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Autore: AlessandroConte    04/07/2018    0 recensioni
Storie varie brevi e lunghe, in prosa e in versi
Genere: Generale, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CONVENIENZA
 
Il disagio c’era. Economico. No, non ne parlerò diffusamente. So che la vostra rivista è rosa e tutta fiabesca e i disagi ci stonano. Sì, se volete la mia storia è perché sono la principessa Castellani.
Ma io ero anche un po’ Cenerentola, per onore di verità. Mi lasci dire, poi l’intervista ve la modificate come volete. L’importante è che l’assegno spettantemi sia quello pattuito.
Dicevo che io ero poco più di una contadinella, con la prima media e con la sola madre a mandare avanti più di due ettari. Però pur col trattore che ci aveva lasciato babbo era dura e ci ricavavamo poco.
Poi, proprio per quella terra ci fece un’offerta il principe Castellani in persona. Quelli, una volta, avevano veramente un castello.
Beh, mia madre decise che, bellina come ero, potevamo incastrarlo. Io diciotto anni e lui quarantasette, quasi trent’anni di differenza. Però era belloccio e fascinoso.
Insomma, lui ebbe la terra, mia madre i soldi e io un matrimonio principesco. Ci abbiamo guadagnato tutti. Occhèi fin qui? Sì.
Com’era la vita da principessa? Un disagio continuo.
Sì sì. Niente parlare di negatività. Occhèi. Tanto poi siete liberi di cancellare e modificare.
Io mi sentivo come un pesce fuor d’acqua in quell’ambiente. Tutti istruiti a parlare con la erre moscia di cose che non capivo neanche e mi ammosciavo io a morte. Malessere psicologico, non disagio, va meglio?
Sì, il principe appena defunto mi ha lasciato tutto. E quest’è un bell’agio anche perché in tutti questi anni ho imparato a fare la chic e ad acquisre anche un po’ di erre moscia.
Ma aveva quasi settant’anni e voleva fare ancora il galletto con me. Mi capisce?
Io avevo altro per la testa e quel vecchiaccio…
Insomma, che le devo dire? Un disagio…
 
Alessandro Conte
 
 
L’ IMPORTANTE  È  AMARE  
 
Mi accorgo di non essere riamato.
Non risponde ai miei slanci, è più distratta
la mia amata. Mentr’io per la disfatta
mi struggo, senza forze, disperato,
 
lei ride sempre allegra e tutta matta.
S’attrista sol se in modo sgangherato
la cingo fra le braccia, innamorato.
Conscio ch’ad ogni approccio mal s’adatta,
 
non tento quasi più, la lascio stare
e corro col pensiero a qualcun altro
ch’al posto mio l’ha fatta innamorare.
Son rassegnato, triste, eppur da scaltro
 
mi va d’amarla e il resto poco importa
se in me lei resta viva e non già morta.
 
Alessandro Conte
 
 
MUSULMANO         
 
‘Tanti piccoli scontri vantaggiosi equivalgono alla vittoria in una grande guerra.’
Mustàpha ascoltava l’imam nella madrasa e faceva tesoro di tanta sapienza.
‘L’Islam regnerà su tutti i popoli della terra. Così è stato detto e così sarà. Perchè, ragazzi miei? perchè essa è una profezia, non può fallire.’
Al momento del sermone tutti i ragazzi, da buoni musulmani, stavano attenti come Mustàpha, tutti col naso dritto al predicatore ad assorbire come tante spugne. Per ognuno di loro sarebbe stato bello in quel momento morire per il bene dell’Islam e farsi accogliere da Allah, misericordioso, nel Paradiso; per chi fosse stato tanto fortunato niente più sofferenze, nè privazioni.
‘Bisogna uccidere gli infedeli come si fa con gli scarafaggi, con la stessa noncuranza. Perchè? Ragazzi miei, perchè ci sono e perchè sono infedeli.
Infiltriamoci pian piano fra di loro senza dare nell’occhio per colpirli alle spalle quando meno se lo aspettano! Loro credono di meritare un ‘grazie’ per il fatto di sfruttarci, di umiliarci con la loro carità pelosa. Noi ripaghiamoli con la morte!
Approfittiamo della loro debolezza e della loro fiducia senza alcuno scrupolo. Bisogna entrare nei paesi stranieri alla spicciolata, inavvertitamente e quando saremo tanti e forti a sufficienza ci sistemeremo da padroni. Questo lo abbiamo già fatto tante volte nel nostro passato e abbiamo capito che è questa la maniera migliore per vincere.’
 
Mustàpha stava soffrendo le pene dell’Inferno con quasi niente da mangiare e da bere ammassato con tanti altri poveracci fra la sporcizia, peggio di quando stava con i suoi otto fratelli nella casa paterna. Col sole che prosciugava i loro corpi emaciati il mare li sballottava cavando da dentro quanto avevano la ventura di introdurci.
Più che ventenne, Mustàpha era stato prescelto per l’avventura finale, trasbordato in Europa con una nave che non conveniva smantellare.
‘Lasciamo che lo facciano gli infedeli per noi; intanto avremo attraversato il Mediterraneo.’ Così gli avevano detto e, delirando, ricordava:
‘Ma non ci spareranno addosso? Ci lasceranno sbarcare nella loro terra senza un gesto per difenderla?’
‘Non sono come noi: chiunque violasse i nostri sacri confini sarebbe un uomo morto. Ma loro no, loro si impietosiscono per le sventure degli altri. Vi cureranno e vi daranno da mangiare. Considererebbero una barbarie affondare una ‘carretta del mare’ con tanta gente inerme a bordo, perchè non sanno neanche di essere in guerra; e se lo sapessero la condurrebbero con criteri cavallereschi, sai, l’onore e cose del genere. Noi li manderemmo in pasto ai pesci senza un pensiero di pentimento. Noi sappiamo di condurre una lotta difficile che Allah, l’insuperabile, vuole vinta in qualsiasi maniera.
Questa differenza fra noi e loro ci darà la vittoria. Chi è tanto insulso non merita come compenso che l’odio e lo sterminio perchè, ricordatevi, non dovrà esserci che l’Islam a imperare sul mondo.’
Mustàpha riuscì a non morire in quella tremenda traversata e ne fu felice perchè Allah, onnisciente, e chiunque gli fosse superiore voleva che la sua vita fosse spesa in maniera più produttiva per la causa comune.
Poi fu accolto, rimesso in forze e successivamente, grazie ai fratelli musulmani, fu inserito in una azienda agricola.
Lavorava con altri correligionari e guadagnava bene in attesa che gli venisse ordinato di immolarsi. Sicuramente, avrebbe dato la sua unica vita in cambio di quella di tanti infedeli e Allah, il giusto, ne sarebbe stato compiaciuto.
Gli avevano spiegato che il Paradiso avrebbe riservato le sue delizie a ogni eroe in proporzione al vantaggio apportato alla causa islamista; inoltre, nessun fratello musulmano avrebbe mai dimenticato il suo martirio, nè avrebbe mai trascurato di pregare per lui.
Questo e altro ricordava Mustàpha degli insegnamenti ricevuti mentre svolgeva i suoi compiti immediati.
 
‘Sì’ gli dicevano, ‘potrai pregare e riunirti coi fedeli in una moschea. Gli italiani lo permettono tranquillamente. Vedi come sono molli? E permettono, anche, che si frequentino e si faccia sesso con le loro donne.’
Sembrava incredibile, allora, eppure era così. È sempre sbagliato, se ne rendeva conto, dubitare della parola di chi ne sa tanto di più, di chi parla in vece dello stesso Allah, l’illuminato.
Eppure quando si faceva l’esame di coscienza non si sentiva nell’animo lo stesso fervore di una volta: possibile si stesse intiepidendo verso la causa?
Se non andava alla moschea era perchè si trovava preso dal lavoro non perchè qualcosa lo ostacolasse, a parte la strada da fare. Si era anche unito con una donna, trentenne come lui, sola, cristiana e, per merito suo, anche incinta.
Rabbrividiva al solo pensiero di quello che gli avrebbero fatto al suo paese se fosse stato l’infedele seduttore di una musulmana.
Comunque sarebbe diventato padre e questo gli riportò alla mente altre parole dell’imam:
‘Gli italiani fanno pochi figli e noi tanti. Li sommergeremo con il numero se la fede e la nostra determinazione non bastassero.’
Però, nella testa di Mustàpha tali ricordi si andavano sbiadendo; tutta quella scienza inculcata si andava diluendo in una marea di nuove consapevolezze, di sentimenti che lui neanche immaginava di possedere.
Non aveva molto ma rispetto alle sue condizioni di un tempo gli sembrava di essere già in Paradiso senza bisogno di essere morto.
L’Islam che conosceva, quello della sua sprecata gioventù, si sarebbe affermato in tutto il mondo; avrebbe scalzato dalla sua strada ogni altro modo di vivere come quello che conduceva adesso, per esempio. Questa era una profezia e lui, come tutti, non dubitava affatto che si sarebbe realizzata.
Però gli dispiaceva un sacco.
 
Alessandro Conte
 
(Ringrazio chi legge e gradisce. Vi do appuntamento a mercoledì prossimo, 11 luglio, con altre storie)
   
 
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