Who you are (Lunatica)
[raccolta di One-shot]
DROGA AL LICEO AGORÀ
Tanto
banale, eppure tanto catastrofico: questo era il grande titolo della
notizia che da qualche giorno spopolava sul web, allarmando blog e
pagine di mamme preoccupate per i propri pargoli, tanto da arrivare a
scrivere ogni genere di insulto all'intera struttura scolastica.
Come se quel coglione di un figlio lasciato allo stato brado, senza alcun controllo, fosse in verità un santo corrotto dal sistema.
Ila,
addossato al muro in fondo alla classe, rifletteva su quanto certi
genitori fossero decisamente troppo ingenui: davvero bastava una
simile, ovvia notizia per allarmare le masse? A quando la scoperta
sensazionale dell'Acqua Calda?
Oppure era tutto un incredibile, magico teatrino, in cui i problemi
erano accettati fin tanto che restavano nella massa oscura del “non
detto”?
Il
ragazzo si accasciò sul banco e con uno sbuffo annoiato si scostò
quel bianco ciuffo mosso e selvaggio che gli copriva i freddi occhi
d'un chiaro grigio-azzurrognolo: non riusciva più a sopportare
l'eterno sermone del Sommo Preside, che ricordava per l'ennesima
volta agli studenti quanto fossero pericolose le sostante
stupefacenti.
E allora perché ho un giro così proficuo di clienti?
Sollevò
il cappuccio della felpa nera, cercando di dormire indisturbato per
il resto dell'interessantissima
lezione passata ad ascoltare importantissimi
concetti morali, ribaditi con le stesse, medesime frasi fatte che si
ripetevano ogni volta in simili discorsi.
Tuttavia,
prima di poter chiudere le palpebre, notò lampeggiare una lucina
verde sul cellulare, segno di un messaggio su WhatsApp.
Con un sospiro, decise di leggere il contenuto.
I.
Dopo le lezioni.
-
Servizio sospeso per il momento.
I.
Mi stai prendendo per il culo?
-
Non posso
- Ci sono i cani che girano
- Non voglio casini
Ila
spense il telefono quando notò lo sguardo aureo del Sommo Preside
puntato contro: più che per l'utilizzo del cellulare, probabilmente
Zeus era a conoscenza delle presunte voci di corridoio che giravano
attorno al ragazzo. E quello sguardo era un chiaro ammonimento.
Il
giovane annuì convinto, sorridente, con lo stesso sorriso di quando
decantava al professore della prima ora: “sì, ho fatto tardi
perché dovevo consegnare dei fogli in segreteria”.
Ancora
un'altra mezz'ora e quella tortura sarebbe finita.
Lunedì, bagni dell'artistico, ultimo piano.
Gratta,
gratta, gratta.
La
campana era suonata da un po' e Ila iniziava effettivamente a sentire
la fame attanagliargli lo stomaco; tuttavia il materiale che aveva
usato durante le ore di disegno non si degnava di scrostarsi dagli
strati di pittura ed essendo materiale personale, gli scocciava
tornare a casa con tavolozze luride e pennelli inutilizzabili.
L'acqua
gelata gli intorpidiva le mani, però lui persisteva nel proprio,
faticoso lavoro, pregustandosi nel frattempo l'immagine della calda,
croccante piadina al chioschetto di fiducia. Quel giorno, tra
l'altro, avrebbe completato la tessera, per cui poteva ordinare anche
il dolce totalmente a gratis.
E Ila amava particolarmente i dolci.
Finito di pulire, si mise lo zaino in spalla ed uscì tranquillamente dall'istituto; tuttavia, proprio quando stava per imboccare la scorciatoia per la sua piadineria preferita, fu intercettato da un ragazzo massiccio, alto all'incirca un metro e novanta e con un'espressione non particolarmente allegra: bastava solo notare l'inusuale acconciatura castana a rasta serpentini per riconoscere Idra, violento studente temuto dall'intero istituto.
Decisamente non era la sua giornata fortunata.
<< Brutto bastardo.>> esclamò il colosso, avanzando con aria minacciosa.
Ila, anche se tentò un'orgogliosa fuga, fu ugualmente afferrato per la gola.
<<
I-Idra...>> gemette il fanciullo dalla corporatura fin troppo
esile per poter anche solo opporsi.
<<
Dammi ciò che mi spetta!>> sbraitò il gigante, mostrando le
mostruose zanne quasi volesse morderlo.
<<
Non ce l'ho qui...!>>
In
un puro moto d'ira, Idra gli diede un violento pugno nello stomaco.
L'impatto fu a dir poco micidiale, tanto che Ila perse coscienza per
qualche attimo, riprendendosi solo dopo il successivo schianto contro
la ringhiera in ferro battuto del cortile.
Era
bloccato da lancinanti fitte che gli impedivano ogni possibile
reazione. Osservava rassegnato i pesanti passi farsi sempre più
vicini e, in fondo, prendeva atto che da quella situazione
difficilmente ne sarebbe uscito integro e, soprattutto, vivo.
<<
T-ti prego Idra...>> tossì più e più volte. Persino parlare
sembrava un'azione fin troppo difficile in quelle condizioni.
<<
Dove la tieni?>> ringhiò furioso il colosso, svuotando la
tracolla del giovane per poi calciare malamente libri e quaderni. Non
trovando nulla, fu sul punto di tornare a sfogare la frustrazione
sulla vittima indifesa, ma dall'uscita secondaria sopraggiunse un
altro ragazzo, decisamente ritardatario.
Il
classico terzo incomodo.
Ila
cercò di rialzarsi, ma il colpo incassato alla schiena gli spezzò
il respiro, per cui si limitò ad assistere ad uno spettacolo
decisamente inaspettato.
Perché?
Perché mai qualcuno dovrebbe prendere le mie difese?
Quel
misterioso nuovo arrivato, infatti, di punto in bianco aveva deciso
di difenderlo.
Era
decisamente abile: di pari forza infatti, riuscì a prevalere con un
deciso pugno in grado di far sbilanciare l'avversario.
Idra,
scosso, fu sopraffatto da un successivo calcio e di nuovo da un
cazzotto in pieno viso che gli spaccò il setto nasale, causandogli
così una cascata di sangue. Indietreggiò confuso, ma non non riuscì
ad evitare una violenta testata.
Ila,
in quella confusione, non voleva certo far la parte della povera
principessa in pericolo e per questo, a fatica, cercò di dileguarsi:
se con due semplici colpi aveva steso Idra, era bene non stare troppo
vicino a quell'erculeo adolescente.
<< Ehi... tutto a posto?>> tuttavia il paladino della Giustizia, sfoggiando il più confortante dei sorrisi, frenò la sua zoppicante fuga piazzandosi esattamente davanti a lui, dopo aver lasciato andare il non più nocivo Idra.
Perché? Perché mi destabilizzi in questo modo?
Sempre
lunedì, fine delle lezioni, Oscuro Parcheggio della scuola.
<<
Ascolta... grazie... ma preferisco tornare a casa, non voglio andare
all'ospedale: mia madre lavora lì e la farei preoccupare
inutilmente.>> sospirò Ila, facendosi piccolo piccolo nel
cappotto, mentre un velo di rossore gli tingeva le gote.
Il misterioso salvatore, probabilmente con un deficit all'udito, aprì ugualmente la portiera della costosa macchina sportiva, invitandolo a salire.
<<
Sali, non fare complimenti.>> sorrise infatti bonariamente,
dandogli una poderosa pacca sulla schiena -ahia- per
convincerlo sedersi.
<<
Ma abito a cinquecento metri...>>
Un lungo, rassegnato sospiro.
<<
Ah... mio padre mi aveva detto che eri un ragazzo timido.>>
<<
Tuo... padre?>>
<<
Zeus, il Preside della Scuola: io sono il suo figliastro, Eracle. Ed
ora sali in macchina, Ila, dobbiamo parlare.>>
Ila però fece esattamente il contrario di ciò che gli era stato gentilmente consigliato, sfuggendo alla presa del ragazzo nerboruto per portarsi a debita distanza. Sentiva il sangue ribollire nelle vene e, come spesso accade, ciò non gli permise di riflettere a mente lucida.
<<
Tu sei completamente pazzo! Io non ci salgo su quella fottuta
macchina!>> urlò l'albino, indietreggiando ancora di qualche
passo.
<<
Non fare il ragazzo difficile.>> con estrema pazienza, il
campione si appoggiò alla macchina per guardare il divertente sfogo
di quel ragazzo piccolo ed adorabile.
<<
Non hai prove! Nessuna! Ed ora lasciami in pace!>>
E così, Ila si allontanò con una camminata spedita, verso quel Sole pomeridiano che tanto gli infastidiva la vista, sotto l'occhiata dubbiosa di Eracle che, invece, si limitava a lanciare da una mano all'altra il cellulare di quell'irascibile adolescente d'un bianco accecante.
Alla fine torna sempre, è solo questione di tempo. O almeno, diceva sempre così suo padre ad ogni litigio con la sua matrigna.
Martedì,
Ricreazione, Secondo Piano (Scientifico).
<<
Il. Mio. Cellulare.>>
Ila, puntuale come un orologio svizzero, si era presentato nella 5C Scientifico quasi al suono della campana, con quello sguardo cupo, seppur non così severo come avrebbe voluto per colpa di dell'estrema dolcezza dei lineamenti. Ora attendeva impaziente al banco di quel ragazzo più grande di lui per anni, statura e soprattutto fisico.
Dannazione, può realmente esistere una montagna così imponente di muscoli?
<<
Oh, mi hai trovato alla fine.>> sorrise contento Eracle,
scartando nel frattempo un gustoso panino imbottito, che straripava
salsa da tutti i lati.
<<
Ovvio. Trovo sempre le persone che mi interessano.>> Ila
socchiuse gli occhi e scoccò seccato la lingua contro al palato <<
Questa è l'ultima volta che te lo ripeto, dov'è il mio...>>
<<
Che ti interessano?>> forse per puro divertimento, forse per un
oscuro lato sadico, lo studente dello scientifico si divertì non
poco nel vedere il viso del giovane passare da un bianco cereo ad un
rosso acceso.
<<
Per il mio cellulare!>>
<<
E se non fosse qui?>>
<<
Non temo la prigione.>> ringhiò il ragazzino in risposta.
Eracle sospirò, alzando le spalle e consegnando il cellulare al legittimo proprietario.
<<
Tu sì che sei un vero uomo.>> rise poi, nel breve frangente in
cui i loro palmi furono a contatto << Il Preside mi ha detto di
tenerti d'occhio, lo sa-...>>
<<
Mio caro figlio di papà, non mi interessa: non ti conosco,
non mi importa nulla della tua mirabolante vita e questa è l'ultima
volta che ci incontriamo.>> sbottò seccato Ila, che
decisamente non amava essere su palcoscenico
decisamente opprimente << Ed ora, se non ti dispiace...>>
Eracle osservò allontanarsi quella magra schiena nascosta in una felpa nera decisamente oversize: non era furioso per quelle parole tanto acide, anzi, doveva ammettere che la sfida propostagli dal padre stava diventando sempre più divertente.
“Eracle, certi ragazzi non hanno speranza. Alla prossima verrà sicuramente espulso.”, così gli aveva detto.
Tuttavia, lui amava le sfide. E quella sembrava piuttosto interessante.
Always
Martedì, Quarta Ora, Quarto Piano (Artistico).
Un
nuovo messaggio.
Ila,
intento a disegnare i dettagli floreali dell'ombrello di una
magnifica Geisha (tanto non importava quanto si impegnasse, il suo
lavoro sarebbe sempre passato in secondo piano rispetto al magico
“Artista”), concentrò l'attenzione su quella lucina che
improvvisamente aveva iniziato a lampeggiare.
Senza
neppure controllare dove si trovasse il Prof. Apollo, diede
un'occhiata alla nuova chat.
Your
Savior
Cosa fai dopo scuola?
-
Lasciami
- in
- pace
Your Savior
Ma voglio aiutarti
-
Non me ne frega un cazzo
Your
Savior
Ti aspetto dopo scuola
Ok?
-
Ti blocco.
<<
Ila caro, come stai sprecando le mie preziose ore?>>
esclamò la calda, letale voce del Professor Apollo alle sue spalle.
Odiava quando qualcuno perdeva tempo a chattare su qualche
Social, al posto di produrre magnifiche opere d'arte.
Il povero studente incriminato a quella domanda sobbalzò, per poi riprendersi a stento evitando appena in tempo di sbilanciarsi dal pericolante sgabello.
<< S-sto disegnando, profe.>> mormorò, spegnendo lo schermo e tornando diligentemente a disegnare più concentrato di prima.
E, alla fine, il misterioso forse non così tanto misterioso “Your Savior” non fu bloccato.
Sempre Martedì, fine delle lezioni, seconda uscita della Palestra.
<<
Sei ricercato per dover usare questo passaggio?>> domandò
dubbiosa Phobos, docente di Ginnastica, dopo aver aperto quella porta
dimenticata da personale e studenti.
<<
No! Assolutamente! È che sono in estremo ritardo e il bidello ha
chiuso tutte...>> Ila, visibilmente intimorito dalla
professoressa, cercò di raccontare una storia abbastanza
convincente, ma finì solo per arrampicarsi malamente sugli specchi.
E
Phobos, della stessa indole di suo padre Ares, era particolarmente
diffidente e severa, soprattutto con quei ragazzi capaci di ogni atto
deplorevole pur di andare “contro il sistema”:
aveva un cuore decisamente meno caritatevole rispetto al consanguineo
Deimos, per cui non si faceva scrupoli nel sfoggiare ogni goccia di
spietatezza presente nel sangue contro chi la sfidava apertamente.
Essere
donna non voleva dire essere meno feroce di qualche omuncolo.
E questa lezione di vita, molti l'avevano pagata a proprie spese.
<<
Ti devi drogare?>> volse lo sguardo cremisi allo zaino che, a
quel punto, poteva realmente contenere di tutto.
<<
No! Assolutamente!>> Ila deglutì a fatica, sentendo l'animo
oppresso dalla paura.
<<
Ti devi incontrare con qualche ragazza?>> continuò Phobos
assottigliando l'occhiata inquisitoria, seguendo l'esile albino al
pari di un avvoltoio.
<<
Certo che no!>>
<<
Con un ragazzo?>>
Ila stava per rispondere, ma la sua attenzione fu catturata dallo schermo del cellulare improvvisamente illuminato.
E.
Dove sei?
-
Ti ho detto
- di lasciarmi in pace
E.
Lo sto facendo per te
-
Nessuno te l'ha chiesto
Due
spunte blu e nessuna risposta entro il minuto d'attesa: finalmente
Eracle aveva capito di essere stato troppo invadente. Insomma, Ila
non lo conosceva e tra l'altro non gli interessava essere amico di
qualcuno il cui unico obiettivo era quello di accontentare le
richieste del padre-Preside; non si sentiva assolutamente nel torto,
dopotutt-...
E.
Sei all'uscita secondaria della palestra?
-
Sì.
<<
Dove pensi di andare adesso?>> domandò confusa Phobos,
assistendo all'improvvisa inversione a “U” da parte dello
studente.
<<
Esco dal cancellino dell'orto.>>
La docente scosse il capo disorientata, mentre Ila, a grandi passi, si dirigeva verso quell'uscita sperduta in mezzo alla sterpaglia alta ormai un metro e mezzo.
Mai l'avrebbe data vinta a quel dannato ragazzo.
Martedì
sera, casa di Ila, sopravvissuto a Eracle.
Ila
tornò a casa dopo il consueto giro con gli amici:
era pregno di un intenso odore di fumo e di alcol, tuttavia mai
abbastanza intenso quanto quello dell'uomo
steso sulla poltrona a bere birra sottomarca.
Cercò
di non far rumore, ma d'un tratto una bottiglia vuota cadde a terra.
E l'imprecazione che seguì gli raggelò il sangue.
<< Sai che ore sono?!>> urlò quell'uomo, abbandonando la propria seduta per racogliere il contenitore caduto, barcollando malamente.
Per
evitare possibili, spiacevoli conseguenze, Ila non disse nulla e
corse su per le scale, chiudendosi infine a chiave nella propria
piccola stanza. Si accasciò quindi contro la porta in legno,
facendosi piccolo piccolo con il capo nascosto tra le ginocchia.
Respirò
a fondo: doveva calmarsi.
Ascoltò
la pacatezza di quel finto silenzio della cameretta, in cui poteva
ancora sentire il riverbero della televisione a tutto volume.
Respirò
a fondo, notando nel buio la luce lampeggiante dei messaggi.
E.
Sei veloce a correre
non pensavo
-
Perché sei così tanto cocciuto?
- Se lo fai solo per tuo padre...
E.
Perché voglio aiutarti
Davvero.
-
Certo...
- Ora vado a dormire
E.
Buonanotte Ila
Ila spense il cellulare: stranamente, per qualche secondo, pensò addirittura di valere qualcosa; forse quel ragazzo voleva davvero aiutarlo, dopotutto.
No... non è possibile.
Lanciò il cellulare contro la parete, per poi nascondersi nell'ombra più nera.
Non è possibile... ma...
Lunedì,
prima delle lezioni, 3A Artistico.
Eracle
Cos'hai alla prima ora?
-
Non ti interessa
Eracle
Mhm... Storia dell'Arte?
- Sbagliato
-
Lo faceva Leonardo da Vinci
con
i cadaveri che recuperava dal cimitero
Eracle
Necrofilia?
-
Ahahahaha
- Spero di no
Eracle
Ehi
Dove sei alla ricreazione?
-
Non ti interessa
Lunedì
successivo, ultima ora, 3A Artistico.
Eracle
Com'è andato il compito?
-
Una merda
-
Gli integrali dovrebbero essere
solo
dei cereali
Eracle
Se ti serve una mano
Questo pomeriggio ci sono
-
Esco oggi
Eracle
Dove?
-
E secondo te
- lo vado a dire al figlio del Preside?
Eracle
Se hai qualche problema...
chiama pure
Ila
sospirò con un leggero rossore sulle gote.
Accorgendosi
del proprio pudore incontrollato, scosse il capo infastidito: non
avrebbe mai voluto apparire agli occhi della classe come una
ragazzina esaltata. Esaltata per cosa, poi? Insomma, stava solamente
scrivendo qualche messaggio ad un... amico?
Niente
di più.
Non
aveva certo passato il weekend attaccato a WhatsApp -alternando i
messaggi ad un sano atto di stalking su Instagram e Facebook per
vedere le foto o leggere i post condivisi-, mandando
inevitabilmente a farsi benedire il compito di matematica.
Quel
maledetto Eracle, era tutta colpa sua: gli aveva rapito tutte le zone
celebrali senza chiedergli neppure il permesso.
Raccattò
la propria borsa e la propria cartellina, sul punto di uscire dalla
classe, ma proprio in quel momento venne intercettato dall'Artista
(o Pigmalione per i comuni mortali).
<< Sto raccogliendo i soldi per le prevendite della festa d'istituto di fine mese. Tu ci sei?>> il coetaneo lo squadrò con quei glaciali occhi cerulei e il cervello di Ila viaggiò più velocemente del proprio autocontrollo: erano azzurri, vero, ma un azzurro decisamente sottotono rispetto a quello di Eracle.
Ah, dannazione, perché ci pensava adesso?
<<
Ah, sì... volevo proprio chiedertene una.>> l'albino estrasse
dalla tasca i soldi necessari per pagare il biglietto.
<<
Ehi, ho visto quel quadro che stavi facendo: ha un grande stile.>>
Pigmalione distribuì la prevendita, rimanendo poi ancora qualche
attimo in attesa di una risposta -anche minima- da parte del
compagno di classe.
Ma
Ila era già perso in un altro mondo, con la concentrazione tutta
rivolta ai nuovi messaggi.
“Oh,
si è trovato la ragazza?”, pensò l'Artista, “Quindi sono
ancora io l'unico che non si è dato una mossa? Davvero?”
Sabato
sera, festa del Liceo, fuori dalla discoteca.
La
musica martellante rimbombava addirittura fuori dalle mura del
locale.
Eracle,
certo, amava uscire con la compagnia, ma a quelle feste non si poteva
neppure ballare o bere un drink senza essere travolti, tanta era
l'affluenza.
Giasone,
lì fuori con lui, lo guardò sorridente, visibilmente divertito
sotto quei baffetti che, in teoria,
avrebbero dovuto renderlo un uomo vero.
In
teoria.
In
pratica, era tutt'altra storia.
<<
Allora? Con quella Ila hai combinato qualcosa?>> domandò
l'amico munito di orgogliosi peli facciali, mentre si accendeva una
sigaretta.
<<
No... ancora nulla.>> sospirò Eracle, facendo un cenno di
saluto a Castore, che si avvicinò a loro con l'immancabile Polluce a
seguito.
<<
Cosa? Come “ancora nulla”?>>
sconvolto, Giasone scosse il capo contrariato << Amico, è da
un mese che ci parli! Gente ormai si sposa ed ha dei figli in tutto
quel tempo!>>
<<
Di cosa parlate?>> domandò Castore, sorseggiando un drink
orgogliosamente conquistato dopo un'ora e mezza di fila.
<<
Eracle si sente con una tipa da un mese e non ha ancora combinato
nulla.>> spiegò il baffuto, sempre più urtato dall'etica
dell'amico.
<<
Mhm...? Ma è qui alla festa? Mi va di vederla!>> esclamò
Polluce, rumoroso come sempre.
Eracle
sospirò e, alzando lo sguardo, notò di sfuggita la lontana figura
di Ila, accompagnato da un ragazzo decisamente più alto e più
massiccio di lui. Senza neppure rifletterci troppo -strano
a dirsi, ma era una persona piuttosto diretta-
decise di raggiungerlo.
Giasone,
Castore e Polluce si guardarono per qualche minuto. E, da bravi amici
di vecchia data, pensarono tutti e tre la medesima, malsana idea.
Sempre
Sabato sera, stessa festa del Liceo, fuori dalla discoteca.
Ila
a stento si reggeva in piedi: aveva decisamente bevuto e
fumato troppo, tanto
da non riuscire nemmeno più a comprendere cosa stesse realmente
accadendo; era solo certo di
provare un forte senso di nausea che gli attanagliava lo stomaco ed
una sentita depressione, decisamente non voluta.
Il
resto del mondo, invece, era un insieme alterato di luci, di forme
distorte e di voci gracchianti ed acute.
<< Piccolo frocetto, ora non ti fai tanto figo senza quel tuo amico.>> Idra, raggiunto il retro del locale, spintonò Ila, che cadde a terra come una bambola inanimata, senza resistenza alcuna. Totale accondiscendenza che fece innervosire ancor di più l'energumeno.
Nessuno
provò a fermarlo.
Nessuno
avanzò in difesa della vittima, troppo anonima per essere degna di
aiuto.
Quei
pochi che c'erano, preferirono allontanarsi.
<< La mia vita... è una merda...>> biascicò l'albino con la mente totalmente sconnessa dal corpo.
Gli
occhi furenti di Idra si soffermarono su una bacinella d'acqua, un
tempo contenente bottiglie e ghiaccio portati da qualche furbo
ragazzo che non voleva pagare i drink dai prezzi esorbitanti. Quindi,
per placare quell'odio macerato nell'alcol, affogò il capo del
ragazzo in quella gelida pozza.
Ancora
nessuna opposizione.
<< Ila!>>
Ila,
all'eco di quella voce, fu lasciato ricadere a terra.
Non
riuscì a trovare la forza per alzarsi, visto che un moto di nausea
lo costrinse a rimettere tutto l'alcol che aveva nel magro corpo. Si
sentiva male, estremamente male, e per di più, in quel momento di
totale caos mentale, persino i pensieri più deprimenti e malinconici
erano tornati a tormentarlo.
Tra
tutti i frammenti di voci che gli rimbombavano in testa, riusciva a
distinguere chiaramente il timbro autoritario ed alticcio dell'uomo
che gli urlava contro chissà quali insulti.
<< Lasciami in pace...>> mormorò, stringendosi la chioma fradicia.
Aveva
deluso tutti: la scuola, sua madre, Eracle... se stesso. Per
sentirsi bene doveva ridursi in simili condizioni pietose, incapace
com'era di affrontare il mondo.
Era
inutile e patetico.
Perché ancora si ostinava a vivere?
<<
Lasciami in pace...>> singhiozzò, mentre calde lacrime gli
rigavano il cereo volto.
<<
Ila...>> una voce affaticata, ma al contempo confortante lo
distolse dai pensieri.
Non gli importava che fine avesse fatto Idra, non gli importava cosa fosse successo, il suo sguardo era paralizzato nelle iridi inquiete di Eracle. E, con quella muta occhiata, si sentiva al pari di un viscido verme, capace solo di far soffrire chi gli stava vicino.
<<
Lasciami-....>>
<<
Non ti lascio andare, Ila.>> il compagno gli afferrò le mani,
sicuramente un gesto rude, ma al contempo estremamente confortante <<
Non voglio più vederti ridotto così.>>
<<
Perché...? Sono solo un rifiuto! Non conto niente!>>
Eracle si tolse la giacca in pelle e, con il più caldo dei sorrisi, gli vestì le umide spalle.
<<
Sei molto più speciale di quel che pensi...>> gli sussurrò ad
una distanza decisamente ravvicinata, tanto che con il semplice
respiro gli sferzò le gote gelide.
<<
Perché? Perché mi fai questo?>> la voce di Ila era spezzata
dal pianto che gli rigò ben presto il cereo volto << Sono
sbagliato...>> mugugnò a denti stretti, singhiozzando.
<<
Perché mi sono innamorato di te, Ila.>>
Ila
era decisamente in un'altra dimensione con la testa, però quella
frase la comprese alla perfezione. E ciò lo spiazzò totalmente,
lanciandolo in un baratro di insicurezza, incapace di replicare visto
che i suoi neuroni erano collassati assieme al suo stomaco.
Per
sua fortuna però, non serviva ragionare per rispondere al naturale
gesto di un bacio dal tremendo retrogusto acido, ma al contempo dolce
e terribilmente romantico, quasi forza vitale stessa.
Le
esili dita di Ila affondarono nella camicia del ragazzo, stringendo
la stoffa per prolungare quel contatto: non voleva lasciarlo andare,
voleva tenere ben stretto a sé quel calore tanto rassicurante, tanto
essenziale.
Eracle,
a quella muta richiesta, gli cinse la magra schiena in un sicuro
abbraccio, condividendo il suo stesso pensiero.
<< Eracle! Abbiamo recuperato delle bottiglie! Festeggiamo con la tua nuova ragazz-...>> Giasone superò il corpo steso a terra di Idra, mostrando trionfante il bottino racimolato << A... Ragazza... Ragazz...>> e il disco s'inceppò su quell'ultima parola, quando s'accorse che Ila non era affatto il nome di una formosa, graziosa fanciulla. Soprattutto formosa.
A sbloccare il disco, fu una pacca sulla schiena da parte di Polluce.
<<
Lui è Ila e da oggi farà parte del nostro gruppo.>> Eracle si
sollevò da terra, aiutando il compagno ad alzarsi.
<<
Beh, è naturalmente una sorpresa scoprire che-...>> Castore,
dopo un attimo di destabilizzazione, cercò di intervenire mettendo
in gioco tutta la propria sensibilità.
<<
Davvero non sei una ragazza...?>> ma Giasone lo interruppe con
voce affranta, non avendo ancora superato il trauma per la terribile
scoperta. Da qualche parte nel proprio animo sentiva l'eco della cupa
risata di Medea che, ancora una volta, era riuscita ad ostacolare i
suoi piani di conquista (perché sì, lei doveva c'entrare in
qualche modo).
Quella ragazza era una vera e propria strega.
<<
Ehi.>> sospirò seccato Ila << Io non farò parte di
nessun gruppo...>>
<<
Ila, ricordi? Non ti lascerò andare tanto facilmente.>> gli
sussurrò all'orecchio Eracle, causandogli un visibile ed intenso
rossore sul pallido viso.
E
così,
grazie
a quel nuovo sostegno,
Ila
ritrovò pian piano la forza per affrontare il mondo.
Accanto
ad Eracle.
Fine
One-shot!
Magico
Artista: un vecchio gioco per computer. I feels dell'infanzia.
Your
Savior: quando devi trovare un soprannome e nel mentre stai
ascoltando una canzone degli Skillet.
Who
You Are: canzone dei Lunatica.
Angolo dell'Autrice:
Sono
sopravvissuta all'Esame di Stato. E mi sto riprendendo pian piano
dopo un mese intero passato in casa a studiare (sì, un mese intero a
studiare dall'inizio i programmi che certi professori non hanno avuto
nemmeno la voglia di spiegare durante l'anno; storie di vita vera).
Ho
provato ansia, ho provato incazzatura, ho provato rassegnazione,
mentre tutti attorno a me mi ripetevano “massì, tanto passi,
sei brava”.
Bravi.
Avete innescato una bomba ad orologeria.
Vabbeh,
scherzi a parte, sono davvero contenta di essermi liberata di questo
peso, anche perché adesso posso finalmente accendere il computer
senza provare sensi di colpa o leggere un libro senza dovermi fermare
alla prima riga per ripetere le definizioni di Sociologia (altre
storie di vita vera).
Comunque,
parlando della storia, beh...
L'idea
è nata ad un open-day, quando una madre si è avvicinata per
chiedermi: “Scusa, ma qui i ragazzi fumano erba? Voglio mandare
mio figlio in un posto sicuro”.
Non
come sono gli insegnanti, com'è il carico di lavoro, le materie, le
attività.
No.
Se si fuma erba. In una scuola pubblica con più di mille studenti.
Queste
utopie.
Così,
facendomi carico della classica mole di stereotipi, mi sono messa a
scrivere e devo dire che non è stato semplice: come al solito non
volevo rendere il capitolo banale ed inoltre dovevo unire a queste
problematiche un mito molto difficile da adattare (grazie mente, hai
sempre ottime idee).
Comunque,
ecco qui: il rapimento “fisico” è diventato un rapimento
“celebrale” (della serie che Ila, vedendo un minimo di
interesse, parte completamente); l'annegamento in un lago è
diventato l'annegamento in una bacinella del ghiaccio (salti di
qualità) ed altre accortezze.
Mi
sono divertita, soprattutto a sviluppare la relazione “via
messaggi”: Ila è un personaggio schivo, introverso, per cui si
sente maggiormente a suo agio in una chat, piuttosto che con un
dialogo verbale.
Ad
ogni modo, mi scuso per la sparizione, ma è stato un mese davvero
difficile e mi sto riprendendo pian piano adesso, dopo l'esposizione
dei risultati. Ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza di
aspettare e i coraggiosi che sono arrivati fino in fondo a questa
storia.
Un
bacio da _Lakshmi_!