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Autore: blankfaxed    06/07/2018    2 recensioni
Angelo
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una manciata di raggi di sole penetra attraverso il lino turchese delle tende. Sola, seduta al tavolo della cucina, ti immagino di fronte a me e sorrido al pensiero dei tuoi occhi verdi, sgargianti per la luce aranciata che li colpisce di traverso. Sorseggio un the amaro e ricordo la carezza delle tue labbra sulla mia guancia. Ne sfioro la pelle con le dita e sorrido.
Caro amico fragile, non scordarti che ti amo, ti dico sempre. Tu sorridi imbarazzato e distogli lo sguardo, incapace di comprendere il motivo della mia devozione. Allora mi riassetto la blusa bianca e spiegazzata di sangallo che io stessa ho confezionato, e ti spiego. Vedi, non sono qui per creare dolore, ti rassicuro. Il mio cuore batte per eliminarlo. Sono stata creata a questo scopo. Il mio cuore è pieno d'amore.
La cucina profuma di arance di primavera. Sono appena raccolte, sistemate davanti a me in un cestino di vimini rosa. Tutto è colore ai miei occhi. Tutto è amore.
Ma dove sono le tue ali? Mi chiedi. Questa domanda non necessita risposta. La risposta è un bacio.
Ti sussurro, e non capisci:
Yo te quiero. Les pido a los Dioses - e scusa se non rispetto il tuo Dio e uso il plurale, ma per te voglio pregarli tutti, ma proprio tutti - que limpien tu alma de mal.

Così,
nel silenzio del primo pomeriggio,
con le palpebre pesanti e le ciglia piene di sogni,
un angelo veglia su un altro angelo,
uno tangibile, l'altro etereo.


Mi guardo le mani, soddisfatta di me stessa, delle mie conquiste, dei miei percorsi, dei miei viaggi, dei miei amori, di te, di tutti voi.
Riprenderò a scrivere. A disegnare. A cantare. A correre. A ridere. Imparerò a danzare. Farò pace col mare. Farò pace con il disordine, quello interiore. Si tratta di sciogliere i nodi, pettinare per bene ogni ciocca, e poi raccoglierle tutte in trecce salde e ordinate.
Voglio che tutti se ne accorgano. Vedano che sono tornata. Non per ripicca, non per vendetta.
Tornerò a scrivere.

Mentre un bambino dorme,
un angelo
in cielo,
in terra,
in mare,
ovunque egli si trovi,
solleva la propria spada adamantina
forgiata dalle stelle
e tempestata di ametiste, quarzi, agate e occhi
e la scaglia nel petto del dolore,
spezzandogli il cuore,
spingendolo al di fuori della gabbia delle costole e delle vertebre cineree,
e lo guarda precipitare al suolo.
Egli raccoglie questo cuore con le sue mani e lo cura, perché ogni cosa che viene distrutta ha poi bisogno di essere ricostruita,
non importa la sua natura.


"Il naufrago è tornato al suo porto, vivo" dico all'angelo che forse c'è, forse non c'è. Forse mi sta accanto e mi guarda. O forse è dietro di me, mi guarda le spalle, all'erta. Che nessuno si avvicini. L'angelo si trasforma in vipera.
Egli risponde: "È tornato al suo porto, vivo, sopravvissuto solo grazie alla forza delle sue braccia. Il mare l'ha tradito, perdonato, accolto, restituito. Adesso è indistruttibile, e tutto ciò grazie alle sue braccia e al mare."
Ma io non lo sento. Lo sento nel cuore, dentro il cuore, dentro i ventricoli e gli atri, dentro le loro cellule allungate, dentro le loro fibre forti, ma non lo sento con l'udito. Quindi non capisco.
"Sono io il naufrago" dico ad alta voce, per non dimenticarlo mai. Sono io la sopravvissuta, sono io. Toccare la spiaggia della rinascita è stato come svegliarsi da un coma di sogni ovattati, surreali, di molteplici vite vissute distrattamente da lontano, quasi solamente osservate.
Perché non mi hai aiutata? Oh, dici di averlo fatto. E forse, forse, se riesco a ricordare, è vero. Hai ragione. C'eri. Ti vedo, ti ritrovo nei dettagli dei ricordi che non ero capace di notare mentre li vivevo.
Quante volte mi sono trovata di fronte a un lupo, denti digrignati, pelo irso, pelle tremante, gola vibrante. Quante volte, concentrata sul lupo che avevo di fronte, non ho notato te, alle mie spalle, che tenevi a bada il resto del branco col solo uso delle mani, amorevoli, e della voce, rasserenante.
Quante volte questi cani, randagi, sporchi, malati, mi hanno morso le mani? Eppure non mi sono mai ammalata, perché eri sempre pronto a baciarmi le ferite e, col tocco delle tue labbra, purificarle da ogni male.
Quante volte queste vipere, folli, mi hanno affondato i denti nel collo, o sono persino arrivate a cambiare la loro natura pur di farmi del male, e si sono strette con i loro muscoli attorno alle mie caviglie, a strozzarmi le vene? Ma non ho un livido, perché tu hai sempre spezzato i loro nodi e succhiato via il veleno dal mio sangue, o mosso da pietà divina per le sventurate, con le dita hai sciolto le matasse dei loro corpi e le hai riappacificate.
Tutte le mosche che aspettavano che la mia carne marcisse, tutti i vermi che avrebbero voluto nutrirsi dei miei visceri, tutti i corvi che mi avrebbero portato via le ossa, tu li hai fermati e li hai resi semplicemente mosche, vermi e corvi, privi di male e privi di bene, distanti da me.

Ora dimmi. Ora che so di contenere, dentro di me, ogni stella dell'universo, con i suoi elementi leggeri e pesanti, i suoi raggi infiniti, il suo calore inimmaginabile; e tutti i pianeti che ogni stella riscalda e nutre, e ogni millimetro di spazio cosmico; e tutte le creature che abitano tutti i mondi, quelle fisiche e quelle celesti; e ora che so di contenere dentro me ogni angelo, con l'estensione abnorme delle ali, con il peso delle migliaia di occhi, con l'ingombro del potere infinito e con la potenza del fuoco che arde nel loro petto al posto del cuore; ora che so di contenere dentro me ogni dio antico, indefinibile, fatto di amore, nient'altro che di amore, ognuno diverso, ognuno simile, ognuno letale e nutriente come l'incendio, come la neve, come la pioggia, come la luce, pieno del sapere di tutte, tutte, tutte le cose dell'universo. Dimmi.
Continui a non credermi quando ti dico che so amarti?
   
 
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