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Autore: Lellaofgreengables    07/07/2018    1 recensioni
Marina e Domenico
Torino 1981.Marina è una giovane archeologa che vive la vita con estremo impegno, mentre Domenico fa del disimpegno la sua bandiera e dopo aver lavorato come animatore sulle navi crociere e nei villaggi vacanze , sogna il successo in una delle televisioni private emergenti dei primi anni '80.
Marina si divide tra il ricordo di un bambino che le aveva donato un cuore di metallo e che era stato uno dei suoi due migliori amici, e il dolore per una storia d'amore finita male con il suo ex professore.
L'amore può unire due poli apparentemente opposti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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L'amore era sofferenza in quell'autunno del 1981. Lo sapeva bene Ciccio, che osservava Clara da una finestra, mentre la ragazza in cortile baciava Michele, un compagno di scuola dalla acconciatura punk. Domenico invece, felice con la sua filosofia di vita del disimpegno, dormiva tranquillo al piano superiore del letto al castello. Il suo unico problema era visitare la sede di Tele Dora e convincere il proprietario a vederla a lui e a Vittorio, che erano diventati soci in questo progetto della televisione. Fortunato, invece, stava bussando frenetico alle porte di entrambi i bagni di casa Strano, che erano però occupati da Rosa e da Salvatore con le sue sigarette. Teresa, pregò il figlio ricercatore di non fare rumore, gli consigliò di svegliarsi prima la mattina per evitare di trovare il bagno occupato dagli abitudinari Rosa e Salvatore e poi gli chiese notizie di Ciccio. Dopo aver ascoltato la risposta di Fortunato, Teresa entrò nella stanza da letto dei ragazzi e scorse Ciccio, gettato sul letto, in uno stato di depressione che l'avrebbe accompagnato nei giorni a seguire. Quando la madre entrò nella stanza il ragazzo si stava crogiolando con il ricordo di lui e Clara da bambini, quando lei era ancora una ragazza dolce che credeva nell'amore eterno dei genitori e lui un bimbo balbuziente, che le donava un fiore. La madre lo disturbò proprio in quel momento di grande commiserazione: "Francesco, stai male?" gli domandò la donna. "Ho un peso sullo stomaco." rispose il giovane. "Che hai mangiato? Si tratta di una indigestione?" domandò la donna, toccando la fronte del figlio, in cerca delle tracce della febbre. "No, tranquilla." rispose lui. La madre gli permise di restare a casa e di restare a letto a pensare a Clara e al suo amico punk. Domenico si svegliò con la solita allegria, nonostante il litigio che aveva avuto il giorno prima con Marina e le preoccupazioni per Fortunato. Sentiva che quel giorno sarebbe stato fortunato e che avrebbe realizzato tutti i suoi sogni. Aveva infatti appuntamento con il proprietario di Tele Dora. Però notò la presenza di Ciccio nella stanza, gettato sul letto come uno straccio. "Che c'è? Hai marinato la scuola?" gli domandò. "No, sto male. Come ve lo devo dire? Sto male" urlò il ragazzo, senza togliersi dalle orecchie le cuffie del walkman. "Non ti arrabbiare. Secondo me sei ridotto così per una ragazza e non ne vale la pena. Scommetto che, seguendo le orme di tuo fratello Bernardo, tu ti sia gettato anima e corpo dietro a una delle Ferraris. Mossa sbagliata, mio caro. Io e Fortunato abbiamo trascorso settimane a litigare per Marina, quando eravamo in prima media e ora, non riesco a stare con lei nemmeno cinque minuti senza litigare. Bernardo invece è sempre triste... Divertiti, sei giovane e Clara non è l'unica donna sulla faccia della terra. Si tratta solo della prima sulla quale hai posato gli occhi." aggiunse Domenico, felice al pensiero del suo incontro lavorativo e per nulla intenzionato a farsi rovinare la giornata dalla gelosia e dal pensiero di Marina con il suo viscido professore. "Mi lasceresti soffrire in pace?" urlò Ciccio, lanciando un cuscino contro Domenico. Ognuno era libero di farsi del male come preferiva e i suoi fratelli, pensò Domenico, potevano ossessionarsi con le ragazze sbagliate quanto volevano, non poteva impedirglielo. Fortunato era sul tram insieme a Marina, che era particolarmente euforica, mentre si recava all'università. "Ci stanno portando dei reperti di uno scavo. Sono così ansiosa... Come vorrei che questo catorcio, disse la giovane indicando il tram, corresse più veloce. Non vedo l'ora di essere in facoltà e di mettermi all'opera con i resti insieme a Leopoldo." sospirò. "Sei rimasta la stessa. Sei sempre la ragazzina che si entusiasmava al pensiero delle stelle, dei pianeti e dei satelliti. Hai persino predetto quando l'uomo avrebbe messo piede sulla luna. Sei un genio. Sono sicuro che oggi, con quei reperti, avrai molta fortuna." affermò Fortunato con sicurezza. Domenico si specchio al finestrino di una 127 verde, che era parcheggiata davanti all'elegante palazzo, che ospitava la sede della tv locale che desiderava acquistare. In realtà Tele Dora trasmetteva da uno scantinato e il proprietario iniziò a intrattenere Domenico con un comizio sul consumismo, che per lui era il vero oppio dei popoli. "Credevo che le televisioni private sarebbero state come le radio e invece trasmettono solo commenti sul calcio e televendite. Il consumismo è il vero oppio dei poveri." disse il giovane proprietario, che a Domenico sembrò un vero e proprio idiota. "Non ci vedo nulla di male anche se credo che tu preferisca l'oppio vero e proprio." ribatté Strano, guardandosi intorno e considerando ciò che vedeva adeguato alle proprie aspettative e ai propri futuri progetti. "Comunque mi hanno fatto un'offerta quelli di Sabauda Tv." annunciò il bizzarro proprietario e Domenico ricordò con disgusto l'uomo che aveva tentato di molestarlo in cambio di un provino. "Quanto ti hanno offerto?" domandò Strano. Domenico chiese al bizzarro giovanotto di poter fare una telefonata al suo socio e chiamò Vittorio Costa, proprio quando l'uomo era sul punto di partire per New York alla ricerca di Anna. "Vittorio, l'offerta di Sabuadia Tv è ridicola. Con poco riusciamo ad acquistare Tele Dora. Si tratta di un vero affare." gli annunciò. "Domenico, parlane con tuo padre, valuta la situazione e fa' qualche calcolo. Ne riparleremo tra una settimana perché io sto partendo. Ciao." Costa troncò la conversazione e Strano dovette bluffare, cosa che gli risultava sempre semplice. "Il mio socio dice che firmeremo il contratto tra una settimana." Vittorio Costa si affrettò a caricare la valigia nella sua macchina ma fu raggiunto da Alberta. "Non mi dica che siamo così fortunati da perderla di vista nuovamente." il tono della Ferraris era felice. "Non si preoccupi, tra una settimana torno. Devo solo sistemare delle cose." rispose euforico Vittorio. "E mi lascia sola con le ragazze, proprio ora che mia figlia è assente? Sa che lei è proprio un bel tipo, Costa?" le fece notare Alberta. "Piuttosto stia attenta a Clara." "Si quel punk è un tipo pericoloso." concordò Alberta. "Ma cosa vuole che faccia? Che la leghi in cantina?" domandò poi la nonna. "E stia attenta anche a Marina." le ricordò Vittorio, aprendo la portiera della macchina. "No, con Marina non c'è problema. Non ha mai dato pensieri, lei... È sempre stata una..." La donna non proseguì perché Costa era già salito in macchina e non lo stava più ascoltando. Eppure avrebbe fatto meglio a concentrarsi anche su Marina, visto che sarebbe stata anche lei fonte di problemi e di numerose sorprese. In effetti quel giorno Marina aveva avuto fortuna con i reperti e aveva riscontrato nel vasellame che aveva analizzato, dei dettagli piuttosto interessanti. Lei e Leopoldo stavano passeggiando per i corridoi della facoltà. "Sei il mio portafortuna." le disse lui. "Un po' di fortuna l'ho avuta con quel vasellame." sorrise lei emozionata. "Fidati, ci faremo una pubblicazione e ti metterò come mia collaboratrice." annunciò Leopoldo. Marina lo guardò emozionata e infatuata, come al solito. "Sarà bello vedere i nostri nomi assieme." Leopoldo si avvicinò alla sua collaboratrice per baciarla ma le loro labbra non fecero in tempo a sfiorarsi. "Amore" disse una voce e una donna affascinante e mora si avvicinò al professor Bertolini, che si affrettò ad allontanarsi dalla sua assistente. Leopoldo e la nuova arrivata si baciarono e in quell'istante la giovane archeologa realizzò che Leopoldo le aveva sempre mentito e che non aveva mai lasciato sua moglie, come le aveva assicurato prima che la loro relazione iniziasse. Lei che aveva passato le sue giornate a difenderlo dalle accuse, che riteneva ingiuste, di Domenico, aveva invece sbagliato su tutta la linea. "Ho pensato di farti un'improvvisata ma forse non è stata una buona idea." disse la donna, squadrando la Costa con sdegno. "No, ma che dici. Ti presento Marina Costa Ferraris, una mia collaboratrice molto dotata." Leopoldo presentò così alla sua legittima consorte la sua amante. La moglie del professore osservò Marina con disprezzo e aggiunse: " Meno dotata delle altre." Marina sentì che le pareti le stavano crollando addosso e che il pavimento stava diventando morbido sotto ai suoi piedi ma tentò di non svenire. Lei aveva sempre creduto che Leopoldo fosse un intellettuale e una persona seria, che andava oltre l'aspetto fisico, che era sempre stato il grande cruccio di Marina, che considerandosi brutta aveva sempre puntato sulla propria intelligenza e cercato persone che, come Leopoldo, condividessero le sue stesse passioni. Invece aveva scoperto che lui non l'aveva mai amata e che non era stata la sua unica scappatella. Al danno di aver scoperto che non era affatto un uomo separato, si era aggiunta la beffa della presa in giro della moglie di Leopoldo sul suo aspetto fisico. Domenico aveva avuto ragione su tutta la linea: non era stata l'unica studentessa con cui il professor Bertolini era andato a scavare. Marina, in lacrime, salì di corsa le scale che la conducevano verso l'appartamento degli Strano e citofonò alla porta dei suoi amici. Però le caddero gli occhiali a terra e si ruppero. La ragazza si chinò a raccoglierli ma non si rialzò. Rimase inginocchiata a terra, tra le lacrime. Come accadeva spesso, anche questa volta, fu Domenico ad andare ad aprire la porta. Il ragazzo abbassò lo sguardo e vide la sua amica d'infanzia a terra. "Marina, che cosa ci fai qui?" esclamò preoccupato, notando le lacrime di lei. "Vieni, alzati." il giovane l'aiutò a sollevarsi. Non aveva mai visto la sua amica in quello stato. Di solito la giovane faceva riferimento alla sua razionalità. "Non volevo farmi vedere dalla nonna e da Clara in questo stato... e mi si sono anche rotti gli occhiali." aggiunse tra le lacrime. "Dai qui, fammi vedere." Il ragazzo prese gli occhiali della giovane e iniziò ad aggiustarli, proprio lì davanti alla porta dell'appartamento degli Strano. "È per questo che stai piangendo come una fontana?" le domandò Domenico, che però sapeva benissimo chi era la persona che aveva fatto piangere la ragazza e avrebbe tanto desiderato strozzare quel professor Bartolini, che mai gli era piaciuto. " È venuta a prenderlo la moglie. Mi aveva detto che si erano lasciati, che era finita... e invece lei era lì, bella sorridente." Domenico annuì e Marina proseguì il suo racconto: "Io credevo che mi amasse, che fosse un intellettuale..." piagnucolò Marina. "E invece non eri la prima studentessa con la quale andava a scavare." concluse per lei, Domenico, mentre aggiustava gli occhiali. "E sai cosa mi ha detto la moglie? Mi ha squadrato e poi ha aggiunto : "Questa tua studentessa è meno dotata delle altre" Marina aveva gli occhi pieni di lacrime e sperava di ottenere la comprensione di Domenico, visto che l'aspetto fisico era sempre stato il suo cruccio e il suo amico lo sapeva. Invece Strano iniziò a ridere, come se trovasse le offese della moglie di Leopoldo divertenti. "Ma che ridi?" domandò Marina sconvolta per la reazione del suo amico. "Dai, devi ammettere che non è male come battuta." le rispose Domenico con un enorme sorriso, stampato in faccia. E per fortuna che lei stava cercando consolazione. Lui era sempre il solito giullare. "Dammi gli occhiali." urlò Marina, mentre Domenico la fissava finalmente serio, dopo aver notato che la ragazza non solo non aveva apprezzato la battuta della moglie di Leopoldo, ma nemmeno le risate del proprio vicino di casa. L'archeologa afferrò con violenza gli occhiali e li indossò nuovamente. "Vigliacco, vigliacco" urlò, colpendo con forza il suo amico. Marina corse per le scale, verso il piano superiore e Domenico decise di inseguirla. L'afferrò per un braccio e le disse: "Ma dove vai? Casa tua è al piano di sotto." Ormai era davvero preoccupato. "Vado dove mi pare, basta che sia lontano da te." urlò la Costa, tentando di scendere nuovamente le scale. Ma questa volta Domenico, l'afferrò per le spalle e la spinse contro la parete. "Marina, ascoltami." urlò scuotendola, "Sarò anche un buffone ma ti voglio bene e t'ho sempre detto la verità su questa storia e su come la pensavo." Marina e Domenico stavano ansimando ed erano talmente vicini da permettere ai loro respiri di mischiarsi. In quel momento l'archeologa comprese che era vero: che Domenico era sempre stato sincero e che aveva tentato tantissime volte di metterla in guardia, ma che lei era stata troppo stupida per dargli ascolto.
   
 
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