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Autore: _kementari_    13/07/2018    1 recensioni
Cosa succederebbe se, al posto di Fred, fosse morto Percy durante la Battaglia di Hogwarts? Con quali sentimenti devono ora convivere i sopravvissuti alla seconda guerra magica? Ma soprattutto, può chi ha spezzato un cuore tornare ad amare? E chi è ancora prigioniero dei terribili ricordi, ha diritto di trovare sollievo in qualcuno di assolutamente inaspettato?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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When your dreams all fail
and the ones we hail
are the worst of all
and the blood's run stale

 

In qualche modo era cosciente che fosse già mattina e che si sarebbe dovuto mettere al lavoro. Braccio sinistro sugli occhi, a proteggerli dalla luce che filtrava dalla finestra, destro abbandonato sul fianco. Simmetricamente, la gamba destra era leggermente flessa verso l'alto e la sinistra posta diagonalmente verso la fine del letto.

Fred Weasley era stanco, avrebbe voluto dormire in quel momento, di mattina, quando nessun incubo aveva abbastanza tempo per venire a tormentarlo. Quel paio d'ore sufficienti per tenerlo in vita. Per questo motivo, dopo una prima tensione della muscolatura verso l'alto, si lasciò ricadere sul materasso producendo un tonfo sordo, i capelli lunghi e ramati in contrasto con il cuscino niveo.

«Sei messo male, fratello, se a quest'ora pensi ancora di poter poltrire comodamente.»

La voce, proveniente da un angolo della stanza, apparteneva a George, ovviamente.

Lo osservava con un'aria preoccupata che non avrebbe mai voluto vedere sul suo viso, ma che ultimamente si affacciava più spesso di quanto fosse opportuno. Era una novità per entrambi: per quanto ci fossero delle sfumature diverse nei loro caratteri, il carattere allegro era una costante, quella che li aveva condotti ad aprire il negozio, tra le altre cose. Ora sembrava che Fred avesse perso la sua strada.

Qualunque fosse il suo problema, suo fratello nell'angolo della stanza era la realtà, quindi avrebbe fatto la stessa cosa che faceva da giorni a questa parte: affrontare la giornata e accantonare gli orrori.

Cercò di stamparsi un sorriso sulle labbra sottili: «Dammi un attimo ok? Mi rendo presentabile e scendo, precedimi pure. Non vogliamo far aspettare Verity da sola giusto?»

«Mhm...» George non sembrava granchè convinto. «D'accordo, non metterci troppo. Dobbiamo fare il punto sulle vetrine per il prossimo mese e sulle cose che stai sperimentando.»

Dicendo questo il fratello era scomparso giù dalle scale.

Fred si mise all'opera con un sospiro: gli parve uno sforzo immane buttarsi giù dal letto, mettersi in piedi e ciondolare fino al bagno. Quando infine si trovò davanti allo specchio sopra il lavello, schizzato qui e là di residui di intrugli e rovinato laddove qualche esperimento fallito lo aveva danneggiato, non potè fare a meno di rimanere stupito a fissare la propria immagine, come se non si osservasse da molto tempo.
Non sembrava nemmeno lui: i capelli erano cresciuti visibilmente, arrivando a una lunghezza che si potrebbe definire "degna di Bill e Charlie"; il viso era più smunto e due occhiaie leggere facevano capolino sotto gli occhi chiari, una lieve peluria rossa ricopriva la mascella. Non sembrava lui, per niente, eppure non gli andava di cambiare.

«Forse per una volta mi distingueranno da George.» borbottò, dando voce ai propri pensieri.
L'acqua fredda sul viso gli consentì di svegliarsi a sufficienza, quanto bastava per indossare il completo del negozio e scendere di sotto, la chioma legata in una coda morbida.

La riunione si svolgeva sul retro, semplicemente lui e suo fratello. Per questa volta, visto che si era ormai fatto tardi, Verity sarebbe rimasta al bancone.

«Quindi stavo pensando di chiedere a Ness di procurarci degli aculei Knarl, l'altra volta erano buoni...»

George stava parlando da un po' e la testa di Fred vagava.

«... Poi vediamo, uova di Doxy ce ne sono ancora...»

Scorreva sui registri, prestando attenzione alle annotazioni in bella calligrafia redatte dalla loro segretaria.

«...Quindi resta solo da stabilire se ti servono dei materiali per i nuovi progetti. E anche se hai bisogno di un assistente, o vuoi che ti dia una mano più spesso. Dimmi tu, Fred.»

George era in attesa di una risposta che non arrivava. Lo sguardo di suo fratello era vacuo.

«Fred! Dico a te, fratello! Ultimamente sei più sulle nuvole di Ron. Mi ascolti?»

 

 

Ricordi, come flash, si sovrapponevano di tanto in tanto alla scena.
La sensazione di toccare il corpo del fratello maggiore, da cui il calore veniva meno poco alla volta.

Il dolore di sua madre che non era nemmeno riuscita a riappacificarsi con lui come si deve, che urlava nella Sala Grande e poi singhiozzava sulla sua spalla. Eppure non lo incolpava di nulla, era felice che lui, Ron, Harry ed Hermione fossero ancora vivi, nonostante si trovassero sulla stessa scena.
Ricordava distintamente di aver pensato: "E se fossi morto io al suo posto? Ora lui avrebbe potuto fare ammenda, loro non starebbero così male."

La voce di George lo riscosse come una secchiata di acqua gelida. Lo mise a fuoco lentamente, abbozzando un sorriso.

«Stavo solo pensando, Georgie, eddai.»

«Se non riesci a concentrarti è inutile, forse è meglio che ti prendi qualche giorno libero.» furono le parole altrui, intrise di qualcosa che a Fred dava immensamente fastidio, specie se veniva da George.

Commiserazione.

«E per fare cosa? Uscire a ubriacarmi con Lee? Finire nel letto dell'ennesima sconosciuta? Nah, preferisco lavorare.»

«Potresti smettere di passarti le sconosciute. Potresti...»

«Fare come te?»

«Beh, sì, insomma non facciamo niente di male!»

Stavano litigando. Incredibile ma vero, ultimamente succedeva spesso. Era come se la vita di George progredisse, diretta a un futuro luminoso con Angelina.
La sua, di vita, lo lasciava nello stesso punto, a camminare in tondo e senza nessuno sbocco. Si sentiva bloccato in una condizione che non voleva vivere, ma non riusciva a fare nessun passo fuori dal suo cerchio.

«Va beh, capito, me ne vado di sopra a lavorare.» disse, cercando di scansare il litigio imminente, facendo per prendere la via delle scale.
Una mano si strinse intorno al suo avambraccio, costringendolo a voltarsi di nuovo verso la pietà di George.

«Dimmi almeno a cosa, così saprò se portarti su dei materiali.» sembrava stanco, all'improvviso.

«Il Cannocchiale Tirapugni. Direi che è anche ora che entri a far parte della nostra gamma di prodotti, è fermo da anni.»

«Ok, fammi un fischio se ti serve aiuto.»

Un cenno affermativo del capo accompagnò il volgersi di Fred verso la rampa di scale, prima di prendere a salire verso l'appartamento.

 

 

 

Hermione camminava per i vicoli di Diagon Alley.
Era stata tutta un'idea scaturita dal suo colloquio con il Medimago. Quella mattina doveva essere quella giusta, così si era detta.
Si era svegliata un po' prima del solito, sola, nel suo triste e incasinato appartamento della Londra babbana. Si era come resa conto per la prima volta dopo molto tempo, che lì dentro c'era un caos inimmaginabile e che Ginny aveva ragione quando minacciava di mandare sua madre ad aiutarla per una ripulita. Molly le avrebbe sicuramente dato una strigliata per come teneva quel posto.
Alla fine, tuttavia, quella mattina non era il momento giusto per appellarsi all'ordine. Si era fatta largo tra fogli, borse e confezioni vuote di gelato o di noodles, per arrivare fino al bagno e darsi un contegno.
Osservarsi era stato un trauma: era decisamente più smunta, le ossa degli zigomi si notavano di più, aveva perso il rossore che di solito li adornava e aveva un colorito abbastanza cereo, poco salutare. Così si era data al make-up, come le aveva consigliato Ginny, ed era riuscita a sistemarsi quanto bastava per non sembrare un Dissennatore.

 

Uscire di casa era stato pesante, ma mai quanto fare la strada fino al Paiolo Magico. Si guardava intorno ad ogni incrocio, ad ogni vicolo. Aveva sempre la mano pronta ad estrarre la bacchetta dai jeans. Prima di entrare al Paiolo Magico, poi, aveva inforcato un paio di occhiali da sole, per evitare che qualcuno la riconoscesse. Metodo molto babbano ma efficace: cappuccio tirato sulla testa a nascondere la massa di ricci ed eccola passare davanti a una massa di maghi indifferenti, se non per quanto riguardava il suo abbigliamento. Almeno così era riuscita a evitare che qualcuno la fermasse per farle i complimenti o per chiederle se voleva lavorare per lui.
Fu con un sospiro di sollievo che si affacciò nella poco affollata Diagon Alley delle undici di mattina.
Era un lunedì mattina nel mese di ottobre, appena rischiarato dai raggi deboli del sole che filtrava tra le nubi sparse. L'aria sembrava pulita e tutti erano troppo impegnati per notarla, così si concesse di togliere gli occhiali da sole. Teneva le mani infilate nelle tasche della grossa felpa, un modello sicuramente maschile che nascondeva la sua inaspettata magrezza.
Come un monito, nella tasca sinistra aveva ancora la borsetta di perline che aveva usato durante la Guerra. Oltre a essere decisamente utile, essa conteneva troppi ricordi per separarsene. Ovviamente l'aveva svuotata e aveva ridotto un poco l'incantesimo, per adattarla alle sue esigenze.
Le insegne dei negozi, alcuni dei quali ripristinati, come la Gelateria di Fortebraccio, non riuscivano del tutto ad attirarla verso di loro. Alla fine pensò di andare al Ghirigoro, lì avrebbe certamente trovato qualcosa che facesse al caso suo, qualche nuovo libro in cui tuffarsi, qualcosa di cui interessarsi di nuovo, una causa per cui battersi.

Mentre procedeva verso il suddetto negozio, non potè fare a meno di passare davanti ai Tiri Vispi Weasley. Leggere il cognome le provocò una stretta all'altezza dello stomaco, ma più i suoi occhi scorrevano sulle insegne promozionali dei nuovi prodotti, più era curiosa di entrare e dare un'occhiata.

Alla fine si rimise gli occhiali da sole, sperando che nessuno la notasse, e varcò la soglia.

 

George era dietro il bancone, mentre entrambe le ragazze loro dipendenti erano in giro per il negozio con un paio di clienti mattutini. Il suo sguardo vagava pigramente qui e là, mentre pensava al fratello. Non litigavano mai davvero, ma negli ultimi tempi erano sempre pronti a scattare. Vederlo versare in quella sorta di apatia lo faceva soffrire, ma al tempo stesso non aveva idea di quale fosse la soluzione migliore. Non aveva mai avuto problemi a farlo stare bene quando il più sensibile dei due veniva ferito, magari da qualche ragazza a scuola. Si risollevavano a vicenda, sempre con una complicità impagabile. Ora era come se, all'improvviso, la diversità si fosse messa tra loro come un terzo incomodo che non c'era mai stato. Forse era colpa sua, del resto quello dell'anima gemella e della relazione era un clichè, sbattergli in faccia la propria felicità con Angelina non era stata una gran mossa.

Era ancora alle prese con questi dilemmi morali, quando una figura magra e smunta aveva fatto il suo ingresso. Dapprima l'aveva scrutata di sfuggita, ma quando aveva notato gli occhiali da sole, decisamente babbani, e un paio di ciocche ricciolute sfuggire dal cappuccio, si era concentrato meglio. Poi, in un fortuito movimento, lei si era messa di profilo, cercando di dargli le spalle, ma si era fatta scoprire proprio in questo modo.

«Hermione?»

La voce suonava un po' incerta e decisamente sorpresa, ma non aveva molti dubbi che fosse lei. Specie quando, dopo quella domanda, la donna aveva sussultato appena. Aveva fatto un movimento nervoso del capo nella sua direzione, per poi sospirare e levarsi gli occhiali e il cappuccio.

George non potè che notare il cambiamento in lei, così come lei non fece fatica a notare lo stupore nel suo sguardo.

Esibì un sorriso amaro, incurvando l'angolo destro della bocca.

«Proprio io. Ma non resto tanto, non ti preoccupare, non voglio imporre la mia...»

 

*BUM*

 

Un suono di esplosione venne dal piano di sopra, attutito, ma condotto ugualmente dalla rampa di scale.
Prima ancora che George potesse tranquillizzarla, i sensi di Hermione si erano messi all'erta e lei era scattata su per le scale, facendo i gradini a due a due, con ampie falcate delle gambe snelle. Il cuore pompava a mille, l'adrenalina era in circolo. Aveva già estratto la bacchetta quando era arrivata nella stanza, eseguendo un Sortilegio Scudo per se stessa e per George, che si affannava dietro di lei.
Tuttavia non appena la lieve nebbiolina si diradò, i suoi occhi si incollarono, come una calamita, sulla figura seduta a terra. Teneva la mano sinistra sull'occhio corrispondente, aveva in viso una smorfia di dolore. La barba rossa ne ricopriva la mandibola e i capelli, sorprendentemente lunghi, erano raccolti.

«Fred?!»

Fu il suo turno di essere sorpresa.

 

 

«Stavo sistemando il cannocchiale e l'ho stretto mentre facevo delle prove...»

La sua voce era uscita un po' fiacca, un po' sorpresa a propria volta. Che ci faceva la Granger lì? Come mai sembrava così tesa?
Eccola sciogliere l'incantesimo che aveva usato con un semplice cenno della bacchetta e avvicinarsi a lui.
Ora che erano molto vicini, poteva notare quanto anche lei fosse diversa.

«Beh, posso essere sorpreso anche io, non ti ricordavo così magra.»

Ecco, era riuscito a farla arrossire un po'. Stava meglio così. Ma immaginava di non essere nella posizione da cui si possano dare giudizi di bellezza. La vide stringere le labbra mentre armeggiava con una piccola borsetta di perline, infilandoci dentro il braccio fin oltre il gomito.

«Cioè, non che tu prima fossi grassa!»

Cerca di tirarsi fuori dai guai, prima che lei gli spedisca contro qualche strana fattura, ma Hermione sembra un po' spenta e sbrigativa, a dirla tutta. Come lui.

Parlò senza guardarlo dritto negli occhi, come se la sua vista la turbasse: «Per fortuna la porto sempre con me da quel giorno. E' utile per curare praticamente ogni livido e piaga.» disse, mentre estraeva la pomata gialla in tubetto che lui le aveva dato qualche anno prima per curare lo stesso disturbo che lo affliggeva ora.

Per un istante, riuscì a incrociare lo sguardo di Hermione. Gli parve che le pupille fossero annebbiate dagli stessi demoni che lo tormentavano, come se anche lei non riuscisse a trovare pace.

«Grazie.» le rispose, accettando la pomata e svitando il tappo per applicarsela. Prima di farlo, tuttavia, finì per guardare la Grifondoro.

Scoppiò a ridere: non riusciva a controllarsi, la risata saliva spontanea e completamente fuori controllo, non poteva fermarla in alcun modo.
«Perchè ridi ora?»

«Andiamo... Non dirmi che... Non vedi l'ironia... Della situazione!» riuscì a dirle tra una risata e l'altra. Stava quasi per rotolarsi sul pavimento, aveva male a livello del diaframma e le lacrime agli occhi.

Alle spalle di una Hermione un po' esterefatta, George ridacchiava sollevato.

 

 

When you feel my heat
Look into my eyes

It's where my demons hide
Where my demons hide

   
 
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