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Autore: _Lakshmi_    13/07/2018    1 recensioni
[AU Scolastica]
Dal primo capitolo:
Il pullman è la barca, l'autista è il tristo traghettatore di anime.
Se Dante avesse scritto la Divina Commedia nel XXI secolo, probabilmente lui e Virgilio avrebbero viaggiato su un mezzo pubblico, schiacciati nella calca di teste pensanti -chi più, chi meno- ed ansiogene, concentrate unicamente sull'imminente verifica o interrogazione.
Caronte aspettava gli spettri imbottiti di caffè e di zuccheri, tamburellando le ossute dita sul volante a ritmo della colonna sonora delle sue lunghe traversate: [...] lui, infatti, in mezzo a tutta quella vita, si limitava ad ascoltare e a cantare le note della sua amata canzone, guidando la nave sul fiume di nero asfalto.

[Attenzione: rivisitazione miti in chiave moderna ed utilizzo di stereotipi]
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Who you are

Who you are (Lunatica)

[raccolta di One-shot]


DROGA AL LICEO AGORÀ


    Tanto banale, eppure tanto catastrofico: questo era il grande titolo della notizia che da qualche giorno spopolava sul web, allarmando blog e pagine di mamme preoccupate per i propri pargoli, tanto da arrivare a scrivere ogni genere di insulto all'intera struttura scolastica.

Come se quel coglione di un figlio lasciato allo stato brado, senza alcun controllo, fosse in verità un santo corrotto dal sistema.

Ila, addossato al muro in fondo alla classe, rifletteva su quanto certi genitori fossero decisamente troppo ingenui: davvero bastava una simile, ovvia notizia per allarmare le masse? A quando la scoperta sensazionale dell'Acqua Calda? Oppure era tutto un incredibile, magico teatrino, in cui i problemi erano accettati fin tanto che restavano nella massa oscura del “non detto”?
Il ragazzo si accasciò sul banco e con uno sbuffo annoiato si scostò quel bianco ciuffo mosso e selvaggio che gli copriva i freddi occhi d'un chiaro grigio-azzurrognolo: non riusciva più a sopportare l'eterno sermone del Sommo Preside, che ricordava per l'ennesima volta agli studenti quanto fossero pericolose le sostante stupefacenti.

E allora perché ho un giro così proficuo di clienti?

Sollevò il cappuccio della felpa nera, cercando di dormire indisturbato per il resto dell'interessantissima lezione passata ad ascoltare importantissimi concetti morali, ribaditi con le stesse, medesime frasi fatte che si ripetevano ogni volta in simili discorsi.
Tuttavia, prima di poter chiudere le palpebre, notò lampeggiare una lucina verde sul cellulare, segno di un messaggio su
WhatsApp. Con un sospiro, decise di leggere il contenuto.


I.

Dopo le lezioni.


- Servizio sospeso per il momento.


I.

Mi stai prendendo per il culo?


- Non posso

- Ci sono i cani che girano

- Non voglio casini


Ila spense il telefono quando notò lo sguardo aureo del Sommo Preside puntato contro: più che per l'utilizzo del cellulare, probabilmente Zeus era a conoscenza delle presunte voci di corridoio che giravano attorno al ragazzo. E quello sguardo era un chiaro ammonimento.
Il giovane annuì convinto, sorridente, con lo stesso sorriso di quando decantava al professore della prima ora: “sì, ho fatto tardi perché dovevo consegnare dei fogli in segreteria”.
Ancora un'altra mezz'ora e quella tortura sarebbe finita.


Lunedì, bagni dell'artistico, ultimo piano.


    Gratta, gratta, gratta.

La campana era suonata da un po' e Ila iniziava effettivamente a sentire la fame attanagliargli lo stomaco; tuttavia il materiale che aveva usato durante le ore di disegno non si degnava di scrostarsi dagli strati di pittura ed essendo materiale personale, gli scocciava tornare a casa con tavolozze luride e pennelli inutilizzabili.
L'acqua gelata gli intorpidiva le mani, però lui persisteva nel proprio, faticoso lavoro, pregustandosi nel frattempo l'immagine della calda, croccante piadina al chioschetto di fiducia. Quel giorno, tra l'altro, avrebbe completato la tessera, per cui poteva ordinare anche il dolce totalmente a gratis.

E Ila amava particolarmente i dolci.

Finito di pulire, si mise lo zaino in spalla ed uscì tranquillamente dall'istituto; tuttavia, proprio quando stava per imboccare la scorciatoia per la sua piadineria preferita, fu intercettato da un ragazzo massiccio, alto all'incirca un metro e novanta e con un'espressione non particolarmente allegra: bastava solo notare l'inusuale acconciatura castana a rasta serpentini per riconoscere Idra, violento studente temuto dall'intero istituto.

Decisamente non era la sua giornata fortunata.

<< Brutto bastardo.>> esclamò il colosso, avanzando con aria minacciosa.

Ila, anche se tentò un'orgogliosa fuga, fu ugualmente afferrato per la gola.

<< I-Idra...>> gemette il fanciullo dalla corporatura fin troppo esile per poter anche solo opporsi.
<< Dammi ciò che mi spetta!>> sbraitò il gigante, mostrando le mostruose zanne quasi volesse morderlo.
<< Non ce l'ho qui...!>>

In un puro moto d'ira, Idra gli diede un violento pugno nello stomaco. L'impatto fu a dir poco micidiale, tanto che Ila perse coscienza per qualche attimo, riprendendosi solo dopo il successivo schianto contro la ringhiera in ferro battuto del cortile.
Era bloccato da lancinanti fitte che gli impedivano ogni possibile reazione. Osservava rassegnato i pesanti passi farsi sempre più vicini e, in fondo, prendeva atto che da quella situazione difficilmente ne sarebbe uscito integro e, soprattutto, vivo.

<< T-ti prego Idra...>> tossì più e più volte. Persino parlare sembrava un'azione fin troppo difficile in quelle condizioni.
<< Dove la tieni?>> ringhiò furioso il colosso, svuotando la tracolla del giovane per poi calciare malamente libri e quaderni. Non trovando nulla, fu sul punto di tornare a sfogare la frustrazione sulla vittima indifesa, ma dall'uscita secondaria sopraggiunse un altro ragazzo, decisamente ritardatario.

Il classico terzo incomodo.
Ila cercò di rialzarsi, ma il colpo incassato alla schiena gli spezzò il respiro, per cui si limitò ad assistere ad uno spettacolo decisamente inaspettato.

Perché? Perché mai qualcuno dovrebbe prendere le mie difese?

Quel misterioso nuovo arrivato, infatti, di punto in bianco aveva deciso di difenderlo.
Era decisamente abile: di pari forza infatti, riuscì a prevalere con un deciso pugno in grado di far sbilanciare l'avversario.
Idra, scosso, fu sopraffatto da un successivo calcio e di nuovo da un cazzotto in pieno viso che gli spaccò il setto nasale, causandogli così una cascata di sangue. Indietreggiò confuso, ma non non riuscì ad evitare una violenta testata.
Ila, in quella confusione, non voleva certo far la parte della povera principessa in pericolo e per questo, a fatica, cercò di dileguarsi: se con due semplici colpi aveva steso Idra, era bene non stare troppo vicino a quell'erculeo adolescente.

<< Ehi... tutto a posto?>> tuttavia il paladino della Giustizia, sfoggiando il più confortante dei sorrisi, frenò la sua zoppicante fuga piazzandosi esattamente davanti a lui, dopo aver lasciato andare il non più nocivo Idra.

Perché? Perché mi destabilizzi in questo modo?



Sempre lunedì, fine delle lezioni, Oscuro Parcheggio della scuola.


    << Ascolta... grazie... ma preferisco tornare a casa, non voglio andare all'ospedale: mia madre lavora lì e la farei preoccupare inutilmente.>> sospirò Ila, facendosi piccolo piccolo nel cappotto, mentre un velo di rossore gli tingeva le gote.

Il misterioso salvatore, probabilmente con un deficit all'udito, aprì ugualmente la portiera della costosa macchina sportiva, invitandolo a salire.

<< Sali, non fare complimenti.>> sorrise infatti bonariamente, dandogli una poderosa pacca sulla schiena -ahia- per convincerlo sedersi.
<< Ma abito a cinquecento metri...>>

Un lungo, rassegnato sospiro.

<< Ah... mio padre mi aveva detto che eri un ragazzo timido.>>
<< Tuo... padre?>>
<< Zeus, il Preside della Scuola: io sono il suo figliastro, Eracle. Ed ora sali in macchina, Ila, dobbiamo parlare.>>

Ila però fece esattamente il contrario di ciò che gli era stato gentilmente consigliato, sfuggendo alla presa del ragazzo nerboruto per portarsi a debita distanza. Sentiva il sangue ribollire nelle vene e, come spesso accade, ciò non gli permise di riflettere a mente lucida.

<< Tu sei completamente pazzo! Io non ci salgo su quella fottuta macchina!>> urlò l'albino, indietreggiando ancora di qualche passo.
<< Non fare il ragazzo difficile.>> con estrema pazienza, il campione si appoggiò alla macchina per guardare il divertente sfogo di quel ragazzo piccolo ed adorabile.
<< Non hai prove! Nessuna! Ed ora lasciami in pace!>>

E così, Ila si allontanò con una camminata spedita, verso quel Sole pomeridiano che tanto gli infastidiva la vista, sotto l'occhiata dubbiosa di Eracle che, invece, si limitava a lanciare da una mano all'altra il cellulare di quell'irascibile adolescente d'un bianco accecante.

Alla fine torna sempre, è solo questione di tempo. O almeno, diceva sempre così suo padre ad ogni litigio con la sua matrigna.



Martedì, Ricreazione, Secondo Piano (Scientifico).


    << Il. Mio. Cellulare.>>

Ila, puntuale come un orologio svizzero, si era presentato nella 5C Scientifico quasi al suono della campana, con quello sguardo cupo, seppur non così severo come avrebbe voluto per colpa di dell'estrema dolcezza dei lineamenti. Ora attendeva impaziente al banco di quel ragazzo più grande di lui per anni, statura e soprattutto fisico.

Dannazione, può realmente esistere una montagna così imponente di muscoli?

<< Oh, mi hai trovato alla fine.>> sorrise contento Eracle, scartando nel frattempo un gustoso panino imbottito, che straripava salsa da tutti i lati.
<< Ovvio. Trovo sempre le persone che mi interessano.>> Ila socchiuse gli occhi e scoccò seccato la lingua contro al palato << Questa è l'ultima volta che te lo ripeto, dov'è il mio...>>
<< Che ti interessano?>> forse per puro divertimento, forse per un oscuro lato sadico, lo studente dello scientifico si divertì non poco nel vedere il viso del giovane passare da un bianco cereo ad un rosso acceso.
<< Per il mio cellulare!>>
<< E se non fosse qui?>>
<< Non temo la prigione.>> ringhiò il ragazzino in risposta.

Eracle sospirò, alzando le spalle e consegnando il cellulare al legittimo proprietario.

<< Tu sì che sei un vero uomo.>> rise poi, nel breve frangente in cui i loro palmi furono a contatto << Il Preside mi ha detto di tenerti d'occhio, lo sa-...>>
<< Mio caro figlio di papà, non mi interessa: non ti conosco, non mi importa nulla della tua mirabolante vita e questa è l'ultima volta che ci incontriamo.>> sbottò seccato Ila, che decisamente non amava essere su palcoscenico decisamente opprimente << Ed ora, se non ti dispiace...>>

Eracle osservò allontanarsi quella magra schiena nascosta in una felpa nera decisamente oversize: non era furioso per quelle parole tanto acide, anzi, doveva ammettere che la sfida propostagli dal padre stava diventando sempre più divertente.

Eracle, certi ragazzi non hanno speranza. Alla prossima verrà sicuramente espulso.”, così gli aveva detto.

Tuttavia, lui amava le sfide. E quella sembrava piuttosto interessante.



Always Martedì, Quarta Ora, Quarto Piano (Artistico).


    Un nuovo messaggio.
Ila, intento a disegnare i dettagli floreali dell'ombrello di una magnifica Geisha (tanto non importava quanto si impegnasse, il suo lavoro sarebbe sempre passato in secondo piano rispetto al magico “Artista”), concentrò l'attenzione su quella lucina che improvvisamente aveva iniziato a lampeggiare.
Senza neppure controllare dove si trovasse il Prof. Apollo, diede un'occhiata alla nuova chat.


Your Savior

Cosa fai dopo scuola?


- Lasciami

- in

- pace

Your Savior

Ma voglio aiutarti


- Non me ne frega un cazzo


Your Savior

Ti aspetto dopo scuola

Ok?


- Ti blocco.


<< Ila caro, come stai sprecando le mie preziose ore?>> esclamò la calda, letale voce del Professor Apollo alle sue spalle. Odiava quando qualcuno perdeva tempo a chattare su qualche Social, al posto di produrre magnifiche opere d'arte.

Il povero studente incriminato a quella domanda sobbalzò, per poi riprendersi a stento evitando appena in tempo di sbilanciarsi dal pericolante sgabello.

<< S-sto disegnando, profe.>> mormorò, spegnendo lo schermo e tornando diligentemente a disegnare più concentrato di prima.

E, alla fine, il misterioso forse non così tanto misterioso “Your Savior” non fu bloccato.


Sempre Martedì, fine delle lezioni, seconda uscita della Palestra.


    << Sei ricercato per dover usare questo passaggio?>> domandò dubbiosa Phobos, docente di Ginnastica, dopo aver aperto quella porta dimenticata da personale e studenti.

<< No! Assolutamente! È che sono in estremo ritardo e il bidello ha chiuso tutte...>> Ila, visibilmente intimorito dalla professoressa, cercò di raccontare una storia abbastanza convincente, ma finì solo per arrampicarsi malamente sugli specchi.

E Phobos, della stessa indole di suo padre Ares, era particolarmente diffidente e severa, soprattutto con quei ragazzi capaci di ogni atto deplorevole pur di andare “contro il sistema”: aveva un cuore decisamente meno caritatevole rispetto al consanguineo Deimos, per cui non si faceva scrupoli nel sfoggiare ogni goccia di spietatezza presente nel sangue contro chi la sfidava apertamente.
Essere donna non voleva dire essere meno feroce di qualche
omuncolo. E questa lezione di vita, molti l'avevano pagata a proprie spese.

<< Ti devi drogare?>> volse lo sguardo cremisi allo zaino che, a quel punto, poteva realmente contenere di tutto.
<< No! Assolutamente!>> Ila deglutì a fatica, sentendo l'animo oppresso dalla paura.
<< Ti devi incontrare con qualche ragazza?>> continuò Phobos assottigliando l'occhiata inquisitoria, seguendo l'esile albino al pari di un avvoltoio.
<< Certo che no!>>
<< Con un ragazzo?>>

Ila stava per rispondere, ma la sua attenzione fu catturata dallo schermo del cellulare improvvisamente illuminato.


E.

Dove sei?


- Ti ho detto

- di lasciarmi in pace


E.

Lo sto facendo per te


- Nessuno te l'ha chiesto


Due spunte blu e nessuna risposta entro il minuto d'attesa: finalmente Eracle aveva capito di essere stato troppo invadente. Insomma, Ila non lo conosceva e tra l'altro non gli interessava essere amico di qualcuno il cui unico obiettivo era quello di accontentare le richieste del padre-Preside; non si sentiva assolutamente nel torto, dopotutt-...


E.

Sei all'uscita secondaria della palestra?


- Sì.


<< Dove pensi di andare adesso?>> domandò confusa Phobos, assistendo all'improvvisa inversione a “U” da parte dello studente.
<< Esco dal cancellino dell'orto.>>

La docente scosse il capo disorientata, mentre Ila, a grandi passi, si dirigeva verso quell'uscita sperduta in mezzo alla sterpaglia alta ormai un metro e mezzo.

Mai l'avrebbe data vinta a quel dannato ragazzo.


Martedì sera, casa di Ila, sopravvissuto a Eracle.

    Ila tornò a casa dopo il consueto giro con gli amici: era pregno di un intenso odore di fumo e di alcol, tuttavia mai abbastanza intenso quanto quello dell'uomo steso sulla poltrona a bere birra sottomarca.
Cercò di non far rumore, ma d'un tratto una bottiglia vuota cadde a terra. E l'imprecazione che seguì gli raggelò il sangue.

<< Sai che ore sono?!>> urlò quell'uomo, abbandonando la propria seduta per racogliere il contenitore caduto, barcollando malamente.

Per evitare possibili, spiacevoli conseguenze, Ila non disse nulla e corse su per le scale, chiudendosi infine a chiave nella propria piccola stanza. Si accasciò quindi contro la porta in legno, facendosi piccolo piccolo con il capo nascosto tra le ginocchia.
Respirò a fondo: doveva calmarsi.
Ascoltò la pacatezza di quel finto silenzio della cameretta, in cui poteva ancora sentire il riverbero della televisione a tutto volume.
Respirò a fondo, notando nel buio la luce lampeggiante dei messaggi.


E.

Sei veloce a correre

non pensavo


- Perché sei così tanto cocciuto?

- Se lo fai solo per tuo padre...


E.

Perché voglio aiutarti

Davvero.


- Certo...

- Ora vado a dormire


E.

Buonanotte Ila


Ila spense il cellulare: stranamente, per qualche secondo, pensò addirittura di valere qualcosa; forse quel ragazzo voleva davvero aiutarlo, dopotutto.

No... non è possibile.

Lanciò il cellulare contro la parete, per poi nascondersi nell'ombra più nera.

Non è possibile... ma...



Lunedì, prima delle lezioni, 3A Artistico.


Eracle

Cos'hai alla prima ora?


- Non ti interessa


Eracle

Mhm... Storia dell'Arte?


- Sbagliato

- Lo faceva Leonardo da Vinci
con i cadaveri che recuperava dal cimitero


Eracle

Necrofilia?


- Ahahahaha

- Spero di no


Eracle

Ehi

Dove sei alla ricreazione?


- Non ti interessa


Lunedì successivo, ultima ora, 3A Artistico.


Eracle

Com'è andato il compito?


- Una merda

- Gli integrali dovrebbero essere
solo dei cereali


Eracle

Se ti serve una mano

Questo pomeriggio ci sono


- Esco oggi


Eracle

Dove?


- E secondo te

- lo vado a dire al figlio del Preside?


Eracle

Se hai qualche problema...

chiama pure


Ila sospirò con un leggero rossore sulle gote.
Accorgendosi del proprio pudore incontrollato, scosse il capo infastidito: non avrebbe mai voluto apparire agli occhi della classe come una ragazzina esaltata. Esaltata per cosa, poi? Insomma, stava solamente scrivendo qualche messaggio ad un... amico?
Niente di più.
Non aveva certo passato il weekend attaccato a WhatsApp -alternando i messaggi ad un sano atto di stalking su Instagram e Facebook per vedere le foto o leggere i post condivisi-, mandando inevitabilmente a farsi benedire il compito di matematica.
Quel maledetto Eracle, era tutta colpa sua: gli aveva rapito tutte le zone celebrali senza chiedergli neppure il permesso.
Raccattò la propria borsa e la propria cartellina, sul punto di uscire dalla classe, ma proprio in quel momento venne intercettato dall'Artista (o Pigmalione per i comuni mortali).

<< Sto raccogliendo i soldi per le prevendite della festa d'istituto di fine mese. Tu ci sei?>> il coetaneo lo squadrò con quei glaciali occhi cerulei e il cervello di Ila viaggiò più velocemente del proprio autocontrollo: erano azzurri, vero, ma un azzurro decisamente sottotono rispetto a quello di Eracle.

Ah, dannazione, perché ci pensava adesso?

<< Ah, sì... volevo proprio chiedertene una.>> l'albino estrasse dalla tasca i soldi necessari per pagare il biglietto.
<< Ehi, ho visto quel quadro che stavi facendo: ha un grande stile.>> Pigmalione distribuì la prevendita, rimanendo poi ancora qualche attimo in attesa di una risposta -anche minima- da parte del compagno di classe.

Ma Ila era già perso in un altro mondo, con la concentrazione tutta rivolta ai nuovi messaggi.
Oh, si è trovato la ragazza?”, pensò l'Artista, “Quindi sono ancora io l'unico che non si è dato una mossa? Davvero?




Sabato sera, festa del Liceo, fuori dalla discoteca.

    La musica martellante rimbombava addirittura fuori dalle mura del locale.
Eracle, certo, amava uscire con la compagnia, ma a quelle feste non si poteva neppure ballare o bere un drink senza essere travolti, tanta era l'affluenza.
Giasone, lì fuori con lui, lo guardò sorridente, visibilmente divertito sotto quei baffetti che, in teoria, avrebbero dovuto renderlo un uomo vero.
In teoria.
In pratica, era tutt'altra storia.

<< Allora? Con quella Ila hai combinato qualcosa?>> domandò l'amico munito di orgogliosi peli facciali, mentre si accendeva una sigaretta.
<< No... ancora nulla.>> sospirò Eracle, facendo un cenno di saluto a Castore, che si avvicinò a loro con l'immancabile Polluce a seguito.
<< Cosa? Come “ancora nulla”?>> sconvolto, Giasone scosse il capo contrariato << Amico, è da un mese che ci parli! Gente ormai si sposa ed ha dei figli in tutto quel tempo!>>
<< Di cosa parlate?>> domandò Castore, sorseggiando un drink orgogliosamente conquistato dopo un'ora e mezza di fila.
<< Eracle si sente con una tipa da un mese e non ha ancora combinato nulla.>> spiegò il baffuto, sempre più urtato dall'etica dell'amico.
<< Mhm...? Ma è qui alla festa? Mi va di vederla!>> esclamò Polluce, rumoroso come sempre.

Eracle sospirò e, alzando lo sguardo, notò di sfuggita la lontana figura di Ila, accompagnato da un ragazzo decisamente più alto e più massiccio di lui. Senza neppure rifletterci troppo -strano a dirsi, ma era una persona piuttosto diretta- decise di raggiungerlo.
Giasone, Castore e Polluce si guardarono per qualche minuto. E, da bravi amici di vecchia data, pensarono tutti e tre la medesima, malsana idea.


Sempre Sabato sera, stessa festa del Liceo, fuori dalla discoteca.

    Ila a stento si reggeva in piedi: aveva decisamente bevuto e fumato troppo, tanto da non riuscire nemmeno più a comprendere cosa stesse realmente accadendo; era solo certo di provare un forte senso di nausea che gli attanagliava lo stomaco ed una sentita depressione, decisamente non voluta.
Il resto del mondo, invece, era un insieme alterato di luci, di forme distorte e di voci gracchianti ed acute.

<< Piccolo frocetto, ora non ti fai tanto figo senza quel tuo amico.>> Idra, raggiunto il retro del locale, spintonò Ila, che cadde a terra come una bambola inanimata, senza resistenza alcuna. Totale accondiscendenza che fece innervosire ancor di più l'energumeno.

Nessuno provò a fermarlo.
Nessuno avanzò in difesa della vittima, troppo anonima per essere degna di aiuto.
Quei pochi che c'erano, preferirono allontanarsi.

<< La mia vita... è una merda...>> biascicò l'albino con la mente totalmente sconnessa dal corpo.

Gli occhi furenti di Idra si soffermarono su una bacinella d'acqua, un tempo contenente bottiglie e ghiaccio portati da qualche furbo ragazzo che non voleva pagare i drink dai prezzi esorbitanti. Quindi, per placare quell'odio macerato nell'alcol, affogò il capo del ragazzo in quella gelida pozza.
Ancora nessuna opposizione.

<< Ila!>>

Ila, all'eco di quella voce, fu lasciato ricadere a terra.
Non riuscì a trovare la forza per alzarsi, visto che un moto di nausea lo costrinse a rimettere tutto l'alcol che aveva nel magro corpo. Si sentiva male, estremamente male, e per di più, in quel momento di totale caos mentale, persino i pensieri più deprimenti e malinconici erano tornati a tormentarlo.
Tra tutti i frammenti di voci che gli rimbombavano in testa, riusciva a distinguere chiaramente il timbro autoritario ed alticcio dell'uomo che gli urlava contro chissà quali insulti.

<< Lasciami in pace...>> mormorò, stringendosi la chioma fradicia.

Aveva deluso tutti: la scuola, sua madre, Eracle... se stesso. Per sentirsi bene doveva ridursi in simili condizioni pietose, incapace com'era di affrontare il mondo.
Era inutile e patetico.

Perché ancora si ostinava a vivere?

<< Lasciami in pace...>> singhiozzò, mentre calde lacrime gli rigavano il cereo volto.
<< Ila...>> una voce affaticata, ma al contempo confortante lo distolse dai pensieri.

Non gli importava che fine avesse fatto Idra, non gli importava cosa fosse successo, il suo sguardo era paralizzato nelle iridi inquiete di Eracle. E, con quella muta occhiata, si sentiva al pari di un viscido verme, capace solo di far soffrire chi gli stava vicino.

<< Lasciami-....>>
<< Non ti lascio andare, Ila.>> il compagno gli afferrò le mani, sicuramente un gesto rude, ma al contempo estremamente confortante << Non voglio più vederti ridotto così.>>
<< Perché...? Sono solo un rifiuto! Non conto niente!>>

Eracle si tolse la giacca in pelle e, con il più caldo dei sorrisi, gli vestì le umide spalle.

<< Sei molto più speciale di quel che pensi...>> gli sussurrò ad una distanza decisamente ravvicinata, tanto che con il semplice respiro gli sferzò le gote gelide.
<< Perché? Perché mi fai questo?>> la voce di Ila era spezzata dal pianto che gli rigò ben presto il cereo volto << Sono sbagliato...>> mugugnò a denti stretti, singhiozzando.
<< Perché mi sono innamorato di te, Ila.>>

Ila era decisamente in un'altra dimensione con la testa, però quella frase la comprese alla perfezione. E ciò lo spiazzò totalmente, lanciandolo in un baratro di insicurezza, incapace di replicare visto che i suoi neuroni erano collassati assieme al suo stomaco.
Per sua fortuna però, non serviva ragionare per rispondere al naturale gesto di un bacio dal tremendo retrogusto acido, ma al contempo dolce e terribilmente romantico, quasi forza vitale stessa.
Le esili dita di Ila affondarono nella camicia del ragazzo, stringendo la stoffa per prolungare quel contatto: non voleva lasciarlo andare, voleva tenere ben stretto a sé quel calore tanto rassicurante, tanto essenziale.
Eracle, a quella muta richiesta, gli cinse la magra schiena in un sicuro abbraccio, condividendo il suo stesso pensiero.

<< Eracle! Abbiamo recuperato delle bottiglie! Festeggiamo con la tua nuova ragazz-...>> Giasone superò il corpo steso a terra di Idra, mostrando trionfante il bottino racimolato << A... Ragazza... Ragazz...>> e il disco s'inceppò su quell'ultima parola, quando s'accorse che Ila non era affatto il nome di una formosa, graziosa fanciulla. Soprattutto formosa.

A sbloccare il disco, fu una pacca sulla schiena da parte di Polluce.

<< Lui è Ila e da oggi farà parte del nostro gruppo.>> Eracle si sollevò da terra, aiutando il compagno ad alzarsi.
<< Beh, è naturalmente una sorpresa scoprire che-...>> Castore, dopo un attimo di destabilizzazione, cercò di intervenire mettendo in gioco tutta la propria sensibilità.
<< Davvero non sei una ragazza...?>> ma Giasone lo interruppe con voce affranta, non avendo ancora superato il trauma per la terribile scoperta. Da qualche parte nel proprio animo sentiva l'eco della cupa risata di Medea che, ancora una volta, era riuscita ad ostacolare i suoi piani di conquista (perché sì, lei doveva c'entrare in qualche modo).

Quella ragazza era una vera e propria strega.

<< Ehi.>> sospirò seccato Ila << Io non farò parte di nessun gruppo...>>
<< Ila, ricordi? Non ti lascerò andare tanto facilmente.>> gli sussurrò all'orecchio Eracle, causandogli un visibile ed intenso rossore sul pallido viso.


E così,
grazie a quel nuovo sostegno,
Ila ritrovò pian piano la forza per affrontare il mondo.
Accanto ad Eracle.



Fine One-shot!

Magico Artista: un vecchio gioco per computer. I feels dell'infanzia.
Your Savior: quando devi trovare un soprannome e nel mentre stai ascoltando una canzone degli Skillet.
Who You Are: canzone dei Lunatica.



Angolo dell'Autrice:

    Sono sopravvissuta all'Esame di Stato. E mi sto riprendendo pian piano dopo un mese intero passato in casa a studiare (sì, un mese intero a studiare dall'inizio i programmi che certi professori non hanno avuto nemmeno la voglia di spiegare durante l'anno; storie di vita vera).
Ho provato ansia, ho provato incazzatura, ho provato rassegnazione, mentre tutti attorno a me mi ripetevano “massì, tanto passi, sei brava”.
Bravi. Avete innescato una bomba ad orologeria.
Vabbeh, scherzi a parte, sono davvero contenta di essermi liberata di questo peso, anche perché adesso posso finalmente accendere il computer senza provare sensi di colpa o leggere un libro senza dovermi fermare alla prima riga per ripetere le definizioni di Sociologia (altre storie di vita vera).


Comunque, parlando della storia, beh...

L'idea è nata ad un open-day, quando una madre si è avvicinata per chiedermi: “Scusa, ma qui i ragazzi fumano erba? Voglio mandare mio figlio in un posto sicuro”.
Non come sono gli insegnanti, com'è il carico di lavoro, le materie, le attività.
No. Se si fuma erba. In una scuola pubblica con più di mille studenti.
Queste utopie.


Così, facendomi carico della classica mole di stereotipi, mi sono messa a scrivere e devo dire che non è stato semplice: come al solito non volevo rendere il capitolo banale ed inoltre dovevo unire a queste problematiche un mito molto difficile da adattare (grazie mente, hai sempre ottime idee).
Comunque, ecco qui: il rapimento “fisico” è diventato un rapimento “celebrale” (della serie che Ila, vedendo un minimo di interesse, parte completamente); l'annegamento in un lago è diventato l'annegamento in una bacinella del ghiaccio (salti di qualità) ed altre accortezze.
Mi sono divertita, soprattutto a sviluppare la relazione “via messaggi”: Ila è un personaggio schivo, introverso, per cui si sente maggiormente a suo agio in una chat, piuttosto che con un dialogo verbale.


Ad ogni modo, mi scuso per la sparizione, ma è stato un mese davvero difficile e mi sto riprendendo pian piano adesso, dopo l'esposizione dei risultati. Ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza di aspettare e i coraggiosi che sono arrivati fino in fondo a questa storia.


Un bacio da _Lakshmi_!

  
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