il fascicolo di Steph. Nulla di nuovo dalle ultime ottocento volte che lo aveva letto. Morte per strangolamento, segni di bruciature sul colletto del vestito ma nessun segno di ustione sulla pelle. Tasche svuotate e un cadavere in una zona malfamata, conclusione della polizia: furto finito male. 

"Furto un cavolo" Pensò Max dando un pugno contro il tavolino. Nessun testimone, nessun video di sorveglianza. Cosa doveva fare quando non c'era nulla su cui lavorare? Il telefono squillò, segnalando l'arrivo di un messaggio. L'ennessimo messaggio di Mickey, ormai lo sapeva anche senza guardare. Fin da quando era stato scoperto l'omicidio l'amico di Steph si era sempre fatto sentire, domandando se lei avesse scoperto niente. E lei non rispondeva mai.

La suoneria del telefono rieccheggiò per diversi minuti, era una chiamata diretta ma lei la ignorava. Ci provò almeno, anche chiudendo ma senza risultato, fino a quando la sua pazienza e i suoi timpani si arresero. Afferrò il cellulare e accettò la chiamata.

-Finalmente cazzo!- Non sentiva la voce di Mickey da parecchio ma era sicura che quella non fosse la sua voce.

-Chi parla?- Domandò alzandosi in piedi. In sottofondo percepì un suono che attirò la sua attenzione. O meglio molti suoni: vetri che si rompevano, colpi di qualcosa di non ben definito contro il metallo e sterzate brusche di un auto.

-Non c'è tempo per queste stronzate. Mickey ha bisogno di aiuto e subito. Vai a casa di Steph, trova un piccolo pacchetto blu e portalo alla Blackwell Accademy entro la prossima ora-

-Cosa? Alla Blackwell? Ma che succede? Chi diavolo sei? Che ha Mickey? Cosa è questo rumore?- Domande uscite tutte d'un fiato. Si stava preoccupando e non poco.

-Porca puttana, fallo e basta.....merda!- Urlò la persona dall'altra parte, dopodichè sentì un rumore di qualcosa che si spaccava. Rumori sovrapposti uno sopra l'altro, confusi tra loro e impossibili da definire con chiarezza. Una seconda voce rispose al cellulare, era quella di Mickey ma era trementamente debole.

-Max...ti prego- La chiamata si chiuse. Era ancora frastornata, stonata dalla chiamata e dal tono cosi supplichevole del suo amico. Veloce cercò nel proprio cappotto le chiavi di riserva della casa di Steph, volendo accertarsi di averle ancora. Si, le aveva.

Non sapeva cosa stava succedendo, non sapeva in che guaio si era cacciato, non sapeva chi era quella persona al telefono ma se Mickey era in pericolo lei doveva fare di tutto per aiutarlo. Afferrà rapidamente le chiavi, prese un cappotto e uscì fuori infilandoselo mentre correva. Fermò un taxi, fortunatamente alcuni erano temerari erano ancora in giro e senza indugio dichiarò la propria destinazione all'uomo.

Cosa stava succedendo?

 

Angolo dell'autore

E bentornati con questo nuovo capitolo (che doveva uscire una settimana fa sorry). Capitolo terminato con molte domande e poche risposte. Immagino che tutti voi avrete capito chi è il piccolo Chris. Dopo l'uscita del nuovo gioco dei creatori di LIS e dopo averlo giocato mi sono subito deciso a inserirlo in questa ff, donandogli un piccolo posticino d'onore. Il piccolo Chris ritornerà nei prossimi capitoli. Ci sono parecchie domande e alcune di queste verranno svelate nel prossimo capitolo (che purtroppo non ha ancora un titolo. Le difficoltà vere....)

   
 
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