Strange meetings
Yara
La Silenzio
non si vedeva da nessuna parte. Yara aveva dato ordine
alle sue navi superstiti di prendere il largo per cercarla, ma non
aveva
ottenuto nulla. Lei e Tyene avevano osservato dalla spiaggia le
imbarcazioni
bruciare e l’avvicinarsi di scialuppe nemiche. Gli uomini che
trasportavano
avevano la carnagione scura e portavano armi che Yara non aveva mai
visto. I
mercenari, pensò reprimendo un’imprecazione. Presto sarebbero
stati loro
addosso e per quel momento sarebbe stato meglio avere pronto lo
schieramento.
“Che facciamo?”
chiese Benjameen,
comparso dal nulla al loro fianco.
Yara valutò
rapidamente la situazione.
Benjameen corrugò la
fronte: quell’espressione gli donava incredibilmente.
Tyene annuì e
Bejameen corse alle
navi per radunare i soldati. Yara fece per andare quando Tyene le
afferrò il
braccio. “Ehi” la richiamò, “uccidine qualcuno anche da parte mia.”
Yara
sorrise e corse verso la Vento Nero.
Si aggrappò alle grosse funi che conosceva a memoria e si issò a bordo.
“Prendiamo il largo!”
urlò alla
ciurma “Andiamo a prendere quelle navi!”
Ci furono
esclamazioni di approvazione
ed ognuno raggiunse il proprio posto. Yara controllò che tutto fosse in
ordine
e diede l’ordine di levare l’ancora. La nave tremò e, dopo qualche
altro
spiacevole scossone, iniziò lentamente a scivolare sull’acqua livida.
Yara entrò
sottocoperta ed
incontrò Ellaria Sand, che risaliva la piccola scala di legno che
portava alle
cabine. Si era completamente dimenticata di lei.
“Sbaglio o la nave si
sta
muovendo?” chiese Ellaria tentando di guardare oltre la spalla di Yara
che le
bloccava la visuale.
Yara si affrettò a
spostarsi quel poco che bastava.
“Non ce n’è bisogno,
ti
ringrazio” rispose Ellaria salendo un gradino, “non sarei molto utile
in
battaglia. Mia figlia?”
“Tyene è alla
spiaggia” spiegò
Yara risalendo a sua volta gli scalini scricchiolanti, “voleva
combattere. C’è
Benjameen con lei…”
“Non sono preoccupata
per lei”
disse con voce atona Ellaria, “sa cavarsela benissimo da sola.”
Non ho
mai affermato il contrario.
Uscirono insieme sul
ponte ed
Ellaria si incamminò disinvolta verso prua. Si comporta come fosse a casa sua,
pensò irritata Yara andandole di malavoglia dietro.
Dopo qualche passo fu
raggiunta
da ser Harras Harlaw il Cavaliere, che veniva in cerca di informazioni.
Aveva
occhi piccoli, denti sporgenti ed una carnagione straordinariamente
pallida.
Sembrava malaticcio.
Yara indicò tre navi
molto più a largo. “Dobbiamo raggiungerle”
spiegò, “e anche il più presto possibile. Troviamo la Silenzio
ed Euron e le facciamo colare tutte a picco.”
“Non è possibile che
Euron sia
venuto con solo tre navi” osservò Harras.
“La maggior parte ha
scaricato
gli uomini sulle scialuppe ed è ripartita” disse Yara. “Euron non vuole
correre
rischi inutili ed in ogni caso non ha attaccato con tutte le sue
forze.”
“Intendi dire”
suggerì Harras
aggrottando le sopracciglia, “che se anche dovessimo vincere oggi non
avremmo
debellato interamente la minaccia?”
“Hai capito
perfettamente”
rispose Yara dandogli una pacca sulla spalla, “ma occupiamoci di un
problema
alla volta.”
“E se volessero
arrendersi?” si
intromise Ellaria “Cosa intendi fare?”
Yara si voltò verso
di lei: aveva come
l’impressione che la donna la stesse testando.
Yara si girò
nuovamente verso ser Harras, che
era rimasto in attesa.
“Certo, mia signora”
disse Harlaw
inchinandosi e tornando sui suoi passi.
Yara afferrò le corde
delle vele
e si mise in piedi sulla punta di prua. Portò una mano alla fronte come
gesto
automatico, nonostante non ci fosse sole da cui riparare gli occhi. Le
tre navi
parevano ferme ed erano vicinissime. Yara le scrutò attentamente.
Esibivano
tutte e tre la piovra su tela nera dei Greyjoy, ma nessuna di quelle
imbarcazioni
era la Silenzio. La
Silenzio ha una polena a forma
di sirena
imbavagliata, ricordò Yara. Non
può essere nessuna di queste…
Ma allora dov’era la
nave di
Euron? Possibile che non abbia
partecipato all’attacco? si chiese perplessa
Yara. Tutto si poteva dire di male di Euron Greyjoy, salvo che fosse un
codardo: i folli come lui non hanno paura, neppure quando dovrebbero.
Yara
scosse la testa sovrappensiero. In quel momento dalla nave di destra
che si
parava loro di fronte si elevarono quattro squilli di tromba in rapida
successione.
“Vogliono trattare!”
urlò Yara
alla sua ciurma dopo aver riconosciuto il codice “Avviciniamoci.”
La Vento
Nero riprese a muoversi adagio finchè la sua prua quasi si
sfiorava con quella della nave centrale delle tre avversarie.
Sull’imbarcazione
nemica si fece avanti un uomo che Yara riconobbe subito come Lucas Codd
il
Mancino, uno dei più importanti comandanti al servizio di Euron. Era
stato il
primo ad urlare il nome di Occhio di Corvo all’acclamazione del re e
Yara
riteneva fosse stato ampiamente ricompensato per i suoi servigi. Era un
uomo
tozzo e sporco, con barba e baffi inspidi e denti gialli. La sua risata
di
solito inondava di saliva tutti gli ascoltatori più vicini.
“So chi sei” urlò
Yara
protendendosi in avanti, “ordina ai tuoi uomini di gettare le armi ed
arrendersi.”
Lucas si guardò
intorno.
“Allora è meglio se
taci” tagliò
corto Yara. “La maggior parte dei tuoi uomini sono mercenari del
Continente
Orientale, quanto sono bravi a combattere su una nave?” Lucas rimase un
attimo
in silenzio, probabilmente incapace di formulare una risposta
convincente.
Yara sorrise. “Vedi?”
gli chiese
ironica. Poi si girò verso la ciurma del Mancino. “Non vogliamo farvi
del male”
disse a voce alta, “dobbiamo sapere solo dov’è Euron…” A quelle parole
molti
risero.
“A quest’ora dovrebbe
aver quasi
messo in atto il suo piano” esclamò sghignazzando Rodrik Freeborn, “non
potete
fermarlo.”
Yara sentì una goccia
di sudore scivolarle lungo la schiena, ma si
impegnò a non dar vedere la sua ansia.
“No” rispose Lucas,
“noi siamo
solo un diversivo, dovevamo attirare la Vento
Nero qui e prendere tempo. E voi ci siete cascati in pieno.” Yara
strinse i
pugni. Alle sue spalle i marinai avevano già iniziato a bisbigliare
preoccupati.
“La difesa è pronta”
replicò
lei sicura, “gran parte del nostro esercito è a terra e…”
Fu interrotta da un
suono acuto
che le perforò le orecchie. Sembrava il rumore di un corno così grande
da non
poter essere costruito e proveniva dalla spiaggia. Confusa, Yara scrutò
per
quanto potè la riva, ma era troppo lontana.
“E’ il segnale!”
esclamò euforico
Rodrik e tutti gli uomini sulle tre navi esultarono.
“Cos’era?” chiese ser
Harras
avvicinandosi “E cosa significa?”
Lucas si voltò verso
di lui. “Che
il piano ha funzionato” rispose con un ghigno orribile, “e che Euron ha
conquistato Porto Bianco. Non vi rimane che arrendervi.” Yara era
esterrefatta. Conquistato?!
pensò arrabbiata Ma cosa stanno
dicendo, non può averci messo
così poco tempo a sbaragliare la nostra linea di difesa. Che stiano
mentendo
per farci paura?
Lucas dovette
indovinare i suoi pensieri, perché scoppiò
nuovamente a ridere.
“O?” chiese in tono
di sfida
Ellaria.
“O tutti gli uomini
di Porto
Bianco saranno trucidati senza pietà” rispose Lucas spietato, “le donne
diventeranno le nostre mogli di sale e i bambini saranno sacrificati al
Dio
Abbissale.”
“Sono nel castello”
replicò Yara
pensando a Theon: a quell’ora doveva aver tirato su il ponte levatoio
da tempo.
“Ci vorrà del tempo”
concesse
Lucas, “ma non resisteranno a lungo. Scegliete voi, tanto vi batteremo
in ogni
caso.”
Yara si voltò verso
l’equipaggio
e vide l’orrore nei loro occhi. Nessun Uomo di Ferro aveva mai provato
simpatia
nei confronti della gente del Nord, ma davanti alla minaccia di uno
sterminio
di tale portata nessuno rimaneva indifferente. Il primo a decidere fu
Harmund
Sharp, che gettò a terra con furia la sua lancia. Uno ad uno i soldati
buttarono
le loro armi e Yara non poté non provare orgoglio nei confronti dei suoi ragazzi. Estrasse la propria ascia.
“Quella la prendo io”
disse Lucas
tendendo la mano, “ho sempre desiderato averla…”
Ellaria si avvicinò a
Yara e
le accostò le labbra all’orecchio.
Yara annuì
impercettibilmente e allungò il braccio.
Tagliò in fretta le
funi e la
barchetta precipitò in mare. L’urto fu considerevole e acqua gelida si
riversò
all’interno. Yara rabbrividì quando le entrò nelle scarpe, ma rimase
concentrata. Gettò l’ascia macchiata di sangue nel fondo della
scialuppa ed
afferrò i remi. Iniziò a remare con un ritmo frenetico, nel tentativo
di
allontanarsi dalle navi prima che i nemici avessero il tempo di
recuperare
archi e frecce.
Alle sue spalle
arrivavano grida
e imprecazioni, ma Yara non osò voltarsi: le avevano fornito
un’occasione e
doveva coglierla al volo. Continuò a remare con energia e non si fermò
neppure
quando le braccia iniziarono a pulsare dolorosamente. L’acqua, nei
punti dove i
remi battevano la superficie del mare, ribolliva e a ogni nuovo colpo
altri
spruzzi investivano la barchetta e chi la occupava.
Via via che la costa
si
avvicinava Yara tentava di scorgerci qualcosa, ma riusciva ad
intravedere solo
il fumo che saliva dalle navi che bruciavano. “Bastardi” li maledisse a
denti
stretti, “hanno incendiato tutta la nostra flotta e quella di Porto
Bianco.”
L’unica superstite era quindi la Vento
Nero, sempre se a Lucas Codd non fosse saltato in mente di
affondarla. Yara
alzò gli occhi al cielo. Almeno gli
ho tagliato la mano di cui andava tanto
fiero, si consolò lasciando per un attimo un remo per detergersi
la fronte
sudata. Adesso non potrà più essere
chiamato Mancino. In realtà era molto preoccupata per la sua
ciurma e per
l’esercito dorniano che aveva lasciato alla spiaggia.
Tuttavia, quando
ormai mancavano
pochi metri alla riva, Yara vide con orrore che la spiaggia era
deserta.
Adagiate in vari punti vi erano le scialuppe usate dai mercenari per
raggiungere la terraferma e verso il precipizio a nord si vedevano
chiaramente
i segni della battaglia. Yara non attese che la barchetta toccasse
terra,
afferrò l’ascia e saltò nell’acqua gelida che le arrivò ben oltre le
caviglie.
Soffocò un’imprecazione e si affrettò a raggiungere il luogo che
evidentemente
aveva ospitato lo scontro.
La sabbia era smossa
e in più
punti imbevuta di sangue. Armi e parti di armature giacevano senza
criterio, ma
non c’era traccia di cadaveri. E’
impossibile che non sia morto nessuno, si
disse Yara guardandosi attentamente intorno. Si chinò a raccogliere una
punta
di lancia spezzata, senza dubbio l’arma di un dorniano.
Dove sono i vinti? si chiese
confusa E soprattutto, dove sono i
vincitori?
Turbata da un oscuro
presentimento si voltò verso il castello. Da quella distanza sembrava
tutto in
ordine, ma Yara sapeva di non potersi fidare. Si incamminò verso la
città
costeggiando il porto e superò le dune. Attraversò le strade deserte e
giunse
ai piedi del palazzo. E non fu più sola.
Euron era lì,
circondato da circa
quaranta Uomini di Ferro e un numero imprecisato di mercenari
orientali.
D’istinto Yara strinse forte l’ascia.
Sembrava la stessero
aspettando ed Euron
sorrise.
Yara dovette
trattenersi dal sorridersi al ricordo di quella sua unica
vittoria.
“Intendi i dorniani?”
chiese
Euron divertito “Non preoccuparti, stanno bene… Beh, certo non proprio
tutti, ma
la maggior parte…” Yara si chiese dove fossero Benjameen e Tyene, ma
non aveva
senso chiederlo a Euron.
“Abbiamo vinto”
annunciò Occhio
di Corvo sottolineando l’evidenza, “il castello è nostro ed abbiamo,
per così
dire, allegerito il suo lord di un
peso inutile…” L’esercito sghignazzò e Yara vide con orrore la testa di
Marlon
Manderly infilzata su una picca poco lontana. Il sangue non si era
ancora
coagulato del tutto e gocciolava lungo il legno fino a terra.
Yara fissò lo zio
negli occhi.
Euron rise più forte
che mai e fece un altro
passo avanti.
“Daenerys non muoverà
un dito”
continuò Euron, “e nemmeno Grande Inverno. Forse neanche tu lo sai, ma
non se
la stanno passando così bene e hanno mandato molti uomini alla Barriera
a
proteggerla dagli Estranei.”
“Gli Estranei?”
chiese Yara ironica.
Euron fece una
smorfia.
“Dov’ero rimasto?”
chiese, a
nessuno in particolare “Ah sì, posso assicurarti che non verranno ad
aiutarvi,
quindi ti conviene arrenderti e stavolta sul serio.”
Yara strinse le
labbra. “Dov’è
mio fratello?”
“Speravo l’avresti
chiesto”
esclamò giulivo Euron portando una mano alla bocca e fischiando. Due
uomini
vennero avanti trascinando Theon per le braccia. A parte qualche taglio
e i
vestiti macchiati di terra e sangue altrui era fortunatamente illeso.
“Sai, Yara” proseguì
Euron
avvicinandosi Theon ed estraendo un coltello, “dovrei proprio
ucciderlo: il
figlio di mio fratello è una minaccia.” Theon non reagì e tenna la
testa bassa.
A Yara si contrasse
lo stomaco: non l’avrebbe mai ammesso, ma teneva a Theon
più di chiunque altro.
“Magari nemmeno i
figli di
Rhaegar Targaryen l’avrebbero voluta” osservò Euron, “ma gli altri non
hanno
aspettato per scoprirlo.”
“Sono io che mi sono
proclamata
regina” insistette Yara, “Daenerys si è accordata con me.”
“Te ne penti?” chiese
Euron con
voce di miele.
“No” rispose
seccamente Yara, “ma
ti sbagli se credi che a Daenerys non importi di noi e che non manderà
qualcuno: ha bisogno di noi per prendere il Trono di Spade.”
“Oh, forse mi hai
frainteso”
insinuò Euron, “non potrà aiutarvi perché presto la Roccia del Drago
subirà la
stessa sorte di Porto Bianco.” Yara rimase senza parole. Non ora, pensò
disperata. Non quando un terzo
dell’esercito è nell’Altopiano.
E un
altro terzo è stato appena sconfitto.
“Ma io non amo
arrivare senza
invito” stava dicendo Euron, “è maleducazione, quindi, Theon, mi
dovresti fare un
favore.” Euron fece un cenno ed i due uomini lasciarono andare il
prigioniero.
“Adesso prenderai una
barca” continuò
Euron con voce dolce, “navigherai da solo fino alla Roccia del Drago e
dirai a
Daenerys che ha spezzato il cuore di un suo spasimante che vuole
vendetta e che
presto verrà da lei.” Poi si voltò verso i due brutti ceffi. “Portatelo
alla Silenzio” ordinò, “e dategli una
scialuppa abbastanza grande per poter affrontare il viaggio. Verrò io
tra poco a dare altre istruzioni.” I due annuirono e
condussero Theon via.
All’ultimo lui si
voltò ed
incontrò lo sguardo di Yara. Lei vide il dolore nei suoi occhi e fu
assalita da
un opprimente senso di panico.
Euron si girò
nuovamente verso di lei.
Yara sentì qualcuno
avvicinarlesi
alle spalle, ma non fece in tempo a voltarsi. Sentì un dolore forte
alla nuca
ed udì la propria voce gridare. Poi tutto divenne nero.
Daenerys
Tyrion e Varys erano
in ritardo.
Il pranzo era già cominciato e Daenerys dovette inventarsi una qualche
scusa
per giustificare la loro assenza. “Saranno andati a fare una
passeggiata” disse
sorridendo, “e non avranno sentito il gong. Possiamo iniziare…”
Quando erano arrivati
alla Roccia
del Drago, avevano trovato dei cuochi che Stannis si era lasciato
dietro e che
si erano detti felice di servire la nuova arrivata. Sull’isola cresceva
poco,
ma lady Olenna aveva portato molti dei più squisiti prodotti
dell’Altopiano.
Dany si era ormai abituata a quel tipo di cucina, molto raffinata e
meno
speziata del cibo che mangiava a Meeren o tra i Dhotraki, ma Jon era
visibilmente a disagio.
“Ecco, io non ho mai
mangiato
cibo così” confessò lui imbarazzato.
“Cosa mangiate voi a
Nord?”
chiese curiosa Missandei.
Jon le sorrise.
“E’ la prima volta
che vengo a
Sud” continuò Jon.
“Non siamo molto a
Sud” osservò
Daenerys.
“Di certo non siamo a
Nord”
obbiettò Jon.
“E che cosa
mangiavano i bruti?”
si intromise di nuovo Missandei per smorzare la tensione che si era
creata.
Jon si rilassò un
poco. “Quasi
esclusivamente carne” rispose, “a volte pure cruda.”
Missandei fece una
smorfia di
disgusto e tornò a concentrarsi sul suo piatto. Per un minuto
abbondante tutti
si limitarono solamente a mangiare. Dany capì di dover almeno tentare
di fare
conversazione per distogliere gli ospiti dal fatto che Tyrion e Varys
non fossero
ancora arrivati.
“E’ vero che ti
chiamano Cavaliere delle Cipolle?” chiese per
coinvolgere anche ser Davos, il quale, sentendosi chiamato in causa,
quasi si
strozzò nel tentativo di parlare. Tossì per qualche secondo, poi si
asciugò la
bocca sul tovaiolo.
“E perché mai ti
avrebbe dovuto
accogliere se eri un pirata?” chiese ostile Verme Grigio.
“Un contrabbandiere”
ripeté
Davos, “non proprio un pirata, ma comunque un fuorilegge. E’ stato
durante la
Ribellione di Robert. Aerys Targaryen aveva ordinato a lord Mace Tyrell
di
conquistare Capo Tempesta mentre Robert era in guerra altrove e Stannis
aveva
il compito di difendere il castello. Mace assediò Capo Tempesta e gli
abitanti
furono ridotti alla fame. Io riuscii a raggiungerli e li rifornii di
viveri. In
seguito Stannis mi premiò elevandomi di rango e io lo seguii qui. Però
pretese
anche un pagamento per i miei crimini…”
Davos si levò il
guanto della
mano destra e mostrò le dita mozzate. Dany posò per un attimo la
forchetta. Il
silenzio piombò nuovamente nella stanza.
Alla fine Daenerys si
alzò in piedi.
Immediatamente Verme
Grigio si alzò a sua volta.
“Preferisco andare
io” li
interruppe Daenerys, “tu rimani qui con gli ospiti, Verme Grigio.”
Raccolse la
gonna e si diresse verso la porta. Quando la mano scivolò sulla
maniglia,
questa si abbassò.
Stupefatta Dany si
vide apparire
davanti Tyrion e Varys. Tyrion aveva i capelli arruffati dal vento ed
entrambi
apparivano abbastanza provati.
“Chiediamo scusa per
il terribile
ritardo” disse il nano tutto d’un fiato prima che Daenerys avesse modo
di aprire
bocca, “ma abbiamo avuto un contrattempo. Potresti venire con noi?”
“Ora?!” chiese
Daenerys incredula
“Non vedete che stiamo pranzando? Su, venite anche voi, al resto
pensiamo
dopo…”
“Con tutto il
rispetto, maestà” si
intromise Varys, “non credo si possa aspettare.” Dany fissò l’eunuco
negli
occhi. E’ così serio, si
disse, convincendosi dell’urgenza della cosa.
“D’accordo” disse
annuendo. Poi
si voltò verso il tavolo. Jon la stava osservando e Daenerys non sapeva
bene
cosa dire.
“Ci siamo” disse
Tyrion, “ti
conviene entrare da sola…” Sempre più confusa, Daenerys spinse con la
mano la
porta ed entrò.
Si trovava in
un’ampia e
stranamente luminosa camera e al centro troneggiava un grande letto
sormontato
da drappi rossi. Probabilmente era stata la stanza di chissà quale re
in
passato. Dany si avvicinò lentamente al letto e vide che era occupato
da una
figura quasi sepolta dalle numerose coperte. Sembrava dormisse, ma il
suo
respiro non era affatto regolare. Poi, nel sonno, la figura si voltò e
Daenerys
poté vederla in faccia. Si portò le mani alla bocca per soffocare un
gridolino. E’ Jorah! pensò
ora veramente esterrefatta Ma come è
arrivato? Che cosa ci
fa qui? E’ riuscito a curare il morbo grigio?
Tyrion e Varys nel
frattempo
erano entrati a loro volta. “L’abbiamo trovato sulla spiaggia” raccontò
Tyrion
a bassa voce, “era svenuto e non abbiamo idea di come sia arrivato qui.
Credo
sia molto disidratato ed ha bisogno di cure mediche, ma non sembra
abbia più i sintomi del morbo grigio. Per sicurezza comunque non
abbiamo toccato il braccio che era infetto.”
“Certo” mormorò
Daenerys ancora
troppo scossa, “certo… Varys, puoi chiamare maestro Pylos per favore?”
“Ovviamente” rispose
Varys
inchinandosi e lasciando la stanza. Daenerys si prese la testa fra le
mani.
“Alla fine è tornato”
osservò
Tyrion mettendole una mano sulla schiena non potendo raggiungere la
spalla.
Dany si costrinse a
recuperare il contegno perduto.
“Sì, dovremmo”
assentì Tyrion,
“ma se vuoi puoi restare qui… Spiegherò io la situazione.”
“No” disse decisa
Daenerys,
“vengo con te.”
Non posso rimanere da sola con
lui, pensò disperata. Mi
sentirei troppo in colpa. Perché questa è tutta colpa
mia. Avrebbe voluto gridare, piangere e dare sfogo alla propria
frustazione,
invece seguì in silenzio Tyrion fuori dalla camera e accostò nuovamente
la
porta.
Tornarono in sala da
pranzo e
fortunatamente nessuno fece domande. Daenerys riprese a mangiare con
calma,
senza sollevare gli occhi dal piatto. Sentiva il peso dello sguardo di
Jon, ma
non le interessava. Anche una regina aveva diritto a mostrarsi debole
di tanto
in tanto. Terminato il pasto, Verme Grigio, Missandei ed Obara si
allontanarono
subito, presto seguiti da Davos, che aveva intenzione di portare Gendry
a pesca
di granchi. Jon invece non lasciò la stanza e rimase al proprio posto.
Per una
manciata abbondante di minuti nessuno parlò.
“E’ successo qualcosa
di grave?”
chiese poi Jon con voce incerta. Dany lo guardò: sembrava sinceramente
preoccupato.
“Abbiamo trovato una
persona
moribonda” spiegò Tyrion rimanendo sul vago.
Jon aggrottò le
sopracciglia.
“No, no” si affrettò
a rispondere
il nano, “è un uomo amico della regina e…”
In quel momento Varys
fece
irruzione.
Dany balzò in piedi.
“E’ da
solo?” chiese angosciata.
“Maestro Pylos è
stato con lui
fino a poco fa” la tranquillizzò il Ragno Tessitore, “ma credo voglia
vederti…”
“Arrivo subito”
replicò Daenerys
incapace di contenere del tutto il sollievo.
Jorah si
è svegliato.
“Non vorrei sembrare
invadente”
disse Jon, “ma posso venire con voi?” Tyrion fissò Daenerys, come a
volerle
lasciare la decisione.
“C-erto” balbettò
Dany presa alla
sprovvista. Si avviarono così tutti e quattro verso la stanza ormai
riservata a
ser Jorah e, quando spinse per la seconda volta quella porta, Dany
sentì il suo
cuore batterle forte in petto.
Jorah sedeva dritto
sul letto.
Aveva i capelli lavati di fresco, probabilmente ad opera di Pylos, e
indossava
abiti puliti. In volto aveva i segni della malnutrizione e della febbre
e nel
complesso sembrava piuttosto invecchiato. I suoi occhi azzurri però
erano più
vivi che mai e guizzavano rapidi da un visitatore all’altro.
“Khaleesi” mormorò
commosso,
“sono felice di rivederti.”
Daenerys fece un
passo avanti.
Jorah fece una
smorfia. “Non
molto bene a dir la verità” rispose, “ma certo meglio di prima. Chi
devo
ringraziare per avermi salvato?”
“Beh, diciamo che è
stato un
Immacolato di nome Lumg a trovarti” spiegò Tyrion, “ma sono stato io a
riconoscerti, quindi potrai ringraziare me…”
“In realtà”
puntualizzò Varys,
“lo abbiamo aiutato entrambi. E sono stato io a parlare con Lumg: il
tuo alto
valyriano fa pena.” Jorah rise e anche Daenerys si lasciò andare.
Tyrion era arrossito.
“Beh, ecco”
disse grattandosi il naso, “ha ragione lui.”
“Grazie a entrambi
allora” disse
Jorah con un sorriso stanco, “vi devo la vita…” Poi si voltò verso Jon
che era
rimasto in disparte. Daenerys vide una sottile ruga crearsi sulla
fronte di
Jorah.
“Chi sei?” chiese il
cavaliere
“Non credo di averti mai visto.”
Jon si riscosse e
scrollò la testa. “Sono Jon
Snow” rispose con un cenno di saluto, “un ospite della regina.”
“Sei troppo modesto”
lo
rimproverò divertito Tyrion per poi voltarsi verso Jorah. “Lui è il Re
del
Nord” puntualizzò con uno strano movimento del braccio che doveva
essere la
parodia di un inchino.
Jorah sgranò
leggermente gli occhi.
Dany vide il volto di
Jon subire
una metamorfosi repentina. Prima esprimeva stupore, poi irritazione,
infine
compassione.
“Sei il figlio di
Jeor Mormont?”
chiese poi Jon con voce indecifrabile. Jorah annuì. “Ero il suo
attendente al
Castello Nero” continuò Jon, “e una volta gli ho anche salvato la
vita.”
Jorah chinò la testa.
“Tyrion mi
disse che era morto” mormorò.
“E’ stato tradito dai
suoi stessi confratelli”
raccontò Jon e Dany poté giurare di aver visto un ombra calare sul suo
volto.
“So che non serve a
molto” continuò
Jon avvicinandosi, “ma io l’ho vendicato.” Jorah sollevò lo sguardo.
“Grazie”
rispose a bassa voce, “mi fa sentire un po’ meglio.”
“Ti aveva perdonato”
disse Jon in
tono misterioso, “e sperava di poterti rivedere un giorno, di vederti
arrivare
alla Barriera per prendere il Nero.” Jorah aveva gli occhi lucidi.
Daenerys
ricordava la colpa che aveva costretto Jorah alla fuga, ma vi era un
particolare che le sfuggiva.
“Mio padre ti aveva
condannato a
morte” stava dicendo in quel momento Jon e Dany ricordò.
“Eddard Stark” disse
Jorah
incredulo, “sei suo figlio, vero?” Jon annuì. “So che ho sbagliato”
disse Jorah
prendendosi la testa fra le mani, “non avrei mai dovuto vendere quelle
persone
come schiavi. Sono stato anche un codardo a fuggire.”
Jon lo fissava con i
suoi
freddi occhi grigi e Dany sentì il bisogno di dire qualcosa.
Con quelle parole
Daenerys
intendeva anche perdonare Jorah per averla tradita in passato e sperò
che lui
avesse capito. Probabilmente andò così, perché le sorrise.
Dopo qualche secondo
Jon annuì.
“Tranquilli” disse
Jon con calma,
“voglio solo fargli vedere una cosa…” Porse a Jorah la spada e Dany si
risedette. “La riconosci?” chiese Jon facendo un passo indietro. Dany
sapeva
che era una spada di acciaio di Valyria, ma non riusciva a capire cosa
avrebbe
potuto vederci di più Jorah. Il cavaliere se la rigirò fra le mani e
Dany vide
che aveva gli occhi lievemente umidi.
“Lungo Artiglio”
mormorò Jorah,
“ma com’è possibile? La mia spada aveva l’impugnatura a forma di orso…”
“E’ andata distrutta
in un
incendio” spiegò Jon senza dare cenno di voler riprendersi la spada,
“tuo padre
la diede a me dopo che gli ebbi salvato la vita e mi fece fare
un’impugnatura a
forma di lupo.” Jon fece una pausa e Dany capì che stava per dire
qualcosa di
veramente difficile per lui. “Ora è giusto che torni a te” disse
infatti Jon
socchiudendo gli occhi.
Jorah lo fissò senza
parole.
Jon riprese
stupito la spada e la ripose lentamente nel fodero. Poi annuì.
“Ora devi raccontarci
come sei
riuscito a tornare” disse poi Daenerys, “e come hai saputo che fossimo
qui.”
“In realtà non lo
sapevo”
raccontò Jorah appoggiandosi ai cuscini, “diciamo che lo immaginavo.
Dopo che
ci siamo separati ho girato molti villaggi cercando una cura al morbo
grigio e
alla fine ho incontrato una ragazza che avevo visto già tanto tempo fa
a
Qaart.”
“Come si chiama?”
chiese Dany
curiosa.
“Non so il suo nome”
ammise
Jorah, “però tutte e due le volte che l’ho vista aveva una maschera
d’oro sul
viso…” Daenerys sussultò appena. Le tornò in mente il terribile sogno
avuto
sulla nave e rivide la donna con la maschera che le declamava la
profezia.
Il Nero
cadrà e sarà morte dal Ghiaccio, così come è morte dal Fuoco.
Rabbrividì e si
costrinse a
tornare al presente. “Lei mi ha ospitato per una settimana nella sua
capanna”
stava dicendo Jorah, “ed è riuscita a bloccare la malattia. Mi sono
recato
quindi a Volantis ed ho cercato un passaggio per il Continente
Occidentale e mi
sono accordato con un capitano. Andava ad Approdo del Re e io gli ho
chiesto di
lasciarmi una scialuppa per raggiungere la Roccia del Drago.”
Jorah fece una
pausa per riprendere fiato: appariva abbastanza stanco.
Tyrion venne avanti.
Jorah si massaggiò la
parte
del corpo colpita.
“Posso stare un
attimo sola con
lui?” chiese all’improvviso Daenerys “Aspettatemi qui fuori.”
Tyrion, Varys si
inchinarono
prima di uscire, mentre Jon andò direttamente alla porta.
Quando questa fu
chiusa Jorah si voltò verso Dany.
Daenerys sorrise.
“Fidati” gli
disse, “non è questo che conta: siamo già molto fortunati ad aver quasi
ottenuto la sua alleanza.”
“Non ti serve” sbottò
Jorah e
Daenerys scoppiò a ridere.
“Non sarai geloso
spero…”
“Certo che no”
replicò Jorah,
forse un po’ troppo in fretta, “è solo che non voglio che stai con
persone
potenzialmente pericolose.”
Dany alzò gli occhi
al cielo.
“Non lo direi mai.”
Daenerys si inumidì
le labbra.
“Senti, io volevo dirti…” iniziò, ma fu subito interrotta da poderosi
colpi
alla porta. Si alzò in piedi infastidita: possibile che non si potesse
avere un
attimo di pace?
“Cosa c’è ora?” urlò
senza
riuscire a celare l’irritazione. La porta si spalancò ed entrò Verme
Grigio.
Dany cambiò immediatamente atteggiamento: doveva essere una faccenda
seria.
“Mia regina” disse
Verme Grigio
affannato, “mi dispiace interrompere ma devi venire subito.”
Dany si avviò
verso la porta, ora veramente preoccupata.
Verme Grigio si morse
il labbro. “Theon Greyjoy è tornato” rispose.
Dany
rimase a bocca aperta. Da solo?
pensò confusa E perché mai sarebbe
dovuto
tornare? Forse si è stufato della missione o la sorella l’ha rimandato
indietro.
“Non vedo quale sia
il problema”
replicò, adesso più tranquilla. “Dov’è ora?”
“Alla spiaggia, mia
regina”
rispose Verme Grigio in tono d’urgenza, “e Jon Snow ha detto di volerlo
uccidere.”
Dany rimase
paralizzata un
secondo, poi, senza nemmeno salutare Jorah, si precipitò fuori dalla
stanza.
Sansa
Doveva imparare ad
usare la
spada. Sansa aveva maturato questa idea durante una delle tante notti
trascorse
a rigirarsi nel letto inseguendo la speranza di un sonno tranquillo. Devo
poter difendermi da sola, aveva deciso avvolgendosi stretta
nelle coperte, non
devo più dipendere da nessuno.
La mattina successiva
si era
recata all’armeria, ma il nuovo fabbro, un ometto basso proveniente da
Ultimo
Focolare, si era rifiutato di forgiarle una spada. “Potrebbe essere
pericoloso,
mia signora” le aveva detto sinceramente preoccupato, “ma non devi
temere: hai
più di mille soldati a proteggerti.”
Sansa si era astenuta
dal dire ciò che in
quel momento pensava e se n’era andata.
“E tu dimostra loro
che si
sbagliano” le aveva suggerito Alys, “e poi, l’armeria non è l’unico
posto dove
poter trovare un’arma…” Sansa aveva pensato a quella frase tutta la
mattina.
A pranzo, quando Myun
le aveva
portato la zuppa, aveva deciso di chiedere il suo parere. “Senti, Myun”
aveva
detto iniziando a mangiare, “secondo te dove potrei procurarmi una
spada?” Myun
era rimasta visibilmente spiazzata e Sansa aveva temuto che non avrebbe
risposto.
“Dai bruti, mia
signora” aveva
detto invece la ragazzina, “loro fanno combattere anche le donne,
vero?”
Il giorno dopo di
buon’ora Sansa
e Tormund raggiunsero il campo dei bruti. Jon aveva offerto a Tormund
le terre
di Forte Terrore, ma il grosso bruto aveva rifiutato, dicendo che il
suo popolo
avrebbe preferito accamparsi più a nord. Le loro tende erano rimaste
quindi
dove le avevano piantate prima della Battaglia dei Bastardi e Sansa
sentì un
groppo in gola ritrovandosi costretta a ripercorrere a cavallo quella
pianura
ghiacciata.
Fu accolta con
sorprendente
calore dal Popolo Libero e specialmente le donne arrivarono a
minacciarsi con i
pugnali per il privilegio di parlare con la lady di Grande Inverno.
Dicevano
che era baciata dal fuoco e per questo fortunata. Erano donne
muscolose, con
volti induriti e capelli crespi, ma Sansa le ammirava. Ammirava la loro
forza e
il loro scarso pudore, la loro capacità di imporsi reclamando ciò che
era loro.
Nessun uomo poteva pensare di controllarle.
“Quando era ancora un
corvo Jon
era innamorato di una di noi” le raccontò Tormund senza guardarla negli
occhi,
“e lei era innamorata di lui. Si chiamava Ygritte.” Sansa notò
l’utilizzo del
tempo passato e preferì non fare domande: Tormund appariva già
abbastanza
provato di suo.
Anche
Ygritte era una donna così?
Sapeva già la
risposta, ma una
punta di gelosia le si era piantata nel cuore e Sansa non capiva
perché. O
forse aveva solo la vista offuscata. Perché
mi interessa? si chiese
scrollando le spalle.
Ygritte sicuramente
era stata più
coraggiosa di lei e forse anche più affascinante. Forse Jon aveva amato
lei più
di quanto amasse Sansa. Ma cosa sto
dicendo?! pensò Sansa afferrandosi la
testa fra le mani quando nessuno poteva vederla Certo che non mi vuole bene
come ne voleva ad Ygritte: sono due tipi di amore diversi…
Eppure quella
spiegazione non la convinceva del tutto.
Ci pensò Tormund a
tirarle su il
morale quando riemerse dalla tenda più grande con in mano una spada di
medie
dimensioni. “Perdona la fattura non proprio ottima” si scusò il bruto
imbarazzato, “non siamo molto bravi a forgiare questo tipo di metallo…”
Le
porse l’arma. “E’ molto leggera” le spiegò, “ma abbastanza affilata da
permetterti di infilzare un uomo adulto.”
Sansa accarezzò
affascinata
l’elsa. “Che cos’è?” chiese passando la mano su una pietra dura di
colore
giallo miele che era incastonata nell’impugnatura. Non aveva mai visto
nulla
del genere.
“Noi la chiamiamo
ambra” rispose
Tormund, “è molto rara e le nostre donne la usano per i loro gioielli.”
“E’ bellissima”
mormorò Sansa.
Provò a roteare goffamente la spada e la pietra luccicò alla debole
luce del
sole che filtrava attraverso le nuvole.
“Ambra” disse
convinta, “la
chiamerò Ambra.”
Tormund sbuffò. “Non
capirò mai
la vostra mania di dare nomi alle armi” borbottò, “non è che se urli il
nome
della spada quella ti viene in soccorso.”
Sansa rise.
Tornarono a Grande
Inverno che
era pomeriggio inoltrato: Sansa non si era resa conto dello scorrere
del tempo.
Alys l’attendeva sul
portone ancora in riparazione e si torceva le mani.
“Devi venire subito”
la incalzò,
“e anche tu, lord Tormund: ci è giunta la notizia di una catastrofe…”
Sansa
sentì il suo cuore fermarsi.
“No, no” si affrettò
a
tranquillizzarla Alys Karstark, “la lettera viene da…”
“Lady Sansa!”
Tutti e tre si
voltarono
all’unisono e videro Podrick correre verso di loro con la sua solita
andatura
ciondolante. Presto dovette fermarsi con le mani sulle ginocchia.
Le porse un foglio
stropicciato
sul quale erano state buttate giù poche righe anonime in maniera
piuttosto
disordinata. Sansa si sforzò di decifrarle.
Hanno
vinto, dovete aiutarci. Stanno per prendere il castello, non
resisteremo a lungo. Ser Marlon Manderly è caduto. Richiediamo rinforzi
a Porto
Bianco il più in fretta possibile. Fate presto vi prego, le barche si
avvicinano.
Sansa era paralizzata
dall’orrore. “Che cosa significa?” chiese con un filo di voce.
“Gli Uomini di Ferro
hanno
attaccato Porto Bianco” rispose Alys mordendosi il labbro fino a farlo
sanguinare, “e sembra abbiano vinto.”
No, non
ora…
“Com’è possibile?”
mormorò
facendo scorrere lo sguardo una seconda volta sulla lettera.
“Dice che Marlon è
morto” osservò
Alys, “secondo te è vero?” Sansa non sapeva cosa dire.
“Come hanno reagito
gli altri?”
chiese Tormund corrugando la fronte.
“Non bene” si
intromise Podrick,
“credo vi stiano aspettando per decidere la risposta.”
Sansa annuì. “Allora
andremo subito” decise avviandosi verso il cortile principale, “Podrick
fammi
un favore: trova Myun e dille di raggiungermi nella Sala Grande.”
Podrick
azzardò un maldestro inchino e si allontanò.
“Alys” proseguì
Sansa, “credi che
lord Baelish ci onorerà della sua presenza?”
“Da quello che so è
già lì”
replicò lady Karstark accelerando il passo. Magnifico, pensò Sansa. Non
avrebbe voluto parlare di eventuali piani militari davanti a Ditocorto,
ma
sembrava non esserci altra scelta: allontanarlo avrebbe destato
sospetti. Ovviamente
però non gli avrebbe affidato alcun ruolo nella futura azione di
guerra,
qualora ne avessero escogitata una.
Porse Ambra a Tormund
e il bruto
la nascose sotto le folte pellicce che erano i suoi abiti. Dal nulla
Spettro
comparve al loro fianco. Alys sussultò, ma Sansa non poté non tirare un
sospiro
di sollievo. Non vedeva il meta-lupo da giorni ormai ed era quasi
arrivata a
temere che gli fosse successo qualcosa di male. Invece Spettro sembrava
perfettamente
a suo agio: Sansa non l’aveva mai visto così felice. Magari alla Barriera era
sempre così, si disse.
Come previsto nella
Sala Grande
regnava il caos. Tutti urlavano contemporaneamente e Sansa temette di
avere un
capogiro. La piccola Lyanna Mormont venne loro incontro. Era
imbronciata e
aveva un’aria decisamente infastidita.
“Non vogliono fare
silenzio”
disse accennando ai signori che stavano litigando. Sansa capì di dover
prendere
in mano la situazione.
“SILENZIO!”
Finalmente il gran
chiasso cessò
e Sansa poté riprendere fiato.
“Mia signora” la
salutò Cley
Cerwyn, “la situazione è degenerata.”
“Avreste dovuto
aspettarmi”
replicò Sansa con voce glaciale.
“Con tutto il
rispetto, mia
signora” intervenne Wyman Manderly avanzando, “la mia città è stata
invasa, mio
cugino è morto… Non credo si possa aspettare.” Wyman aveva gli occhi
gonfi di
pianto e sembrava più vecchio di una decina d’anni.
“Hai ragione, mio
signore” assentì
Sansa, “ma stare qui ad urlare e sbraitare non aiuterà certo Porto
Bianco.” Ci
furono mormorii d’assenso e Sansa ne fu incoraggiata.
“Dobbiamo far luce
sulla
situazione” proseguì sedendosi sul trono di legno che suo fratello le
aveva
lasciato, “e poi prenderemo una decisione. Insieme.”
Tutti i presenti
borbottarono la
loro approvazione e ripresero i loro posti. Sansa scorse Ditocorto
nell’ombra
in fondo alla sala e si chiese cosa stesse architettando. Decise di non
curarsene.
“Allora” disse ad
alta voce
mentre Spettro si accucciava ai suoi piedi, “iniziamo dal principio:
perché gli
Uomini di Ferro hanno attaccato Porto Bianco e chi li guida?”
“Mi pare evidente”
esclamò Wyman,
“Porto Bianco è la città più importante e ricca del Nord e guarda caso
si trova
anche sul mare.”
“Ma è anche una delle
più
protette” osservò Sansa, gli Uomini di Ferro avrebbero ottenuto un
bottino
maggiore attaccando dei piccoli villaggi, come fanno sempre
d’altronde.”
“E poi perché
spingersi fino a
là” chiese lord Glover accavallando le gambe, “ci sono così tante città
sulla
costa occidentale, perché venire nel Mare Stretto?”
“Ci sono arrivate
voci” spiegò
Cerwyn, “secondo cui non sarebbe da escludere un’alleanza fra Cersei
Lannister
e il nuovo Re delle Isole di Ferro.” Ci furono esclamazioni di sorpresa
ed
imprecazioni represse solo a metà.
“Se anche fosse vero”
disse Alys
che era in piedi alla destra di Sansa, “chi sarebbe il nuovo Re delle
Isole di
Ferro?”
Sansa pensò
immediatamente a
Theon. No non può essere lui,
si disse subito dopo, non avrebbe
mai attaccato
Porto Bianco. Ma allora dov’era in quel momento? Era tornato a
casa? Era
ancora vivo? Non aveva neppure raccontato a Jon cosa Theon aveva fatto
per lei. Sansa rabbrividì e si strinse nelle spalle.
“Ma perché
attaccarci?” stava
chiedendo a nessuno in particolare lord Glover “Perché sfidare il
Nord?”
“Magari questo Re
delle Isole di
Ferro stava solo eseguendo gli ordini di Cersei” suggerì Tormund
accarezzandosi
la barba.
“O forse perché
sapeva che non
avremmo potuto reagire” fece notare Lyanna Mormont, “perché in fin dei
conti è
così: non possiamo.” Sansa dovette darle ragione.
“Ma come facevano ad
esserne
sicuri?” chiese Cley Cerwyn “Qualcuno ha forse tradito?”
“Non ce n’era
bisogno” intervenne
Ditocorto finora rimasto in silenzio. Baelish fece qualche passo avanti
ed uscì
dall’ombra. Sansa dovette opporsi all’impulso di alzarsi e
scaraventarlo di
nuovo indietro.
“Vi chiedete chi sia
il Re delle
Isole di Ferro” continuò Petyr avanzando, “ebbene io ho la risposta: è
Euron
Greyjoy il fratello pazzo di Balon.” Sansa non l’aveva mai sentito
nominare, ma
altri nella sala decisamente sì a giudicare dalle loro smorfie
disgustate.
“Gli Uomini di Ferro
hanno
attaccato Porto Bianco contro gli ordini di Cersei” stava spiegando
Baelish, “e
l’hanno fatto perché sapevano che il Nord non avrebbe potuto inviare
rinforzi.
Il nostro re li ha mandati tutti alla Barriera a proteggerla da non si
sa neanche
bene cosa.”
Ci fu un rumore
secco: Tormund era balzato in piedi.
Baelish non smise di
sorridere.
“Lord Baelish ritira
immediatamente le tue parole” lo avvertì Glover con già la mano
sull’elsa della
spada, “non ti permettere di mancare di rispetto al nostro re.”
“Mancare di
rispetto?” esclamò
Baelish con finta sorpresa “Io sto solo dicendo la verità. Credete
davvero che
Jon Snow sia tornato dalla morte sciogliendo così il suo voto? Andiamo,
è
ridicolo. Non metto in dubbio il suo coraggio nell’affrontare Ramsay
Bolton,
nonostante anche in quel caso stesse portando il suo esercito al
macello, ma
dovete ammettere che la storia degli Estranei suoni abbastanza strana.”
Spettro
ringhiò e Tormund era sul punto di gettarsi in una rissa.
“Basta così” ordinò
Sansa
sforzandosi di apparire impassibile, “hai gettato abbastanza disonore
sulla mia
famiglia, lord Baelish: per la tua sicurezza ti invito a tacere.”
“E’ questo il prezzo
per la
verità?” chiese subdolo Ditocorto voltandosi verso i presenti “Per aver
detto
ciò che ognuno di voi pensa ma non ha il coraggio di dire?”
“Baelish” sibilò
Sansa alzandosi,
“un’altra parola e…”
“Jon Snow vi ha
mentito” proseguì
ugualmente Ditocorto e Sansa notò con angoscia che il pubblico pendeva
dalle
sue labbra. “Ha mandato i vostri uomini a congelare sulla Barriera per
mettersi
a posto la coscienza mentre le vostre famiglie vengono massacrate a
Porto
Bianco e voi non potete fare nulla. Vi pare l’operato di un buon re?”
Non ci fu il tempo
per le
risposte perché Tormund balzò dal tavolo e si scagliò su Baelish,
atterrandolo.
Alys urlò e fu di nuovo confusione. “Prova a ripeterlo” gridò Tormund
mentre
stringeva le mani intorno alla gola della sua vittima, “prova a
ripeterlo ora,
figlio di puttana.”
“Tormund, smettila!”
gridò Sansa,
ma furono necessari tre uomini robusti per separare i due combattenti.
Tormund
era rosso di rabbia e Baelish perdeva sangue dal naso. Tuttavia
riacquistò
subito il contegno perduto.
“Vedete” disse senza
fiato, “i
bruti sono pericolosi. Non avremmo dovuto accoglierli nelle nostre
terre. Ma il
problema ora è risolto perché Jon Snow è morto.”
Un silenzio glaciale
seguì
quest’affermazione e Sansa potè sentire il rumore di ogni singolo
respiro che
accelerava.
“C-come fai a
saperlo?” chiese
incapace di dire altro.
Ditocorto le sorrise
ed estrasse una lettera.
Sansa la prese con
mano tremante
e lesse ad alta voce, con la lingua che si impigliava di tanto e in
tanto nelle
parole.
A lady
Sansa di Grande Inverno
I miei
uomini hanno conquistato Porto Bianco ed abbiamo infilzato la
testa di Marlon Manderly su una picca: devo dire che fa un’ottima
figura sulle
mura, le rende meno serie. Io odio la serietà, ma suppongo a te questo
non
interessi. Ho fatto centinaia di prigionieri e se il Nord vuole che
rimangano
vivi dovrà frenare i piani di vendetta nei miei confronti, anche perché
dopo
una lettera così educata sarebbe un peccato rovinare una promettente
amicizia,
non trovi anche tu? Finché nessuno ci disturberà i cittadini di Porto
Bianco
saranno salvi e non programmeremo altre piccole escursioni. Mi sembra
un
accordo equo.
Euron
Greyjoy, Re delle Isole di Ferro e lord di Pyke.
PS: Ah ho
anche affondato la nave di tuo fratello. Credo l’accordo con
Daenerys Targaryen sia saltato. Mi dispiace, nessun rancore vero?
Quando terminò la
lettura Sansa
rimase a fissare la lettera. Si sentiva svuotata e persa. La lettera
portava il
sigillo della piovra e non poteva essere un falso. Nella sala regnava
il
silenzio e tutti avevano chinato il capo.
“Credo dovremmo
organizzare una
cerimonia funebre” disse Baelish sollevando le sopracciglia, “e
prepararci ad
una nuova incoronazone.”
Sansa era senza
parole: possibile
che tutti i piani di Ditocorto si fossero compiuti? Possibile che
sarebbe stata
costretta a portare la corona?
“Dobbiamo pensare al
futuro”
stava dicendo Baelish, “e Sansa Stark è…”
“Non così in fretta!”
Sansa si sporse per
vedere meglio
e vide Myun correre nella sua direzione. Sorrideva trionfante e teneva
fra le
mani quella che sembrava essere un’altra lettera.
“Chi sei tu?” chiese
Ditocorto
irritato “Come ti permetti ad interrompere una riunione così
importante?
Portatela via.”
“No” ordinò Sansa
alzando una
mano, “voglio sentire cosa ha da dire.”
Myun le sorrise e le
consegnò la
lettera. Vi era il sigillo del meta-lupo e Sansa sentì batterle forte
il cuore.
“Che cos’è?” chiese
in un
sussurro.
“Una lettera di Jon
Snow mia
signora” rispose Myun e tutta la sala eruppe in un’esclamazione, “dice
di
essere arrivato alla Roccia del Drago.”
Jon
Aspettare lo rendeva
nervoso.
Varys si era appena allontanato, mentre Tyrion si limitava
a fissare la porta della stanza in cui Jorah e Daenerys stavano
conversando.
Jon era rimasto stupito da quell’incontro. Il Lord Comandante Mormont
gli aveva
parlato così poco di suo figlio e Jon se l’era sempre immaginato in
modo
diverso.
Da piccolo Ned gli
aveva
raccontato la storia di ser Jorah, condannato a morte e fuggito in
esilio, per
insegnargli il valore dell’onore. Jon aveva sempre considerato suo
padre come
la persona più giusta sulla terra ed un uomo così codardo da sfuggire
ad una
condanna di Ned Stark doveva necessariamente essere brutto e subdolo.
In quella stanza
tuttavia Jon era
entrato in contatto con un uomo profondamente pentito, che si
trascinava dietro
il peso del dolore e della sofferenza. Aveva anche rinunciato a Lungo
Artiglio
e Jon l’aveva preso come un tentativo di riconciliazione con il Nord
intero.
Una domanda da quel momento si era impossessata della sua mente e non
accennava
ad abbandonarla: se gli avessero mozzato la testa più di vent’anni
prima
avrebbero sbagliato? Forse la
condanna a morte non è sempre la soluzione
migliore, si disse Jon mentre attendeva paziente, forse andrebbe rivalutata
qualora il condannato appaia veramente pentito.
Magari avrebbe anche
potuto
emanare una nuova legge nel Nord che avrebbe ristretto i casi in cui si
poteva
applicare la pena di morte, ma Jon era consapevole che si sarebbe
scontrato
contro una ferrea opposizione. Ma tanto valeva tentare.
Alla fine
sono il re.
In quel momento
sopraggiunse un
soldato trafelato. Jon lo riconobbe subito: era Verme Grigio,
l’Immacolato che
Gendry aveva tramortito per aiutare Davos a fuggire. Solo che il suo
volto,
sempre duro ed impassibile, era stravolto da un’emozione violenta.
“Cos’è successo?” si
affrettò a
chiedere Tyrion. Il nano sembrava voler aiutare Verme Grigio a rimanere
in
piedi, ma data la sua altezza non stava ottenendo grandi risultati.
Allora Jon fece
un passo avanti e sorresse l’Immacolato mentre riprendeva fiato.
“Sto bene” borbottò
Verme Grigio affannato
liberandosi piuttosto rudemente del supporto, “ma devo avvertire la
regina…”
“Daenerys al momento
è occupata a
parlare con il naufrago” spiegò Tyrion, “puoi dire a me però.”
Verme Grigio
dovette valutare l’offerta, perché esitò un paio di secondi. Alla fine
però si
convinse a parlare.
Jon impiegò qualche
secondo a connettere quello che aveva appena
udito con quello già che sapeva.
“Tecnicamente con sua
sorella
Yara” rispose Tyrion con noncuranza, “Theon è solamente un…” Poi
dovette
realizzare qualcosa, perché il suo volto già sfigurato si tramutò in
una
maschera d’orrore.
“Jon” disse il
Folletto in tono
grave ora, “so che cosa stai pensando, ma non farlo…”
“Ha tradito Robb”
ribatté Jon non
più capace di trattenersi, “ha distrutto Grande Inverno, ha costretto
alla fuga
Bran e Rickon.” Jon strinse le mani a pugno fino a sentire le unghie
conficcarsi
nei palmi. “Lo ucciderò” concluse, “e poi ringrazierò la
regina per avermi dato questa opportunità.” Si mise a correre verso
dove
ricordava esserci l’uscita, accecato dalla rabbia.
“Jon, fermati” gli
urlava dietro
Tyrion non riuscendo a stargli al passo, “è una follia!”
Jon non lo ascoltò,
ma ad un
certo punto si sentì afferrare e fu costretto a girarsi. Verme Grigio
gli
puntava la spada alla gola, nonostante la sua presa tremasse un poco.
Jon estrasse Lungo
Artiglio: non avrebbe permesso a nessuno di fermarlo.
Verme Grigio fu colto
di
sorpresa, ma si difese bene, indietreggiando di un passo solo. Si
trovavano in
un corridoio stretto e leggermente in pendenza, non proprio il luogo
ideale per
un duello, ma a Jon non interessava. Continuò a colpire furiosamente,
lasciando
che l’istinto prendesse il controllo. Verme Grigio era forte, ma non
precisamente veloce e Jon decise di sfruttare quel suo punto debole.
Le spade cozzavano
con suoni
stridenti e più di una volta un affondo di Verme Grigio rischiò di
strappare
Lungo Artiglio dalla presa di Jon. Tyrion era appena arrivato e urlava
loro di
sospendere il combattimento, ma i suoi appelli rimasero inascoltati.
Verme
Grigio riuscì ad eludere la difesa di Jon, ma esitò un attimo di troppo
e Jon
ebbe il tempo di reagire. Spinse la spada in alto con tutta la sua
forza e la
lama schizzò via dalle mani dell’avversario, finendo sotto l’unico
mobile di
quell’angusto corridoio.
“Avresti dovuto
colpirmi” osservò
Jon tranquillo, per poi voltarsi e riprendere a correre. Nessuno per
fortuna lo
seguì.
Alla fine si ritrovò
senza sapere
come nelle cucine al pian terreno. Essendo il pranzo già stato
consumato da
tempo, probabilmente i cuochi erano in giro per il castello, fatto sta
che le
stanze erano deserte. Una porta era socchiusa e da essa proveniva un
alito di
vento. Jon la spinse ed ebbe dinnanzi la scogliera. Sulla destra c’era
il
porto, dove una decina di barche era ancorata. Una piccola figura era
in piedi
davanti al molo e guardava nella sua direzione. Jon sentì la rabbia
sopraffarlo
ancora ed affrettò il passo. Quando si trovò a pochi passi dalla figura
si
fermò, la punta della spada che sfiorava la ghiaia del sentiero.
Theon era cambiato
più di quanto
avesse immaginato. I suoi capelli erano più corti, le spalle più curve.
Il suo
sguardo si era fatto sfuggente ed irrequieto e sembrava non avere la
forza per
alzare gli occhi da terra. Jon rimase in silenzio, mentre il vento gli
scompigliava i capelli. Poi, lentamente, Theon sollevò la testa
tremante,
fissandolo con sguardo supplice.
“Jon…”
“Non parlare” lo
ammonì duro Jon,
poi ci ripensò. “Anzi sì, parla pure, tutti hanno diritto a dire le
loro ultime
parole.” Ed alzò la spada.
Theon seguì la lama
con gli occhi, ma non appariva
spaventato, semmai rassegnato.
“Per fortuna te ne
rendi conto”
disse Jon spietato, “ma questo non cambia i fatti.”
“Hai ragione” ammise
Theon, “non
cercherò di convincerti del contrario. Voglio solo che tu sappia che
non c’è
giorno in cui io non mi svegli maledicendomi per quello che ho fatto,
in cui
non rimpianga la famiglia che avevo o in cui” Theon fece una pausa “non
senta
la mancanza di Robb.”
Jon sollevò Lungo
Artiglio più in alto.
Dov’ero io?
Theon non parlava.
Poi mormorò
qualcosa che Jon non capì. “Parla più forte” gli ordinò seccamente.
“MI DISPIACE!” urlò
Theon e Jon
quasi fece un passo indietro per la sorpresa “Ho detto che mi dispiace
e che ho
meritato tutto quello che ho patito. Se vorrai uccidermi non opporrò
resistenza, ma prima ti prego, devo consegnare un messaggio alla
regina…”
“Così che ti possa
salvare dalla
tua pena?” chiese Jon sarcastico “Mi reputi così ingenuo? Credi di
potermi
raggirare come un tempo?”
“No” rispose Theon in
tono più
tranquillo, “mi sono pentito anche di averti trattato così male un
tempo. Lo
sai perché lo facevo?”
Jon si trattenne a
stento dall’alzare gli occhi al
cielo.
“Per invidia” rispose
Theon e Jon
rimase spiazzato.
“Invidia?” ripeté
confuso “E di
chi eri invidioso?”
Theon prese un
respiro profondo: sembrava stesse finalmente
buttando fuori una serie di insicurezze che si portava dietro da
sempre.
“Di te.”
Ora Jon era davvero
incredulo.
“Di me?!” esclamò “E si può sapere perché?” Jon aveva sempre
considerato la
propria posizione come una delle meno invidiabili esistenti, nonostante
tutto
l’affetto che gli aveva dimostrato suo padre nel crescerlo a Grande
Inverno.
“Dicevo di amare la
mia famiglia”
raccontò Theon, “e di essere un Greyjoy come mio padre. Dicevo di non
vedere
l’ora di tornare alle mie isole e ridevo se mi chiedevano se fossi
affezionato
a voi Stark. Ma ogni volta mentivo. Ho sempre voluto essere uno di voi,
far
parte della vostra famiglia, ricevere l’affetto di Ned. Sognavo un
giorno di
sposare Sansa.”
Theon sospirò.
Non sono forse andato anch’io
alla Barriera per diventare qualcuno? pensò Jon mordendosi il
labbro Non ho
fatto tutto quello che ho fatto per trovare il mio posto, per sentirmi
parte di
qualcosa? La risposta era semplice.
Vedendo che Jon
esitava, Theon dovette
riacquisire coraggio.
Jon rimase ancora una
volta senza
parole: come faceva ad aver capito così bene? Forse, in fin dei conti,
lui e
Theon erano sempre stati più simili di quanto avrebbero mai voluto
ammettere.
“Io non…” iniziò Jon
sollevando
la spada, ma in quel momento sopraggiunsero Tyrion e Daenerys, seguiti
poco
lontano da Verme Grigio.
“Fermati!” esclamò
Daenerys e Jon
non seppe mai se in quel momento avesse provato rabbia o sollievo. Si
voltò
verso la regina.
“Lui è un mio
alleato” disse
Daenerys, “e quali che siano le sue colpe non hai il potere di
giustiziarlo.”
“E poi, Jon” si
intromise Tyrion,
“secondo me dovresti graziarlo anche per il solo fatto che ha salvato
tua
sorella…”
“Cosa?!” esclamò Jon
aggrottando
la fronte e girandosi nuovamente verso Theon “Hai salvato Sansa?”
“Siamo scappati
insieme” rispose
Theon, “quando Ramsay controllava Grande Inverno. L’ho affidata a
Brienne
dicendole di condurla alla Barriera perché sapevo che tu eri là.” Jon
non volle
pensare al fatto che a quel tempo molto probabilmente lui era ancora un
cadavere pugnalato disteso su un tavolaccio del Castello Nero.
“Sansa non mi ha mai
detto nulla”
sussurrò Jon incredulo: possibile che sua sorella gli avesse taciuto
un’informazione
così importante? In effetti era rimasta sempre sul vago circa i
particolari della
sua fuga. Jon abbassò la spada.
“Questo cambia tutto”
disse, “non
cancella i tuoi crimini certo, ma il Nord non può più condannarti a
morte. Ti
ringrazio per aver salvato la vita di mia sorella.” Theon sorrise appena. Trascorsero attimi di
silenzio
imbarazzato, durante i quali Jon evitò accuratamente lo sguardo di
Verme
Grigio.
Poi Daenerys fece un passo avanti, come a
voler riprendere il controllo
della situazione.
Fissò Jon negli occhi.
La voce di Theon fu rotta dai singhiozzi e
Jon sentì la
rabbia crescere ancora una volta. Rinfoderò Lungo Artiglio ed afferrò
Theon per
il bavero, quasi sollevandolo da terra.
Theon boccheggiava continuando a piangere e
Jon perse la pazienza.
“Hanno
preso Porto Bianco” gemette Theon portandosi una mano alla gola. Jon
ammutolì.
“Chi?”
chiese alle sue spalle Tyrion.
“Gli
Uomini di Ferro” rispose Theon, “li guidava Euron.” Jon lasciò andare
la presa
e chinò il capo.
“Eravamo
appena arrivati” stava continuando Theon, “ci hanno attaccati con un
esercito
di mercenari ed hanno preso la città. Non abbiamo potuto fare nulla.
Yara,
Tyene, Ellaria e Benjameen sono stati fatti prigionieri, così come il
resto del
nostro esercito.” Theon tornò a guardare Jon.
“Marlon
Manderly è morto” disse con amarezza. Jon ricordò l’uomo che li
salutava sorridente
dal molo mentre la Lupa Solitaria prendeva il largo e sentì un groppo
in gola.
“Euron
mi ha lasciato andare” mormorò Theon, “per dire alla regina che sta
arrivando
con il suo esercito a Roccia del Drago per sterminarci tutti.” Daenerys
aveva
gli occhi sbarrati e anche Tyrion sembrava esterrefatto.
“Ora
cosa facciamo?” chiese Daenerys “Alla Roccia sono rimasti troppi pochi
soldati.”
“Richiama
la guarnigione Tyrell e i Dothraki” suggerì subito Tyrion, “ci servono
qui.”
“Non
arriverebbero mai in tempo” osservò Daenerys, “saranno già a Vecchia
Città
ormai o addirittura in viaggio per Alto Giardino.”
“Attacchiamo
Approdo del Re allora” disse il nano, “coglieremmo tutti di sorpresa e,
se è
vero che Cersei ha inviato Jaime nell’Altopiano, il Trono di Spade sarà
praticamente indifeso.”
“Euron
ci ha già pensato ad una mossa del genere” si intromise Theon, “e ha
detto che
se alla Roccia del Drago non troverà nessuno ucciderà ogni soldato
prigioniero,
per poi passare agli abitanti di Porto Bianco.” Tyrion rimase senza
parole e
Jon strinse la mani a pugno.
“Ergeremo
le nostre difese” disse Daenerys convinta, “fortificheremo l’isola e
schiereremo al meglio le nostre truppe. I miei draghi saranno in prima
fila.”
“I
miei uomini sono pronti a combattere e morire per te, mia regina” disse
solennemente Verme Grigio e Daenerys annuì nervosa. Calò nuovamente il
silenzio.
“Non
posso restare qui” disse Jon ad un tratto.
Daenerys si voltò di scatto verso di
lui.
“Solo
quello che ho detto” ripeté Jon, “non posso restare. Hanno dichiarato
guerra al
Nord, minacciano il mio popolo: devo tornare.”
“Noi
abbiamo un’alleanza” gli ricordò Daenerys scaldandosi, “non puoi
lasciarci
così.”
“Non
ho fatto alcun giuramento” osservò Jon.
“Per
quello che vale un tuo giuramento” disse con odio Verme Grigio. Jon
avrebbe
voluto urlargli in faccia la verità, dirgli che era stato pugnalato dai
suoi
stessi confratelli, che era morto e che era stato riportato in vita,
gridargli
che non era mai venuto meno al suo dovere, ma rimase in silenzio.
“Hanno
attaccato la mia gente” disse, “cosa vi aspettate che faccia?”
“Che
mantieni il sangue freddo e la mente lucida” rispose Tyrion, “so che
cosa
provi, ma non potresti aiutare nessuno tornando. Euron ha attaccato
Porto
Bianco solo per mandare un segnale a Daenerys: il Nord non è davvero in
pericolo.”
“E
se non avessi capito così bene i suoi piani come credi?” insinuò Jon
“Per aver
inviato un terzo del vostro esercito a Porto Bianco dovete aver pensato
che
Euron volesse attaccare la città, ma vi siete sbagliati.”
“Non
è stata una mia idea!” esclamò il Folletto guadagnandosi l’occhiataccia
della
regina “Voglio dire… Euron non ha bisogno di conquistare ora il Nord,
potrà
farlo con calma quando le nostre teste saranno consegnate a Cersei e
lei
deciderà di premiarlo. Nessuno è folle al punto da lanciarsi in una
guerra
contro il Nord durante l’inverno.”
Tyrion riprese fiato.
Jon si
morse un labbro ragionando. Cosa
farà Sansa? si chiese angosciato.
Tyrion ha ragione, pensò sopraffatto dalla frustrazione. Siamo prigionieri su quest’isola.
"E' una bella prigione, il mondo."
N.D.A.
Bentornati a tutti! Un capitolo un po' intenso questo, vero? ^_^'''
Purtroppo la missione a Porto Bianco si è conclusa con un disastro, ma tutti i personaggi principali sono (per ora) ancora vivi. Voglio specificare che, proprio come Tyrion ha ben capito, il piano di Euron non riguarda la conquista del Nord, bensì la distruzione della minaccia di Daenerys. Possiamo dire che la regina, inviando Yara e gli altri a Porto Bianco temendo per un attacco ha di fatto causato l'attacco stesso XD XD Infatti Euron voleva colpire lei e non la città in quanto tale. Se gli alleati di Dany fossero sbarcati altrove Euron avrebbe attaccato lì.
La mossa di Euron di inviare Theon può sembrare stupida perchè darebbe un vantaggio a Dany (e in effetti non è il massimo di intelligenza), però ha una sua logica. Euron sa già che alla Roccia del Drago rimangono pochissimi soldati e con questa minaccia getta paura e disperazione, senza comunque lasciare modo ai nemici di organizzare una difesa o chiamare alleati (il Nord anche volendo non potrebbe rispondere a un'eventuale chiamata, in quanto l'intera sua flotta è bruciata a Porto Bianco)... Inoltre la lettera è molto nello stile pomposo ed eccentrico di Euron, quindi bene XD
Per la parte di Sansa penso di dover chiarire alcune cose qua e là... Ditocorto sta ovviamente sfruttando la situazione (e a mio avviso lo sta facendo molto bene), ma non si è in realtà inventato nulla. La lettera di Euron è stata veramente inviata dal Re delle Isole di Ferro e Baelish l'ha sfruttata solo perchè Euron diceva di aver ucciso Jon (anche se in realtà anche Euron sa che non è vero: stava giocando con Sansa)... La lettera che invece Arya tira fuori dopo e che vedremo più avanti dove esattamente fosse è ovviamente più vecchia ed è stata inviata da Jon esattamente al momento dell'arrivo a Roccia del Drago (contraddicendo di fatto quanto detto nella lettera di Euron, che invece è recente e risale a dopo l'attacco di Porto Bianco) che per qualche motivo però non è mai arrivata in mano di Sansa. Quindi Baelish sapeva che Jon era ancora vivo, ma nella sua menzogna è stato supportato involontariamente da Euron che diceva di averlo ucciso nella sua lettera. E' un po' complicato, è vero ^_^'''' però tutto verrà spiegherà meglio nei prossimi capitoli.
Anche per il breve duello Jon/Verme Grigio voglio spiegare: Jon sembra più forte dell'Immacolato, ma in realtà non è esattamente così. Verme Grigio si sta ancora riprendendo dopo l'incidente con Gendry, quindi non è al massimo delle sue capacità, inoltre ha combattuto senza l'intenzione di uccidere, mentre Jon in quel momento aveva abbastanza perso la testa (solo perchè Sansa non gli aveva mai detto nulla, altrimenti avrebbe avuto una reazione con Theon simile a quella della serie). Inoltre ho sempre visto Verme Grigio come un campione con la lancia e pugnale, ma con la spada non ricordo se l'abbiamo mai visto combattere.
Quindi ora la situazione si è complicata moltissimo per Daenerys, dato che sull'isola le rimangono solo gli Immacolati e un basso numero di dorniani e Dothraki. Messa così è ovviamente in svantaggio contro Euron, ma vedremo... Non aspettatevi ovviamente la battaglia nel prossimo capitolo XD XD Intanto c'è anche la questione ad Alto Giardino da risolvere...
Ancora una volta alcune scene sono troppo simili a quelle della settima stagione, tipo Jon che prende Theon per il bavero o l'ultimissima frase... Però come sempre sappiate che sono solo incredibili coincidenze :-)
Come al solito ringrazio i miei fedelissimi recensori, in ordine: giona, __Starlight__, Spettro94 e NightLion. Un abbraccione a tutti e non riesco a credere di essere arrivata al capitolo 10 e di aver già quasi superato le 70 recensioni!! E' fantastico!
Vi saluto e alla prossima!
PS: citazione stavolta dall'Amleto di Shakespeare e si può associare a davvero molti personaggi... A voi la scelta!