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Autore: AngelCruelty    07/07/2018    1 recensioni
Una donna maledetta.
Il volto dell'amore passato, presente o futuro che si manifesta a chi la guarda.
Centinaia di uomini disposti a dare la vita per lei, o forse ... non per lei.
Audio libro gratuito disponibile ora sul mio canale Youtube!
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Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il volto




 
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IL VOLTO
Episodio 1: La maschera

 
La sveglia del cellulare ticchettò, segnando il mio momento preferito della giornata. Pigiai il tasto 'ok' sullo schermo e staccai il telefono della mia scrivania, ufficializzando così l'inizio della mia pausa dal lavoro, come ogni primo pomeriggio. Mi incamminai lungo il corridoio immacolato dell'ufficio legale dove passavo la maggiorparte del mio tempo. Andavo a passo spedito con un sorriso raggiante in volto; stradafacendo incontrai numerosi volti famigliari, ma non li guardai davvero. Loro mi salutarono e io ricambiai con un accenno, donne di mezza età che facevano buon viso a cattivo gioco, ragazze che seguivano consigli di moda sul mio blog, uomini di tutte le età che aspettavano solo che fossi alle loro spalle, per voltarsi e osservare il mio lato B. Conoscevo quei comportamenti e ormai vi ero più che abituata, anzi, mi rendevano orgogliosa di me stessa: ero una donna in carriera, una ragazza desiderata, e una persona acculturata. Cosa mai potevo desiderare di più? In realtà, sin dal primo giorno in quell'ufficio, ho bramato qualcosa, o meglio, qualcuno. Tra tutti coloro che mi hanno fatto la corte, solo un uomo è riuscito ad attirare la mia attenzione, quello che stavo per incontrare in una stanza d'albergo. Era un'abitudine pranzare con lui in privato, chiacchierare, sorseggiare un po' di champagne … Due ore dopo sarei tornata a lavoro, pronta a digitare sul pc contenta come non mai: il mio desiderio si era avverato. Arrivai alla solita camera e entrai utilizzando la mia copia della chiave digitale. Il mio sorriso sgargiante si trasformò in un malizioso ghigno alla vista dell'uomo che amavo: “Buongiorno, mio Scrouge.”Dissi, ammirandolo.
Era sdraiato sul letto con lo smoking ancora addosso: nonostante si fosse accomodato al meglio, l'abito non presentava la minima piega. Come sempre, tutto calcolato. Portava gli occhiali leggermente scesi sul naso, così da leggere comodamente i documenti che stringeva tra le mani. Lavoro. Lavoro. Lavoro. Stacanovista.
“Mio cigno!” Mi salutò accennando un sorriso. I suoi denti bianchi quasi rilucevano per via della luce calda dei lampadari a muro dell'hotel. Uno dei motivi per cui mi era sempre piaciuto quell'uomo era che sembrava uscito da una pubblicità, ma non si poteva determinare di quale tipo. La dentatura perfetta suggeriva quella di un dentifricio, ma la postura , l'aria colta e la maniera in cui sorseggiava dalle tazzine ti facevano scommetere su quella di una marca di caffè, o ancora, con la sua eleganza si poteva pensare ad uno spot di profumi. Amavo quando mi chiamava 'cigno', amavo ogni singolo momento passato insieme. Mi sedetti sul bordo del letto, vicino ai suoi piedi, e posi le mie dita smaltate sul plico di fogli che ci separava, spingendolo ad abbassarlo. Per la prima volta mi rivolse lo sguardo, e io ricambiai con intensità.
“Basta con questi grattacapi, rilassati adesso.” Affermai con tono melenso.
Lui si tolse gli occhiali e si massaggiò le tempie: “Mi ci vorrebbe, si.”
“Come mai?” Domandai preoccupata. Bernard non si mostrava mai stressato, anche se io percepivo che lo era.
“Ah, questa cosa del ballo. In ufficio hanno organizzato questo galà in maschera per i pezzi grossi, tutti dobbiamo andare con i nostri partner, è per beneficienza. Ma sai bene quanto mia moglie odi gli eventi mondani e tutto ciò che riguardi il mio lavoro, e mi sta rendendo la vita un inferno. Sappiamo bene che non posso andare da solo senza dare un'immagine sospetta, e dopo quella gaffe nell'ascensore non posso permettermi scivolate, Beth.” rispose lui.
Arrossii appena al ricordo dell'ascensore. Ci eravamo lasciati andare giusto per qualche attimo, ma era bastato per far notare ad un collega di Bernard che avevo una bretella del reggiseno scesa. Avevo tentato di spiegargli che non era poi una gran cosa, che quando le bretelle troppo lente possono scendere anche da sé. Inoltre, anche ammesso che l'avvocato avesse avuto dei pensieri troppo maliziosi su di me, non c'era motivo di pensare che quei pensieri riguardassero anche Bernard. Lui però era un perfezionista, e ultimamente era anche paranoico. Tutto perché non voleva intaccare la propria immagine di uomo modello facendo trapelare la notizia della nostra storia clandestina. Tutto per lei. Certo, lei era la moglie, ma come aveva detto lui quella donna non sopportava la vita mondana né il lavoro di Bernard, ma lui era il suo lavoro. Odiare quella vita equivaleva ad odiare la sua immagine, i suoi comportamenti bizzarri che sfociavano quasi nell'ossessione, la sua attitudine a confutare qualsiasi opinione avversa alla propria. Io invece lo capivo, avevo a che fare con i problemi del mestiere ogni giorno, e stavo lavorando sodo per mettere da parte i soldi per tornare a studiare legge e essere esattamente come lui, bella, perfezionista, intelligente. Già, io ero proprio il pezzo d'incastro perfetto per il suo puzzle... Così mi venne un'idea: “Porta me!” Esclamai.
Lui mi guardò come se fossi impazzita. Si, andare al ballo con una ventunenne su cui qualcuno sparlava già troppo era forse una terribile idea. Eppure mi sembrava l'unica soluzione che rendeva tutti contenti: “Pensaci. Tua moglie può starsene comodamente a casa con la governante, tanto nessuno l'ha mai vista. Hai detto tu che si è sempre rifiutata di prendere parte a queste cene, non è vero? Nessuno sa che aspetto abbia, e certo, non puoi dire che io sono tua moglie, perchè conoscono il suo nome e sanno che io sono solo una segretaria, ma se il ballo è in maschera non devono vedere il mio viso. Tutto quadra! - man mano che parlavo mi entusiasmavo sempre più. Sarebbe stato divertente partecipare ad una festa in maschera, sfilare in silenzio nascondendo un segreto solo mio e suo, sgattaiolare in qualche anfratto del locale per ottenere l'intimità che tanto bramiamo durante la vita quotidiana...
“Credi davvero che una simile scemenza possa funzionare? E se poi incontrassero mia moglie prima o poi? Non avete certo lo stesso corpo! E tutti sanno che mia moglie ha quarantacinque anni come me, tu sei solo una ventenne, sarebbe palese. Per non parlare del fatto che ormai ne ho già parlato con Serena. Le ho detto che la sua presenza è vitale, per la beneficienza, sai? Non posso mica cambiare idea così repentinamente! Sei solo una bambina.” Così dicendo si alzò in piedi e si sistemò la cravatta.
Ero abituata a sentirlo ribattere su qualsiasi cosa, persino sulla migliore temperatura dell'acqua della doccia, per cui non mi ero sentita offesa, fino all'ultima frase. Quelle parole mi colpirono nel profondo. Lui stesso mi aveva scelto per la mia sensualità da donna! Non ero di certo una bambina. Così continuai a discutere: “Non fare l'avvocato con me! Tu mi hai cercata, tu mi hai voluta, ti piace l'avventura, i sotterfugi, il rischio. Ora ti sto solo chiedendo di correre il rischio con me!” Esclamai alzandomi a mia volta.
Ma lui aveva già raccolto le sue cose e si stava dirigendo verso la porta: “Il caso è chiuso, domani andrò al ballo con Serena.” disse duramente, con tono professionale, come se il nostro legame fosse un semplice incontro di lavoro.
“Domani? Mi avevi promesso che saresti stato con me domani! Ricordi? Sono sette mesi che stiamo insieme!” gli ricordai nervosa, non poteva averlo dimenticato!
“Non siamo dei quindicenni, sopravviveremo. Domani non avrò tempo nemmeno per il pranzo.” Aveva deciso. Era un avvocato che si atteggiava a giudice. Finito di parlare mi lasciò da sola, arrabbiata più che mai. Aveva evidentemente dimenticato che in quel rapporto ero io a comandare, come in ogni relazione che avevo mai intrapreso. Scossi la testa ricadendo sul letto, e poi ebbi un'altra idea, che mi piaceva anche più della precedente. Non voleva fingere che io fossi sua moglie? Bene così, ma niente mi vietava di andare lo stesso al ballo, e se avessi dovuto sopportare di vederlo giocare alla coppia felice con Serena, lui mi avrebbe vista fare lo stesso con un altro uomo. Non mi restava che procurarmi un outfit adatto.
Non ci misi molto a trovare un vestito. La mia boutique preferita aveva l'occorrente per ogni occasione, ma ciò che reputavo più difficile era trovare la giusta maschera. Quale poteva essere abbastanza sexy, provocante ma allo stesso tempo elegante? Non ero esperta nel campo, ma conoscevo qualcuno che poteva aiutarmi. Quando entrai nel teatro, facendo ticchettare le scarpe sul parquet per recarmi dietro le quinte, alcuni attori che stavano facendo delle prove mi lanciarono delle occhiatacce minacciose. Mi diressi ugualmente verso la sala costumi e chiamai a gran voce, forse più per dispetto che per necessità: “Simòn!”
Il mio amico di liceo comparve dietro un’attaccapanni con indosso un cappello bizzarro: “Oh, Bethany! Chi si rivede! È una vita che non torni a vedere uno spettacolo, ho creato certi modelli che ti farebbero strabuzzare gli occhi ultimamente!” mi aggiornò, abbracciandomi e baciandomi le guance.
Ma io ero impaziente, non vedevo l'ora di essere pronta per 'entrare in scena':“Posso solo immaginare! Ma adesso non ho tempo, mi dispiace. Sono qui per chiederti un piccolo favore, ho bisogno di una maschera che si abbini a questo vestito.”
Così dicendo gli mostrai il selfie scattato davanti allo specchio del camerino, mentre provavo l'abito che avevo acquistato.
“Spettacolare, Beth. Credo di avere ciò che fa al caso tuo!” disse lui eccitato. Mi condusse in uno stanzino minuscolo e impolverato e tirò fuori da una scatola una maschera bianca, semplice, che copriva metà viso. La particolarità stava nei brillantini che la cospargevano e nelle piume tutte intorno. Storsi il naso. Certo, il vestito aveva sfumature bianche e celesti che si intrecciavano lungo tutto il corpo, ma non mi sembrava adatta.
“Opzione B?” domandai.
Lui ci pensò un attimo: “Okay, che ne dici di questa?” il ragazzo tirò fuori una maschera che copriva l'intero viso, di pizzo, carina ma non speciale. Prima che potessi commentare però, qualcuno chiamò il nome di Simòn.
“Arrivo!” rispose lui, consegnandomi la maschera: “Sono giorni pieni di impegni questi! Scegli tu quella che vuoi, basta che tieni fuori il naso dalla scatola blu. Quei pezzi mi servono.” Parlò, mi diede nuovamente un bacio, e poi corse via.
Io rimasi a curiosare, rovistando nelle scatole che mi aveva indicato. La polvere però iniziava a darmi fastidio, per cui feci uno starnuto. Fu così forte e improvviso che inciampai su qualcosa e riuscii a tenermi in piedi solo aggrappandomi alla porta. Ansimai appena mi ricomposi, spazzolando via con le mani la polvere che avevo raccolto sul tailleur. E poi la notai: la maschera perfetta. La curva superiore degli occhi era creata dal collo di due cigni che univano i loro becchi. Le piume delle loro ali erano rese da vere piume bianche, immacolate. Due ali sporgevano al di fuori della forma del viso, le altre due andavano a creare la forma inferiore degli occhi. La maschera arrivava fino al mento, e sotto i cigni il disegno di una cascata, quasi come fossero lacrime che scivolavano via dalle fessure degli occhi, a simboleggiare il fiume in cui vivevano quegli uccelli. Mi avvicinai per raccoglierla, ma mi accorsi che la cosa in cui ero inciampata era la scatola blu, e che la maschera era caduta proprio da quel contenitore. Simòn mi aveva chiesto di lasciar stare quelle cose … eppure, come potevo scegliere un'altra maschera quando dovevo provocare un uomo che si appellava a me chiamandomi proprio 'cigno'?
“Scusami Simòn.” dissi a bassa voce, afferrando la maschera e uscendo dal teatro. Infondo gliel'avrei riportata solo pochi giorni dopo.

 
 
  
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