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Autore: JoiningJoice    16/07/2018    5 recensioni
[Banana Fish ]
Allora Ash sorride, e stiracchiandosi risponde: - Ti comprerò il CD, allora. -, e poco importa che non abbiano un lettore su cui ascoltare i CD. Ma se è particolarmente di buon umore, se la canzone gli piace e se vuole vedere il sorriso di Eiji illuminargli il viso allora Ash si unisce a lui, canticchiando le parti della canzone che conosce meglio.
Eiji pensa che Ash abbia una bella voce. Pensa che non esista niente che non sia bello, in lui.

Good old fluff/p0rn con molta introspezione. Fic basata sulla timeline del manga.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Killing Me Softly



Nell'appartamento c'è una radio, un pezzo d'antiquariato che prenderà sì e no un paio di stazioni e solo in determinati momenti. Il gioco preferito di Eiji è lasciarla accesa tutto il giorno e cercare di riconoscere le poche canzoni che la radio riesce a ricevere; fino a quel momento, tuttavia, la sua conoscenza di musica americana si è rivelata ancor più striminzita del previsto – forse anche a causa del fatto che le stazioni su cui la radio riesce a sintonizzarsi trasmettono pezzi vecchi qualche decennio che a volte risultano sconosciuti anche ad Ash.

Quello è il suo gioco preferito, e la frase che pronuncia più spesso è: - Non conosco questa canzone. -, sussurrandola, come avesse timore di infastidirlo dimostrando le proprie lacune; ed ogni volta Ash, che non stava prestando attenzione, interrompe immediatamente ciò che stava facendo e solleva il viso per fissare il vuoto, in ascolto. Dopo qualche istante perso in quella personale riflessione china nuovamente lo sguardo sull'oggetto delle sue attenzioni iniziali e risponde: - Non la conosco neppure io. -, oppure: - È tal canzone di tal cantante, Eiji, davvero non l'hai mai sentita? -, ma senza mai dimostrare vero e proprio sdegno.

Capita, dopo aver ricevuto esito positivo al proprio quesito o dopo aver ascoltato una canzone che già conosce, che Eiji prenda a canticchiare. A volte mugola la melodia a labbra serrate, a volte canticchia il testo nel suo inglese sconnesso ed incerto. - Ti piace questa canzone? -, domanda Ash, di nuovo distratto dal proprio compito; Eiji risponde sempre annuendo vigorosamente. Ogni canzone che conosce gli piace, perché ogni canzone gli ricorda Ash.

Allora Ash sorride, e stiracchiandosi risponde: - Ti comprerò il CD, allora. -, e poco importa che non abbiano un lettore su cui ascoltare i CD. Ma se è particolarmente di buon umore, se la canzone gli piace e se vuole vedere il sorriso di Eiji illuminargli il viso allora Ash si unisce a lui, canticchiando le parti della canzone che conosce meglio.

Eiji pensa che Ash abbia una bella voce. Pensa che non esista niente che non sia bello, in lui.



- Non conosco questa canzone. -

Il polpastrello dell'indice di Ash abbandona la curva del naso di Eiji e si lascia ricadere verso la bocca, fermando la propria discesa appena al di sopra del labbro superiore. Rimane in ascolto, la vecchia radiolina che tossisce dai propri altoparlanti una melodia familiare, distrutta dallo statico di cui non si libera mai del tutto. - Roberta Flack, Killing Me Softly, 1973. - Dichiara dopo qualche istante; la sua espressione si fa un po' più cupa. - Davvero non l'hai mai sentita? -

Eiji scuote la testa, abbozzando il sorriso che esibisce ogni volta che vuole chiedere scusa senza aver commesso niente per cui valga la pena farsi perdonare. - Mai. -, ammette. Si volta su un fianco, derubando l'indice di Ash della propria posizione privilegiata sul suo labbro, concedendogli al contempo di posare l'intera mano sulla sua guancia. - Sembra una canzone molto dolce, ma non capisco il titolo. Come si fa a... “Uccidere qualcuno dolcemente”? -

- Non è mica inteso nel senso letterale, scemo. - Ash alza gli occhi al cielo. Non è davvero esasperato, così come Eiji non è ingenuo come sembra; pensa a come potrebbe spiegargli il significato del testo. - Parla di una donna che incontra un artista che riesce ad incanalare tutte le emozioni che lei prova nella propria musica. Derubata della propria intimità, si sente morire dolcemente, perché ha trovato qualcuno per cui non ha segreti e la cosa la spaventa. -

Eiji si fa più vicino. La luce morente della sera che incombe esalta le gocce di sudore che dalla sua fronte e dalle tempie sudate scivolano da sotto i capelli scuri fino al collo, che bagnano la sua pelle imperfetta. - Non capisco proprio perché dovrebbe essere spaventoso trovare qualcuno che riesca a comprenderti. -, sussurra. Ash non sa neppure perché ne stanno parlando, perché discuterne e arrivarne a capo gli sembri così fondamentale. Quand'è con Eiji faccende che credeva essere priorità svaniscono, gettate in un angolo della sua mente, e questioni triviali diventano di vitale importanza.

- No, non capisci. È spaventoso. -, insiste, sollevandosi sui gomiti; il lenzuolo che copre i loro corpi intrecciati scivola verso il basso, rivelando il petto e le spalle nude di Eiji. - Terrificante. Soprattutto se si parla di uno sconosciuto. -

Eiji sorride, di nuovo quel “Perdonami” silenzioso: la dimostrazione di come la sua ingenuità sia solo una facciata. Ha compreso perfettamente cosa Ash intenda, e si sporge in avanti sollevandosi appena su un gomito, imitandolo per averlo di nuovo vicino.

- Tu non lo capisci affatto... - Ash sussurra, e prima che l'ultima sillaba possa sfuggire alle sue labbra quest'ultime sono contro quelle di Eiji, il suo corpo chiude il breve percorso che li separa e si ricongiunge al suo.



Sono passate tre ore e dodici minuti da quando hanno fatto l'amore per la prima volta, e per tre ore e dodici minuti Ash non ha voluto altro che vedere il mondo distruggersi attorno a loro, scomparire, per non essere derubato di quell'angolo di paradiso che è riuscito a ritagliarsi – quell'angolo composto da se stesso, Eiji, il letto sotto di loro, la luce che penetra dalle tapparelline abbassate e la radio che di tanto in tanto dona loro il beneficio di una canzone, avvertendoli che il tempo continua a scorrere nonostante loro desiderino il contrario.

Le mani di Eiji sono ancora onde che si infrangono in carezze soffici sul suo volto; quando apre gli occhi Ash lo scopre nuovamente intendo a domandare, con il solo sguardo, il permesso di poter proseguire. Afferra quindi i suoi polsi e lo costringe a toccarlo, irrequieto, pregando che comprenda la lezione che non comprenderà mai.

- Non devi chiedermi il permesso. -, sussurra per buona misura. - Voglio che mi tocchi. -

Eiji inclina il capo. - Non voglio farti del male. -, sussurra, e una risata gutturale sfugge istintivamente dalla gola di Ash. Eiji si incupisce. - Non intendo fisicamente. -

Ash fa per ribattere, ma il broncio di Eiji glielo impedisce: non esiste filtro tra ciò che sente e ciò che dimostra, e ciò lo destabilizza. - Scusa. -, mormora, riabbassandosi per posare la fronte contro la sua. - Non volevo offenderti. -

Eiji scuote la testa quanto può. - Non importa. -, sussurra, e Ash sa che è vero. Lo sa perché le sue mani sono ancora sul suo volto, perché il tono di voce che pronuncia quelle parole è pregno di sincerità, e perché subito dopo averle pronunciate Eiji chiude gli occhi e riprende a baciarlo.



Quando Ash si è sdraiato sotto di lui e ha reso ben chiaro quali fossero le sue intenzioni Eiji è andato nel panico, e un Eiji in preda al panico è un Eiji che Ash trova esilarante più di ogni altra cosa al mondo. - Dekimasen, dekimasen. -, ha iniziato a balbettare con la voce che, per abitudine linguistica, nel parlare il giapponese diventa un po' più acuta ed un po' più lagnosa, le vocali più prolungate che con l'inglese.

- In inglese, per piacere. -, ha scherzato Ash, approfittando del suo stato emotivo. Eiji lo ha fissato con uno sguardo metà esasperato e metà disperato, agli angoli degli occhi lacrime di frustrazione e terrore.

- Non posso farlo. -, ha ripetuto in inglese; e ora, mentre Ash gli afferra le spalle e lo gira in modo che stia sopra di sé, negli occhi di Eiji si fa strada la stessa paura.

- Vuoi che io...? -, domanda, senza mai completare la frase. - Di nuovo? -

- Mi piace quando lo fai. -

Sorride. Scusami. - Temo di non essere molto bravo. -

Con tutte le capacità che le persone gli attribuiscono, Ash non si ritiene un grande oratore. Se lo fosse sarebbe in grado di dire a Eiji tutto ciò che ha tentato, fino a quell'istante, di dimostrargli a gesti: gli direbbe che non ha mai fatto sesso prima di quel pomeriggio, nonostante l'opinione popolare diverga sulla faccenda, che non lo ha mai fatto veramente – che fino a poche ore prima erano vergini entrambi, e che non vuole conoscere un corpo che non sia il suo per il resto della propria miserabile esistenza. Ma non è capace di dirlo e forse Eiji, con tutte le sue paure, non è in grado di ascoltarlo.

Invece di parlare, quindi, fa ciò che sa fare: posa una mano sul petto glabro di Eiji e la lascia scivolare verso il basso, carezzando il corpo tonico da atleta ritirato, il corpo che non conoscerà mai abbastanza; e quando qualche istante dopo afferra il sesso di Eiji assieme al proprio ed Eiji trema, tendendo ogni muscolo del proprio corpo, sorride amaramente. Vorrebbe che comprendesse che la sua è più di mera necessità sessuale, ma la barriera linguistica tra loro è niente, se confrontata con quella emotiva.

L'amore è un linguaggio che Ash non ha mai imparato a parlare.



Non è iniziata perché lo ha voluto Ash o perché lo ha voluto Eiji: è iniziata perché lo hanno voluto entrambi. Chiusi in quell'appartamento tutto il giorno, con solo l'altro ed una radiolina malfunzionante come compagnia, Ash non ha mai avuto l'impressione che quella sarebbe stata la naturale conseguenza del loro isolamento, e non ha mai neppure pensato ad un finale differente.

Baciare Eiji gli è sembrata la cosa giusta da fare solo nell'istante in cui lui glielo ha concesso. Non c'è stata neppure una causa vera e propria, nessun incidente in cui Eiji lo ha sorpreso nudo sotto la doccia o – il solo pensiero lo disgusta – input pornografico, provocazione fisica. È bastato che fossero sdraiati a letto assieme, a tentare di battere il caldo estivo con l'inerzia, e che lo sguardo di Eiji non si ritraesse nell'incrociare il suo. È bastato perché Ash sapesse che era ciò che voleva, che era ciò che Eiji voleva.

È così per ogni piccola cosa, ogni abitudine o necessità o preferenza, e lo è solo con Eiji – che sembra conoscerlo da sempre, da una vita. Forse è così veramente: forse è Eiji ad avergli dato vita, e lui non è che il frutto della sua immaginazione, un frammento di pensiero che crede di aver vissuto tutta una vita solo perché Eiji vuole che lui lo creda. Non gli dispiacerebbe essere il frutto dell'immaginazione di una persona così dolce e delicata: gli riserverebbe sicuramente un lieto fine, troppo buono per fare altrimenti.

Oppure erano amanti in una vita precedente. Che cosa stupida da credere, che pensiero disperato: lo fa sorridere.

- A cosa stai pensando? -, domanda Eiji. Muove i fianchi assieme ai suoi, lentamente, paonazzo in volto.

Ash esita un istante. Teme di passare per pazzo; poi ricorda con chi sta parlando. - Vorrei mi avessi immaginato tu. Saresti l'autore del mio futuro e non avrei niente di cui aver paura. -, dichiara. Eiji lo fissa confuso, poi sorride. Questa volta non è per chiedere scusa; questo è il sorriso che riserva solamente a lui, il tesoro che Ash custodisce inconsciamente con estrema gelosia.

- Sei così bello. -, ansima; il braccio destro è posato sul cuscino, appena oltre il suo capo, e stringe la federa. Eiji fa leva su quel braccio per sollevarsi e premere le labbra contro la sua fronte, posandovi contro un bacio più intimo di qualunque bacio Ash abbia mai ricevuto. - Non potrei mai immaginarmi niente di così bello, neanche se mi sforzassi. -

- Sì che potresti. -, risponde Ash. È assente, lontano da lì, gli occhi chiusi; sopra di loro c'è un cielo infinito e sotto di loro niente, e la sola cosa che fa sì che continuino ad esistere è il movimento dei loro corpi. - Solo tu potresti. -



Non ha fatto male la prima volta e non fa male allora, a distanza di tre ore e ventisette minuti. Eiji è così delicato ed attento che riesce in qualche modo a ferirlo nell'animo, più che fisicamente, causando in Ash dolori intensi e profondi che nulla hanno a che vedere con l'atto in sé. - Va tutto bene? -, gli domanda, e prima che Ash possa rispondere lo bacia, tremando come una foglia.

Ash non ha mai avuto più paura in tutta la sua vita: non potrebbe andare meglio. Non esiste niente di più completo, totale e debilitante del sesso, e niente di più completo e totale e debilitante del sesso con qualcuno che sa leggerti l'animo e per qualche assurdo motivo ti conosce e comprende più di quanto conosca o comprenda sé stesso. - Continua. -, sussurra, gettando le braccia al collo di Eiji. - Vieni qui. -

La sua parola è un ordine, ed Eiji mette da parte ogni timore per affondare in lui, in maniera goffa e maldestra, per baciarlo e soddisfarlo come Ash desidera; e non dovrebbe causargli più piacere di quanto gliene abbiano causato partner infinitamente più esperti, ma Ash sente dolore e ride e prova piacere tutto assieme; emette un lamento ed Eiji si distacca da lui ed una risata erompe dal distacco delle loro labbra. Sta impazzendo. - Mi hai fatto male! -, esclama, ridendo. - Vacci piano. Non vado da nessuna parte. -

- È una pessima idea. -, rimarca Eiji, scostando i fianchi per uscire un po' da lui – sollevandolo dall'improvvisa sensazione di essere pieno, troppo pieno. - Non sono capace. -

- Non puoi non essere capace, scemo. -

- Con te... -

- Non esiste “con me” né “con te”. -, taglia corto, dolcemente. Inclina il capo e preme le labbra contro il collo di Eiji. - Segui il ritmo dei miei respiri e ricominciamo, Eiji. Lentamente. Da capo. -



Ama ogni difetto di Eiji.

Ama che ogni tanto perda il controllo, perché anche quando succede riesce comunque ad autoimporsi cautela, attenzione: perché lo tocca come fosse un idolo, il suo corpo un altare. Come nessuno l'avesse mai dissacrato.

Ama che non sia eccezionale nemmeno a baciare, che metta troppa lingua, che reagisca alle sue provocazioni borbottando che è così che fanno i giapponesi e arrossisca imbarazzato.

Ama che, pur possedendo un animo passivo, riesca a mantenere il controllo della situazione tanto quanto lui. Non va nel panico quando Ash lo volta all'improvviso sotto di sé e si siede sul suo bacino, muovendo i fianchi e prendendolo con una mano per dirigerlo nuovamente in sé: non rompe neppure il contatto visivo, ma si adatta alla situazione afferrando i fianchi di Ash e carezzandoli, venerandolo, accogliendolo quando Ash si sdraia sopra di lui e cerca i suoi baci.

- N... non... -, balbetta; chiude gli occhi e lascia che Ash morda il suo labbro inferiore, che vi affondi i denti quel poco che basta a far tremare il suo corpo.

- Che cosa? -, domanda Ash, fingendo una lucidità che non possiede. Da quella posizione Eiji lo riempe meglio, ed è lui ad avere il controllo della situazione, a dettare il ritmo. Eiji si adatta, e si adatta perfettamente. - Cosa c'è? -

Eiji mugola ad occhi chiusi, e ad occhi chiusi mormora: - Non... lo faccio... perché ne ho voglia. -

Quella dichiarazione lo spiazza, fa sì che si fermi a metà dell'atto di scivolare verso di lui; bloccato in quella posizione innaturale, coi capelli biondi che scivolano in avanti, Ash aggrotta la fronte: cosa intende? Lo sta facendo solo per soddisfare quelli che crede siano i suoi desideri sessuali? Non è così, urla dentro sé; non voglio questo.

Ma poi Eiji riapre gli occhi, e ad Ash basta fissare le pupille scure per sentirsi un idiota. Non è quello che intende, ed è ovvio, è palese. - Mi piaci così tanto. -, ansima, la voce quasi incrinata dal pianto. - Ash, tu mi piaci. Mi piaci così tanto... -

Ed è solo in quel momento che Ash realizza che non se lo sono mai detto apertamente.



Dopo c'è solo il silenzio, interrotto dal crepitio dello statico. Presto Eiji domanderà quale canzone stia passando in radio e Ash fingerà di doverci pensare – come se fosse in grado, quando è solo con lui, di concentrarsi su qualcosa che non sia Eiji, Eiji che cucina, che scrive, che ascolta, che contempla. Come se la sua intera esistenza non fosse dedicata a lui.

Dopo c'è il silenzio, e il respiro che si infrange sul suo petto, delicato come la persona che lo emette. Dorme come un bambino contro di lui, così piccolo eppure più grande – un ossimoro su gambe, l'incognita che Ash non avrebbe mai potuto prevedere nella vita già imprevedibile che ha sempre condotto.

Potrebbe parlargli mentre dorme, mentre non lo sente; potrebbe dire: mi hai salvato la vita, Eiji. Sarei morto se non fosse per te. Sai di essere la mia unica debolezza, al momento? Sai che credo di essermi innamorato di te?

Quell'ultima frase gli lascia in bocca un sapore amaro. Non potrebbe mai pronunciarla: solo pensarla lo fa sentire a disagio, fuori luogo, lontano da se stesso – il che, forse, non è una cattiva cosa. Forse può concedersi di non essere se stesso, con lui. Forse può concedersi di dirgli che lo ama, e legarlo per sempre a quel letto, a quella radio vecchia e malconcia, a quella notte che sembra non voler arrivare mai.

Ma poi Eiji apre gli occhi e il coraggio gli viene meno. Si sistema meglio sul cuscino quando Eiji lo pretende, privo di filtri nel sonno, quando si accoccola al suo corpo e lo abbraccia come se dovesse proteggerlo.

- Tu mi ucciderai. -, mormora; quella è una frase che può permettersi di dirgli, una constatazione più che una confessione. Eiji non comprende, o forse comprende perfettamente, e sorride nel sonno. Le sue dita affondano nella pelle, la marchiano a fuoco: su un piano non fisico, un delirio dovuto al sonno, affondano dentro di lui e afferrano il suo cuore ancora pulsante – perfetta metafora della situazione attuale. - Tu mi ucciderai un poco per volta. Dolcemente. -, borbotta; e poi si abbandona al sonno, il cuore stretto nella mano di Eiji.


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Amo Banana Fish. L'ho letto due anni fa, ed è subito entrato nel mio piccolo pantheon di opere preferite di tutti i tempi. Una storia così delicata e forte assieme, narrata con così tanto amore, è qualcosa di raro. Qualcosa che voglio proteggere.
Per questa ragione, con l'annuncio dell'anime, avevo un po' paura--- ma per ora si sta rivelando una buona trasposizione; e mi ha invogliata a riprendere in mano il pc e fare ciò che non avevo mai fatto: scrivere qualcosa sul tema. Questo è un piccolo flusso di coscienza, per nulla elaborato, ma è stato estremamente liberatorio in un periodo non esattamente positivo come quello che sto affrontando (E dopo mesi di reclusione a scrivere una longfic).
Spero avremo presto una sezione ricca di lavori di altri autori. Io vi aspetto volentieri al varco.
Alla prossima,
-Joice

   
 
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