Anime & Manga > Boku no Hero Academia
Ricorda la storia  |      
Autore: Ramabear    04/07/2018    2 recensioni
Dopo un breve incontro alla Yuuei, Izuku porta Katsuki nel suo appartamento per cenare e discutere un po'.
(Ispirato dal 5° prompt della raccolta "Too many prompts; too little time", sempre di Ramabear e sempre tradotta da Nereisi)
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note autrice: Grazie a Belmak, senza cui questo lavoro non esisterebbe. Ti apprezzo un sacco, grazie mille.
Note traduttrice: Rieccoci qui, come annunciato questa è una “continuazione”, uno studio più approfondito di uno dei prompt della raccolta precedente. Ho tradotto questo lavoro in meno di una giornata.  
Reconnect: extended version
 
 
Izuku non guardò Katsuki negli occhi mentre apriva la porta del suo appartamento con una chiave, usando la spalla per spingerla. Mormorò un “si incastra abbastanza spesso” come spiegazione quando Katsuki aggrottò la fronte al suo gesto. L’interno dell’appartamento era ordinato, notò immediatamente Katsuki mentre si sfilava le scarpe dopo Izuku. Guardò Izuku lasciar cadere il mazzo di chiavi in un cestino vicino alla porta d’ingresso e levarsi la giacca del completo.

Izuku era ogni tipo di energia volatile e nervosa. Continuava a lanciare degli sguardi a Katsuki per poi girarsi velocemente e giocherellare con qualcosa. Mentre passava raddrizzò una foto e si scusò per la confusione. “Non aspettavo ospiti,” disse, “Di solito do una pulita se deve venire qualcuno.”

Le stanze non erano lucide come quelle in un rivista immobiliare, ma ci andavano dannatamente vicino. Quello che Katsuki vide e non poté evitare di notare erano i piccoli dettagli in stile giapponese. Il mobilio. Le mura. Alcuni dei quadri alle pareti. Piccole cose che sapeva non derivavano dalla scelta di Izuku.
Lo stile di Izuku era nei colori vivaci dei cuscini. Nei poster di All Might sistemati così meticolosamente sul muro- quasi come un altarino. Vicino c’era il vero e proprio altare per sua madre che riposava su un tavolino di legno lucido.

Mentre passava attraverso la stanza, Izuku raccolse alcune carte e quaderni dimenticati dal kotatsu al centro. Fece di nuovo quel piccolo sguardo e spiegò il disordine all’occhiata silenziosa di Katsuki. “Stavo correggendo. Abbiamo avuto degli esami la settimana scorsa e devo ancora finire.”
“Capisco.” Disse Katsuki, cercando di calmare il nervosismo di Izuku. Senza pensare, aggiunse: “Sierra ha fatto il tirocinio come insegnante qualche anno fa.” Appena ebbe pronunciato quelle parole, Katsuki sussultò. Izuku, al contrario, alzò la testa curiosamente.
“Sierra?” Chiese, abbozzando un sorriso.
Katsuki prese un respiro e lo lasciò andare lentamente. “La mia ex.” Spiegò, guardando l’interesse spegnersi negli occhi di Izuku. “Ex-moglie, in realtà.”
“Ah.” Izuku annuì. “Oh.” Gli diede le spalle, picchiettando il mucchio di fogli sulla superficie del kotatsu prima di rimetterla giù. “Um.”
Katsuki digrignò i denti. Quello era peggio del loro incontro di prima. Non sarebbe dovuto andare. Avrebbe dovuto semplicemente lasciare Izuku a scuola. Avrebbe dovuto-

Una vibrazione silenziosa strappò Katsuki ai suoi pensieri. Ripescò dalla tasca il telefono. Quando vide chi stava chiamando una nuova ondata di rabbia tinta da irritazione lo investì. “Scusami un secondo.” Disse ad Izuku. “Devo rispondere.”
Izuku disse qualcosa a proposito di preparare qualcosa in cucina e corse via. Katsuki si diresse verso l’entrata dell’appartamento e rispose al telefono. “Pronto? Parla Bakugou.”
“Hey, dove sei?” La voce di Ochako era leggermente ovattata. Ci fu una specie di suono morbido e graffiante mentre diceva “Ecco, prendilo tu allora.” Poi, a Katsuki, disse: “Eijirou ha detto che gli hai lasciato Clara-chan tre ore fa, Katsuki! Avevi intenzione di riprenderla prima o poi?”
“Ha detto che poteva tenerla per un po’.” Disse Katsuki, tenendo il tono di voce basso. “Avevo bisogno solo di un po’ di tempo per me.”
“Tre ore non sono un po’ di tempo.” Disse fermamente Ochako. “Dove sei? Sei uscito dalla scuola?”
“Sì.” Disse Katsuki. “Sono da Deku.”

Ci fu silenzio da parte di Ochako. Dall’altra parte, Katsuki poteva sentire la risata di un bambino e la voce indistinta di Eijirou. Si affievolirono; e poi udì una porta chiudersi, interrompendole del tutto. “Ti ha portato a casa così facilmente?” Chiese lei. “Non vi siete visti per quasi dieci anni!”
Katsuki lanciò uno sguardo sopra la spalla. Non poteva vedere Izuku e non riusciva nemmeno a sentirlo muoversi in cucina. “Ho insistito. Volevo parlargli da solo e non volevo andare in un bar o simili. Senti, è davvero un problema per voi se-“
“No! No no no no.” Lo interruppe Ochako. “Cielo, no. Clara-chan sta bene con noi. Si sta divertendo con i ragazzi. Possiamo tenerla ancora per un po’. Sai dove abitiamo, vero? Eijirou ti ha dato l’indirizzo?”
“Sì, ce l’ho. Chiamami se avete problemi, okay?” Katsuki si passò una mano tra i capelli. Non si era propriamente dimenticato di Clara. Era solo abituato a poterla lasciare in custodia per alcuni periodi di tempo quando doveva occuparsi di faccende più delicate. “Scusa, non intendevo-“
“Tranquillo.” Disse Ochako rassicurante. “Non c’è nessun problema. Con noi sta bene e Izuku… Ha bisogno di te in questo momento. Potrebbe non darlo a vedere e potrebbe non dirlo ma ha bisogno di te per davvero.”
Katsuki fece un smorfia. Sentì il cigolio delle assi di legno dal pavimento dietro di sé e si girò giusto in tempo per vedere Izuku tirarsi indietro dall’entrata della cucina. “Devo andare.” Disse, “Ti chiamo più tardi.”

Interrompendo la chiamata, Katsuki fece scivolare il telefono in tasca e camminò verso la cucina. La cucina dell’appartamento era piccola, con solo un corto banco per cucinare e dei fornelli stipati in un angolo vicino al lavello. Izuku era in piedi con la mano sulla maniglia della credenza mentre rovistava febbrilmente per lo scaffale.

“Cosa vuoi mangiare?” Chiese. “Se devi andartene prima posso preparare qualcosa in quattro e quattr’otto… Negli ultimi tempi ho molta roba che si cucina velocemente in dispensa…”
“Non vado di fretta.” Disse Katsuki. “Che hai in frigo?”
Izuku interruppe la sua ricerca. Chiuse lentamente l’anta ma non si girò. “Sei sicuro? È okay se i tuoi piani sono cambiati. Sei- Devi essere molto impegnato con il tuo lavoro da Hero.”

Katsuki alzò gli occhi al cielo. Avanzò verso il frigo e lo aprì. Iniziò a cercare nei cassetti sul fondo e trovò delle verdure dentro una busta. Quando la afferrò, scoprì che erano mollicce, probabilmente si trovavano lì da un bel po’.
Katsuki storse il naso ma le tirò fuori comunque. Se erano commestibili era meglio mangiarle. Non voleva che facessero la muffa nel frigo di Izuku perché l’interessato era troppo impegnato per cucinarsi un pasto decente.

“Sono di riserva, in realtà.” Continuò la sua ricerca sopra le mensole, cercando qualcosa da abbinare alle verdure. “Che ne dici di qualcosa di semplice stasera? Cucino io.”
“Tu? Perché?”

La carne che trovò era in condizioni migliori. Katsuki prese entrambe le borse e le appoggiò sul bancone. “Beh, sarebbe abbastanza irresponsabile da parte mia in questo momento essere messo fuori gioco con qualche tipo di merdosa ferita. In più, non sono ancora sicuro di dove andrò a finire. Ho appena lasciato la sede della Pacific Rim Agency in California una o due settimane fa. la Yūei mi ha chiesto di partecipare come uno dei loro educatori speciali per il primo anno, era proprio quello il motivo per il quale ero a scuola prima. Ma se scelgo di non farlo posso andare al nord dove stanno i miei genitori e vivere lì.”
“Ah.” Disse Izuku.

Katsuki gli lanciò un’occhiataccia. “E quello che cazzo dovrebbe significare?”
“Eh? Era- Era solo un- Sì, ti ho sentito. Non significava nulla.” Izuku si allontanò ma non c’era un posto dove potesse andare per evitare lo sguardo di Katsuki, a meno di non uscire dalla stanza. Fece guizzare lo sguardo verso la porta; Katsuki lo notò.
Katsuki chiuse il frigo con più forza del necessario. “Sputa il rospo, Deku.

Izuku sussultò visibilmente. Cercò di mascherarlo con una risata nervosa. “Nessuno mi chiama più Deku. Nessuno a parte te.” Guardò in basso. “Nemmeno Ochako.”
“Probabilmente perché ha visto la tua reazione.” Disse Katsuki, indicando Izuku con una mano. “Ti coccola ancora. Lo fa da quando hai avuto un crollo psicofisico al suo dannato matrimonio.”

Izuku arrossì per l’imbarazzo, ma invece di contraddire o anche solo mettere in dubbio Katsuki, abbassò gli occhi e trattenne la lingua.
Digrignando i denti, Katsuki marciò verso di lui. Izuku cercò di indietreggiare all’ultimo secondo ma non poteva andare da nessuna parte. Katsuki gli bloccò la fuga con le sue spalle larghe e Izuku non voleva aprirsi la strada spingendolo via fisicamente.

Afferrandogli la camicia, e catturandolo pure per la cravatta, Katsuki lo scosse bruscamente. “Dove cazzo è quel tuo spirito, Deku?” Continuò a spingere, nonostante il modo in cui Izuku chiuse brevemente gli occhi al nome sputato da Katsuki. “Lo hai vomitato da qualche parte? Come diavolo fai ad ispirare i tuoi studenti a dare il massimo quando ti rannicchi come un cagnolino indifeso ad ogni piccola cosa?”
“Si chiama lavoro emozionale, Kacchan.” Disse mestamente Izuku. “Sono il loro insegnante. Non devono preoccuparsi per me. Non sono così con loro. Cerco di essere come- come-” Le sue mani si aprirono e chiusero mentre la sua mente si affannava per formulare la frase.
“Come All Might, il nostro primo anno.” Gli venne incontro Katsuki.
Izuku annuì; le labbra premute in una linea sottile.

Stettero immobili per un momento, Izuku che guardava un punto distante, Katsuki che ancora teneva il davanti della sua camicia. Erano abbastanza vicini da sentire i reciproci respiri. Katsuki poteva avvertire il calore del corpo di Izuku attraverso i suoi vestiti. Poteva odorare lo shampoo che aveva utilizzato per i suoi capelli scuri e ricci.

“Chi era prima, al telefono?” Chiese Izuku, la voce incredibilmente fievole. “Non avrei mai immaginato che qualcuno potesse interromperti in quel modo senza che tu gli urlassi contro. Per caso era-“
“Ochako.” Disse velocemente Katsuki. “È perché non ci hai visti interagire per anni.”
“Ah. Okay.” Il viso di Izuku si colorò di rosa. “Pensavo che fosse…” Alzò lo sguardo senza muovere la testa. I suoi occhi verdi sbirciarono Katsuki attraverso le ciglia scure. Katsuki li fissò e si perse tutto il resto della frase. La sua completa attenzione era per quegli occhi verdi illuminati dalla luce calda della cucina. Erano straordinariamente brillanti. Più scuri verso il bordo dell’iride. Costellati di scaglie blu o grigie che rendevano il suo sguardo più intenso.
Era talmente vicino, ora. Poteva sentire il respiro di Izuku sulla sua bocca.
Katsuki si bloccò. Si era avvicinato sempre di più, respirando la stessa aria di Izuku, che lo aveva guardato con gli occhi sempre più sgranati. C’erano meri centimetri fra di loro. Ancora qualche secondo e Katsuki lo avrebbe baciato.

Lentamente, Katsuki fece un passo indietro. Lasciò scivolare la camicia di Izuku dalle dita che erano doloranti per quanto forte ci si erano aggrappate. “Occhi verdi.” Disse, senza nemmeno sapere bene perché lo stava dicendo. Per spiegarsi? Per scusarsi? “Ho sempre avuto un debole per occhi come i tuoi.”
Il rossore infuriò sulle guance di Izuku ma Katsuki si girò velocemente per non mettersi a fissare di nuovo. “Metti su del riso, inutile Deku.” Ringhiò mentre batteva in ritirata verso gli ingredienti sul bancone. “E apparecchia la dannata tavola. E vatti a cambiare quei cazzo di vestiti. Io vedo se riesco a fare qualcosa di commestibile con questa merda.”
“S-sì, Kacchan.” Balbettò Izuku prima di obbedire e correre via.

Katsuki si sentì come se avesse trattenuto il respiro per tutto il tempo in cui Izuku preparava il riso. Solo dopo che se ne andò Katsuki riuscì a riprendere fiato. Strofinò furiosamente alcune verdure, mormorando tra sé e sé: “Ripigliati. Non sei qui per queste cazzate, coglione. Sei qui per… per…”

Scuotendo la testa, Katsuki scacciò quel pensiero dalla mente. Era lì per cucinare la cena e fare conversazione. Solo quello. Ed era abbastanza. Avrebbe potuto inventarsi qualcosa più avanti.
 
 
-----------------------------------------------------------------------
 
 
C’era un qualcosa di familiare, quasi nostalgico in quel loro cenare insieme, pensò Katsuki. Sedevano entrambi ai lati dello stesso tavolo rincagnato che Izuku possedeva quando stavano insieme. Il cibo era lo stesso che Katsuki aveva preparato dozzine di volte, un pasto consolante che era allo stesso tempo veloce e saziante. Era come se gli anni che avevano vissuto lontani fossero scomparsi e fossero di nuovo nella loro ventina, a condividere un pasto dopo una lunga giornata di lavoro eroico.

“Pensi di farlo? Voglio dire, un anno non è tanto tempo. Ti sistemeresti a malapena in un posto prima di dovertene andare di nuovo.” Disse Izuku, rimestando con pigrizia le bacchette nel suo piatto. Si era messo comodo, molto più a suo agio nei vestiti da casa.
“Se il primo anno va bene parlavano di farmi restare per tre o cinque anni.” Disse Katsuki. Fece una pausa per bere un po’ d’acqua prima di continuare. “Non mi va davvero di trasferirmi qui per un anno e poi muovermi ancora alla sua fine. Sto cercando di convincerli a farmi restare per tre anni prima di accettare la loro offerta.”

Izuku mangiò silenziosamente, pensieroso, i suoi occhi abbassati e distanti. Katsuki non poté fare a meno di notare che Izuku si era rifiutato di guardarlo negli occhi da quando si era avvicinato troppo prima.
Katsuki capiva perché lo aveva fatto, ma questo non significava che gli doveva piacere. Però, solo perché non gli era piaciuto non significava che poteva fare il bastardo.

“Mi chiedo se…” Mormorò Izuku tra sé e sé. Si massaggiò il mento. La sua lingua inumidì il suo labbro inferiore.
“Se…?” Lo incoraggiò Katsuki, facendo gravitare lo sguardo verso il suo piatto.
“Ho un incontro con Nedzu domattina presto.” Disse Izuku. “Ha detto che non è niente di serio, solo una domanda riguardo alla pianificazione dei docenti per i prossimi anni. Mi chiedo se sei tu quello di cui voleva parlare. D’altronde è impossibile che non sappia di noi.”
“Scusa?”

“Voglio dire,” Disse Izuku velocemente. “La gente sa… Sa un po’ della nostra storia. Specialmente quelli che ci conoscevano anche quando eravamo più giovani, come Nedzu. Ha senso che prima di assumerti ufficialmente vogliano avvertirmi. Voglio dire, non sanno se possiamo… lavorare insieme dopo tutto quello che è successo tra noi.” Si agitò nella sedia, muovendo un po’ le gambe.

Katsuki si ficcò un boccone enorme di cibo in bocca, forzandosi ad aspettare un momento per rispondere prima di vomitare la prima cosa che gli veniva in mente. Non aveva pensato al fatto che lavorare alla Yūei avrebbe comportato lavorare di nuovo con Izuku. Nonostante quanto Izuku fosse stato nella sua vita, l’ultima decina d’anni l’aveva passata all’estero, con un’altra cultura a una nuova famiglia. Katsuki era diverso ora- cambiato dal suo lavoro, dalle sue esperienze.

Poteva lavorare con Izuku senza causare problemi?
Guardò Izuku, lo guardò per davvero.

Izuku non era mai stato grande, né in larghezza né in altezza, ma in quei giorni era più magro di quello che Katsuki desiderava. I suoi vestiti penzolavano un po’ troppo dalla sua figura. Era talmente magro che il collo del maglione gli cadeva, mostrando le clavicole e ricordando a Katsuki l’aspetto scheletrico di All Might più che la normale figura di Izuku.

Quegli occhi brillanti, abbassati in modo che Katsuki potesse vedere solo le ciglia lunghe contro le guance di Izuku, diventavano opachi con facilità. Al di sotto c’erano ombre causate dall’insonnia e rughe dallo stress. Persino i ricci dei suoi capelli sembravano appesantiti da un peso, poggiati contro la sua pelle, avvolti intorno al collo e sulla punta delle orecchie. Era palese che non si fosse tagliato i capelli per mesi, anche se ne aveva assoluto bisogno se non desiderava farseli crescere eccessivamente.

Anche le sue mani mostravano segni dell’incuria generale portata avanti da Izuku. Le sue cicatrici erano scure, spiccavano sulla pelle chiara delle mani. Le sue unghie erano tagliate cortissime e la sua pelle appariva ruvida, screpolata, con piccole croste sulle punte dei pollici dove Izuku sicuramente si mangiava le unghie.

Ad una prima occhiata, nel completo da professore e sorridente com’era prima, era stato difficile vedere che Izuku si stava lentamente distruggendo. Ma Katsuki lo conosceva da quasi tutta la vita. Aveva visto Izuku vibrare di vita. Lo aveva visto malconcio e sconfitto.
E ora stava guardando la sua ombra.

Il silenzio si protrasse talmente a lungo che Izuku infine alzò lo sguardo. “… Kacchan?”  
“Per me è lo stesso, sai.” Disse Katsuki, portando i suoi occhi dalle mani di Izuku alla sua bocca. Le sue labbra erano similmente screpolate ed ora che le studiava poteva vedere dove si erano spaccate. Se avesse baciato Izuku con dolcezza, avrebbe sentito quella pelle ruvida contro la sua? Se lo avesse baciato con passione, avrebbe di nuovo rotto quel labbro, assaggiando il sangue?
“… Cosa?” Chiese Izuku, appoggiando le bacchette.
“Nessuno mi chiama Kacchan. Voglio dire, tu eri l’unico che lo facesse con costanza, ma c’è stata qualche volta in cui gli altri lo dicevano per gioco. Non lo fanno più. Nemmeno per scherzare. Immagino che gli ricordi di quando eravamo Kacchan e Deku, il duo inarrestabile.”
La faccia di Izuku si scurì. Giocherellò di nuovo con il suo cibo. Katsuki voleva dirgli di prendere un dannato morso, non gli avrebbe fatto male mangiare qualcosa; invece si morse la lingua. Tutto quel trattenersi gli si sarebbe ritorto contro prima o poi, ma Katsuki stava facendo del suo meglio per godersi la sua cena con Izuku.
“Non proprio inarrestabile, dopotutto.” Mormorò Izuku.

“A proposito di questo…” Si intromise Katsuki. Dopo un momento di esitazione, allungò la mano verso l’altro capo del tavolo. Esitò di nuovo prima di posarla sul dorso del polso di Izuku. Non lo afferrò, fece solo riposare lì le sue dita. “Mi dispiace. Era- Non avrei dovuto dire quello che ho detto. Non avrei dovuto fare quello che ho fatto. Mi sbagliavo. Su di te. Su quello che volevo. Ho fatto un errore; e mi scuso.” Katsuki prese un respiro profondo e lo lasciò uscire piano. Sollevò la mano, intenzionato a toglierla, ma Izuku gli mise la sua sopra e lo tenne fermo.

“Tutto qui?” Sussurrò Izuku, piegandosi leggermente in avanti. “Queste sono le tue scuse? Non mi chiedi nemmeno perdono?”
“Me lo merito?”
“Non è quello che ho chiesto.” Esalò Izuku. “Vuoi che io ti perdoni?”
“Sì,” Disse Katsuki, “Ma io non-“

“Non ti perdono.” Lo interruppe Izuku. I suoi occhi scintillavano, ma il luccichio era dato dalle lacrime trattenute. “Ho vissuto per anni con te che mi chiamavi stupido e inutile e incapace e poi, dopo che sono riuscito finalmente a ottenere il tuo fottuto rispetto” Sputò Izuku, “Era stato solamente perché ero riuscito a batterti. Perché ero migliore di te. Appena ho mostrato una debolezza- appena sono diventato di nuovo un senza-quirk, che cosa mi hai detto? Mi hai detto che ero rotto, Kacchan. Hai detto che sono stato un fottuto spreco del tuo tempo.” Premette sulla mano di Katsuki, le dita che iniziavano a scavare nel suo dorso. “Tutti quegli anni che hai passato nel mio appartamento, nel mio letto. Te ne penti Kacchan? Ti sei pentito di aver scopato un senza-quirk?”

Katsuki fissò la sua mano. Le nocche di Izuku erano bianche. La sua voce tremava. Lacrime scivolavano giù dalle sue guance. Sommessamente, ammise: “Non me ne pento.”
“Ma sei lo stesso felice di avermi lasciato.” Sputò Izuku. Lasciò andare Katsuki. Appoggiò le sue posate e spinse via il suo piatto, praticamente intoccato. “Di quello non ti penti, vero?”
“Io-” Disse Katsuki. “È complicato. Non riguarda solo te o me-”
Izuku afferrò il bordo del tavolo. “No? Riguarda quella donna? Ochako mi ha parlato di lei. Che hai sposato una donna americana con un quirk potente. La gente la chiamava una donna meravigliosa o qualcosa del genere e sei stato tu a sposarla. È questo il motivo per cui non ti penti di avermi lasciato? Perché così sei riuscito a scopare qualcuno che aveva un vero quirk?”
“Deku-“
Non chiamarmi così!” Urlò Izuku. “Non chiamarmi Deku.” Sbatté un pugno sul tavolo, facendo saltare i piatti. Katsuki afferrò il proprio bicchiere, tenendolo dritto. “So cosa significa per te, davvero. So che non mi hai mai guardato come qualcosa che fosse tutto fuorché inutile, ora, perché non hai mai smesso di chiamarmi con quel nome.”

“Non riguarda nemmeno Sierra.” Scattò Katsuki. Il limite della sua pazienza era all’orizzonte. Lo afferrò strettamente, non voleva urlare, non voleva litigare. Aveva fatto così tante cose con Sierra, tanti insulti e litigi urlati a pieni polmoni e ora non ne poteva più. Si rifiutava. Se n’era andato per evitare tutto quello, dopotutto. “Che vada a fare in culo. Non me ne frega un cazzo di lei.”
“L’hai sposata.” Ribatté Izuku. “Non dirmi che sposeresti qualcuno che non ami.”
“L’ho sposata perché era incinta.” Disse Katsuki. “Perché se non l’avessi fatto, non avrei potuto esserci per mia figlia.”

Il sangue defluì dal viso di Izuku. Le sue lentiggini spiccarono per il forte contrasto, quasi nere sulla sua pelle. Le sue lunghe ciglia, che incorniciavano i suoi occhi sgranati, tremarono. La sua bocca si spalancò, a formare una O quasi perfetta. Fece scivolare le mani verso di sé, abbracciandosi il torso. “Tua… figlia?”
Katsuki si morse l’interno della guancia. Annuì leggermente. “Si chiama Clara. Tra poco farà otto anni.” Fece una piccola risata. “Era per lei che Ochako mi aveva chiamato. La stanno tenendo per me, così che io possa essere qui. Per te.”

“No.” Disse Izuku. La sua voce tremò. “Non dirlo come se fosse una specie- una specie di sacrificio, come se essere qui fosse un compito-”
“Non lo è-”
“-perché non ti ho fatto venire qui io. Te l’ho solo chiesto e tu-”
Volevo essere qui.”
“-sei venuto di tua spontanea volontà. Non puoi incolparmi di- di-”
“Volevo vederti.”
Izuku si ammutolì, mordendosi il labbro. Fissò Katsuki.

Katsuki rimase lì, fissandolo di rimando. Dopo che Izuku rimase in silenzio, Katsuki si strinse leggermente nelle spalle. “Sono ancora egoista, De- voglio dire, Izuku. Volevo vederti, dopo tutto questo tempo. È questa la ragione per cui ho considerato la Yūei. Non me ne fregherebbe un cazzo di questa scuola se non ci fossi tu.”

“… ma perché?” Disse mestamente Izuku. “Perché scomodarti? Perché tornare per vedermi? Dopo tutto quello che hai detto- Anche se ammetti di aver sbagliato- Perché volevi vedermi?”
Katsuki si guardò le mani. Si strofinò le nocche, nervoso. “Mi mancavi.” Ammise. “Mi mancava il mio migliore amico.”
Izuku fece un piccolo, strozzato verso di dolore. Katsuki sussultò al suono e alzò lo sguardo per vedere Izuku che lo fissava. Lacrime scorrevano liberamente dalle sue ciglia.

Katsuki incurvò le spalle. Si piegò in avanti, appoggiando i gomiti sul tavolo, abbassando di nuovo lo sguardo. Le sue mani si aprirono, le nocche poggiate sul tavolo mentre le allungava. “C’eri sempre per me, per tutta l’infanzia e poi nella nostra adolescenza. I nostri primi anni di lavoro da eroe, eri al mio fianco. Abbiamo scalato i ranghi insieme. Tu… Tu hai smesso- Sei stato ferito a causa mia. E poi quando hai donato il tuo quirk, non ero… Non l’ho gestita bene. Non sono stato in grado di sostenerti. Nonostante tutto, non ero ancora… cresciuto.”
Chiuse gli occhi, lottando contro il modo in cui bruciavano. Sbattendo rapidamente le palpebre, guardò verso Izuku. “Mi dispiace di essermene andato. Mi dispiace di averti detto quelle cose. Ma io non- non posso pentirmene. Perché questo vorrebbe dire pentirmi di Clara e io- È mia figlia, De- Izuku. E a qualunque costo, la amo. Lei è… La ricompensa per tutto ciò per cui ho sofferto e ho sacrificato. È la mia vita.”

“Se questo è vero,” Izuku esordì lentamente. Le sue spalle erano ingobbite e si era rimpicciolito su se stesso. Non guardò su né incrociò lo sguardo di Katsuki. “Se questo è vero, per quale motivo sei davvero qui? Non ho mai chiesto le tue scuse. E non tentare rifilarmi quella cagata del sono egoista. Non- non è abbastanza come motivo.”

“È l’unico che ho.” Disse Katsuki. “Mi mancavi. Quando ti ho visto a scuola volevo solo abbracciarti di nuovo, sapere che eri vivo. Tornare qui, vedere dove vivi, cucinarti la cena. L’ho fatto perché volevo vederti di nuovo. Tutto qui. È questa la ragione. Mi mancavi e volevo… Volevo un pezzettino di quello che avevamo, anche se so di averlo mandato a puttane.”

Izuku aprì la bocca, poi la chiuse di nuovo. Prese un respiro tremolante e lo lasciò andare in silenzio.
“Izuku-” Iniziò Katsuki. Si fermò quando vide Izuku scuotere la testa.
“Penso che dovresti andare.” Disse Izuku. Girò la testa di lato, le labbra premute in una linea sottile.
Lentamente, sperando che Izuku cambiasse idea, Katsuki si alzò e si allontanò dal tavolo. Stette in piedi lì, esitante, le mani sul tavolo, guardava Izuku ma Izuku non si mosse.

“Solo… Solo una cosa, prima che me ne vada.” Chiese Katsuki. “Per favore.”
Izuku rimase immobile. Le sue sopracciglia di aggrottarono. I suoi occhi saettarono qui e là. Col più piccolo movimento possibile, annuì. “Cosa vuoi ancora da me?”

Katsuki aggirò il tavolo. Allungò una mano, accarezzando una guancia di Izuku. Izuku sussultò al tocco ma rimase fermo mentre Katsuki gli asciugava le lacrime con il pollice. Strinse gli occhi quando Katsuki si inclinò in avanti, inspirando e trattenendo il fiato come se potesse ignorare tutti i suoi sensi se avesse smesso di muoversi, di respirare; e chiuse gli occhi.

“Perdonami solo se è quello di cui hai bisogno.” Disse Katsuki. Premette le labbra sulla tempia di Izuku, indugiando per il calore della sua pelle. “E ti prego, prenditi cura di te stesso. Sei esausto e mi stai facendo preoccupare.”
“Vai e basta, Katsuki.” Disse freddamente Izuku. “Smettila di fingere.”

Katsuki si tirò indietro, aggrottando la fronte. Izuku aveva ancora gli occhi chiusi. Voleva vederli aperti un’ultima volta ma non sapeva come fare senza spaventare Izuku in qualche modo.
“Scusa.” Sussurrò. “Buonanotte Izuku.” Katsuki si allontanò. Uscì dalla cucina, lasciando un Izuku silenzioso e immobile.

Mentre si avvicinava alla porta d’ingresso, si fermò al tempietto per Inko. Esitò per un secondo, guardando la donna sorridente e poi un punto lontano, vergognandosi.
“Mi dispiace, zietta.” Mormorò Katsuki alla foto della donna defunta. “Cercherò di fare meglio.”
Dubitava che lo avrebbe perdonato. Dopotutto, aveva avuto le sue riserve riguardo la loro relazione da quando era iniziato il bullismo. Vivere insieme, frequentarsi- nulla di tutto quello aveva cambiato la sua opinione di molto alla fine.

Katsuki raggiunse la porta e si infilò le scarpe. Mentre la apriva, tirò fuori il cellulare e premette il tasto di chiamata rapida. Ochako rispose appena uscì dall’ingresso.
“Hey.” Disse lei. “Come va?”
“Sto tornando.” Disse Katsuki una volta uscito dall’appartamento di Izuku. La porta rifiutava di chiudersi facilmente quindi dovette strattonare la maniglia per un po’, grugnendo alla resistenza. “C’è niente che volete che prenda prima di venire lì, sai, per ripagarvi di avermi guardato Clara?”

Katsuki spostò il telefono sull’altro lato, ascoltando Ochako e togliendosi Izuku dalla testa come meglio poteva. Aveva fatto quello che doveva fare. Aveva visto Izuku. Ci aveva parlato assieme. Lo aveva toccato.
Katsuki aveva vissuto nove anni con molto meno. Poteva vivere senza Izuku di nuovo.

Non era facile.

Ma, ehi, non c’era più nulla di facile nella sua vita.

 

 
Note importanti di fine capitolo
Mi sono buttata anima e corpo in questo lavoro perché ero determinata a farlo uscire prima del 5 luglio. Cosa succede il 5 luglio, ovvero domani? Verrà - molto probabilmente – approvata una direttiva europea sul copyright su internet. Una volta approvata, verrà applicata in maniera diversa da paese a paese, in base alle decisioni di ogni governo. E ne stanno parlando veramente in pochi.
Il problema di questa direttiva è che è stata scritta in maniera fin troppo generale e andrebbe a colpire e uccidere talmente tante fasce e ambiti dell’internet libero che è persino peggio della tanto discussa Net Neutrality in America. Per farvi un esempio, potrebbero sparire da Youtube le categorie di Let’s Player, le reaction, le parodie, i riassunti e tanti altri. Per quanto riguarda il resto dell’internet libero, potrebbero sparire i meme e la maggior parte dei fanwork, come fanfiction e fanart, che si basano appunto sull’uso da parte dei fan di prodotti protetti da copyright.
Per siti come AO3, che sono americani, questa direttiva li danneggia solo di striscio: continueranno a esistere, ma probabilmente noi non potremo più vederli. Ma EFP è un sito del tutto italiano e nemmeno io ho un’idea chiara di cosa potrebbe succedergli dovesse questo casino arrivare in Italia.
Questa direttiva è stata chiamata persino “potenzialmente dittatoriale”, tanto che da ieri persino Wikipedia Italia ha chiuso i battenti per protesta: non è un’esagerazione nel dire che se non venisse emendata, avremmo letteralmente un Grande Fratello con poteri effettivi di censura sull’internet.
Manca pochissimo alla votazione, meno di un giorno. Probabilmente posso fare ben poco, ma voglio che quantomeno se ne parli un po’ di più di questa faccenda. Vi lascio qui sotto alcuni link utili per informarmvi a riguardo (se non funzionano copincollateli sulla barra URL). #SaveTheInternet

 
https://meta.wikimedia.org/wiki/European_Parliament_vote_in_2018/it
https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Comunicato_3_luglio_2018
https://www.youtube.com/watch?v=lTRr11CFQx4&t=452s
https://www.youtube.com/watch?v=DUbf2-xpkyA
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Boku no Hero Academia / Vai alla pagina dell'autore: Ramabear