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Autore: QueenInTheNorth    07/07/2018    5 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Strange meetings                                                                                                      



Yara

 

La Silenzio non si vedeva da nessuna parte. Yara aveva dato ordine alle sue navi superstiti di prendere il largo per cercarla, ma non aveva ottenuto nulla. Lei e Tyene avevano osservato dalla spiaggia le imbarcazioni bruciare e l’avvicinarsi di scialuppe nemiche. Gli uomini che trasportavano avevano la carnagione scura e portavano armi che Yara non aveva mai visto. I mercenari, pensò reprimendo un’imprecazione. Presto sarebbero stati loro addosso e per quel momento sarebbe stato meglio avere pronto lo schieramento.

“Che facciamo?” chiese Benjameen, comparso dal nulla al loro fianco.

Yara valutò rapidamente la situazione. “E’ necessario far affondare le loro navi” disse indicandole, “o almeno distrarle, così che non possano inviare altri uomini a terra. Benjameen, credi di poterli tenere impegnati qui?”

Benjameen corrugò la fronte: quell’espressione gli donava incredibilmente. “Credo di sì” rispose, “Tyene, resti anche tu?” Tyene si leccò le labbra sfoderando coltello e spada. “Ovvio” disse tranquilla, “giochiamo a chi ne uccide di più?” Yara alzò gli occhi al cielo. “Non mi pare il momento” replicò, “richiamate l’esercito e ricordate che gli uomini di Marlon vi coprono le spalle dalla collina.”

Tyene annuì e Bejameen corse alle navi per radunare i soldati. Yara fece per andare quando Tyene le afferrò il braccio. “Ehi” la richiamò, “uccidine qualcuno anche da parte mia.” Yara sorrise e corse verso la Vento Nero. Si aggrappò alle grosse funi che conosceva a memoria e si issò a bordo.

“Prendiamo il largo!” urlò alla ciurma “Andiamo a prendere quelle navi!”

Ci furono esclamazioni di approvazione ed ognuno raggiunse il proprio posto. Yara controllò che tutto fosse in ordine e diede l’ordine di levare l’ancora. La nave tremò e, dopo qualche altro spiacevole scossone, iniziò lentamente a scivolare sull’acqua livida.

Yara entrò sottocoperta ed incontrò Ellaria Sand, che risaliva la piccola scala di legno che portava alle cabine. Si era completamente dimenticata di lei.

“Sbaglio o la nave si sta muovendo?” chiese Ellaria tentando di guardare oltre la spalla di Yara che le bloccava la visuale.

Yara si affrettò a spostarsi quel poco che bastava. “Sì” rispose, cercando affannosamente una scusa per la sua dimenticanza, “mi dispiace non averti avvertito, ma dobbiamo eseguire un’azione fulminea. Se vuoi tornare a riva possiamo forse inviare una scialuppa…”

“Non ce n’è bisogno, ti ringrazio” rispose Ellaria salendo un gradino, “non sarei molto utile in battaglia. Mia figlia?”

“Tyene è alla spiaggia” spiegò Yara risalendo a sua volta gli scalini scricchiolanti, “voleva combattere. C’è Benjameen con lei…”

“Non sono preoccupata per lei” disse con voce atona Ellaria, “sa cavarsela benissimo da sola.”

Non ho mai affermato il contrario.

Uscirono insieme sul ponte ed Ellaria si incamminò disinvolta verso prua. Si comporta come fosse a casa sua, pensò irritata Yara andandole di malavoglia dietro.

Dopo qualche passo fu raggiunta da ser Harras Harlaw il Cavaliere, che veniva in cerca di informazioni. Aveva occhi piccoli, denti sporgenti ed una carnagione straordinariamente pallida. Sembrava malaticcio. “Mia signora” la salutò, “qual è il piano?”

Yara indicò tre navi molto più a largo. “Dobbiamo raggiungerle” spiegò, “e anche il più presto possibile. Troviamo la Silenzio ed Euron e le facciamo colare tutte a picco.”

“Non è possibile che Euron sia venuto con solo tre navi” osservò Harras.

“La maggior parte ha scaricato gli uomini sulle scialuppe ed è ripartita” disse Yara. “Euron non vuole correre rischi inutili ed in ogni caso non ha attaccato con tutte le sue forze.”

“Intendi dire” suggerì Harras aggrottando le sopracciglia, “che se anche dovessimo vincere oggi non avremmo debellato interamente la minaccia?”

“Hai capito perfettamente” rispose Yara dandogli una pacca sulla spalla, “ma occupiamoci di un problema alla volta.”

“E se volessero arrendersi?” si intromise Ellaria “Cosa intendi fare?”

Yara si voltò verso di lei: aveva come l’impressione che la donna la stesse testando. “Dovranno consegnarmi Euron così che possa ucciderlo con le mie mani” rispose con calma, “e saranno accolti con tutte le precauzioni sulla mia nave.” Fece una pausa. “Le loro però le faremo colare a picco lo stesso” aggiunse poi con un ghigno. Dovette aver superato la prova, perché Ellaria le sorrise.

Yara si girò nuovamente verso ser Harras, che era rimasto in attesa. “La rotta deve essere corretta” comandò, “qualche grado a nord-ovest: il vento ci farà andare più veloci.”

“Certo, mia signora” disse Harlaw inchinandosi e tornando sui suoi passi.

Yara afferrò le corde delle vele e si mise in piedi sulla punta di prua. Portò una mano alla fronte come gesto automatico, nonostante non ci fosse sole da cui riparare gli occhi. Le tre navi parevano ferme ed erano vicinissime. Yara le scrutò attentamente. Esibivano tutte e tre la piovra su tela nera dei Greyjoy, ma nessuna di quelle imbarcazioni era la Silenzio. La Silenzio ha una polena a forma di sirena imbavagliata, ricordò Yara. Non può essere nessuna di queste…

Ma allora dov’era la nave di Euron? Possibile che non abbia partecipato all’attacco? si chiese perplessa Yara. Tutto si poteva dire di male di Euron Greyjoy, salvo che fosse un codardo: i folli come lui non hanno paura, neppure quando dovrebbero. Yara scosse la testa sovrappensiero. In quel momento dalla nave di destra che si parava loro di fronte si elevarono quattro squilli di tromba in rapida successione.

“Vogliono trattare!” urlò Yara alla sua ciurma dopo aver riconosciuto il codice “Avviciniamoci.”

La Vento Nero riprese a muoversi adagio finchè la sua prua quasi si sfiorava con quella della nave centrale delle tre avversarie. Sull’imbarcazione nemica si fece avanti un uomo che Yara riconobbe subito come Lucas Codd il Mancino, uno dei più importanti comandanti al servizio di Euron. Era stato il primo ad urlare il nome di Occhio di Corvo all’acclamazione del re e Yara riteneva fosse stato ampiamente ricompensato per i suoi servigi. Era un uomo tozzo e sporco, con barba e baffi inspidi e denti gialli. La sua risata di solito inondava di saliva tutti gli ascoltatori più vicini.

“So chi sei” urlò Yara protendendosi in avanti, “ordina ai tuoi uomini di gettare le armi ed arrendersi.”

Lucas si guardò intorno. “Te ne sei accorta, ragazzina?” chiese beffardo “Abbiamo tre navi, voi solo una. Direi che…”

“Allora è meglio se taci” tagliò corto Yara. “La maggior parte dei tuoi uomini sono mercenari del Continente Orientale, quanto sono bravi a combattere su una nave?” Lucas rimase un attimo in silenzio, probabilmente incapace di formulare una risposta convincente.

Yara sorrise. “Vedi?” gli chiese ironica. Poi si girò verso la ciurma del Mancino. “Non vogliamo farvi del male” disse a voce alta, “dobbiamo sapere solo dov’è Euron…” A quelle parole molti risero.

“A quest’ora dovrebbe aver quasi messo in atto il suo piano” esclamò sghignazzando Rodrik Freeborn, “non potete fermarlo.”

Yara sentì una goccia di sudore scivolarle lungo la schiena, ma si impegnò a non dar vedere la sua ansia. “Cosa intendi?” chiese aggressiva “Che ci colpirà alle spalle mentre siamo qui a dialogare con voi?”

“No” rispose Lucas, “noi siamo solo un diversivo, dovevamo attirare la Vento Nero qui e prendere tempo. E voi ci siete cascati in pieno.” Yara strinse i pugni. Alle sue spalle i marinai avevano già iniziato a bisbigliare preoccupati.

“La difesa è pronta” replicò lei sicura, “gran parte del nostro esercito è a terra e…”

Fu interrotta da un suono acuto che le perforò le orecchie. Sembrava il rumore di un corno così grande da non poter essere costruito e proveniva dalla spiaggia. Confusa, Yara scrutò per quanto potè la riva, ma era troppo lontana.

“E’ il segnale!” esclamò euforico Rodrik e tutti gli uomini sulle tre navi esultarono.

“Cos’era?” chiese ser Harras avvicinandosi “E cosa significa?”

Lucas si voltò verso di lui. “Che il piano ha funzionato” rispose con un ghigno orribile, “e che Euron ha conquistato Porto Bianco. Non vi rimane che arrendervi.” Yara era esterrefatta. Conquistato?! pensò arrabbiata Ma cosa stanno dicendo, non può averci messo così poco tempo a sbaragliare la nostra linea di difesa. Che stiano mentendo per farci paura?

Lucas dovette indovinare i suoi pensieri, perché scoppiò nuovamente a ridere. “Purtroppo per voi è la verità” disse estraendo la spada, “e ora deponete le armi.”

“O?” chiese in tono di sfida Ellaria.

“O tutti gli uomini di Porto Bianco saranno trucidati senza pietà” rispose Lucas spietato, “le donne diventeranno le nostre mogli di sale e i bambini saranno sacrificati al Dio Abbissale.”

“Sono nel castello” replicò Yara pensando a Theon: a quell’ora doveva aver tirato su il ponte levatoio da tempo.

“Ci vorrà del tempo” concesse Lucas, “ma non resisteranno a lungo. Scegliete voi, tanto vi batteremo in ogni caso.”

Yara si voltò verso l’equipaggio e vide l’orrore nei loro occhi. Nessun Uomo di Ferro aveva mai provato simpatia nei confronti della gente del Nord, ma davanti alla minaccia di uno sterminio di tale portata nessuno rimaneva indifferente. Il primo a decidere fu Harmund Sharp, che gettò a terra con furia la sua lancia. Uno ad uno i soldati buttarono le loro armi e Yara non poté non provare orgoglio nei confronti dei suoi ragazzi. Estrasse la propria ascia.

“Quella la prendo io” disse Lucas tendendo la mano, “ho sempre desiderato averla…”

Ellaria si avvicinò a Yara e le accostò le labbra all’orecchio. “La scialuppa di destra” suggerì, “qui ci resto io. Vai a vedere la situazione alla spiaggia, noi ti copriamo le spalle.”

Yara annuì impercettibilmente e allungò il braccio. Gli occhi avidi di Lucas seguivano i suoi gesti e presto il Mancino si ritrovò ad avere la mano sinistra saldamente aggrappata all’estremità del manico dell’arma, poco sotto la lama. Allora Yara diede uno strattone e Lucas, che non se l’aspettava, lasciò la presa. L’ascia fendette l’aria e si abbatté sull’avambraccio di Lucas, che urlò di dolore. Il sangue schizzò da tutte le parti e Yara approfittò della confusione generatasi per saltare nella scialuppa.

Tagliò in fretta le funi e la barchetta precipitò in mare. L’urto fu considerevole e acqua gelida si riversò all’interno. Yara rabbrividì quando le entrò nelle scarpe, ma rimase concentrata. Gettò l’ascia macchiata di sangue nel fondo della scialuppa ed afferrò i remi. Iniziò a remare con un ritmo frenetico, nel tentativo di allontanarsi dalle navi prima che i nemici avessero il tempo di recuperare archi e frecce.

Alle sue spalle arrivavano grida e imprecazioni, ma Yara non osò voltarsi: le avevano fornito un’occasione e doveva coglierla al volo. Continuò a remare con energia e non si fermò neppure quando le braccia iniziarono a pulsare dolorosamente. L’acqua, nei punti dove i remi battevano la superficie del mare, ribolliva e a ogni nuovo colpo altri spruzzi investivano la barchetta e chi la occupava.

Via via che la costa si avvicinava Yara tentava di scorgerci qualcosa, ma riusciva ad intravedere solo il fumo che saliva dalle navi che bruciavano. “Bastardi” li maledisse a denti stretti, “hanno incendiato tutta la nostra flotta e quella di Porto Bianco.” L’unica superstite era quindi la Vento Nero, sempre se a Lucas Codd non fosse saltato in mente di affondarla. Yara alzò gli occhi al cielo. Almeno gli ho tagliato la mano di cui andava tanto fiero, si consolò lasciando per un attimo un remo per detergersi la fronte sudata. Adesso non potrà più essere chiamato Mancino. In realtà era molto preoccupata per la sua ciurma e per l’esercito dorniano che aveva lasciato alla spiaggia.

Tuttavia, quando ormai mancavano pochi metri alla riva, Yara vide con orrore che la spiaggia era deserta. Adagiate in vari punti vi erano le scialuppe usate dai mercenari per raggiungere la terraferma e verso il precipizio a nord si vedevano chiaramente i segni della battaglia. Yara non attese che la barchetta toccasse terra, afferrò l’ascia e saltò nell’acqua gelida che le arrivò ben oltre le caviglie. Soffocò un’imprecazione e si affrettò a raggiungere il luogo che evidentemente aveva ospitato lo scontro.

La sabbia era smossa e in più punti imbevuta di sangue. Armi e parti di armature giacevano senza criterio, ma non c’era traccia di cadaveri. E’ impossibile che non sia morto nessuno, si disse Yara guardandosi attentamente intorno. Si chinò a raccogliere una punta di lancia spezzata, senza dubbio l’arma di un dorniano.

Dove sono i vinti? si chiese confusa E soprattutto, dove sono i vincitori?

Turbata da un oscuro presentimento si voltò verso il castello. Da quella distanza sembrava tutto in ordine, ma Yara sapeva di non potersi fidare. Si incamminò verso la città costeggiando il porto e superò le dune. Attraversò le strade deserte e giunse ai piedi del palazzo. E non fu più sola.

Euron era lì, circondato da circa quaranta Uomini di Ferro e un numero imprecisato di mercenari orientali. D’istinto Yara strinse forte l’ascia.

Sembrava la stessero aspettando ed Euron sorrise. “Benvenuta” la salutò con finta cortesia, “ci chiedevamo quando saresti arrivata. Pensavo Lucas non ti lasciasse più.” Si interruppe per una risatina eloquente e Yara rabbrividì. Quindi era tutto calcolato, pensò stupefatta. Beh, tutto eccetto la mano di Codd…

Yara dovette trattenersi dal sorridersi al ricordo di quella sua unica vittoria. “Che ne è stato del mio esercito?” chiese invece a voce alta. Euron fece un passo avanti: aveva un lungo corno a tracolla e Yara si chiese se fosse quello lo strumento colpevole di quel suono surreale che avevano sentito.

“Intendi i dorniani?” chiese Euron divertito “Non preoccuparti, stanno bene… Beh, certo non proprio tutti, ma la maggior parte…” Yara si chiese dove fossero Benjameen e Tyene, ma non aveva senso chiederlo a Euron.

“Abbiamo vinto” annunciò Occhio di Corvo sottolineando l’evidenza, “il castello è nostro ed abbiamo, per così dire, allegerito il suo lord di un peso inutile…” L’esercito sghignazzò e Yara vide con orrore la testa di Marlon Manderly infilzata su una picca poco lontana. Il sangue non si era ancora coagulato del tutto e gocciolava lungo il legno fino a terra.

Yara fissò lo zio negli occhi. “Il Nord non lo perdonerà” disse gravemente. “Wyman Manderly è a Grande Inverno e quando saprà dell’accaduto verrà qui con il suo esercito.” Yara decise di osare. “Il Re del Nord non rimarrà con le mani in mano” minacciò, “presto avrai tutto il Nord, le Terre dei Fiumi e la Valle contro.”

Euron rise più forte che mai e fece un altro passo avanti. “Credi di potermi imbrogliare?” le chiese sorridendo “So dov’è realmente Jon Snow e da lì non potrà venirvi ad aiutare.” Euron continuò a camminare. “Anzi, i miei uomini l’avevano quasi catturato durante il suo viaggio, ma sembra sia arrivato un drago a salvarlo…” Yara ammutolì.

“Daenerys non muoverà un dito” continuò Euron, “e nemmeno Grande Inverno. Forse neanche tu lo sai, ma non se la stanno passando così bene e hanno mandato molti uomini alla Barriera a proteggerla dagli Estranei.”

“Gli Estranei?” chiese Yara ironica.

Euron fece una smorfia. “Esistono, le fiamme me l’hanno mostrato” disse semplicemente, “ma Snow si sbaglia se crede di poterli fermare, se crede di essere lui il predestinato…” Yara non aveva idea di cosa stesse parlando, ma Euron era così immerso nel suo discorso da quasi non accorgersi di lei. Poi si riprese e sbatté più volte le palpebre.

“Dov’ero rimasto?” chiese, a nessuno in particolare “Ah sì, posso assicurarti che non verranno ad aiutarvi, quindi ti conviene arrenderti e stavolta sul serio.”

Yara strinse le labbra. “Dov’è mio fratello?”

“Speravo l’avresti chiesto” esclamò giulivo Euron portando una mano alla bocca e fischiando. Due uomini vennero avanti trascinando Theon per le braccia. A parte qualche taglio e i vestiti macchiati di terra e sangue altrui era fortunatamente illeso.

“Sai, Yara” proseguì Euron avvicinandosi Theon ed estraendo un coltello, “dovrei proprio ucciderlo: il figlio di mio fratello è una minaccia.” Theon non reagì e tenna la testa bassa.

A Yara si contrasse lo stomaco: non l’avrebbe mai ammesso, ma teneva a Theon più di chiunque altro. “Lascialo stare” urlò, “lui non c’entra e non vuole la corona.”

“Magari nemmeno i figli di Rhaegar Targaryen l’avrebbero voluta” osservò Euron, “ma gli altri non hanno aspettato per scoprirlo.”

“Sono io che mi sono proclamata regina” insistette Yara, “Daenerys si è accordata con me.”

“Te ne penti?” chiese Euron con voce di miele.

“No” rispose seccamente Yara, “ma ti sbagli se credi che a Daenerys non importi di noi e che non manderà qualcuno: ha bisogno di noi per prendere il Trono di Spade.”

“Oh, forse mi hai frainteso” insinuò Euron, “non potrà aiutarvi perché presto la Roccia del Drago subirà la stessa sorte di Porto Bianco.” Yara rimase senza parole. Non ora, pensò disperata. Non quando un terzo dell’esercito è nell’Altopiano.

E un altro terzo è stato appena sconfitto.

“Ma io non amo arrivare senza invito” stava dicendo Euron, “è maleducazione, quindi, Theon, mi dovresti fare un favore.” Euron fece un cenno ed i due uomini lasciarono andare il prigioniero.

“Adesso prenderai una barca” continuò Euron con voce dolce, “navigherai da solo fino alla Roccia del Drago e dirai a Daenerys che ha spezzato il cuore di un suo spasimante che vuole vendetta e che presto verrà da lei.” Poi si voltò verso i due brutti ceffi. “Portatelo alla Silenzio” ordinò, “e dategli una scialuppa abbastanza grande per poter affrontare il viaggio. Verrò io tra poco a dare altre istruzioni.” I due annuirono e condussero Theon via.

All’ultimo lui si voltò ed incontrò lo sguardo di Yara. Lei vide il dolore nei suoi occhi e fu assalita da un opprimente senso di panico.

Euron si girò nuovamente verso di lei. “Bene” disse battendo le mani, “e anche questa è fatta. Ora direi di passare alla fase tre…”

Yara sentì qualcuno avvicinarlesi alle spalle, ma non fece in tempo a voltarsi. Sentì un dolore forte alla nuca ed udì la propria voce gridare. Poi tutto divenne nero.

 

Daenerys

 

Tyrion e Varys erano in ritardo. Il pranzo era già cominciato e Daenerys dovette inventarsi una qualche scusa per giustificare la loro assenza. “Saranno andati a fare una passeggiata” disse sorridendo, “e non avranno sentito il gong. Possiamo iniziare…”

Quando erano arrivati alla Roccia del Drago, avevano trovato dei cuochi che Stannis si era lasciato dietro e che si erano detti felice di servire la nuova arrivata. Sull’isola cresceva poco, ma lady Olenna aveva portato molti dei più squisiti prodotti dell’Altopiano. Dany si era ormai abituata a quel tipo di cucina, molto raffinata e meno speziata del cibo che mangiava a Meeren o tra i Dhotraki, ma Jon era visibilmente a disagio.

“Ecco, io non ho mai mangiato cibo così” confessò lui imbarazzato.

“Cosa mangiate voi a Nord?” chiese curiosa Missandei.

Jon le sorrise. “Beh, di certo non tutta questa frutta e verdura” rispose appoggiando la schiena allo schienale, “più che altro la carne della selvaggina. Anche formaggi e, se i raccolti sono buoni, perfino legumi e pomodori. Di pesce solo quello di fiume purtroppo. Il resto lo importiamo.” Dany si protese in avanti.

“E’ la prima volta che vengo a Sud” continuò Jon.

“Non siamo molto a Sud” osservò Daenerys.

“Di certo non siamo a Nord” obbiettò Jon.

“E che cosa mangiavano i bruti?” si intromise di nuovo Missandei per smorzare la tensione che si era creata.

Jon si rilassò un poco. “Quasi esclusivamente carne” rispose, “a volte pure cruda.”

Missandei fece una smorfia di disgusto e tornò a concentrarsi sul suo piatto. Per un minuto abbondante tutti si limitarono solamente a mangiare. Dany capì di dover almeno tentare di fare conversazione per distogliere gli ospiti dal fatto che Tyrion e Varys non fossero ancora arrivati.

“E’ vero che ti chiamano Cavaliere delle Cipolle?” chiese per coinvolgere anche ser Davos, il quale, sentendosi chiamato in causa, quasi si strozzò nel tentativo di parlare. Tossì per qualche secondo, poi si asciugò la bocca sul tovaiolo. “Sì” rispose con gli occhi lacrimanti, “prima che Stannis mi accogliesse ero un contrabbandiere.”

“E perché mai ti avrebbe dovuto accogliere se eri un pirata?” chiese ostile Verme Grigio.

“Un contrabbandiere” ripeté Davos, “non proprio un pirata, ma comunque un fuorilegge. E’ stato durante la Ribellione di Robert. Aerys Targaryen aveva ordinato a lord Mace Tyrell di conquistare Capo Tempesta mentre Robert era in guerra altrove e Stannis aveva il compito di difendere il castello. Mace assediò Capo Tempesta e gli abitanti furono ridotti alla fame. Io riuscii a raggiungerli e li rifornii di viveri. In seguito Stannis mi premiò elevandomi di rango e io lo seguii qui. Però pretese anche un pagamento per i miei crimini…”

Davos si levò il guanto della mano destra e mostrò le dita mozzate. Dany posò per un attimo la forchetta. Il silenzio piombò nuovamente nella stanza.

Alla fine Daenerys si alzò in piedi. “Vado a cercare Tyrion e Varys” annunciò. Appena li trovo faranno bene ad avere una giustificazione convincente, pensò irritata.

Immediatamente Verme Grigio si alzò a sua volta. “Lascia che li vada a cercare io” disse in tono solenne. Missandei gli prese il braccio. “Non sei ancora guarito…” osservò a bassa voce. “So camminare” disse Verme Grigio.

“Preferisco andare io” li interruppe Daenerys, “tu rimani qui con gli ospiti, Verme Grigio.” Raccolse la gonna e si diresse verso la porta. Quando la mano scivolò sulla maniglia, questa si abbassò.

Stupefatta Dany si vide apparire davanti Tyrion e Varys. Tyrion aveva i capelli arruffati dal vento ed entrambi apparivano abbastanza provati.

“Chiediamo scusa per il terribile ritardo” disse il nano tutto d’un fiato prima che Daenerys avesse modo di aprire bocca, “ma abbiamo avuto un contrattempo. Potresti venire con noi?”

“Ora?!” chiese Daenerys incredula “Non vedete che stiamo pranzando? Su, venite anche voi, al resto pensiamo dopo…”

“Con tutto il rispetto, maestà” si intromise Varys, “non credo si possa aspettare.” Dany fissò l’eunuco negli occhi. E’ così serio, si disse, convincendosi dell’urgenza della cosa.

“D’accordo” disse annuendo. Poi si voltò verso il tavolo. Jon la stava osservando e Daenerys non sapeva bene cosa dire. “Torno subito” si limitò a borbottare prima di seguire Tyrion e Varys fuori dalla stanza. Camminavano velocemente e Dany fu costretta ad accelerare il passo. “Dove stiamo andando?” chiese curiosa. Si fermarono davanti ad una porta socchiusa dalla quale filtrava della luce chiara.

“Ci siamo” disse Tyrion, “ti conviene entrare da sola…” Sempre più confusa, Daenerys spinse con la mano la porta ed entrò.

Si trovava in un’ampia e stranamente luminosa camera e al centro troneggiava un grande letto sormontato da drappi rossi. Probabilmente era stata la stanza di chissà quale re in passato. Dany si avvicinò lentamente al letto e vide che era occupato da una figura quasi sepolta dalle numerose coperte. Sembrava dormisse, ma il suo respiro non era affatto regolare. Poi, nel sonno, la figura si voltò e Daenerys poté vederla in faccia. Si portò le mani alla bocca per soffocare un gridolino. E’ Jorah! pensò ora veramente esterrefatta Ma come è arrivato? Che cosa ci fa qui? E’ riuscito a curare il morbo grigio?

Tyrion e Varys nel frattempo erano entrati a loro volta. “L’abbiamo trovato sulla spiaggia” raccontò Tyrion a bassa voce, “era svenuto e non abbiamo idea di come sia arrivato qui. Credo sia molto disidratato ed ha bisogno di cure mediche, ma non sembra abbia più i sintomi del morbo grigio. Per sicurezza comunque non abbiamo toccato il braccio che era infetto.”

“Certo” mormorò Daenerys ancora troppo scossa, “certo… Varys, puoi chiamare maestro Pylos per favore?”

“Ovviamente” rispose Varys inchinandosi e lasciando la stanza. Daenerys si prese la testa fra le mani.

“Alla fine è tornato” osservò Tyrion mettendole una mano sulla schiena non potendo raggiungere la spalla.

Dany si costrinse a recuperare il contegno perduto. “Dovremmo andare via” disse stringendo le labbra, “e aspettare che si risvegli.”

“Sì, dovremmo” assentì Tyrion, “ma se vuoi puoi restare qui… Spiegherò io la situazione.”

“No” disse decisa Daenerys, “vengo con te.”

Non posso rimanere da sola con lui, pensò disperata. Mi sentirei troppo in colpa. Perché questa è tutta colpa mia. Avrebbe voluto gridare, piangere e dare sfogo alla propria frustazione, invece seguì in silenzio Tyrion fuori dalla camera e accostò nuovamente la porta.

Tornarono in sala da pranzo e fortunatamente nessuno fece domande. Daenerys riprese a mangiare con calma, senza sollevare gli occhi dal piatto. Sentiva il peso dello sguardo di Jon, ma non le interessava. Anche una regina aveva diritto a mostrarsi debole di tanto in tanto. Terminato il pasto, Verme Grigio, Missandei ed Obara si allontanarono subito, presto seguiti da Davos, che aveva intenzione di portare Gendry a pesca di granchi. Jon invece non lasciò la stanza e rimase al proprio posto. Per una manciata abbondante di minuti nessuno parlò.

“E’ successo qualcosa di grave?” chiese poi Jon con voce incerta. Dany lo guardò: sembrava sinceramente preoccupato.

“Abbiamo trovato una persona moribonda” spiegò Tyrion rimanendo sul vago.

Jon aggrottò le sopracciglia. “E’ Brienne?”

“No, no” si affrettò a rispondere il nano, “è un uomo amico della regina e…”

In quel momento Varys fece irruzione. “Perdonate l’interruzione” si scusò per poi voltarsi verso Daenerys. “Si è svegliato.”  

Dany balzò in piedi. “E’ da solo?” chiese angosciata.

“Maestro Pylos è stato con lui fino a poco fa” la tranquillizzò il Ragno Tessitore, “ma credo voglia vederti…”

“Arrivo subito” replicò Daenerys incapace di contenere del tutto il sollievo.

Jorah si è svegliato.

“Non vorrei sembrare invadente” disse Jon, “ma posso venire con voi?” Tyrion fissò Daenerys, come a volerle lasciare la decisione.

“C-erto” balbettò Dany presa alla sprovvista. Si avviarono così tutti e quattro verso la stanza ormai riservata a ser Jorah e, quando spinse per la seconda volta quella porta, Dany sentì il suo cuore batterle forte in petto.

Jorah sedeva dritto sul letto. Aveva i capelli lavati di fresco, probabilmente ad opera di Pylos, e indossava abiti puliti. In volto aveva i segni della malnutrizione e della febbre e nel complesso sembrava piuttosto invecchiato. I suoi occhi azzurri però erano più vivi che mai e guizzavano rapidi da un visitatore all’altro.

“Khaleesi” mormorò commosso, “sono felice di rivederti.”

Daenerys fece un passo avanti. “Anch’io” disse con sincerità, “temevo che non ti avrei pià rivisto.” Si sedette sul letto vicino a Jorah. “Come ti senti?” chiese stringendo appena le labbra.

Jorah fece una smorfia. “Non molto bene a dir la verità” rispose, “ma certo meglio di prima. Chi devo ringraziare per avermi salvato?”

“Beh, diciamo che è stato un Immacolato di nome Lumg a trovarti” spiegò Tyrion, “ma sono stato io a riconoscerti, quindi potrai ringraziare me…”

“In realtà” puntualizzò Varys, “lo abbiamo aiutato entrambi. E sono stato io a parlare con Lumg: il tuo alto valyriano fa pena.” Jorah rise e anche Daenerys si lasciò andare.

Tyrion era arrossito. “Beh, ecco” disse grattandosi il naso, “ha ragione lui.”

“Grazie a entrambi allora” disse Jorah con un sorriso stanco, “vi devo la vita…” Poi si voltò verso Jon che era rimasto in disparte. Daenerys vide una sottile ruga crearsi sulla fronte di Jorah.

“Chi sei?” chiese il cavaliere “Non credo di averti mai visto.”

Jon si riscosse e scrollò la testa. “Sono Jon Snow” rispose con un cenno di saluto, “un ospite della regina.”

“Sei troppo modesto” lo rimproverò divertito Tyrion per poi voltarsi verso Jorah. “Lui è il Re del Nord” puntualizzò con uno strano movimento del braccio che doveva essere la parodia di un inchino.

Jorah sgranò leggermente gli occhi. “Piacere di conoscerti allora” disse con calore, “mi chiamo Jorah Mormont.”

Dany vide il volto di Jon subire una metamorfosi repentina. Prima esprimeva stupore, poi irritazione, infine compassione.

“Sei il figlio di Jeor Mormont?” chiese poi Jon con voce indecifrabile. Jorah annuì. “Ero il suo attendente al Castello Nero” continuò Jon, “e una volta gli ho anche salvato la vita.”

Jorah chinò la testa. “Tyrion mi disse che era morto” mormorò.

“E’ stato tradito dai suoi stessi confratelli” raccontò Jon e Dany poté giurare di aver visto un ombra calare sul suo volto.

“So che non serve a molto” continuò Jon avvicinandosi, “ma io l’ho vendicato.” Jorah sollevò lo sguardo. “Grazie” rispose a bassa voce, “mi fa sentire un po’ meglio.”

“Ti aveva perdonato” disse Jon in tono misterioso, “e sperava di poterti rivedere un giorno, di vederti arrivare alla Barriera per prendere il Nero.” Jorah aveva gli occhi lucidi. Daenerys ricordava la colpa che aveva costretto Jorah alla fuga, ma vi era un particolare che le sfuggiva.

“Mio padre ti aveva condannato a morte” stava dicendo in quel momento Jon e Dany ricordò.

“Eddard Stark” disse Jorah incredulo, “sei suo figlio, vero?” Jon annuì. “So che ho sbagliato” disse Jorah prendendosi la testa fra le mani, “non avrei mai dovuto vendere quelle persone come schiavi. Sono stato anche un codardo a fuggire.”

Jon lo fissava con i suoi freddi occhi grigi e Dany sentì il bisogno di dire qualcosa. “Jorah ha pagato per i propri errori” disse sicura affrontando quello sguardo glaciale, che di fatto rappresentava il giudizio dell’intero Nord, “e mi ha aiutata durante la lotta contro la schiavitù ad Astapor, Yunkai e Meeren. E’ davvero pentito per le sue azioni sbagliate.”

Con quelle parole Daenerys intendeva anche perdonare Jorah per averla tradita in passato e sperò che lui avesse capito. Probabilmente andò così, perché le sorrise.

Dopo qualche secondo Jon annuì. “Se è così” disse, ora con gentilezza, “io non sono nessuno per poter giudicare.” Estrasse la propria spada e si avvicinò ancora di più al letto. Dany si alzò di scatto e Tyrion portò le mani avanti.

“Tranquilli” disse Jon con calma, “voglio solo fargli vedere una cosa…” Porse a Jorah la spada e Dany si risedette. “La riconosci?” chiese Jon facendo un passo indietro. Dany sapeva che era una spada di acciaio di Valyria, ma non riusciva a capire cosa avrebbe potuto vederci di più Jorah. Il cavaliere se la rigirò fra le mani e Dany vide che aveva gli occhi lievemente umidi.

“Lungo Artiglio” mormorò Jorah, “ma com’è possibile? La mia spada aveva l’impugnatura a forma di orso…”

“E’ andata distrutta in un incendio” spiegò Jon senza dare cenno di voler riprendersi la spada, “tuo padre la diede a me dopo che gli ebbi salvato la vita e mi fece fare un’impugnatura a forma di lupo.” Jon fece una pausa e Dany capì che stava per dire qualcosa di veramente difficile per lui. “Ora è giusto che torni a te” disse infatti Jon socchiudendo gli occhi.

Jorah lo fissò senza parole.“No” disse poi porgendola nuovamente a Jon. “La notte in cui fuggii la lasciai sul mio letto per conservare quella briciola di onore che mi rimaneva. So com’era mio padre e se te l’ha data vuol dire che non esisteva altra persona al mondo che avrebbe preferito vedere con quella spada. Non tradirò la sua memoria: ti ringrazio per la comprensione e l’offerta, ma non posso accettare. Spero capirai…”

Jon riprese stupito la spada e la ripose lentamente nel fodero. Poi annuì.“Capisco” disse semplicemente. Ci furono attimi di imbarazzato silenzio.

“Ora devi raccontarci come sei riuscito a tornare” disse poi Daenerys, “e come hai saputo che fossimo qui.”

“In realtà non lo sapevo” raccontò Jorah appoggiandosi ai cuscini, “diciamo che lo immaginavo. Dopo che ci siamo separati ho girato molti villaggi cercando una cura al morbo grigio e alla fine ho incontrato una ragazza che avevo visto già tanto tempo fa a Qaart.”

“Come si chiama?” chiese Dany curiosa.

“Non so il suo nome” ammise Jorah, “però tutte e due le volte che l’ho vista aveva una maschera d’oro sul viso…” Daenerys sussultò appena. Le tornò in mente il terribile sogno avuto sulla nave e rivide la donna con la maschera che le declamava la profezia.

Il Nero cadrà e sarà morte dal Ghiaccio, così come è morte dal Fuoco.

Rabbrividì e si costrinse a tornare al presente. “Lei mi ha ospitato per una settimana nella sua capanna” stava dicendo Jorah, “ed è riuscita a bloccare la malattia. Mi sono recato quindi a Volantis ed ho cercato un passaggio per il Continente Occidentale e mi sono accordato con un capitano. Andava ad Approdo del Re e io gli ho chiesto di lasciarmi una scialuppa per raggiungere la Roccia del Drago.”

Jorah fece una pausa per riprendere fiato: appariva abbastanza stanco.“Solo che era una nave di pirati” proseguì aggrottando le sopracciglia, “e dopo avermi derubato dei miei pochi averi mi hanno gettato in mare. Fortunatamente ero abbastanza vicino all’isola e ho nuotato finché ho potuto. Poi mi sono aggrappato a un tronco e mi sono risvegliato qui.” Terminato il racconto, Jorah sorrise.

Tyrion venne avanti.“Bene” esclamò dandogli una poderosa pacca sulla spalla, “ben tornato fra noi!”

Jorah si massaggiò la parte del corpo colpita. “Vacci piano però” scherzò divertito.

“Posso stare un attimo sola con lui?” chiese all’improvviso Daenerys “Aspettatemi qui fuori.”

Tyrion, Varys si inchinarono prima di uscire, mentre Jon andò direttamente alla porta.

Quando questa fu chiusa Jorah si voltò verso Dany. “Ti ha mancato di rispetto” osservò alludendo a Jon.

Daenerys sorrise. “Fidati” gli disse, “non è questo che conta: siamo già molto fortunati ad aver quasi ottenuto la sua alleanza.”

“Non ti serve” sbottò Jorah e Daenerys scoppiò a ridere.

“Non sarai geloso spero…”

“Certo che no” replicò Jorah, forse un po’ troppo in fretta, “è solo che non voglio che stai con persone potenzialmente pericolose.”

Dany alzò gli occhi al cielo. “Credi che non sia in grado di difendermi da sola, ser?”

“Non lo direi mai.”

Daenerys si inumidì le labbra. “Senti, io volevo dirti…” iniziò, ma fu subito interrotta da poderosi colpi alla porta. Si alzò in piedi infastidita: possibile che non si potesse avere un attimo di pace?

“Cosa c’è ora?” urlò senza riuscire a celare l’irritazione. La porta si spalancò ed entrò Verme Grigio. Dany cambiò immediatamente atteggiamento: doveva essere una faccenda seria.

“Mia regina” disse Verme Grigio affannato, “mi dispiace interrompere ma devi venire subito.”

Dany si avviò verso la porta, ora veramente preoccupata. “Di che si tratta?” chiese in ansia.

Verme Grigio si morse il labbro. “Theon Greyjoy è tornato” rispose.

Dany rimase a bocca aperta. Da solo? pensò confusa E perché mai sarebbe dovuto tornare? Forse si è stufato della missione o la sorella l’ha rimandato indietro.

“Non vedo quale sia il problema” replicò, adesso più tranquilla. “Dov’è ora?”

“Alla spiaggia, mia regina” rispose Verme Grigio in tono d’urgenza, “e Jon Snow ha detto di volerlo uccidere.”

Dany rimase paralizzata un secondo, poi, senza nemmeno salutare Jorah, si precipitò fuori dalla stanza.

 

Sansa

 

Doveva imparare ad usare la spada. Sansa aveva maturato questa idea durante una delle tante notti trascorse a rigirarsi nel letto inseguendo la speranza di un sonno tranquillo. Devo poter difendermi da sola, aveva deciso avvolgendosi stretta nelle coperte, non devo più dipendere da nessuno.

La mattina successiva si era recata all’armeria, ma il nuovo fabbro, un ometto basso proveniente da Ultimo Focolare, si era rifiutato di forgiarle una spada. “Potrebbe essere pericoloso, mia signora” le aveva detto sinceramente preoccupato, “ma non devi temere: hai più di mille soldati a proteggerti.”

Sansa si era astenuta dal dire ciò che in quel momento pensava e se n’era andata. “Mi trattano come fossi una bambina” si era sfogata con Alys, “non credono sia capace di far altro che sorridere e annuire.”

“E tu dimostra loro che si sbagliano” le aveva suggerito Alys, “e poi, l’armeria non è l’unico posto dove poter trovare un’arma…” Sansa aveva pensato a quella frase tutta la mattina.

A pranzo, quando Myun le aveva portato la zuppa, aveva deciso di chiedere il suo parere. “Senti, Myun” aveva detto iniziando a mangiare, “secondo te dove potrei procurarmi una spada?” Myun era rimasta visibilmente spiazzata e Sansa aveva temuto che non avrebbe risposto.

“Dai bruti, mia signora” aveva detto invece la ragazzina, “loro fanno combattere anche le donne, vero?”

Il giorno dopo di buon’ora Sansa e Tormund raggiunsero il campo dei bruti. Jon aveva offerto a Tormund le terre di Forte Terrore, ma il grosso bruto aveva rifiutato, dicendo che il suo popolo avrebbe preferito accamparsi più a nord. Le loro tende erano rimaste quindi dove le avevano piantate prima della Battaglia dei Bastardi e Sansa sentì un groppo in gola ritrovandosi costretta a ripercorrere a cavallo quella pianura ghiacciata.

Fu accolta con sorprendente calore dal Popolo Libero e specialmente le donne arrivarono a minacciarsi con i pugnali per il privilegio di parlare con la lady di Grande Inverno. Dicevano che era baciata dal fuoco e per questo fortunata. Erano donne muscolose, con volti induriti e capelli crespi, ma Sansa le ammirava. Ammirava la loro forza e il loro scarso pudore, la loro capacità di imporsi reclamando ciò che era loro. Nessun uomo poteva pensare di controllarle.

“Quando era ancora un corvo Jon era innamorato di una di noi” le raccontò Tormund senza guardarla negli occhi, “e lei era innamorata di lui. Si chiamava Ygritte.” Sansa notò l’utilizzo del tempo passato e preferì non fare domande: Tormund appariva già abbastanza provato di suo.

Anche Ygritte era una donna così?

Sapeva già la risposta, ma una punta di gelosia le si era piantata nel cuore e Sansa non capiva perché. O forse aveva solo la vista offuscata. Perché mi interessa? si chiese scrollando le spalle.

Ygritte sicuramente era stata più coraggiosa di lei e forse anche più affascinante. Forse Jon aveva amato lei più di quanto amasse Sansa. Ma cosa sto dicendo?! pensò Sansa afferrandosi la testa fra le mani quando nessuno poteva vederla Certo che non mi vuole bene come ne voleva ad Ygritte: sono due tipi di amore diversi… Eppure quella spiegazione non la convinceva del tutto.

Ci pensò Tormund a tirarle su il morale quando riemerse dalla tenda più grande con in mano una spada di medie dimensioni. “Perdona la fattura non proprio ottima” si scusò il bruto imbarazzato, “non siamo molto bravi a forgiare questo tipo di metallo…” Le porse l’arma. “E’ molto leggera” le spiegò, “ma abbastanza affilata da permetterti di infilzare un uomo adulto.”

Sansa accarezzò affascinata l’elsa. “Che cos’è?” chiese passando la mano su una pietra dura di colore giallo miele che era incastonata nell’impugnatura. Non aveva mai visto nulla del genere.

“Noi la chiamiamo ambra” rispose Tormund, “è molto rara e le nostre donne la usano per i loro gioielli.”

“E’ bellissima” mormorò Sansa. Provò a roteare goffamente la spada e la pietra luccicò alla debole luce del sole che filtrava attraverso le nuvole.

“Ambra” disse convinta, “la chiamerò Ambra.”

Tormund sbuffò. “Non capirò mai la vostra mania di dare nomi alle armi” borbottò, “non è che se urli il nome della spada quella ti viene in soccorso.”

Sansa rise. “No” ammise, “hai ragione.”

Tornarono a Grande Inverno che era pomeriggio inoltrato: Sansa non si era resa conto dello scorrere del tempo.

Alys l’attendeva sul portone ancora in riparazione e si torceva le mani. “Dove sei stata?” le chiese aiutandola a scendere da cavallo “Ti stanno cercando tutti…” Sansa accennò alla spada. “A prendere una cosa…” rispose vaga ed il volto di Alys si distese in un sorriso. Poi tornò seria.

“Devi venire subito” la incalzò, “e anche tu, lord Tormund: ci è giunta la notizia di una catastrofe…”

Sansa sentì il suo cuore fermarsi. “Jon…” mormorò angosciata incapace di trattenersi.

“No, no” si affrettò a tranquillizzarla Alys Karstark, “la lettera viene da…”

“Lady Sansa!”

Tutti e tre si voltarono all’unisono e videro Podrick correre verso di loro con la sua solita andatura ciondolante. Presto dovette fermarsi con le mani sulle ginocchia. “L’ho vista io” rantolò, “la lettera, l’ho raccolta io. Qualche contadino aveva tirato una freccia al corvo e io l’ho preso al volo. Sono riuscito a salvarlo e… ah sì, la lettera…”

Le porse un foglio stropicciato sul quale erano state buttate giù poche righe anonime in maniera piuttosto disordinata. Sansa si sforzò di decifrarle.

Hanno vinto, dovete aiutarci. Stanno per prendere il castello, non resisteremo a lungo. Ser Marlon Manderly è caduto. Richiediamo rinforzi a Porto Bianco il più in fretta possibile. Fate presto vi prego, le barche si avvicinano.

Sansa era paralizzata dall’orrore. “Che cosa significa?” chiese con un filo di voce.

“Gli Uomini di Ferro hanno attaccato Porto Bianco” rispose Alys mordendosi il labbro fino a farlo sanguinare, “e sembra abbiano vinto.”

No, non ora…

“Com’è possibile?” mormorò facendo scorrere lo sguardo una seconda volta sulla lettera.

“Dice che Marlon è morto” osservò Alys, “secondo te è vero?” Sansa non sapeva cosa dire.

“Come hanno reagito gli altri?” chiese Tormund corrugando la fronte.

“Non bene” si intromise Podrick, “credo vi stiano aspettando per decidere la risposta.”

Sansa annuì. “Allora andremo subito” decise avviandosi verso il cortile principale, “Podrick fammi un favore: trova Myun e dille di raggiungermi nella Sala Grande.” Podrick azzardò un maldestro inchino e si allontanò.

“Alys” proseguì Sansa, “credi che lord Baelish ci onorerà della sua presenza?”

“Da quello che so è già lì” replicò lady Karstark accelerando il passo. Magnifico, pensò Sansa. Non avrebbe voluto parlare di eventuali piani militari davanti a Ditocorto, ma sembrava non esserci altra scelta: allontanarlo avrebbe destato sospetti. Ovviamente però non gli avrebbe affidato alcun ruolo nella futura azione di guerra, qualora ne avessero escogitata una.

Porse Ambra a Tormund e il bruto la nascose sotto le folte pellicce che erano i suoi abiti. Dal nulla Spettro comparve al loro fianco. Alys sussultò, ma Sansa non poté non tirare un sospiro di sollievo. Non vedeva il meta-lupo da giorni ormai ed era quasi arrivata a temere che gli fosse successo qualcosa di male. Invece Spettro sembrava perfettamente a suo agio: Sansa non l’aveva mai visto così felice. Magari alla Barriera era sempre così, si disse.

Come previsto nella Sala Grande regnava il caos. Tutti urlavano contemporaneamente e Sansa temette di avere un capogiro. La piccola Lyanna Mormont venne loro incontro. Era imbronciata e aveva un’aria decisamente infastidita.

“Non vogliono fare silenzio” disse accennando ai signori che stavano litigando. Sansa capì di dover prendere in mano la situazione.

“SILENZIO!”

Finalmente il gran chiasso cessò e Sansa poté riprendere fiato.

“Mia signora” la salutò Cley Cerwyn, “la situazione è degenerata.”

“Avreste dovuto aspettarmi” replicò Sansa con voce glaciale.

“Con tutto il rispetto, mia signora” intervenne Wyman Manderly avanzando, “la mia città è stata invasa, mio cugino è morto… Non credo si possa aspettare.” Wyman aveva gli occhi gonfi di pianto e sembrava più vecchio di una decina d’anni.

“Hai ragione, mio signore” assentì Sansa, “ma stare qui ad urlare e sbraitare non aiuterà certo Porto Bianco.” Ci furono mormorii d’assenso e Sansa ne fu incoraggiata.

“Dobbiamo far luce sulla situazione” proseguì sedendosi sul trono di legno che suo fratello le aveva lasciato, “e poi prenderemo una decisione. Insieme.”

Tutti i presenti borbottarono la loro approvazione e ripresero i loro posti. Sansa scorse Ditocorto nell’ombra in fondo alla sala e si chiese cosa stesse architettando. Decise di non curarsene.

“Allora” disse ad alta voce mentre Spettro si accucciava ai suoi piedi, “iniziamo dal principio: perché gli Uomini di Ferro hanno attaccato Porto Bianco e chi li guida?”

“Mi pare evidente” esclamò Wyman, “Porto Bianco è la città più importante e ricca del Nord e guarda caso si trova anche sul mare.”

“Ma è anche una delle più protette” osservò Sansa, “gli Uomini di Ferro avrebbero ottenuto un bottino maggiore attaccando dei piccoli villaggi, come fanno sempre d’altronde.”

“E poi perché spingersi fino a là” chiese lord Glover accavallando le gambe, “ci sono così tante città sulla costa occidentale, perché venire nel Mare Stretto?”

“Ci sono arrivate voci” spiegò Cerwyn, “secondo cui non sarebbe da escludere un’alleanza fra Cersei Lannister e il nuovo Re delle Isole di Ferro.” Ci furono esclamazioni di sorpresa ed imprecazioni represse solo a metà.

“Se anche fosse vero” disse Alys che era in piedi alla destra di Sansa, “chi sarebbe il nuovo Re delle Isole di Ferro?”

Sansa pensò immediatamente a Theon. No non può essere lui, si disse subito dopo, non avrebbe mai attaccato Porto Bianco. Ma allora dov’era in quel momento? Era tornato a casa? Era ancora vivo? Non aveva neppure raccontato a Jon cosa Theon aveva fatto per lei. Sansa rabbrividì e si strinse nelle spalle.

“Ma perché attaccarci?” stava chiedendo a nessuno in particolare lord Glover “Perché sfidare il Nord?”

“Magari questo Re delle Isole di Ferro stava solo eseguendo gli ordini di Cersei” suggerì Tormund accarezzandosi la barba.

“O forse perché sapeva che non avremmo potuto reagire” fece notare Lyanna Mormont, “perché in fin dei conti è così: non possiamo.” Sansa dovette darle ragione.

“Ma come facevano ad esserne sicuri?” chiese Cley Cerwyn “Qualcuno ha forse tradito?”

“Non ce n’era bisogno” intervenne Ditocorto finora rimasto in silenzio. Baelish fece qualche passo avanti ed uscì dall’ombra. Sansa dovette opporsi all’impulso di alzarsi e scaraventarlo di nuovo indietro.

“Vi chiedete chi sia il Re delle Isole di Ferro” continuò Petyr avanzando, “ebbene io ho la risposta: è Euron Greyjoy il fratello pazzo di Balon.” Sansa non l’aveva mai sentito nominare, ma altri nella sala decisamente sì a giudicare dalle loro smorfie disgustate.

“Gli Uomini di Ferro hanno attaccato Porto Bianco contro gli ordini di Cersei” stava spiegando Baelish, “e l’hanno fatto perché sapevano che il Nord non avrebbe potuto inviare rinforzi. Il nostro re li ha mandati tutti alla Barriera a proteggerla da non si sa neanche bene cosa.”

Ci fu un rumore secco: Tormund era balzato in piedi. “Gli Estranei esistono” disse il bruto fissando con odio Ditocorto, “io li ho visti. Jon ha fatto la cosa più saggia a decidere di fortificare la Barriera.”

Baelish non smise di sorridere. “Già” disse in tono enigmatico, “o forse pensava che inviando qualche migliaio di uomini al suo posto avrebbe rimediato al suo giuramento infranto.”

“Lord Baelish ritira immediatamente le tue parole” lo avvertì Glover con già la mano sull’elsa della spada, “non ti permettere di mancare di rispetto al nostro re.”

“Mancare di rispetto?” esclamò Baelish con finta sorpresa “Io sto solo dicendo la verità. Credete davvero che Jon Snow sia tornato dalla morte sciogliendo così il suo voto? Andiamo, è ridicolo. Non metto in dubbio il suo coraggio nell’affrontare Ramsay Bolton, nonostante anche in quel caso stesse portando il suo esercito al macello, ma dovete ammettere che la storia degli Estranei suoni abbastanza strana.” Spettro ringhiò e Tormund era sul punto di gettarsi in una rissa.

“Basta così” ordinò Sansa sforzandosi di apparire impassibile, “hai gettato abbastanza disonore sulla mia famiglia, lord Baelish: per la tua sicurezza ti invito a tacere.”

“E’ questo il prezzo per la verità?” chiese subdolo Ditocorto voltandosi verso i presenti “Per aver detto ciò che ognuno di voi pensa ma non ha il coraggio di dire?”

“Baelish” sibilò Sansa alzandosi, “un’altra parola e…”

“Jon Snow vi ha mentito” proseguì ugualmente Ditocorto e Sansa notò con angoscia che il pubblico pendeva dalle sue labbra. “Ha mandato i vostri uomini a congelare sulla Barriera per mettersi a posto la coscienza mentre le vostre famiglie vengono massacrate a Porto Bianco e voi non potete fare nulla. Vi pare l’operato di un buon re?”

Non ci fu il tempo per le risposte perché Tormund balzò dal tavolo e si scagliò su Baelish, atterrandolo. Alys urlò e fu di nuovo confusione. “Prova a ripeterlo” gridò Tormund mentre stringeva le mani intorno alla gola della sua vittima, “prova a ripeterlo ora, figlio di puttana.”

“Tormund, smettila!” gridò Sansa, ma furono necessari tre uomini robusti per separare i due combattenti. Tormund era rosso di rabbia e Baelish perdeva sangue dal naso. Tuttavia riacquistò subito il contegno perduto.

“Vedete” disse senza fiato, “i bruti sono pericolosi. Non avremmo dovuto accoglierli nelle nostre terre. Ma il problema ora è risolto perché Jon Snow è morto.”

Un silenzio glaciale seguì quest’affermazione e Sansa potè sentire il rumore di ogni singolo respiro che accelerava.

“C-come fai a saperlo?” chiese incapace di dire altro.

Ditocorto le sorrise ed estrasse una lettera. “Stamattina è giunta questa da Porto Bianco” spiegò, “indirizzata a te, mia signora. Mi sono permesso di leggerla data la situazione, ma volevo consegnarla direttamente nelle tue mani.”

Sansa la prese con mano tremante e lesse ad alta voce, con la lingua che si impigliava di tanto e in tanto nelle parole.

A lady Sansa di Grande Inverno

I miei uomini hanno conquistato Porto Bianco ed abbiamo infilzato la testa di Marlon Manderly su una picca: devo dire che fa un’ottima figura sulle mura, le rende meno serie. Io odio la serietà, ma suppongo a te questo non interessi. Ho fatto centinaia di prigionieri e se il Nord vuole che rimangano vivi dovrà frenare i piani di vendetta nei miei confronti, anche perché dopo una lettera così educata sarebbe un peccato rovinare una promettente amicizia, non trovi anche tu? Finché nessuno ci disturberà i cittadini di Porto Bianco saranno salvi e non programmeremo altre piccole escursioni. Mi sembra un accordo equo.

Euron Greyjoy, Re delle Isole di Ferro e lord di Pyke.

PS: Ah ho anche affondato la nave di tuo fratello. Credo l’accordo con Daenerys Targaryen sia saltato. Mi dispiace, nessun rancore vero?

Quando terminò la lettura Sansa rimase a fissare la lettera. Si sentiva svuotata e persa. La lettera portava il sigillo della piovra e non poteva essere un falso. Nella sala regnava il silenzio e tutti avevano chinato il capo.

“Credo dovremmo organizzare una cerimonia funebre” disse Baelish sollevando le sopracciglia, “e prepararci ad una nuova incoronazone.”

Sansa era senza parole: possibile che tutti i piani di Ditocorto si fossero compiuti? Possibile che sarebbe stata costretta a portare la corona?

“Dobbiamo pensare al futuro” stava dicendo Baelish, “e Sansa Stark è…”

“Non così in fretta!”

Sansa si sporse per vedere meglio e vide Myun correre nella sua direzione. Sorrideva trionfante e teneva fra le mani quella che sembrava essere un’altra lettera.

“Chi sei tu?” chiese Ditocorto irritato “Come ti permetti ad interrompere una riunione così importante? Portatela via.”

“No” ordinò Sansa alzando una mano, “voglio sentire cosa ha da dire.”

Myun le sorrise e le consegnò la lettera. Vi era il sigillo del meta-lupo e Sansa sentì batterle forte il cuore.

“Che cos’è?” chiese in un sussurro.

“Una lettera di Jon Snow mia signora” rispose Myun e tutta la sala eruppe in un’esclamazione, “dice di essere arrivato alla Roccia del Drago.”

 

Jon

 

Aspettare lo rendeva nervoso. Varys si era appena allontanato, mentre Tyrion si limitava a fissare la porta della stanza in cui Jorah e Daenerys stavano conversando. Jon era rimasto stupito da quell’incontro. Il Lord Comandante Mormont gli aveva parlato così poco di suo figlio e Jon se l’era sempre immaginato in modo diverso.

Da piccolo Ned gli aveva raccontato la storia di ser Jorah, condannato a morte e fuggito in esilio, per insegnargli il valore dell’onore. Jon aveva sempre considerato suo padre come la persona più giusta sulla terra ed un uomo così codardo da sfuggire ad una condanna di Ned Stark doveva necessariamente essere brutto e subdolo.

In quella stanza tuttavia Jon era entrato in contatto con un uomo profondamente pentito, che si trascinava dietro il peso del dolore e della sofferenza. Aveva anche rinunciato a Lungo Artiglio e Jon l’aveva preso come un tentativo di riconciliazione con il Nord intero. Una domanda da quel momento si era impossessata della sua mente e non accennava ad abbandonarla: se gli avessero mozzato la testa più di vent’anni prima avrebbero sbagliato? Forse la condanna a morte non è sempre la soluzione migliore, si disse Jon mentre attendeva paziente, forse andrebbe rivalutata qualora il condannato appaia veramente pentito.

Magari avrebbe anche potuto emanare una nuova legge nel Nord che avrebbe ristretto i casi in cui si poteva applicare la pena di morte, ma Jon era consapevole che si sarebbe scontrato contro una ferrea opposizione. Ma tanto valeva tentare.

Alla fine sono il re.

In quel momento sopraggiunse un soldato trafelato. Jon lo riconobbe subito: era Verme Grigio, l’Immacolato che Gendry aveva tramortito per aiutare Davos a fuggire. Solo che il suo volto, sempre duro ed impassibile, era stravolto da un’emozione violenta.

“Cos’è successo?” si affrettò a chiedere Tyrion. Il nano sembrava voler aiutare Verme Grigio a rimanere in piedi, ma data la sua altezza non stava ottenendo grandi risultati. Allora Jon fece un passo avanti e sorresse l’Immacolato mentre riprendeva fiato.

“Sto bene” borbottò Verme Grigio affannato liberandosi piuttosto rudemente del supporto, “ma devo avvertire la regina…”

“Daenerys al momento è occupata a parlare con il naufrago” spiegò Tyrion, “puoi dire a me però.”

Verme Grigio dovette valutare l’offerta, perché esitò un paio di secondi. Alla fine però si convinse a parlare. “Theon Greyjoy è tornato” disse serio, “da solo, su una barca che non era delle nostre. Ha urgenza di vedere la regina e…”

Jon impiegò qualche secondo a connettere quello che aveva appena udito con quello già che sapeva.“Aspetta un attimo” disse tentando di tenere a freno l’ira, “stai dicendo che Daenerys si è alleata con Theon Greyjoy?”

“Tecnicamente con sua sorella Yara” rispose Tyrion con noncuranza, “Theon è solamente un…” Poi dovette realizzare qualcosa, perché il suo volto già sfigurato si tramutò in una maschera d’orrore.

“Jon” disse il Folletto in tono grave ora, “so che cosa stai pensando, ma non farlo…”

“Ha tradito Robb” ribatté Jon non più capace di trattenersi, “ha distrutto Grande Inverno, ha costretto alla fuga Bran e Rickon.” Jon strinse le mani a pugno fino a sentire le unghie conficcarsi nei palmi. “Lo ucciderò” concluse, “e poi ringrazierò la regina per avermi dato questa opportunità.” Si mise a correre verso dove ricordava esserci l’uscita, accecato dalla rabbia.

“Jon, fermati” gli urlava dietro Tyrion non riuscendo a stargli al passo, “è una follia!”

Jon non lo ascoltò, ma ad un certo punto si sentì afferrare e fu costretto a girarsi. Verme Grigio gli puntava la spada alla gola, nonostante la sua presa tremasse un poco. “Non puoi ucciderlo” disse senza cambiare espressione, “è sotto la protezione della regina.”

Jon estrasse Lungo Artiglio: non avrebbe permesso a nessuno di fermarlo. “E allora vaglielo a dire alla tua regina” replicò menando il primo fendente.

Verme Grigio fu colto di sorpresa, ma si difese bene, indietreggiando di un passo solo. Si trovavano in un corridoio stretto e leggermente in pendenza, non proprio il luogo ideale per un duello, ma a Jon non interessava. Continuò a colpire furiosamente, lasciando che l’istinto prendesse il controllo. Verme Grigio era forte, ma non precisamente veloce e Jon decise di sfruttare quel suo punto debole.

Le spade cozzavano con suoni stridenti e più di una volta un affondo di Verme Grigio rischiò di strappare Lungo Artiglio dalla presa di Jon. Tyrion era appena arrivato e urlava loro di sospendere il combattimento, ma i suoi appelli rimasero inascoltati. Verme Grigio riuscì ad eludere la difesa di Jon, ma esitò un attimo di troppo e Jon ebbe il tempo di reagire. Spinse la spada in alto con tutta la sua forza e la lama schizzò via dalle mani dell’avversario, finendo sotto l’unico mobile di quell’angusto corridoio.

“Avresti dovuto colpirmi” osservò Jon tranquillo, per poi voltarsi e riprendere a correre. Nessuno per fortuna lo seguì.

Alla fine si ritrovò senza sapere come nelle cucine al pian terreno. Essendo il pranzo già stato consumato da tempo, probabilmente i cuochi erano in giro per il castello, fatto sta che le stanze erano deserte. Una porta era socchiusa e da essa proveniva un alito di vento. Jon la spinse ed ebbe dinnanzi la scogliera. Sulla destra c’era il porto, dove una decina di barche era ancorata. Una piccola figura era in piedi davanti al molo e guardava nella sua direzione. Jon sentì la rabbia sopraffarlo ancora ed affrettò il passo. Quando si trovò a pochi passi dalla figura si fermò, la punta della spada che sfiorava la ghiaia del sentiero.

Theon era cambiato più di quanto avesse immaginato. I suoi capelli erano più corti, le spalle più curve. Il suo sguardo si era fatto sfuggente ed irrequieto e sembrava non avere la forza per alzare gli occhi da terra. Jon rimase in silenzio, mentre il vento gli scompigliava i capelli. Poi, lentamente, Theon sollevò la testa tremante, fissandolo con sguardo supplice.

“Jon…”

“Non parlare” lo ammonì duro Jon, poi ci ripensò. “Anzi sì, parla pure, tutti hanno diritto a dire le loro ultime parole.” Ed alzò la spada.

Theon seguì la lama con gli occhi, ma non appariva spaventato, semmai rassegnato. “E così sia” disse con un sospiro, “non ti biasimo per voler prendere la mia vita. Ho fatto cose orribili.”

“Per fortuna te ne rendi conto” disse Jon spietato, “ma questo non cambia i fatti.”

“Hai ragione” ammise Theon, “non cercherò di convincerti del contrario. Voglio solo che tu sappia che non c’è giorno in cui io non mi svegli maledicendomi per quello che ho fatto, in cui non rimpianga la famiglia che avevo o in cui” Theon fece una pausa “non senta la mancanza di Robb.”

Jon sollevò Lungo Artiglio più in alto. “Non osare pronunciare il suo nome” sibilò, “lui si fidava di te! Tutti loro si fidavano di te e tu li hai traditi. Rickon è morto e Bran è scomparso. Dov’eri quando hanno piantato un coltello nel cuore di nostro fratello?” Era finito ad urlare e si accorse di aver gettato su Theon anche i propri rimpianti.

Dov’ero io?

Theon non parlava. Poi mormorò qualcosa che Jon non capì. “Parla più forte” gli ordinò seccamente.

“MI DISPIACE!” urlò Theon e Jon quasi fece un passo indietro per la sorpresa “Ho detto che mi dispiace e che ho meritato tutto quello che ho patito. Se vorrai uccidermi non opporrò resistenza, ma prima ti prego, devo consegnare un messaggio alla regina…”

“Così che ti possa salvare dalla tua pena?” chiese Jon sarcastico “Mi reputi così ingenuo? Credi di potermi raggirare come un tempo?”

“No” rispose Theon in tono più tranquillo, “mi sono pentito anche di averti trattato così male un tempo. Lo sai perché lo facevo?”

Jon si trattenne a stento dall’alzare gli occhi al cielo. “Non mi interessa” disse, “perché eri un egocentrico?”

“Per invidia” rispose Theon e Jon rimase spiazzato.

“Invidia?” ripeté confuso “E di chi eri invidioso?”

Theon prese un respiro profondo: sembrava stesse finalmente buttando fuori una serie di insicurezze che si portava dietro da sempre.

“Di te.”

Ora Jon era davvero incredulo. “Di me?!” esclamò “E si può sapere perché?” Jon aveva sempre considerato la propria posizione come una delle meno invidiabili esistenti, nonostante tutto l’affetto che gli aveva dimostrato suo padre nel crescerlo a Grande Inverno.

“Dicevo di amare la mia famiglia” raccontò Theon, “e di essere un Greyjoy come mio padre. Dicevo di non vedere l’ora di tornare alle mie isole e ridevo se mi chiedevano se fossi affezionato a voi Stark. Ma ogni volta mentivo. Ho sempre voluto essere uno di voi, far parte della vostra famiglia, ricevere l’affetto di Ned. Sognavo un giorno di sposare Sansa.”

Theon sospirò. “Tu eri solo un bastardo” continuò, “eppure eri così amato da quella gente, così tenuto in considerazione… Beh, eccetto che da lady Catelyn, ma credo sia comprensibile. E io invece, figlio legittimo ed erede delle Isole di Ferro, non ero nessuno. Non voglio che tu la consideri come un’attenuante, ma è questo il motivo che mi ha spinto a prendere Grande Inverno. Volevo rendere orgoglioso mio padre, dimostrare una volta per tutte chi ero e qual era il mio posto nel mondo, ma ho sbagliato.” Theon tacque, ma Jon non sapeva cosa dire. La storia che gli aveva raccontato sembrava fin troppo simile alla sua.

Non sono forse andato anch’io alla Barriera per diventare qualcuno? pensò Jon mordendosi il labbro Non ho fatto tutto quello che ho fatto per trovare il mio posto, per sentirmi parte di qualcosa? La risposta era semplice.

Vedendo che Jon esitava, Theon dovette riacquisire coraggio. “Jon” lo chiamò, “non devi sentirti in colpa se desideri ancora uccidermi.”

Jon rimase ancora una volta senza parole: come faceva ad aver capito così bene? Forse, in fin dei conti, lui e Theon erano sempre stati più simili di quanto avrebbero mai voluto ammettere.

“Io non…” iniziò Jon sollevando la spada, ma in quel momento sopraggiunsero Tyrion e Daenerys, seguiti poco lontano da Verme Grigio.

“Fermati!” esclamò Daenerys e Jon non seppe mai se in quel momento avesse provato rabbia o sollievo. Si voltò verso la regina.

“Lui è un mio alleato” disse Daenerys, “e quali che siano le sue colpe non hai il potere di giustiziarlo.”

“E poi, Jon” si intromise Tyrion, “secondo me dovresti graziarlo anche per il solo fatto che ha salvato tua sorella…”

“Cosa?!” esclamò Jon aggrottando la fronte e girandosi nuovamente verso Theon “Hai salvato Sansa?”

“Siamo scappati insieme” rispose Theon, “quando Ramsay controllava Grande Inverno. L’ho affidata a Brienne dicendole di condurla alla Barriera perché sapevo che tu eri là.” Jon non volle pensare al fatto che a quel tempo molto probabilmente lui era ancora un cadavere pugnalato disteso su un tavolaccio del Castello Nero.

“Sansa non mi ha mai detto nulla” sussurrò Jon incredulo: possibile che sua sorella gli avesse taciuto un’informazione così importante? In effetti era rimasta sempre sul vago circa i particolari della sua fuga. Jon abbassò la spada.

“Questo cambia tutto” disse, “non cancella i tuoi crimini certo, ma il Nord non può più condannarti a morte. Ti ringrazio per aver salvato la vita di mia sorella.” Theon sorrise appena. Trascorsero attimi di silenzio imbarazzato, durante i quali Jon evitò accuratamente lo sguardo di Verme Grigio.

Poi Daenerys fece un passo avanti, come a voler riprendere il controllo della situazione. “Mi fa piacere che abbiate chiarito” disse allacciando le mani davanti allo stomaco, “ma forse ora è meglio rientrare…” Jon annuì e fecero per incamminarsi, ma Theon non si mosse. “Aspettate” disse iniziando a tremare, “non credo ci sia più tempo.”

Fissò Jon negli occhi. “Mi dispiace, Jon” mormorò mentre una lacrima gli scivolava sulla guancia, “non ho potuto fare niente…”

La voce di Theon fu rotta dai singhiozzi e Jon sentì la rabbia crescere ancora una volta. Rinfoderò Lungo Artiglio ed afferrò Theon per il bavero, quasi sollevandolo da terra. “Cosa?” chiese senza curarsi delle esclamazioni di Tyrion e Daenerys “Cosa hai fatto ancora?”

Theon boccheggiava continuando a piangere e Jon perse la pazienza. “PARLA!” urlò scuotendolo con forza.

“Hanno preso Porto Bianco” gemette Theon portandosi una mano alla gola. Jon ammutolì.

“Chi?” chiese alle sue spalle Tyrion.

“Gli Uomini di Ferro” rispose Theon, “li guidava Euron.” Jon lasciò andare la presa e chinò il capo.

“Eravamo appena arrivati” stava continuando Theon, “ci hanno attaccati con un esercito di mercenari ed hanno preso la città. Non abbiamo potuto fare nulla. Yara, Tyene, Ellaria e Benjameen sono stati fatti prigionieri, così come il resto del nostro esercito.” Theon tornò a guardare Jon.

“Marlon Manderly è morto” disse con amarezza. Jon ricordò l’uomo che li salutava sorridente dal molo mentre la Lupa Solitaria prendeva il largo e sentì un groppo in gola.

“Euron mi ha lasciato andare” mormorò Theon, “per dire alla regina che sta arrivando con il suo esercito a Roccia del Drago per sterminarci tutti.” Daenerys aveva gli occhi sbarrati e anche Tyrion sembrava esterrefatto.

“Ora cosa facciamo?” chiese Daenerys “Alla Roccia sono rimasti troppi pochi soldati.”

“Richiama la guarnigione Tyrell e i Dothraki” suggerì subito Tyrion, “ci servono qui.”

“Non arriverebbero mai in tempo” osservò Daenerys, “saranno già a Vecchia Città ormai o addirittura in viaggio per Alto Giardino.”

“Attacchiamo Approdo del Re allora” disse il nano, “coglieremmo tutti di sorpresa e, se è vero che Cersei ha inviato Jaime nell’Altopiano, il Trono di Spade sarà praticamente indifeso.”

“Euron ci ha già pensato ad una mossa del genere” si intromise Theon, “e ha detto che se alla Roccia del Drago non troverà nessuno ucciderà ogni soldato prigioniero, per poi passare agli abitanti di Porto Bianco.” Tyrion rimase senza parole e Jon strinse la mani a pugno.

“Ergeremo le nostre difese” disse Daenerys convinta, “fortificheremo l’isola e schiereremo al meglio le nostre truppe. I miei draghi saranno in prima fila.”

“I miei uomini sono pronti a combattere e morire per te, mia regina” disse solennemente Verme Grigio e Daenerys annuì nervosa. Calò nuovamente il silenzio.

“Non posso restare qui” disse Jon ad un tratto.

Daenerys si voltò di scatto verso di lui. “Cosa intendi?” chiese allarmata.

“Solo quello che ho detto” ripeté Jon, “non posso restare. Hanno dichiarato guerra al Nord, minacciano il mio popolo: devo tornare.”

“Noi abbiamo un’alleanza” gli ricordò Daenerys scaldandosi, “non puoi lasciarci così.”

“Non ho fatto alcun giuramento” osservò Jon.

“Per quello che vale un tuo giuramento” disse con odio Verme Grigio. Jon avrebbe voluto urlargli in faccia la verità, dirgli che era stato pugnalato dai suoi stessi confratelli, che era morto e che era stato riportato in vita, gridargli che non era mai venuto meno al suo dovere, ma rimase in silenzio.

“Hanno attaccato la mia gente” disse, “cosa vi aspettate che faccia?”

“Che mantieni il sangue freddo e la mente lucida” rispose Tyrion, “so che cosa provi, ma non potresti aiutare nessuno tornando. Euron ha attaccato Porto Bianco solo per mandare un segnale a Daenerys: il Nord non è davvero in pericolo.”

“E se non avessi capito così bene i suoi piani come credi?” insinuò Jon “Per aver inviato un terzo del vostro esercito a Porto Bianco dovete aver pensato che Euron volesse attaccare la città, ma vi siete sbagliati.”

“Non è stata una mia idea!” esclamò il Folletto guadagnandosi l’occhiataccia della regina “Voglio dire… Euron non ha bisogno di conquistare ora il Nord, potrà farlo con calma quando le nostre teste saranno consegnate a Cersei e lei deciderà di premiarlo. Nessuno è folle al punto da lanciarsi in una guerra contro il Nord durante l’inverno.”

Tyrion riprese fiato. “E poi, Jon” continuò, “se Euron davvero sta navigando verso di noi non riusciresti a raggiungere la terraferma senza essere intercettato dalle navi dei mercenari di Cersei o dalla Flotta di Ferro, nessuno di noi può.”

Jon si morse un labbro ragionando. Cosa farà Sansa? si chiese angosciato. Pensò di scriverle per suggerirle una strategia, ma dovette affrontare un’altra dolorosa constatazione: Sansa non aveva mai risposto a nessuna delle sue lettere. Forse voleva maggiore indipendenza e Jon dovette arrendersi ed ammettere a sé stesso di non poterla aiutare, non nella situazione in cui si trovava almeno.

Tyrion ha ragione, pensò sopraffatto dalla frustrazione. Siamo prigionieri su quest’isola.

             
                                                                                                               "E' una bella prigione, il mondo."




N.D.A.


Bentornati a tutti! Un capitolo un po' intenso questo, vero? ^_^'''
Purtroppo la missione a Porto Bianco si è conclusa con un disastro, ma tutti i personaggi principali sono (per ora) ancora vivi. Voglio specificare che, proprio come Tyrion ha ben capito, il piano di Euron non riguarda la conquista del Nord, bensì la distruzione della minaccia di Daenerys. Possiamo dire che la regina, inviando Yara e gli altri a Porto Bianco temendo per un attacco ha di fatto causato l'attacco stesso XD XD Infatti Euron voleva colpire lei e non la città in quanto tale. Se gli alleati di Dany fossero sbarcati altrove Euron avrebbe attaccato lì.
La mossa di Euron di inviare Theon può sembrare stupida perchè darebbe un vantaggio a Dany (e in effetti non è il massimo di intelligenza), però ha una sua logica. Euron sa già che alla Roccia del Drago rimangono pochissimi soldati e con questa minaccia getta paura e disperazione, senza comunque lasciare modo ai nemici di organizzare una difesa o chiamare alleati (il Nord anche volendo non potrebbe rispondere a un'eventuale chiamata, in quanto l'intera sua flotta è bruciata a Porto Bianco)... Inoltre la lettera è molto nello stile pomposo ed eccentrico di Euron, quindi bene XD

Per la parte di Sansa penso di dover chiarire alcune cose qua e là... Ditocorto sta ovviamente sfruttando la situazione (e a mio avviso lo sta facendo molto bene), ma non si è in realtà inventato nulla. La lettera di Euron è stata veramente inviata dal Re delle Isole di Ferro e Baelish l'ha sfruttata solo perchè Euron diceva di aver ucciso Jon (anche se in realtà anche Euron sa che non è vero: stava giocando con Sansa)... La lettera che invece Arya tira fuori dopo e che vedremo più avanti dove esattamente fosse è ovviamente più vecchia ed è stata inviata da Jon esattamente al momento dell'arrivo a Roccia del Drago (contraddicendo di fatto quanto detto nella lettera di Euron, che invece è recente e risale a dopo l'attacco di Porto Bianco) che per qualche motivo però non è mai arrivata in mano di Sansa. Quindi Baelish sapeva che Jon era ancora vivo, ma nella sua menzogna è stato supportato involontariamente da Euron che diceva di averlo ucciso nella sua lettera. E' un po' complicato, è vero ^_^'''' però tutto verrà spiegherà meglio nei prossimi capitoli.

Anche per il breve duello Jon/Verme Grigio voglio spiegare: Jon sembra più forte dell'Immacolato, ma in realtà non è esattamente così. Verme Grigio si sta ancora riprendendo dopo l'incidente con Gendry, quindi non è al massimo delle sue capacità, inoltre ha combattuto senza l'intenzione di uccidere, mentre Jon in quel momento aveva abbastanza perso la testa (solo perchè Sansa non gli aveva mai detto nulla, altrimenti avrebbe avuto una reazione con Theon simile a quella della serie). Inoltre ho sempre visto Verme Grigio come un campione con la lancia e pugnale, ma con la spada non ricordo se l'abbiamo mai visto combattere.

Quindi ora la situazione si è complicata moltissimo per Daenerys, dato che sull'isola le rimangono solo gli Immacolati e un basso numero di dorniani e Dothraki. Messa così è ovviamente in svantaggio contro Euron, ma vedremo... Non aspettatevi ovviamente la battaglia nel prossimo capitolo XD XD Intanto c'è anche la questione ad Alto Giardino da risolvere...
Ancora una volta alcune scene sono troppo simili a quelle della settima stagione, tipo Jon che prende Theon per il bavero o l'ultimissima frase... Però come sempre sappiate che sono solo incredibili coincidenze :-)

Come al solito ringrazio i miei fedelissimi recensori, in ordine: giona, __Starlight__, Spettro94 e NightLion. Un abbraccione a tutti e non riesco a credere di essere arrivata al capitolo 10 e di aver già quasi superato le 70 recensioni!! E' fantastico!
Vi saluto e alla prossima!


PS: citazione stavolta dall'Amleto di Shakespeare e si può associare a davvero molti personaggi... A voi la scelta!













   
 
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