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Autore: Voglioungufo    11/07/2018    3 recensioni
Oppure: paragoni kantiani molto azzeccati che ti portano brutalmente alla friendzone.
Dal testo:
Non aveva ancora ben chiara la seria di coincidenze e cause che lo aveva portato a ritrovarsi con Naruto. E non doveva avercela chiara nemmeno Naruto, considerato il modo spaesato con cui girovagava per la sede centrale di Ca’ Foscari il giorno dell’Open Day, come se non avesse la più pallida idea di come ci fosse finito lì. Si erano incontrati – più propriamente scontrati – e fissati in silenzio qualche secondo prima di riconoscersi e abbracciarsi. Cioè: Sasuke aveva formalmente alzato la mano per stringere la sua, Naruto invece gli si era scaraventato addosso come golden retriever abbastanza pesante ed esuberante. Da lì, precisamente da quando aveva capito che Sasuke voleva frequentare il corso di filosofia offerto da Ca’ Foscari, Naruto aveva avuto l’illuminazione divina sulla propria presenza lì e per il resto dell’anno aveva girato come una trottola per capire come funzionassero le iscrizioni online, convincere i propri professori che sì, voleva davvero frequentare filosofia nonostante viaggiasse sulla sufficienza, che no, non aveva preso nessuna botta in testa e che sì, dattebayo, sapeva perfettamente quello che stava facendo!
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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affronteremo questa cosa insieme

Oppure: paragoni kantiani molto azzeccati che ti portano brutalmente alla friendzone
 
 
 
Voglio morire.
Questo era l’esatto pensiero che attraversava la mente del giovane Sasuke Uchiha, disperato studente universitario il giorno prima dell’esame, mentre leggeva con disperazione gli appunti ordinati di Sakura, la sua santa coinquilina che, presa dalla pietà e avendo già sostenuto l’esame, aveva deciso di cedergli caritatevolmente il suo quaderno con tutti gli schemi, gli appunti sistemati ed evidenziati.
Santa donna, ma resto comunque nella merda.
Eppure al liceo non era mai stato un procrastinatore, era bravo a gestirsi il tempo e lo studio, non si era mai trovato in una situazione simile. Be’, certo, al liceo però non conosceva Naruto.
Guardò con rancore l’altro lato del tavolo dove stazionava, nella sua identica e disperata situazione, il suo coinquilino, migliore amico, compagno di sventure e sciagura personale.
In realtà conosceva Naruto da… Da quanto? Diciassette anni? Sedici? Comunque, da quando all’asilo gli aveva rubato l’altalena ed erano finiti prima per litigare, poi per diventare rivali e infine migliori amici. E lo erano stati fino alle terza media, quando la famiglia di Sasuke aveva avuto la brillante – leggesi con sarcasmo – idea di trasferirsi a Padova. Da lì la vita di Sasuke era stata molto solitaria: non era un tipo socievole; nonostante il suo bel faccino attirasse più di qualcuno deciso a legare con lui, la sua lingua era talmente tagliente da riuscire a tenere lontano qualunque scocciatore e le sue occhiate torve gli aveva fatto guadagnare la nomea di snob.  Così Naruto era stato il suo primo e ultimo amico e i cinque anni del liceo erano passati tra la noia più totale e l’insofferenza familiare. Non era divertente avere un fratello geniale e futura promessa della medicina mondiale con il quale confrontarsi, i continui paragoni del padre poi non aiutavano minimamente la situazione. Forse era per quello che, spinto da un desiderio di distinguersi, aveva delineato il suo percorso universitario nel campo umanistico-filosofico. Ed era andato a Venezia.
Più chilometri stanno tra me e Padova e più sono contento.
Non aveva ancora ben chiara la seria di coincidenze e cause che lo aveva portato a ritrovarsi con Naruto. E non doveva avercela chiara nemmeno Naruto, considerato il modo spaesato con cui girovagava per la sede centrale di Ca’ Foscari il giorno dell’Open Day, come se non avesse la più pallida idea di come ci fosse finito lì. Si erano incontrati – più propriamente scontrati – e fissati in silenzio qualche secondo prima di riconoscersi e abbracciarsi. Cioè: Sasuke aveva formalmente alzato la mano per stringere la sua, Naruto invece gli si era scaraventato addosso come golden retriever abbastanza pesante ed esuberante. Da lì, precisamente da quando aveva capito che Sasuke voleva frequentare il corso di filosofia offerto da Ca’ Foscari, Naruto aveva avuto l’illuminazione divina sulla propria presenza lì e per il resto dell’anno aveva girato come una trottola per capire come funzionassero le iscrizioni online, convincere i propri professori che sì, voleva davvero frequentare filosofia nonostante viaggiasse sulla sufficienza, che no, non aveva preso nessuna botta in testa e che sì, dattebayo, sapeva perfettamente quello che stava facendo!
“Affronteremo questa cosa insieme e non ci divideremo mai più”.
Che dire, Sasuke da parte sua si era sentito molto lusingato da tutte quelle attenzioni e l’entusiasmo di iniziare l’università si era triplicato.
Insieme avevano cercato l’appartamento da abitare –  che attualmente dividevano con una ragazza con il brutto vizio di girare senza reggiseno per casa (“non ho niente da reggere, a che mi serve?”) e distribuire volantini su qualsiasi manifestazione di protesta pacifica e con un tipo dell’accademia, Sai, il ragazzo più pettegolo e indiscreto che avessero conosciuto –, avevano fatto il piano di studio e persi per le aule il primo giorno.
Dopo un anno la loro routine a Venezia si era stabilizzata, avevano incontrato altri amici con cui boicottare lo studio e fare pausa nel bar della biblioteca, capito come funzionava l’università e quali calli prendere per non incappare nei terribili turisti armati di macchine fotografiche.
Un anno in cui lui e Naruto avevano potuto rimediare alla distanza durante il liceo, scoprendosi ancora amici affiatati e ben bilanciati, nonostante finissero spesso per litigare per le minime cose. Ma, come diceva Sakura, le scazzottate erano il loro modo per dimostrare affetto reciproco.
Insieme avevano affrontato i primi esami, supportandosi e reggendosi quando uno dei due sveniva per l’ansia; si erano ubriacati insieme al primo mercoledì universitario a Campo S. Margherita e sempre insieme avevano fatto pic-nic nel giardino di S. Sebastiano con la pizza e giocato poi a briscola con il resto dei compagni corso.
E poi era arrivata la sessione estiva. Già.
Pensavano che dopo quella di Ottobre, invernale e di Marzo fossero preparati alla mole di studio. Ma in quelle sessioni non avevano avuto il temibile corso numero uno: Storia della Filosofia, tenuta dall’altrettanto famigerato professor C.
I loro colleghi più anziani li avevano avvertito di quanto potesse essere duro quel corso e inflessibile il professore, leggenda narrava che l’unico studente in grado di prendere il trenta fosse stato niente di meno che Hegel in persona. Esagerazioni, ovviamente, ma dopo un’accurata indagine avevano potuto constatare che il professore non si era mai spinto oltre il 28, mentre i 18 abbondavano anche fra chi solitamente prendeva il massimo agli altri esami. In più sembrava che rasentasse il maniacale quando si trattava di essere precisi, mentre le sue domande erano di una vaghezza che gli analitici avrebbe potuto studiare con interesse.
Incautamente i nostri eroi non avevano voluto credere a quelle avvertenze, considerandole solo delle dicerie messe in giro per spaventare le ingenue matricole. Peccato che ora, a meno di ventiquattro ore prima dell’esame, si stavano rendendo conto che, forse, quelle non era affatto dicerie, ma la pura realtà, soprattutto quelle relative alla mole ingente di lavoro: l’intera storia della metafisica da Parmenide a Hegel. Praticamente, due interi anni di studio liceale compressi in uno studio di neanche due settimane.
Questo perché Naruto aveva l’incredibile dote di riuscire a smarrirlo dalla retta via dello studio, proponendo ogni genere di attività più disparata e alternativa alla studio. Attività che andavano dall’andare a prendere un semplice caffè al finire a piazza S. Marco a intromettersi nelle foto dei turisti.
Sasuke non sapeva mai dirgli davvero di no, protestava, sbuffava e pestava i piedi indignato, ma in verità si divertiva a ogni stramba proposta di Naruto e sacrificava volentieri lo studio per lui.
Perché siamo amici.

Inutile girarci attorno ancora a lungo: Sasuke si era beccato una cotta per Naruto. Sì, gli piacevano gli uomini e no, non lo aveva detto al diretto interessato, fidanzato da due anni con una ragazza che si premurava ogni volta di evitare.
Quando lo aveva capito? Di essere attratto dagli uomini anni fa, quando era un adolescente in piena crisi ormonale e più concentrato su Chris Hemsworth che Natalie Portman nel vedere gli Avengers  – tanto per fare un esempio. Di Naruto, invece, era stato un fulmine a ciel sereno dopo che si era imbambolato a fissarlo di spalle mentre era in calzoncini da corsa e piegato in avanti per allacciarsi le scarpe. Una vista decisamente molto illuminante.
Sasuke aveva una cotta per Naruto che persisteva tenacemente, ma loro erano solo amici. Migliori amici, come ci teneva a sottolineare sempre l’altro. La situazione era così chiara e cristallina che Sasuke aveva deciso di lasciar perdere fin da subito, non valeva nemmeno la pena tentare e rischiava solo di perdere ancora un amico prezioso. Prima o poi gli sarebbe passata.
Certo, mi passerebbe più velocemente se lui collaborasse, pensò con fastidio – e compiacimento, siamo sinceri – nel vedere il coinquilino alzarsi verso la cucina con solo i boxer addosso. Non poteva biasimarlo, era da Maggio che Venezia era invasa da un caldo insostenibile. E poi sarebbe stato un reato contro l’umanità nascondere quel culetto con dei pantaloni. Da bambino e alle medie era abbastanza paffuto, per non dire cicciottello, ma nel periodo di lontananza doveva essere successo un miracolo – o più propriamente: aver iniziato la palestra.
Be’, beata pubertà.
Naruto tornò al tavolo con le mani piene di dolci e schifezze di Tiger, triplicando così quelle che avevano già aperto e divorato. La situazione era davvero grave se anche un salutista come Sasuke si era gettato sullo scadente cibo di una catena capitalistica.
Perdonami, Marx, ma devo sopravvivere.
“A che punto sei?” gli chiese Naruto bevendo una bibita energetica.
“Quasi finito Schelling, fra un po’ provo a rileggere tutto”.
“Ah, beato te!” ciondolò la testa sconsolato “Io sono ancora a Kant e non ci sto capendo niente!”
Sasuke lanciò uno sguardo distratto all’orologio, mancava mezz’ora alle sei e l’esame sarebbe stato alle dieci di mattina. Se Naruto continuava di quel passo avrebbe dovuto fare after. Ci avevano già provato una volta, con l’esame di filosofia del linguaggio, ed era stata un’esperienza così devastante da aver giurato solennemente di non replicarla mai più.
“Sei molto indietro” considerò, rigirando il coltello nella piaga visto il modo in cui il coinquilino sbuffò e affondò il viso tra le mani.
“Voglio morire qui” si lagnò “Perché siamo così indietro?”
Sasuke avrebbe voluto correggerlo che quello indietro era lui, ma provò pena per l’amico e decise di frenare per una buona volta la lingua tagliente.
“Forse perché invece di stare seduto in biblioteca con me a studiare hai passato il week-end al Lido?” con la fidanzata per giunta, questo era il motivo principale per cui ce l’aveva con lui.
“Non vedevo Teresa da secoli!” protestò arrossendo.
“Cinque giorni” lo corresse.
“Secoli, appunto” annuì computo “Mi capirai anche tu, quando ti innamorerai”.
Sasuke meditò se valesse la pene lanciargli contro il loro manuale di Storia della Metafisica – trecentosessantatre pagine di testi selezionati specificamente dal professore per l’esame – e prenderlo in testa. Magari il colpo gli faceva aprire gli occhi e diventava un minimo più intelligente.
O forse diventa più stupido. No, meglio non rischiare.
“Pensa a studiare” l’ammonì solamente e fece per tornare all’autocoscienza di Schelling, ma Naruto lo distrasse ancora, gettandosi a peso morto sulla tavola – e stropicciando gli appunti di Sakura, la loro morte era ormai assicurata – e congiungendo le mani a preghiera davanti a sé.
“Ti prego, aiutami, mi scoppia la testa” si lagnò con una certa riluttanza.
Doveva essere davvero disperato se si stava abbassando a chiedere aiuto, una delle caratteristiche peculiari di Naruto era il voler far di testa propria senza chiedere l’aiuto di nessuno finché non era troppo tardi e il casino era stato combinato.
“Sto studiando” gli fece notare gelido, ma non realmente infastidito. Sasuke adorava quando Naruto doveva supplicarlo per qualcosa, era più forte di lui, ma il broncio da bambino che faceva e lo sguardo imbarazzato e le guance leggermente arrossate erano irresistibili.
“Per favore, non capisco nulla di Kant” si lamentò Naruto.
“Non ti stai impegnando abbastanza” si finse inflessibile, anche se aveva già deciso di aiutarlo.
“Sì, invece!”
“Non farmi perdere tempo, dobe”.
“Non ti faccio perdere tempo” gonfiò le guance “Anzi, questo sarà utile anche per te, se mi spieghi Kant lo ripassi e capisci se lo hai capito, no?”
Il ragionamento non faceva una piega, anche se si era espresso esattamente con l’analfabeta disfunzionale quale era, ma fece finta di non aver sentito e continuò a consultare l’antologia.
Se c’era una cosa che Naruto non sopportava era venire ignorato così cocciutamente, perciò si alzò dalla sedia e si andò a posizionare in piedi accanto a Sasuke.
“Sas’ke…” lo chiamò imbronciato iniziando a tirargli un ciuffo di capelli neri.
“Sei un dannato bambino capric…” iniziò, ma si interruppe di colpo ingoiando saliva quando Naruto – mezzo nudo, è bene ricordarlo – si scaraventò su di lui in un tentativo di soffocarlo mascherato da abbraccio.
“Daaai, Sasuuuuke!” gli gridò nelle orecchie lamentoso.
“Va bene, ma levati!” si agitò cercando di allontanarlo, anche se averlo spalmato in quel modo addosso era decisamente piacevole, al di là del caldo e della sua allergia per il contatto fisico.
“Ti aiuto, ti aiuto” ripeté perché le sue parole non aveva effetto e Naruto continuava a stargli aggrappato addosso come una cozza.
Alla fine riuscì a farlo tornare al suo lato del tavolo e prese un lungo respiro, armandosi di pazienza.
“Dove sei arrivato?”
“Pagina duecento quaranta” rispose diligente e Sasuke sfogliò l’antologia fino a trovare il testo giusto.
“Ah, okay” annuì dopo aver letto le prime righe e aver capito di cosa si trattasse “Sensibilità e intelletto”.
Naruto annuì e spalancò gli occhi, mettendosi sul volto quell’espressione da (finto) studente modello che aveva fatto capitolare più di un professore ai suoi piedi.
Dannati occhi azzurri.
“Dunque” iniziò Sasuke abbassando i suoi, di occhi, sugli appunti per non lasciarsi distrarre troppo da quelle iridi opalescenti “Per Kant due sono le fonti del nostro sapere: la sensibilità è l’intelletto. L’una non può ottenere nessuna conoscenza senza l’altra”.
“Devono andare a braccetto” tradusse Naruto nel suo idioma inappropriato.
“Sì, ma magari non dirlo così all’esame” sospirò “In ogni caso, i sensi senza l’intelletto non riescono a produrre nessuna immagine reale. Essi si limitano a percepire una molteplicità di sensazioni tutte irrelate l’una rispetto all’altra, le quali senza un’azione unificatrice mai potrebbero darci un’immagine consolidata dell’oggetto”.
Naruto annuì per fargli intendere di aver capito e gli fece un gesto di continuare. Sasuke si prese comunque qualche secondo, perché per quanto fosse abituato a dover ripetere le cose a quella testa quadra, avere la sua completa attenzione in quel modo lo metteva sempre in soggezione, perché Naruto lo guardava come se fosse l’unica cosa importante nel mondo.
È una bella sensazione.
“D’altra parte” riprese “neppure i concetti intellettuali da soli sono in grado di produrre conoscenza , senza il materiale molteplice e sensibile da unificare girerebbero a vuoto” e disegno distrattamente dei cerchi con le dita “Per questo le intuizioni senza concetti sono ciechi, mentre i pensieri senza contenuto sono vuoti” citò a memoria.
Questa volta Naruto annuì con più vigore, lo sguardo concentrato di chi è certo di aver afferrato un significato. Sasuke si compiacque di se stesso.
“Perciò” concluse “La sensibilità rispetto alla realtà è passiva, ovvero recettiva; mentre l’intelletto è attivo, dotato di spontaneità, in grado di intervenire sui i dati e organizzarli in modo coerente”.
“Sono diversi, ma servano entrambi” riassunse Naruto, poi allargò le labbra nel suo splendido e famoso sorriso a trentadue denti “Sono complementari, proprio come noi due!”

Sasuke non seppe come replicare, nemmeno come reagire a quella frase così spontanea e dannatamente ambigua, perciò lo guardò senza dire niente o mostrare una qualche espressione particolare.
Naruto ovviamente fraintese, perché gli spiegò meglio quello che intendesse: “Noi due siamo diversi, ma siamo complementari. Come la sensibilità e l’intelletto. Senza l’altro saremmo incompleti, no?” e annuì soddisfatto della propria scoperta “Tu senza di me saresti vuoto, mentre io senza di te sarei completamente cieco. Funzioniamo solo quando siamo insieme” e allargò il sorriso.
Era abbastanza certo che quelle frasi non potessero in alcun altro modo essere fraintese, erano così espliciti da essere imbarazzanti, anche se Naruto le aveva dette che una naturalezza tale da essere destabilizzante, come se avesse semplicemente detto la verità più semplice del mondo.
E in un certo senso aveva ragione.
Deglutì, cercando di trovare il modo più appropriato per rispondere a una dichiarazione del genere, ma Naruto pensò bene di continuare a parlare.
“Siamo dei fantastici amici!” completò soddisfatto.
Sasuke sentì chiaramente il proprio cuore fare crack, o forse era solo la matita che aveva tra le mani e aveva appena spezzato.
“Già, amici” disse lugubre “Ottimi amici”.
Naruto non indagò troppo sull’improvvisa nuvola nera che sembrava essere comparsa sulla testa del compagno, perché il telefono catturò tutta la sua attenzione.
“Ohi, c’è Teresa al Campo a farsi uno spritz, la raggiungiamo?”
“Dobbiamo studiare” storse le labbra, ancora arrabbiato con se stesso per aver sperato inutilmente, ma ancor di più per l’intromissione della fidanzata nella conversazione “Vacci tu, se proprio vuoi”.
“Eh, no!” sbottò Naruto risentito “O vieni anche tu o niente. Abbiamo promesso che questo esame lo avremmo affrontato insieme, quindi le pause che faccio le fai anche tu” pretese.
In realtà anche lui voleva fare una pausa, i suoi occhi cominciavano a essere stanchi e se li avesse sforzati troppo poi Orochimaru lo avrebbe ucciso, era l’idea di vedere la fidanzata di Naruto a farlo indisporre.
“Se andiamo domani sarà un suicidio, moriremo” cercò di convincerlo ancora, ma Naruto fece uno sguardo spassionato e gonfiò il petto con orgoglio e proclamò deciso:
“Allora noi due moriremo insieme”.
… Decisamente Naruto leggeva troppi manga invece di studiare.
 
 
 
EHI
Questo delirio lo avevo partorito per metà il giorno prima del famigerato esame citato anche nel testo, oggi ho deciso di terminarlo xD
È abbastanza comica e nonsense, lo so, con un OC saltato fuori  dal nulla *Teresa saluta la folla imbarazzata* ma la verità è che vorrei usare questa One-shot come base d’avvio per una University!AU nella mia amata Venezia :’) Ovviamente vedrà la luce fra anni, considerando i miei tempi di reazione hahahah
Comunque ringraziatemi perché io e Kant vi abbiamo appena dato una frase da rimorchio dal successo assicurato: *voce sexy*“Ehi, tesoro, noi due siamo proprio come l’intelletto e la sensibilità” ; oppure può essere un perfetto insulto: “I tuoi pensieri non hanno sensibilità!” “…cioè?” “Sono vuoti!”
…Okay, me ne vado prima di venire uccisa :>
                                                   
Ci si vede!
Hatta
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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