Tic. Toc.

Una casa. Una cucina. I raggi del sole che filtrano attraverso le tende. Un orologio appeso al muro. Il tempo che passa.
Tempo.
Per te è una condanna.
Quanto può contare, se chi ami non c’è più?

Accanto al lavabo una lavastoviglie. Piatti ripuliti senza fatica. Potresti usarla, ma scegli di lavarli a mano per tenerti impegnata.
Per pensare ad altro.

Tre mesi.
Tre mesi e cinque giorni, per essere precisi.
È da tre mesi che non sorridi. Da tre mesi che non esci di casa, se non per fare la spesa. Da tre mesi che non hai voglia di parlare con nessuno.

I nuovi vicini hanno tentato diverse volte di convincerti ad uscire. Ti hanno invitato da loro. Ma vedere il loro figlio ti fa star male. Ti ricorda che lei non c’è più.

La psicologa ti ha detto di tenerti attiva. Di non isolarti. Di continuare a crederci, di non perdere le speranze.
Speranza.
Una parola che anziché darti sollievo, ti provoca una fitta al cuore ogni volta che la odi.

Tic. Toc.

I piatti li lavi in modo distratto. Ripassi più volte lo stesso, fino a lacerare la spugna. Li risciacqui sotto l’acqua, poi li insaponi ancora.
Qualche lacrima li sporca ogni tanto.

Tutto ciò che ti è rimasto è il ricordo di lei.
Sono passati tre mesi. Non c’è più speranza che ritorni.
Ma non la perderai. Lei rimarrà viva nei tuoi pensieri, nei tuoi ricordi.

Ti senti morire all’idea di dimenticarla. Di scordare i tratti del suo volto, quando sarai vecchia. Solo a pensarci gli occhi ti bruciano, il cuore si ferma. Non dovrà mai accadere.

Tic. Toc.

La serratura della porta si confonde con i ticchettii dell’orologio. Sono le sette e mezza del pomeriggio. Tuo marito è tornato.
Ti asciughi velocemente la faccia. Non vuoi che ti veda così. Devi essere forte come lui. Perché al suo posto non sopporteresti di vederlo piangere. Sarebbe troppo.
Ti saluta, si sforza di sorridere. Ti abbraccia e ti accarezza la guancia umida. È così da tre mesi. È da tre mesi che non ci sono più momenti di intimità tra di voi.

«Che stavi facendo?»
Gli risponderai che stavi lavando i piatti, che avevi intenzione di preparare la cena. Qualcosa di semplice. Di abbastanza nutriente da tenervi in vita ancora per un po’. Almeno finché il dolore non sarà troppo grande da sopportare.

Ma all’improvviso ti senti girare la testa. Ti aggrappi al lavandino, confusa. Un leggero capogiro. Nulla di più.
Ti volti verso tuo marito, sempre sorridente.
Accanto a te i piatti insaponati.
Avete una lavastoviglie. Come mai li stavi lavando?

La sua domanda. Cosa stavi facendo?
«Stavo...» mormori. «Non ricordo.» Sorridi. Da quand’è che sei così sbadata?
«In ogni caso è l’ora di cena. Che ne dici di andare fuori oggi?» domandi deliziata.
Lui accetta volentieri. Vi scambiate un dolce bacio, come sempre. Eppure ti sembra di non averlo fatto da mesi.

Non vedi l’ora di uscire, è come se fossi stata rinchiusa in casa per giorni!
Potreste invitare qualcuno, i vostri nuovi vicini. Sì, sono così simpatici, così altruisti. È un peccato non averli frequentati molto dal loro arrivo. Il loro figlio, poi, sembra davvero un bravo ragazzo.

Un ristorante. L’amore della tua vita, i tuoi amici. Nessun brutto ricordo che ti turba. Nulla di più perfetto.
Sorridi, come non avevi sorriso da tempo.
Il tempo.
Per te è prezioso.
È ciò che conta di più, quando hai qualcuno che ami.

Tic. Toc.






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Ciao a tutte :)
Questa è la prima storia di Eldarya che pubblico; spero vi sia piaciuta. L'ho pubblicata anche sul Forum, eccola qui.
Sul mio profilo di Efp, inoltre, potete trovare le storie che ho scritto su Dolce Flirt.


Grazie per essere passate e a presto!