Quando Elizabeth apre nuovamente gli occhi, tutto torna ad essere reale. Il letto accanto a sé è vuoto, freddo. Nemmeno le lenzuola sembrano essere state toccate.
Ed è esattamente così.
Da sette anni, cinque mesi e diciotto giorni.
Ogni giorno deve fare i conti con la brusca realtà: Will, il suo unico e vero amore e suo marito, è nell’oceano più blu a capo dell’Olandese Volante, a scontare anche lui la sua stessa pena. E ogni volta è sempre più difficile della precedente ricordarsi il suo volto, il suo tocco, la sua voce. I sogni che fa paiono essere così sbiaditi che spesso Elizabeth si chiede se non sia davvero solo la propria immaginazione, se non è incastrata in un incubo senza fine.
Tutto è come sempre, non c’è nessun dettaglio fuori posto. Non la bottiglia di rum sporca, chiusa da un tappo di sughero, ancora mezza piena e mezza vuota sul tavolino della stanza. Non la toeletta con i suoi prodotti di ogni giorni – profumo, cipria. Tutto è dove deve stare, come deve essere, e la donna ci mette qualche minuto prima di rendersi conto di essere di nuovo sveglia nel mondo reale. Si prende tutto il tempo che le serve per notare qualsiasi cosa fuori posto. Semplicemente, però, nulla è diverso dall’ordinario, assenza di William compresa.
Questo pensiero le fa mancare il respiro per qualche secondo.
Allunga una mano fino a toccare e poi stringere il pomello del cassetto del comodino. Cigola quando lo apre, un suono che echeggia nella stanza vuota. All’interno di esso, le sue mani accarezzano la texture di ciò che sta andando cercando. Solo dopo estrae una lettera, la sua lettera. Di Will.
“Mi sveglio ogni mattina e prima di iniziare ogni giornata devo leggere le tue parole, amore mio”, questo pensa la donna, mentre apre il foglietto perfettamente ripiegato con la massima cura. È una piccola preghiera quotidiana che spera possa raggiungere William dovunque egli sia.
Si prende un momento per contemplare la scrittura del marito, il tremolio del tratto, come se scrivere tali parole fu difficile ai tempi, quando Will la lasciò per tornare alla sua maledizione eterna.
Sette anni, cinque mesi e diciotto giorni prima.
 
“Cara Elizabeth, amore mio,
Ho viaggiato in lungo e in largo su questa terra. Ho visto la bellezza a Nord. Ho disegnato le storie di tante vite. Avevo, ho, questi ricordi tutti intorno a me, per non rimanere da solo. Ma la verità è che, senza di te, sono solo un campitano a metà.
Un uomo a metà.
Tu possiedi veramente il mio cuore e non solo quello scrigno maledetto. Nelle tue mani vive la parte più importante di me e se solo presti attenzione e chiudi gli occhi, potrai sentire il mio cuore battere all’unisono con il tuo.
Con orgoglio porto questo compito fino alla mia tomba, anche se so che sono… Siamo condannati per l’eternità. Ma non è nulla di tutto ciò, non è la cattiveria, oro, pirateria o il titolo di Capitano a farmi andare avanti in questa esistenza.
Sei tu.
Questo significa, per me, che la cosa più importante e che rimane qui, nel mio cuore e nella mia mente, per l’eternità sei tu, Elizabeth, mio amore, mia sposa.
Sei l’ancora per ogni mia scelta, sei una rosa che splende dall’alto verso il basso.
Ti ho amato, ti amo e ti amerò per sempre, Elizabeth.
Tieni gli occhi piantati sull’orizzonte.
Tuo per l’eternità,
William”
 
Chiude gli occhi Elizabeth, mentre una lacrima le solca la guancia, e sente il cuore del suo unico e vero amore battere con lei. Per lei.