Film > The Greatest Showman
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Autore: rhys89    07/07/2018    2 recensioni
Philip Carlyle studia in casa fin dall’infanzia come tanti americani benestanti, ma è l’unico a godere del privilegio di avere come insegnante Phineas Taylor Barnum.
Lui solo può crogiolarsi in quel rapporto così speciale da rendere tale anche la sua vita monotona… e lui solo, alla fine, dovrà affrontarne le conseguenze.
Perché, in fondo, una cosa è bella e preziosa anche e soprattutto perché destinata a finire.
A sei anni P.T. è soltanto “il maestro”, una faccia nuova come tante, un dipendente come gli altri.
A tredici anni le labbra di P.T. te le sogni anche la notte.
A diciotto anni, invece… a diciott’anni cambia tutto.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: P.T. Barnum, Phillip Carlyle
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice

Hola! ^^
Ebbene sì, sono tornata su questi lidi, e dopo un'assenza decisamente breve (almeno per i miei standard), quindi... dovete sopportarmi di nuovo xD
Stavolta vi propongo una mini one-shot AU di appena 700 parole, scritta per il Goodbye Flash Contest indetto da Freeshane sul forum di EFP.

In questo contest, il cui tema principale è l'addio, dovevamo scegliere un prompt, una citazione e una canzone:
- Prompt: college
- Citazione: “Addio mio piccolo signore, che sognavi i treni e sapevi dov’era l’infinito; tutto quel che c’era io l’ho visto, guardando te. E sono stata ovunque, stando con te.” Alessandro Baricco.
- “Goodbye my lover”, di James Blunt (il titolo è ripreso da questa canzone, e nella storia troverete alcune frasi in corsivo che sono anch'esse pezzi tradotti e riadattati di questa canzone).

Per amor di precisione, vi propongo quanto dice Wikipedia sull'insegnamento privato in america (e che io ho sfruttato nella mia storia):
In America sta prendendo piede il fenomeno dell’insegnamento privato a casa dello studente. I ragazzi sono istruiti direttamente dai genitori o da insegnanti privati. Le famiglie si fanno carico di libri di testo e di test. Ciò è fattibile in quanto negli Stati Uniti ci sono solo quattro materie fondamentali obbligatorie per tutti nella scuola superiore: inglese, matematica, scienze e storia. Questi studenti devono sostenere un esame di ammissione al college.

Una piccola - e probabilmente inutile - curiosità: nella parte iniziale le età non sono state scelte a caso, ma seguono un ordine, e precisamente --> x + 1 + 2 + 3 + 1 + 2 + 3.

Direi che le note possono bastare... grazie infinite a tutti voi che leggerete e/o commenterete, spero che la mia storia vi possa piacere ^^

[Storia partecipante alla 666 prompt per essere come il diavolo challenge, indetta da Arianna.1992 sul forum di EFP.]

Disclaimer: i personaggi e la storia di The Greatest Showman non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^



Prompt: 114. “Il più difficile non è il primo bacio, ma l’ultimo.” Paul Gèraldy
Rating: giallo
Genere: introspettivo, malinconico, romantico
Avvertimenti: slash
Personaggi/Pairing: P.T. Barnum, Philip Carlyle, P.T./Philip
POV: Philip
Localizzazione: modern!AU
Note: In America sta prendendo piede il fenomeno dell’insegnamento privato a casa dello studente. I ragazzi sono istruiti direttamente dai genitori o da insegnanti privati. Le famiglie si fanno carico di libri di testo e di test. Ciò è fattibile in quanto negli Stati Uniti ci sono solo quattro materie fondamentali obbligatorie per tutti nella scuola superiore: inglese, matematica, scienze e storia. Questi studenti devono sostenere un esame di ammissione al college. (fonte: Wikipedia)
Note 2: il titolo è un verso della canzone “Goodbye my lover”, di James Blunt; le parti in corsivo (ad eccezione delle singole parole) sono pezzi tradotti e riadattati della stessa canzone.
Note 3: “Addio mio piccolo signore, che sognavi i treni e sapevi dov’era l’infinito; tutto quel che c’era io l’ho visto, guardando te. E sono stata ovunque, stando con te.” è una citazione di Alessandro Baricco.
Conteggio parole: 700

And as you move on remember me, remember us and all we used to be

 A sei anni P.T. è soltanto “il maestro”, una faccia nuova come tante, un dipendente come gli altri. Qualcuno assunto da tuo padre per servirti, e da rispettare solo quanto basta per mostrare la tua buona educazione perché la mamma ci tiene, a queste cose.

 A sette anni P.T. è già diventato complice e confidente, l’unico a cui poter raccontare tutti i tuoi sogni con la certezza di essere capito e non sgridato. Soltanto a lui parli dei treni che corrono sull’acqua in mezzo ai pesci e delle aquile che ti portano sul dorso, volando verso un orizzonte che non raggiungi mai.

 A nove anni le lezioni si fanno più difficili e noiose, ma P.T. riesce a renderle appassionanti colorandole con le sue bugie. A tuo padre non piace, questo suo modo di fare, perché “ti sto pagando per educarlo, per raccontargli le favole c’è la governante”.
 P.T. annuisce e si scusa, ma quando lui esce ti fa un occhiolino.

 A dodici anni P.T. è capace di affascinarti con quella sua voce seria e scanzonata insieme e di farti pendere dalle sue labbra. E non importa che parli degli UFO, di Napoleone o delle espressioni algebriche, ti bevi ogni sua parola come se fosse acqua fresca nel deserto.

 A tredici anni le labbra di P.T. te le sogni anche la notte. Sogni bagnati e sconvenienti, che sporcano le lenzuola e ti imporporano le guance d’imbarazzo; sogni che al mattino nascondi in un angolo buio della tua coscienza senza raccontarli neppure a te stesso.
 Per la prima volta sei custode di un segreto che non è vostro, ma soltanto tuo.

 E poi, a quindici anni, P.T. diventa molto, molto di più. E tu diventi dipendente da lui.
 Perché adesso le sue labbra puoi assaggiarle davvero, e quel desiderio nascosto goffamente si scopre ricambiato con ardore. E devi portare pazienza perché P.T. non vuole spingersi oltre, non ancora, ma i sogni che popolano le tue notti sono più vividi che mai, e per ora ti basta così.

 A diciotto anni, invece… a diciott’anni cambia tutto.
 «E quindi finisce così?»
 Appoggiato allo stipite della porta, guardi P.T. sospirare mentre finisce di sistemare una maglietta in valigia.
 «Ho paura di sì» risponde infine, alzando gli occhi su di te.
 E in fondo lo sapevi già, perché hai visto la fine ancor prima che la vostra storia cominciasse… ma fa comunque male.
 «Perché?»
 P.T. sorride mestamente e si avvicina a te, scostandoti i capelli dalla fronte in un gesto così tenero e familiare da toglierti il fiato.
 «Ormai sei stato accettato al college, Phil… non hai più bisogno di me.»
 Stringi i pugni con rabbia.
 «Solo perché lo dice mio padre?» sbotti.
 «Tuo padre ha ragione, non c’è più spazio per me nella tua vita. So che non ci credi,» aggiunge in fretta, bloccando le tue proteste sul nascere «ma è così. Sei giovane, bello, intelligente e ricco… il mondo intero è ai tuoi piedi, devi solo allungare la mano e prenderlo.»
 Ti lasci sfuggire una smorfia di amara incredulità: come fa a non capire?
Hai baciato le sue labbra e tenuto la sua mano, hai condiviso con lui i tuoi sogni ed il tuo letto…
 «Io non voglio il mondo, voglio te.»
 Il suo sorriso si addolcisce, e così anche la sua voce.
 «Cambierai idea, Phil» sussurra. «Incontrerai così tante persone nuove da non riuscire a tenerne il conto, ragazzi e ragazze che occuperanno tutto il tuo tempo e i tuoi pensieri… presto ti scorderai della cotta che avevi per il tuo maestro.»
 «Non è solo una cotta… e non ti dimenticherò.»
Tu sei stato il primo… sei stato l’unico, per me.
 Soffochi quelle parole affondando il viso nel suo petto, e P.T. ti stringe a sé.
 «Addio, mio piccolo signore,» soffia sui tuoi capelli «che sognavi i treni e sapevi dov’era l’infinito; tutto quel che c’era io l’ho visto, guardando te… e sono stato ovunque, stando con te.»
 Stringi i denti per ricacciare indietro le lacrime, respirando a fondo quell’odore che ormai conosci così bene, e quando ti senti pronto ti alzi sulle punte per sfiorare le sue labbra in un ultimo, dolcissimo bacio.
 «Addio, P.T.…» mormori triste, lasciandolo andare.
Addio, amore mio.



   
 
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