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Autore: Attendre et esperer    08/07/2018    0 recensioni
Dal secondo capitolo: "Non poté trattenersi dal sorridere, immaginando la reazione di Fernand nel trovarla sulla soglia, la bambina tra le sue braccia – e non in quelle della tata – e Albèrt impegnato a reggere l’orlo del suo abito; tutti e tre felici e perfettamente in salute."
L'estate aveva ormai oltrepassato anche le porte di Parigi, ed all'interno di quella residenza in rue du Helder, la famiglia de Morcerf attendeva con trepidanza l'evento più speciale. Alternative Universe basata sulla possibilità in cui dal conte e dalla contessa non vi fu un solo figlio.
{ATTENZIONE: L'autrice mi ha dato il suo consenso nel tradurre i suoi lavori dall'inglese all'italiano, perciò ogni merito va solo ed esclusivamente a lei. Tra le note a fine capitolo sarà possibile trovare ogni link per accedere alle storie originali}
[Il titolo potrebbe variare]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Fernand Mondego/Fernand de Morcerf, Nuovo personaggio
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever yours [pour toujours // por siempre tuo]'
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Era ormai notte fonda, ma ancora non riusciva a chiudere occhio.
Era per via della calura incessante o dell’estrema umidità dell’aria? O forse per il continuo flusso di pensieri che riguardavano principalmente la figlia appena nata, che certamente avrebbe dovuto nutrire tra un paio d’ore, o il fatto che presto – molto prima di quanto lei pensasse, lo sentiva – sarebbe tornato suo marito, e finalmente avrebbe avuto qualcuno con cui condividere le angosce quotidiane e le notti insonni. Finalmente non sarebbe più stata sola.
Non poté trattenersi dal sorridere, immaginando la reazione di Fernand nel trovarla sulla soglia, la bambina (per la quale non aveva ancora deciso un nome, ma per quello c’era tempo no?) tra le sue braccia – e non in quelle della tata – e Albèrt impegnato a reggere l’orlo del suo abito; tutti e tre felici e perfettamente in salute.

Sorrise ancora una volta a quei pensieri, portandosi le dita al labbro per trattenere le risa che sorgevano spontanee, presto la bambina si sarebbe svegliata e avrebbe cominciato a vagire, esigendo il proprio pasto.

Mercédès volse lo sguardo verso la figura piccina che giaceva nella culla in legno chiaro e, per un istante, la paura le strappò il respiro dai polmoni e si abbassò per ascoltare attentamente, tentando di ignorare il martellare furioso del suo stesso cuore – ma niente risultava allarmante, poiché la piccola respirava normalmente e solo allora si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

Carezzò con fare delicato la minuscola mano di sua figlia, facendola sentire serena e tranquilla.
Abbandonò la camera in punta di piedi, facendo attenzione a non calpestare le assi più rumorose, e dirigendosi verso la stanza di suo figlio, ove il bambino sembrava essere addormentato. O almeno, così sarebbe dovuto essere. Forse fu l’istinto materno a suonare come un campanello d’allarme nella sua testa; aveva sentito parlare di madri che sembravano come connesse ai propri figli attraverso una misteriosa alchimia, come potevano essere connesse due anime gemelle.

“Albèrt?” sussurrò, sbirciando da dietro la soglia per poi intrufolarsi nella stanza appena illuminata dal fioco bagliore della Luna. “Albèrt, caro, posso entrare?”

“Sì, Mère” rispose la voce del bambino, tremolante ma ugualmente chiara.

A quel permesso entrò senza remore, portandosi fino al bordo del letto, sul quale si posò con grazia e attenzione. Suo figlio la stava osservando, gli occhi spalancati e splendenti alla luce notturna; all'improvviso scostò con fretta le coperte e si avvicinò a lei, gettandole le braccia al collo e stringendosi forte alla donna.

Lei gli avvolse la schiena con le braccia, cullandolo avanti e indietro, nel tentativo di calmarlo, ma aveva davvero bisogno di essere calmato? O semplicemente desiderava la compagnia della madre ed il suo  contatto materno?

“Cosa ti affligge, bambino mio?” chiese Mercédès, baciandogli la fronte e continuando ad accarezzare la sua piccola schiena. “Puoi dirmelo se vuoi; o posso andarmene, se è ciò che preferisci”

“No” rispose lui “Non lasciarmi, per favore”

“Non lo farò” promise con determinazione, baciando e vezzeggiando ancora le sue guance paffute. “Parlane con me, caro, perché non riesci a dormire?”

“Voglio che papà torni a casa” ammise, il viso ancora nascosto nell’incavo del suo collo “Voglio che torni a casa, mi manca”

“Anche a me” rispose piano, stringendolo di più a sé e sollevandolo con delicatezza – ondeggiò appena, sorprendendosi di quanto fosse diventato pesante – facendo alcuni passi e posandolo nuovamente sulle candide coperte. “Ecco qua” disse Mercédès non appena lo sistemò meglio “Tuo padre tornerà molto presto. Ora, ti ricordi cosa ti ha detto prima di partire?”

“Di essere paziente, di prendermi cura di voi e di non sentire la sua mancanza” rispose prontamente Albèrt. “Ma non posso non sentirne la mancanza” aggiunse pochi secondi più tardi, disappunto ed angoscia nella sua voce.

Ma certo che no” ribatté, trattenendosi dal scuotere la testa in maniera esasperata “E’ ovvio che tu non possa farlo! E lui lo sa bene, gioia del mio cuore e della mia anima, e sono certa che preferirebbe sapere che gli sei mancato piuttosto che il contrario! Il tuo papà ti ama, Albèrt, e tu ami lui – “ e avrebbe voluto aggiungere “e anche io”, ma le parole le si bloccarono in gola, e senza motivo apparente, ancora non era in grado di dimenticare? Perciò sorrise invece “Chiaramente vi mancate l’un l’altro. Pensi davvero che a lui non manchiamo? Credi davvero che non preferirebbe restare qui con noi piuttosto che andare in qualche noioso e stancante meeting?”

Il bambino sembrò riflettere per qualche secondo, mordicchiandosi il labbro inferiore (non poteva vederlo nell’oscurità, ma ne era comunque certa), rispondendo lentamente: “Penso che gli manchiamo”

Mercédès sorrise raggiante ad Albèrt, abbassandosi per schioccargli un bacio sulla fronte. “Visto? Non pensarci più, dormi e basta. Il tempo passerà veloce, e tornerà prima ancora di quanto tu pensi”

“Staresti ancora con me?” implorò, la sua voce tremava ancora ed ella poté sentire il proprio cuore contrarsi. Fernand non era lì, non si sarebbe lamentato se lei avesse viziato un pochino suo figlio in quel momento – perciò sorrise ancora ed incominciò a cullarlo, chiedendosi se sua figlia stesse bene, tutta sola nella sua cameretta. Il sol pensiero non la faceva quasi respirare, e se si fosse addormentata per poi non udire le sue grida disperate? Però non poteva abbandonare suo figlio nel momento di maggior bisogno, come avrebbe potuto?

Scosse la testa per cacciare via quei terrificanti ed altrettanto velenosi pensieri dalla sua mente, mentre Albèrt prestava ascolto alla sua voce, cantando ninna nanne della cara terra spagnola, così antiche da stupirsi persino nell’essere riuscita a ricordarle.

_


Mercédès si trovava nel salotto, desiderando invece di trovarsi all’aperto, magari distesa sull’amaca in giardino, sotto l’ombra degli alberi, tra la brezza estiva ed i raggi del Sole, ma il timore di dover portare la neonata con lei la bloccava in casa; è ancora così piccola, come potrebbe mai giovarle il caldo afoso e l’aria bruciante delle prime ore del pomeriggio?

Il lavoro a maglia, lasciato rigorosamente a metà, si trovava abbandonato accanto a lei, poiché le braccia erano impegnate a cullare la creaturina che aveva da poco dato al mondo.
Ella era troppo piccola per poter sorridere o fare alcunché,  ma questo non fermò Mercédès dal parlarle; soffici e dolci parole che in cuor suo sperava risuonassero nei recessi della sua mente quando sarebbe cresciuta , come un’eco dalla memoria più lontana.
Sei così preziosa, e così amata piccola mia. Tanto amata e tanto adorata.” Parole che avrebbe ripetuto all’infinito, sino a perdere la voce se fosse stato necessario. Differentemente da molti anni fa, non avvertì l’angoscia ed il crepa-cuore provocati dalla malinconia di qualcosa che sapeva di non poter più avere. Della tristezza e del rimorso che l’avevano colpita alla nascita di Albèrt  – invece, ora esprimeva gratitudine al Cielo, percepiva amore, speranza e qualcosa che rifletteva pace e beatitudine.

Madame” sentì una voce chiamarla dal corridoio accanto, per poi trovarsi la domestica che le si avvicinava trafelata ed in affanno, il suo viso arrossato per la corsa. La giovane Marthe gesticolava tentando di comunicarle qualcosa, ma la contessa non riuscì a sentire nulla, i suoni diventarono come ovatta sulle sue orecchie – ed ancora reggendo quel fagottino di morbida carne avvolto dai tessuti più pregiati, come se fosse la cosa più fragile sul pianeta - si alzò in piedi in tutta fretta dalla poltrona in velluto chiaro dalle decorazioni floreali; Possibile? Possibile che lui sia…?

Così s’incamminò a passo svelto verso il portone principale, arrivando alla soglia e –

Ed eccolo lì, a saltare giù dalla carrozza, un sorriso stanco ma felice quando si accorse di Albèrt  corrergli incontro finché …

Egli la vide.

Bloccandosi sul posto come una statua di ghiaccio.

Il cuore di lei incominciò a battere forte quando lo stesso sorriso affiorò sulle labbra di entrambi nello stesso istante, le gambe per istinto cominciarono a camminare verso il proprio partner, le braccia protese alla ricerca di quelle altrui, incontrandosi e permettendo alla bambina di spostarsi verso quelle paterne, così delicate, così attente nel reggerla con cura che la donna non ebbe timore nemmeno per un istante e – stava forse piangendo?

“Oh, Dio” lo sentì esclamare, con tremore vivido nella voce.

“Lo so” sussurrò semplicemente, le sue stesse parole travolte da sentimento e commozione “Lo so”

“Oh, Dio” disse ancora, emettendo quello che sembrò un singhiozzo, ruotando il capo verso di lei e allora , Mercédès poté distinguere gocce cristalline scendere dai suoi occhi. “Oh Signore, oh Dio mio”






Angolo della Traduttrice: A chiunque sia giunto fin qui a leggere, grazie di cuore.
Questa storia fa parte di una AU a cui sia io che l’autrice teniamo davvero molto, assieme alle altre storie che ne fanno parte e che sono raccolte sotto questo profilo EFP nella serie “Forever yours [pour toujours // por siempre tuo]”. Solitamente non chiedo esplicitamente ai lettori di commentare, ma davvero, davvero un commento, anche la più piccola opinione, sarebbe davvero ben gradita, sia per questa che per gli altri racconti che ci sono già e che si uniranno a questa serie, per noi è davvero molto importante.
Per qualunque informazione, non esitate a chiedere.
Link alla storia originale: https://monte-cristo-incorrect-quotes.tumblr.com/post/171826553772/part-one-it-was-late-at-night-and-she-could-not
   
 
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