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Autore: tsukuyomi_    10/07/2018    1 recensioni
Tsunade/Jiraiya | One shot |
La speranza verso un futuro migliore, un rimorso difficile con cui convivere, una perdita dolorosa da superare. Doveva concedergli una occasione, in tutti quei anni?
- - - - Dal testo:
Avevo visto nella tua stupidità un appiglio per salvarmi da me stessa, per salvarmi dalle mie così tante incertezze e da quelle invisibili paure che erano iniziate a divagare imperterrite per il mio cuore da tempi che forse ho completamente dimenticato. Avevo visto in quel tuo mazzo di fiori una promessa eterna... ma ora dove sei, Jiraiya?
[ Questa storia partecipa al Contest "Il Linguaggio Segreto dei Fiori" indetto da _Ayaka_ sul forum di EFP. ]
[ Questa storia partecipa al Contest "Once Upon a Time Contest" indetto sul forum di EFP da Freeshane. ]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jiraya, Tsunade
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio, Naruto Shippuuden
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Nickname: tsukuyomi_
Pacchetto scelto: Re Leone
Fandom scelto: Naruto 
Avvertimenti: / 
Eventuali note:


Nome autore EFP / Forum EFP:  tsukuyomi_ / 6Misaki
Titolo: Sento la tua mancanza
Fiore scelto: Liatride 
Fandom: Naruto
Breve introduzione: 
Note: Storia partecipante al Contest "Il Linguaggio Segreto dei Fiori" indetto da _Ayaka_ sul forum di EFP.







 
sento la tua 
                              mancanza  

 
 
Dal passato si può scappare, imparare qualcosa o, più di tutto, cercare di non riportare il ricordo in ogni singola occasione della propria esistenza nuovamente a galla. Il ricordo, in special modo se particolarmente infelice, può causare dolore  un dolore che ti lascia attimo dopo attimo senza fiato, in una perenne forma di apnea a metri e metri di distanza dal poter finalmente uscire dall'acqua — e una gran dose di rimorso; il rimorso per non aver approfittato quando ne era ancora in grado, nel migliore dei modi, del tempo avuto con quella persona che ti stava sempre accanto, nel bene o nel male, che ti aiutava a rialzarti nel momento del bisogno, che ti sorrideva conquistandoti l'animo, che ti dava la forza di andare avanti a testa alta. Che era lì, per te, sempre. 
Tsunade chiuse le palpebre, lentamente, nella futile speranza di non lasciarsi sfuggire per l'ennesima volta in quei pochi giorni quelle perle salate lungo le gote arrossate. 
« ... Dovevi proprio andartene anche tu, non è vero, Jiraiya? » borbottò a denti stretti la donna, lasciando ricadere con pesantezza il capo sulla sedia, sollevandolo appena verso l'alto, con un magone a serrarle la gola. 
 


* * *
 
 
« Sei troppo logorroica, manesca e piatta per far scaturire il mio interesse, Tsunade! » scattò Jiraiya, espirando tutta l'aria presente nei suoi polmoni al di fuori delle sue narici, particolarmente fiero di sé e delle sue parole tanto convinte e, in un mondo parallelo, mature. Aveva messo in chiaro la situazione, senza alcun genere di problema: chiaro e cristallino. Non era della sua portata. Facile, no?
« Jiraiya! » 
« Va bene, va bene! » esclamò, gonfiando il petto come un piccolo galletto nella stagione dell'accoppiamento. « Se proprio, proprio, proprio insisti ti concedo una breve uscita, carissima principessa ».

Probabilmente, se nella loro prossima vicinanza non ci fosse stato il loro maestro pronto a intervenire in caso di necessità, Jiraiya ci avrebbe facilmente lasciato sicuramente più di un osso sotto la rabbia che le aveva fatto scaturire dal nulla con cotanta semplicità. Ma lui ci avrebbe riprovato, imperterrito, in fondo era soltanto una questione di giorni e lei, svelta, sarebbe rapidamente caduta tra le sue braccia, cotta com'era del suo portamento.


*
 
 
« Sai, Tsunade... » esordì Jiraiya, portando la mano destra alla testa, scompigliandosi quella folta zazzera marmorea, trattenendo a stento quel leggero imbarazzo che l'aveva invaso completamente pochi istanti prima, quando aveva preso in considerazione l'idea di aprire bocca. Sul suo viso era comparso svelto l'accenno di un sorriso diverso da quello che Tsunade aveva imparato a conoscere con lo scorrere degli anni; diverso da quello naturale e obliquo, quello che metteva in mostra i suoi denti bianchi e lucidi, quello che in segreto le scaldava il cuore ogni volta che le veniva rivolto, mentre lo sguardo di lui divagava svelto da parte a parte lungo la stradina di quel grande villaggio in cui si erano fermati per mangiare e, se possibile, fare anche una breve sosta per riposarsi. 
« Cosa c'è, adesso, Jiraiya? Hai ancora fame? » domandò la kunoichi, inarcando un sopracciglio e lasciandosi andare in un sospiro sconsolato. « Se così fosse ti ricordo per la centesima volta che siamo in una missione, che abbiamo a malapena il tempo di riposarci, che Orochimaru è scomparso e, cosa più importante, che non abbiamo tempo per... ». 
Jiraiya scosse il capo, attirando così nuovamente l'attenzione della giovane che, prontamente, smise di parlare per attendere delle informazioni in più da parte del compagno. 
«Be'... noi due potremmo prenderci del tempo per noi, sai? » chiese guardingo, aspettandosi un colpo basso da parte di quella furia della natura, ammiccando nella sua direzione. « Ci conosciamo da anni, da quando eravamo piccoli così — si guardò attorno, indicando successivamente due bambini poco più che dodicenni a qualche passo di distanza da loro — ormai. La chimica che scorre tra noi è palpabile e innegabile » continuò, grattandosi distrattamente il mento con le dita di una mano. « Potresti anche darmi una chance, dopo tutti questi anni, Tsunade ». 
La giovane kunoichi rimase in rigoroso silenzio, aumentando celermente il passo senza ricambiare il suo sguardo nemmeno per errore o per un breve istante, mettendo una buona dose di distanza tra lei e quel compagno di una vita. 

« Dobbiamo andare a cercare Orochimaru. Muoviamoci ». 


 
*
 
 
« Oooh, tu sei il giovane Inochi, vero? » esclamò Jiraiya, una volta entrato nel negozio di fiori appartenente da tempi immemori alla famiglia Yamanaka. « Tuo padre mi ha parlato molto di te! Certo che sei cresciuto dall'ultima volta che ti ho visto, eh... » borbottò, guardandosi attorno in cerca di qualche fiore interessante da donare a quella megera dal cuore di ghiaccio di cui tanto si era invaghito, mentre il bambino non aveva aperto bocca per ribattere, restando invece immobile a osservarlo. « Mmmh, giusto, giusto... tuo padre c'è? » domandò, rivolgendogli un sorriso sghembro. 
Il bambino scosse il capo. « Le serve qualcosa? » chiese, alzando il capo per unire il proprio sguardo con quello dell'Eremita. 
« Sì, in effetti sì! » esclamò, ancora, indugiando con lo sguardo su alcune rose e su delle orchidee alla sua destra. « Non conosco quella cosa del... be', sì, "Linguaggio dei Fiori" ma... ecco, mi servirebbe qualcosa di bello e dal significato particolare. »
« Particolare? » domandò il piccolo Inoichi, inarcando un sopracciglio. « Ossia? » 
« Tipo... sì, quei fiori — disse, indicandone alcuni dal sgargiante e inimitabile colore rosso, pomposi e dalla bellezza innata —quelli rossi, esatto. Come si chiamano? »
Il bambino puntò lo sguardo lungo la linea immaginaria che tracciava l'indice dello shinobi, annuendo. « Vengono chiamati "Giglio rosso del ragno". Deve portarli su una tomba, sensei? » 
« Eh? » scattò il giovane, arricciando la punta del naso. « Certo che no, come ti veng-... Aspetta, sono fiori da portare ai defunti? » chiese, perplesso. 
« Esatto ». 
« Senti, ragazzo... ci sono fiori dal significato, non so, come dire... » si fermò, cercando di fare mente locale, di unire tutti i pezzi del puzzle « dal significato di "Riprovarci"? ». 
Inoichi annuì, scatenando una gioiosa risata da parte del ninja. « Molto bene, Inoichi, molto bene! Preparami un ben mazzo corposo, ragazzo ». 

Dopo una lunga attesa di quindici minuiti d'orologio, e dopo aver svuotato il suo portafoglio rendendolo molto più leggero di quando era entrato, uscì dal negozio, pronto a ribaltare finalmente le carte in tavola. Come avrebbe mai potuto negarlo, in quell'occasione? 
Eppure mai e poi mai, neanche per l'anticamera del cervello, gli sarebbe mai passato in mente che, dall'altra parte del villaggio, la donna a cui avrebbe donato quei fiori desiderava soltanto prenderlo a pugni sino all'indomani. 



« Santo cielo, Jiraiya! » urlò Tsunade, le mani strette ai fianchi e gli occhi trasformati in due piccole fessure colme della più veritiera forma di irritazione. « Ti sei dimenticato che oggi dovevamo andare dal Terzo e che, soprattutto, ci dovevi essere anche tu, vero? » commentò, acida, una volta che il compagno la raggiunse con il fiato corto. 
La donna ticchettò con il piede sul pavimento, inarcando saccente un sopracciglio. 
« Scusa, scusa... », borbottò di rimando lo shinobi, azzardando un lieve sorriso. « Allora, Tsunade? » domandò, un poco spaesato, guardandosi impaziente intorno, indugiando più volte del dovuto con lo sguardo sul suo seno prosperoso. « Andiamo? »
L'espressione furiosa e al tempo stesso scettico sul viso della kunoichi si fece se possibile più marcata, mentre cercava di dare un senso alle parole dette con naturalezza dall'Erimita. « Cos'hai in mente, Jiraiya? » domandò, guardina. 
« Te ne sei dimenticata? » borbottò sconcertato Jiraiya, guardandola con tanto d'occhi. « L'uscita, Tsunade! » continuò, come se così avesse messo le cose in charo. Ne avevano parlato poche settimane prima, dopotutto. Era improbabile che se lo fosse dimenticata, proprio lei, per giunta! 
Tsunade arricciò la punta del naso, scuotendo appena il capo, facendo così oscillare le due lunghe code di cavallo che le incorniciavano il candido viso. « Jiraiya... »
« Tsunade, Tsunade » ripeté, adulante, sollevando un angolo delle labbra, palesando un'espressione leggermente divertita — 
era sua, l'aveva in pugno. « Le promesse si mantengono, mia cara ». 
« Guarda che io... »
« Tsuuuunade, sii sincera con te stessa, una volta tanto! »
« Senti... »
« Le promesse si mantengono e, per di più, sto morendo di fame ».
Le palpebre dello shinobi, mentre parlava, erano schiuse, le mani invece si muovevano dinanzi al corpo frenetiche, volendo quasi dare maggior polpa al suo breve discorso, mentre spostava agitato il peso da una gamba all'altra, aspettando quella risposta positiva che tanto attendeva e bramava da anni. Perciò, tanto era preso dal suo pensare ad altro, si stupì non poco quando percepì il pugno saldo e forte e pericoloso di lei posarsi con irruenza sulla sua testa, obbligandolo a saltare parecchi passi indietro per porre una certa distanza, all'erta e con la testa dolorante. 
« Te lo puoi scordare, Testa Quadra ». 
Nonostante l'ennesimo diniego ricevuto dalla donna, Jiraiya sorrise con la sua solità vivacità, facendo comparire tra le sue mani quel mazzo di fiori che aveva comprato in precedenza, che donò con nonchalance alla principessa, la quale non potè rifiutarlo — complice la sorpresa del momento. « Con questi, volente o nolente, ti ricorderai di me, sempre, ogni volta che poserai quel tuo sguardo estremamente pedante su questi fiori » disse, allontanandosi poco dopo con passo sicuro, l'appuntamento sfumato, le mani in tasca e un bernocollo sul nascere in mezzo alla testa, tra i scompigliati capelli bianchi. 

Tsunade osservò con le palpebre sgranate quelle lunghe e prosperose spighe bulbose, raggianti e vivide quanto la persona che gliele aveva donate una manciata di minuti prima; si soffermò per qualche tempo in più ad ammirare la loro sfumatura rosata, che variava da una più chiara, a tratti sciatta, ad una più scura, molto più intensa. Inconsciamente ne sorrise, incurante delle persone che passeggiavano intorno a lei, quando il suo pensiero andò — con estrema e anomala precisione — a soffermarsi sul loro significato. 
Ci avrebbe riprovato sino allo stremo, sino alla fine dei suoi giorni. 


 
*

 

« Non hai alcuna intenzione di darti una possibilità, Tsunade? »
« Jiraiya... »
« Dan è morto da cinque anni, ormai. », « Dovresti andare avanti con la tua vita, dovresti concederti altre possibilità, nuovi amori. Non dico che questa possibilità devi darla a me — anche se ne sarei estremamente felice, e tu lo sai bene — ma dovresti almeno farlo con altri. Devi continuare a vivere ». 
« Io dal mio passato ho imparato poche cose, Jiraiya. Eppure, nonostante ciò, ci sono molte cose che non ho ancora compreso e assimilato, e che forse non comprenderò e assimilerò mai. Non so se vivrò, negli anni a venire, ma... farò del mio meglio per restare a galla ». 


 
* * *

 

Avevo visto nella tua stupidità un appiglio per salvarmi da me stessa, per salvarmi dalle mie così tante incertezze e da quelle invisibili paure che erano iniziate a divagare imperterrite per il mio cuore da tempi che probabilmente ho completamente scordato. Avevo visto in quel tuo mazzo di fiori una promessa eterna... ma ora dove sei, Jiraiya? 

« Se non ti avessi lasciato andare... se non mi fossi rifiutata così tante volte di darti una occasione... forse, a quest'ora, saresti ancora qui? » borbottò, spostando lentamente il proprio sguardo leggermente velato dalle lacrime oltre il vetro, oltre a quella infinita serie di abitazioni presenti nel suo villaggio. « Forse... » avrei dovuto provarci?


 
   
 
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