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Autore: _Freiheit_    14/07/2018    1 recensioni
Una ragazza comune che all'improvviso non si trova più a casa sua, trascinata in un mondo nuovo e sconosciuto. Riuscirà a tornare a casa alla fine?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Inside a dream


Avanzò ancora di qualche passo prima di arrestarsi del tutto. Fissò incredula la natura che le si presentava davanti e più la guardava, più si convinceva che tutto quello non poteva essere possibile. Le sue montagne erano sparite, sostituite da un’immensa pianura quasi sconfinata che terminava solo a grande distanza con delle basse e timide colline. Gli alberi erano ormai soltanto alle sue spalle, solo qualche coraggioso di loro si era spinto più avanti, qua e là sparsi lungo quel sentiero che ora stava percorrendo anche lei. Dapprima era solo la fine di un sentiero, fatto di ghiaia e sassolini di varie dimensioni, ma ora era decisamente più largo, più definito, come se fosse stato realizzato artificialmente. La ragazza studiò affondo quel nuovo particolare e lasciò vagare i suoi occhi lungo tutto il percorso che, mano a mano che si allontanava, si trasformava sempre più in una vera e propria via acciottolata, perfettamente curata in ogni minimo dettaglio, con pietre di varie dimensioni adatte per passeggiare. Si voltò di scatto a guardare ancora il bosco da cui proveniva e le si gelò il sangue nelle vene. Era certa di aver trascorso una mattinata intera rinchiusa in quella gabbia verde, aveva camminato per ore in salita, eppure, adesso, davanti a lei vedeva solo un timido agglomerato di alberi di diverse specie e dimensioni che non avevano nulla a che fare con ciò che aveva appena vissuto. Sconcertata da quell’orrenda visione, la ragazza barcollò pericolosamente all’indietro fino ad inciampare sui stessi piedi e cadere rovinosamente a terra, nell’impatto batté la testa e da lì il suo mondo divenne buio.
 
 
Era a casa, sua sorella minore Alessandra le stava correndo incontro per darle il benvenuto, sua madre era alle prese con i fornelli e stava canticchiando qualche canzone latina che stavano dando alla radio. Federica abbandonò lo zaino di scuola nel solito angolo nell’ingresso e prese in braccio la sorellina, che nel frattempo le stava raccontando della sua incredibile giornata. La portò con sé fino al piano superiore, svoltò a sinistra e l’abbandonò scherzosamente sul suo letto. Tutto era perfettamente al suo posto, la sua tastiera era nel suo angolo, il suo computer spento e i suoi libri in disordine, tutto nella norma. E allora perché si sentiva irrequieta? Perché continuava a guardarsi le spalle e trovava tutto assurdamente sbagliato? Dei flash continuavano ad affollarle la mente: lei che si perdeva in un bosco – categoricamente impossibile - , un paesaggio straniero mai visto che la spaventava e un ragazzo… un ragazzo che continuava a scuoterla, a dirle cose incomprensibili con tono ansioso e preoccupato.

“Stiamo bene! Ti aspettiamo!”

E fu di nuovo buio.
 
 
Federica si svegliò di soprassalto, aveva il fiato corto e la testa che le doleva tremendamente. Cos’aveva appena visto? Un sogno o un ricordo? Non seppe darsi una risposta, era troppo stanca. Fece per rimettersi a dormire, quando si accorse di non trovarsi a casa sua, nel suo letto. Scattò nuovamente a sedere, ora sveglissima. Si trovava in una stanza semplice, arredata con pochi mobili e con colori tenui che a malapena si distinguevano dalle pareti. Il letto sul quale si trovava era comodo, ma diverso da tutti quelli che aveva visto in vita sua. Le lenzuola erano di un tessuto così morbido e liscio da sembrare impalpabile, in effetti la ragazza seppe della sua esistenza solo perché lo sentiva ricoprirle il corpo con un soffice e delicato abbraccio. Studiò a lungo quella stoffa, era forse seta? No, troppo leggero persino per quella, e allora cosa? Decise di scendere dal letto, ma quando i suoi piedi toccarono il suolo sentirono subito che anche quello era di un materiale strano. A metà strada tra delle piastrelle e del legno, ma fresco a tal punto che sembrava che delle piccole correnti d’aria passassero attraverso le fughe chiare, possibile? Non era spiacevole, ma restava strano.

Si avvicinò al muro più vicino dal quale proveniva una strana luce, irradiata quasi dall’intonaco stesso. Arrivata lì davanti pose le dita per saggiarne la consistenza, ma non appena quelle toccarono lievemente la superficie del muro, quello scoppiò di luce propria. Sembrava di aver appena spalancato le veneziane in una stanza al buio in pieno mezzogiorno, tanta era la luminosità che stava entrando. La ragazza tentò di pararsi la vista con il braccio, ritraendolo di scatto dal muro, ma ormai era stata accecata. Tentò di ritrarsi dalla fonte di luce e camminò freneticamente all’indietro, ma nel farlo urtò sonoramente l’angolo di un mobile che la fece subito gemere, un po’ per lo spavento e un po’ per il dolore. Scattò allora nuovamente in avanti, la mano sempre premuta sugli occhi ancora privi di vista, questa volta sbattendo contro il letto da cui si era alzata che, anche se non aveva cornici rigide, la sola altezza bastò per farla sbilanciare ancora di più, facendola cadere a terra a pancia in su. Le sembrava di aver appena avuto un déjà-vu, o almeno l’essere caduta di nuovo lo era di sicuro. In tutto quel trambusto era riuscita a mantenere la mano ben salda sugli occhi, quindi non vide l’attimo in cui, dall’altro lato della stanza, la porta si aprì per fare entrare una persona, ma le sue orecchie udirono chiaramente. La persona le si avvicinò lentamente, Federica provò molta vergogna per la posizione in cui era stata trovata, ma la sua cocciutaggine le impose di non muoversi nemmeno di un millimetro. I passi si fecero sempre più prossimi, fino a che non li sentì affianco a sé, allora quasi le venne da trattenere anche il respiro.


« Est-ce que ça va? » domandò una voce profonda maschile. La ragazza tradusse in fretta, si trattava della sua seconda lingua madre, dopotutto.

« Oui » mormorò debolmente, ancora non se la sentiva di muoversi. « Che situazione… » sussurrò tra sé e sé.

« Preferisci l’italiano allora? » chiese divertito il ragazzo che le era arrivato in soccorso.

Non seppe il motivo, ma già le stava simpatico.

Lentamente lasciò cadere il braccio, liberando finalmente la sua vista. La stanza era inondata dalla luce naturale che arrivava da quel muro che aveva toccato, vide la scrivania contro la quale aveva urtato per prima, mentre in quel momento si trovava ai piedi del letto, dove, si accorse solo in quell’istante, non vi erano supporti che lo reggessero, era completamente sospeso in aria e sollevando lo sguardo non vide nemmeno qualcosa che lo potesse sostenere dall’alto, era impossibile. I suoi occhi vennero poi catturati dal ragazzo che, ora poteva vedere, si trovava al suo fianco. Era molto giovane, indossava una strana tuta scura molto simile a quelle dei militari, ma dai lineamenti all’apparenza più comodi e meno ingombranti. Aveva i capelli rossi, raccolti in una crocchia scomposta e trasandata, portava la barba lunga, ma almeno quella era ben curata, i lineamenti in generale erano gentili, da ragazzo e non ancora da uomo. Gli occhi erano di un verde splendente, vispi e attenti a qualsiasi cosa, tanto che sembravano leggerle dentro. Federica si sentì subito attratta da quel ragazzo, dall’aria così gentile e rassicurante, e, senza indugiare oltre, si destò a sedere, così che i loro visi erano ora l’uno a un palmo dall’altro. Lui non smetteva di sorriderle, era evidentemente divertito da tutta quella situazione, ma non in maniera irrispettosa, ma più in tono amichevole, senza nessun secondo fine.


« Vorresti dirmi come ti senti? » le chiese ancora offrendole entrambe le mani per aiutarla a rimettersi in piedi. Lei le accettò senza esitare e si lasciò alzare quasi di peso, scoprendo così che era molto più forte di quanto si sarebbe mai aspettata, visto la corporatura snella. L’invitò a sedersi ai piedi del letto, mentre lui si procurava la sedia della scrivania e la posizionava proprio davanti alla sua interlocutrice.

« Dove mi trovo? » domandò lei cercando di ricordare tutto quello che le era successo, partendo dalla passeggiata mattutina nel bosco, finendo con quella casa. La realtà dei fatti restava ancora un mistero, era ancora convinta che fosse fisicamente impossibile che avesse visto quella pianura sconfinata e la vegetazione così diversa dalla solita a cui era abituata.

« Sei nella regione di Aeris, a sud-ovest del Lago Alisea, non te lo ricordi? » rispose prontamente quello senza mai smettere di guardarla negli occhi.

A Federica occorsero parecchi minuti per metabolizzare quella frase. Di cosa stava parlando? Non esistevano quei luoghi che aveva appena citato! La stava forse prendendo in giro? La sua espressione era così docile e rassicurante che la ragazza fu costretta a credere che stesse dicendo la verità, o almeno quella che lui credeva fosse la verità.


« Ehm… si, certo… » disse con falso tono di convinzione. Una delle lezioni che le aveva sempre ricordato sua madre era che non si doveva mai dare torto ai matti.

« Quindi, ehm… non è che avresti un telefono? Dovrei chiamare a casa, sai » tentò di convincerlo, almeno così sarebbe stata subito in salvo.

L’espressione del ragazzo mutò in un istante. Non era più benevolo e rassicurante, il suo volto era ora preoccupato e teso, quasi avesse capito quali fossero le vere intenzioni di lei.


« Un telefono? » scandì lui, sempre più scosso dalle sue parole.

Federica tentò di elaborare una risposta che potesse farlo calmare velocemente, temeva che potesse diventare violento o altro se non fosse subito riuscita a porvi rimedio.


« Si! Ma non ti preoccupare! È solo per rassicurare i miei genitori, vorranno sapere che sto bene! » scherzò falsamente, ma le sue parole parvero avere l’effetto contrario da quello sperato.

« Sei umana… » sussurrò il ragazzo. Aveva gli occhi sgranati, il viso pallido e il fiato lasciato a metà chissà dove, tra i polmoni e la bocca.
   
 
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