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Autore: Luana89    08/07/2018    0 recensioni
«Shùra se ti butti lì dentro e stai almeno un minuto ti darò diecimila dollari, parola di Misha» non piansi sentendo nuovamente quelle parole a distanza di anni, mi feci semplicemente forza sorridendo.
«La tua parola non vale un cazzo, ma voglio fidarmi. Accetto». Scoppiammo a ridere entrambi guardandoci per un lungo istante, fu Misha a riprendere ancora una volta il discorso.
«Quindi adesso temi che la tua anima possa congelarsi?» sorrisi sghembo scrollando le spalle.
«Sono ancora alla ricerca della mia anima, la troverò al quinto soviet probabilmente, mi aspetta rinchiusa in quello specchio da vent’anni ormai. Ah, prima che dimentichi ..sei carino quando sorridi, fallo più spesso». Mi spinse contrariato e imbarazzato.
«Shùra, cosa mi porterai dal tuo viaggio? Mi aspetto almeno un cazzo di regalo». Mi fissò seriamente.
«Non saprei, cosa vorresti?». Scrollai le spalle, nei nostri conti vi erano adesso trenta milioni di dollari, non c’era nulla che non potessi donargli.
«Portami l’orizzonte»
Quando tutto sembrava essersi concluso ecco che le carte tornano a mescolarsi. Shùra e Misha dissero addio alla bratva, ma la bratva aveva davvero detto loro addio?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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          Prologo       )


 
Il canarino cinguettò spaventato non appena il palmo della mano di Sergej si chiuse sul suo esile corpo, rendendolo prigioniero dell’ennesima gabbia.
 
«Petrov vince anche questa mano», guardai l'uomo con l'ombra di un sorriso, stava sul serio provando a togliere i soldi a me con quei trucchi da conta carte fallito? Sorseggiai il brandy preparandomi a rilanciare ma una pesante mano sulla spalla attirò la mia attenzione.
«Il Vor vuole vederti, vieni con me Dima». Quando Sergej chiamava nessuno poteva rifiutare, neppure io Dimitri Cernenko, il figlio dell'uomo che assieme al Vor aveva iniziato l'ascesa nella criminalità. Aprii la porta in pesante legno massiccio soppesando con lo sguardo la stanza, nell'angolo in penombra una figura spiccava ritta – quasi guardinga –  ci fissammo sorridendoci complici.
«Perché hai voluto vedermi?» Sergej mi indicò una delle poltrone, presi posto in quella di fronte osservandolo accarezzare il capo piumato dell'uccellino che cinguettava ancora spaventato.
«Dima, sai quale storia piaceva particolarmente a Shùra?». Il repentino cambio d'argomento mi spiazzò, quei nomi ormai erano proibiti ovunque e per chiunque.
«Quale?» Il Vor piegò le labbra in un mesto sorriso, sapeva di consapevolezza, di rimpianti, di amore e odio. «La storia di Icaro. Il ragazzino che peccando di superbia si spinse vicino al sole bruciando le sue ali, e schiantandosi». Il canarino pigolò.
«Gli piaceva perché aveva fatto di Icaro la sua nemesi?» Sergej sollevò lo sguardo, era furibondo e sapevo bene quanto questo potesse portare solo fottutissime rogne.
«Oh no, pensavo anch'io fosse così. Ma ora ho capito, lui aveva preso come modello Icaro perché il fallimento non è mai stato nelle sue intenzioni». Estrasse una foto spiegazzata poggiandola proprio di fronte a me, spiccavano una data, un luogo ed un soggetto. ‘’Buenos Aires, 120321’’ Mikhail Volkov osservava il nulla con le sue iridi azzurre. I miei occhi presero piena consapevolezza, mentre un lento sorriso curvava le mie labbra aride: «Sono ancora vivi.»
«Devi fare qualcosa per me, Dima. Porto ogni giorno fiori alle tombe vuote dei miei due ragazzi, voglio che tu le riempia. E porta con loro Nadja e Sonech'ka». Ci fissammo, i nostri sguardi così diversi il mio calmo ed affabile come sempre.
«Non sarà un problema, lasciami Misha. Shùra uscirà fuori di sua iniziativa non appena l'altra metà del suo cuore andrà in pezzi». Il pugno chiuso di Sergej si strinse attorno all'uccellino che emise l'ultimo rantolo di vita prima di schiantarsi al suolo ormai privo di vita. Mi alzai osservando l'animaletto adesso raggrinzito. «Icaro ebbe la sua punizione per aver peccato di superbia. L'avranno anche loro.»
La famiglia è sangue. La famiglia non si tradisce. Queste erano le dottrine instillate nella mente di tutti i ''familiari'' della famosa Brigata del Sole. Ero cresciuto all'interno di quella famiglia, e a differenza di coloro che reputavo amici però non avevo mai preteso amore né tanto meno ero stato disposto a darne. Afferrai la pistola dirigendomi al tavolo da gioco.
Puntare.
Fuoco.
Petrov  si accasciò privo di vita e con un foro in più sul capo sotto il silenzio generale.
«Se provi a fottermi questa è la ricompensa», la caccia era appena iniziata.
 
 
 
Buenos Aires
 
 
Balvanera era tutto fuorché un bel quartiere, era ciò che più si adattava a me ed era ciò che una feccia come Mikhail avrebbe scelto. I suoi fondi erano stati prosciugati, non avrebbe potuto salvare la pelle neppure tornando il denaro alla bratva. Io adoravo quel ragazzo in fondo, era riuscito a sperperare milioni di dollari col gioco d’azzardo e pessimi investimenti riducendosi praticamente alla stregua di un barbone; avrei voluto chiedergli, poco prima di ammazzarlo, se era ancora convinto che dopo tutto quel casino ne fosse valsa la pena.
Il locale non possedeva aria condizionata, vi entrai con la certezza di essere nel posto giusto fingendo di non vedere le pistole poggiate senza cura sopra i tavolini; passare per uno sprovveduto era ciò che di più divertente potessi fare. Due donne si avvicinarono, puzzavano di ingordigia e di tante altre malattie veneree probabilmente.
«Okay amico, dammi qualcosa da bere. Capisci il russo? Vuoi che parli inglese?» il barista mi fissò in cagnesco senza rispondere.
«Che ci fa qui uno straniero?». Osservai la donna con un mesto sorriso, se avesse saputo cosa ci facevo lì davvero non sarebbe stata così solerte nell'accarezzare il cavallo dei miei jeans. La ignorai sorridendo a entrambe.
«Allora ragazze vi offro da bere, cos'ho qui? Pesos, dollari, rubli ..e questi cosa sono? Euro? Conoscete l'Euro? Banconote viola, sembrano importanti», una mano si poggiò sulla mia spalla non proprio delicatamente, mi voltai osservando i due uomini; uno alto e con gli occhiali da sole, aveva la classica aura da ''braccio destro'', l'altro basso e vestito come un piccolo boss che non ha ancora scoperto le gioie della sartoria. Una delle due donne lo chiamò ''Tesoro'', sorrisi leccandomi le labbra.
«Qué estás haciendo con mi esposa? No sé si entiendes una palabra de lo que estoy diciendo, hijo de puta» definire mia madre puttana era una concessione che neppure Yuri, il mio migliore amico e braccio destro, si era permesso spesso.
«Quién es tu esposa? las niñas corta y rechoncha; o la fea?». L'uomo estrasse la pistola a quelle parole, evidentemente nonostante sua moglie fosse una gran puttana voleva ugualmente tenere alto il suo onore. Il suono di un mitra interruppe quella situazione; entrambi si voltarono osservando un uomo tarchiato dai capelli rossicci.
«Stepanov, mi mancavi. Prendili e portali nella stanza accanto, io e Don Nessuno dobbiamo fare una bella chiacchierata»
 
«Continuare a stare in silenzio non ti aiuterà. Li vedi quegli uomini?». Indicai i tre soggetti poco distante «Dopo aver ammazzato come un cane il tuo amico stupreranno tua moglie, più volte, e la sua testa penzolerà nella piazza fuori da questo fottuto bar, intendi vero?». I suoi occhi iniziarono a prendere consapevolezza, sapete cos’è il bello del potere mafioso? La gerarchia. Tu sai quando arriva qualcuno ben più in alto di te, ne percepisci l’odore, le tue carni si rizzano e il fetore di urina riempie le tue belle mutande firmate.
«L’ho ospitato per due settimane, dovevo un favore a quel bastardo di Aleksandr Belov..» il suo inglese stentato mi urtò, curvai le labbra in una smorfia.
«A me non frega un cazzo di dove ha dormito, voglio sapere dove sta adesso». Feci un cenno a Yuri che afferrò il suo braccio immobilizzandolo, estrassi il coltello e le sue urla si persero all’interno della stanza angusta.
«TI PREGO. TI PREGO». I suoi occhi sbarrati fissarono il coltello, la lama tranciò di netto il suo mignolo macchiandomi la camicia bianca e sudata. Temetti potesse svenirmi lì, afferrai un secchio pieno di acqua sporca rovesciandoglielo addosso.
«Mantente despierto y concéntrate en mí, bastardo». Sembrava indeciso se urlare o vomitare, sfregai la mano contro la mia fronte, stavo perdendo la calma.
«Ho visto.. ho visto un biglietto aereo dentro la sua ..borsa. Las Vegas, era diretto lì». Avvicinai il mio viso per sentire meglio.
«C’era una puttana insieme a lui? Bionda con l’aria da figa di legno». Il suo capo si mosse in un cenno di diniego.
«E’ venuto da solo, nessuna donna con lui..» annuii soddisfatto facendo segno agli altri di uscire, superai Yuri senza più voltarmi sentendo i suoi passi seguirmi pochi secondi dopo.
«Lo lasci vivo?» il suo tono stupito mi fece quasi ridere.
«Devo. Spero si metta in contatto con uno dei due pezzi di merda, devono sapere che Dimitri Cernenko è tornato dall’inferno per cercarli». Il sole cocente mi disturbò, entrai dentro la berlina scura infossandomi contro i sedili in pelle, dovevo meditare e concentrarmi. Sebbene Shùra fosse da sempre la mente tra i due, non dovevo sottovalutare quel figlio di puttana pazzo. Imprevedibile com’era alle volte riusciva a essere ben più pericoloso del fratello.
«Quindi andiamo a Las Vegas?». Ci fissammo dallo specchietto retrovisore.
«Prima andiamo in albergo, non so se noti le mie condizioni». Il mio sorrisino asciutto valse la sua occhiataccia più ostile.
«Una volta lì qual è il piano?»
«A parte ammazzare come un cane Misha, il traffico di droga e puttane ha bisogno di me lì. In quanto potremo aprire il club?». Il ‘’club’’ altri non era che un ritrovo per ricconi almeno ufficialmente, ufficiosamente ospitava le riunioni dei maggiori capo mafia e dettava i traffici illeciti nelle zone controllate dalla bratva.
«I ragazzi sono già all’opera, vuoi qualcosa di eclatante?». Sorrisi muovendomi sul sedile, alle volte mi sentivo felice immotivatamente.
«Ovvio che si, chi sono io Yuri?»
«Uno stronzo sadico pazzo e arrogante». Frenò bruscamente a un semaforo imprecando contro un pedone.
«Esattamente»

 
 
 
Two years before – Mosca:
 
 
Le due bare scesero lentamente nella fossa, neppure un granello di terra vi era stato ancora deposto. Perdere due fratelli, perdere un pezzo del proprio passato per un membro della fratellanza era una sconfitta. Mi sentivo dilaniato tra il dolore per la perdita e l'odio per il tradimento; qualcosa nella mia mente non funzionava a dovere, i pezzi non sembravano incastrarsi. Accanto a me Sergej mostrava dolore, dolore per essere stato l'esecutore non materiale di quelle morti e vicino ad esso vi era Nadja la principessa di ghiaccio. Avrei dovuto capire da quello quale pezzo non era stato messo al suo posto. La freddezza forzata puzza ad un chilometro.
Dasha Iglenko fu la prima ad andar via, la nuova amante del Vor venuta lì solo per apparire e spiccare tra la folla. Lentamente se ne andarono tutti, una lacrima si congelò sulla mia guancia mentre il pugno chiuso della mano si aprì gettando il primo cumulo di terra sulla tomba di quelli che consideravo fratelli. Poco prima di andar via un raggio di sole colpì i miei occhi, fu lì che lo vidi: Shùra vicino ad un albero mentre la neve lentamente iniziava a cadere.
«La perdita di una persona cara provoca brutti scherzi Dima, non pensarci più», così disse Yuri e così mi dissi io per due interi anni nonostante quel pensiero non avesse mai smesso di tormentarmi.
 

 
  
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