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Autore: Le VAMP    16/07/2018    0 recensioni
[Angels of Death, Pocket Mirror, Mogeko Castle]
Per qualche ragione, quello strano gatto nero volle risponder ai dubbi della giovane Goldia lasciandole lì vari fogli, sui quali vi eran trascritti i racconti diversi di due assassini: l’una comandava strane creature, l’altro invece conviveva sol con bende e cicatrici; ma per quanto poi spettasse reggia ad ella e squallore al falciatore, entrambi si credevano giudici di falsi innocenti. Dov’è allor la differenza tra un terrorista o un dittatore, mi direte, se ciascuno vuole spegnere sia il cervello, che la pulsazion del cuore?
Fu questo che la ragazzina scoprì, di volta in volta, nella sua lettura.
–Dagli studi di Goldia, impegnativi questi per comprendere la ragazza dalle temibili forbici, ecco Moge-ko & Isaac Foster a confronto: poiché terrorismo e dittatura, anarchia ed imposizione, in fondo appartengono alla stessa medaglia–
[“Per strada tante facce non hanno un bel colore,
qui chi non terrorizza si ammala di terrore,
c'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo,
io sono d'un altro avviso,
son bombarolo!”
– Il bombarolo, Fabrizio De André, 1972]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo – Ad analisi conclusa, verdetto sul malanno 

Quel gatto che tentava, da secoli infiniti, di far ragionar umano e propria ombra. Non ci provava davvero, era solo una possibilità che voleva donare a quei poveri mentecatti, ma ogni volta fallivano miseramente.
Ciò che mancava era la volontà di osservare con raziocinio ciò che accadeva nelle loro menti complesse, egli lo sapeva bene, ma non voleva rivelare la soluzione: sarebbe stato un danno al suo appetito!
Nel frattempo, quindi, si era rivolto, ancora quella volta, alla sua strega che stentava a morire; e che ormai passati due secoli da quando derubò quel corpo mortale, continuava a diffondersi da malattia letale come piccolo batterio per viver più a lungo in altri corpi: i patti erano sempre i medesimi.
Le istruzioni, ancora, di solite maniere, ma questa volta con più entusiasmo:
«Vai e prendi quelle anime per me, ne son troppe per un corpo solo!»
«Non far l’ingordo, stupido gatto»
Ed un ghigno si levò, bianco e tagliente come la mezzaluna nel ciel notturno.


_____

 

Approfondimenti:

Spiegazione “Il bombarolo” – Yahoo Answers

Per comprendere a fondo il significato del brano "Il bombarolo" bisogna contestualizzarlo nell'album di appartenenza, ovvero "Storia di un impiegato" del 1973. 
Come in molti casi accade per gli album di Fabrizio de André "Storia di un impiegato" è un concept album. Ciò vuol dire che le canzoni dell'album sono legate ed accomunate da un concetto, un idea comune che rappresenta il tema portante dell'album. Nel caso di Storia di un impiegato poi, risulta ancor più importante in quanto brano dopo brano il personaggio subisce un cambiamento, una maturazione che lo porta ad effettuare delle scelte anziché altre. 
La tracklist è questa: 

1.Introduzione 
2.Canzone del Maggio 
3.La bomba in testa 
4.Al ballo mascherato 
5.Sogno numero due 
6.Canzone del padre 
7.Il bombarolo 
8.Verranno a chiederti del nostro amore 
9.Nella mia ora di libertà 

Il tema centrale è la rivolta giovanile che si ebbe a Parigi nel Maggio del 1968. Questa però viene utilizzata come spunto per raccontare un’altra storia, quella dell'impiegato che ascoltando "La canzone del Maggio", (l'album si apre con un introduzione breve sui "cuccioli del Maggio" ovvero i rivoltosi francesi e subito dopo parte la Canzone del Maggio, che è un adattamento dei canti dei rivoltosi. Il testo è una traduzione dal francese.), viene a conoscenza degli avvenimenti accaduti qualche anno prima in Francia. 
Nel terzo brano l'impiegato comincia a riflettere su quale fosse stato il motivo che aveva spinto quei suoi coetanei alla rivolta. Egli inizialmente si distacca dai ragazzi francesi "Ed io contavo i denti ai francobolli, dicevo "Grazie a Dio", "Buon Natale", mi sentivo normale...", li definisce ingrati del benessere... 
poi però "E io ho la faccia usata dal buon senso, ripeto "Non vogliamoci del male" e non mi sento normale e mi sorprendo ancora a misurarmi su di loro, ma adesso e tardi adesso torno a lavoro" 

A quel punto l'impiegato capisce che è proprio quello che lui credeva la normalità che aveva spinto gli ingrati alla rivolta: il perbenismo, i luoghi comuni, la quotidianità delle azioni, la noia...la libertà, quella che l'impiegato si era accorto di non avere. 
Li ammira per il coraggio, quello che lui non ha avuto, si rende conto che ormai è tardi per aggregarsi a loro e decide così di fare tutto da solo, mettendo una bomba ad un ballo mascherato, dove sono presenti solo uomini e donne borghesi, rappresentanti di quel bigottismo al quale era diventato insofferente. 
Si addormenta e fa tre sogni, raccontati nel 4°, 5° e 6° brano. 
Nel primo sogna il ballo a cui lui avrebbe messo la bomba, dove sono presenti illustri personaggi della storia: Cristo, Nobel, la Madonna, Edipo, Dante, l'ammiraglio Nelson ma soprattutto i suoi genitori, rappresentanti supremi del mondo perbenista che lo circondava, coloro che lo avevano educato a quello nel rispetto della morale cristiano-borghese. Senza pietà li ammazza tutti con la bomba ed alla fine si distacca anche da colui che gli ha insegnato "il come si fa" intraprendendo una strada fortemente individualista che caratterizzerà le scelte del bombarolo fino alla fine. 
Il secondo sogno racconta quello che lui sogna essere il processo dopo la strage del ballo. Inaspettatamente il giudice gli svela che in realtà egli non era che una pedina del potere costituito, che lo avevano osservato in ogni momento e lo avevano quasi aiutato a favorire il potere uccidendo "i soci vitalizi del potere ammucchiati in discesa a difesa della loro celebrazione". Il giudice quindi lo premia assolvendolo, chiedendogli se vuole essere assolto o condannato. 
Il terzo sogno può essere considerato una continuazione del primo. 
L'impiegato-bombarolo si trova al cospetto di colui che deve integrarlo nuovamente in società. Come inizio gli offre il posto di lavoro che era del padre dell'impiegato, che lo stesso aveva ammazzato. "Non dovrai che restare sul ponte e guardare le altre navi passare, le più piccole dirigile al fiume, le più grandi sanno già dove andare." Ovviamente la metafora è semplice, l'impiegato, nonostante il suo gesto si ritrova punto e da capo, ricondotto in un mondo che lui stesso aveva rifiutato dove ritrova personaggi inquietanti come Berto, il figlio della lavandaia, morto arrugginito a forza di piangersi addosso, la moglie con cui non va più d'accordo e che lui crede lo tradisca con un uomo più magro di lui e l'ultimo figlio, il meno voluto, caduto nel tunnel della droga. 
L'impiegato a questo punto comprende che il suo obbiettivo era sbagliato, non deve colpire i borghesi ma il potere in quanto è il potere stesso a voler lasciare tutto com'è. 
E così l'impiegato si sveglia meditando un attacco terroristico al parlamento. 
Veniamo quindi al brano "Il bombarolo". 
Nel brano l'impiegato, ormai completato il lavoro, paragonandosi a Mastro Geppetto, si prepara all'attentato, da solo, in pieno stile individualista "profeti molto acrobati della rivoluzione, oggi farò da me senza lezione". Ma proprio quando sembrava andare
a buon fine la bomba scoppia nel posto sbagliato. Lui viene così arrestato, ma quel che più lo ferisce è vedere lei, la sua ragazza, in prima pagina con lui, dal quale aveva preso le distanze e che pur di apparire sul giornale era pronta a tutto, anche a ridicolizzarlo. 
Il brano "Verranno a chiederti del nostro amore" è una lettera scritta dal bombarolo a lei dove la accusa di non averlo amato davvero, di averlo tradito, di restare al centro dell'attenzione solo per apparire. Le chiede di non lasciar andar via a caso le parole nelle dichiarazioni, le chiede di raccontare tutto di loro dei tradimenti a vicenda perché possano capire quali erano i suoi sentimenti e cosa lo ha spinto ad agire. Non c'è pentimento però e l'individualismo che lo spinge non cessa. Ma alla fine, "Nella mia ora di libertà", egli capisce che l'unico modo per vincere davvero contro il potere è quello di agire in massa e lo capisce solo una volta entrato in carcere dove si confronta con gli altri e matura definitivamente. L'album si chiude con la frase più graffiante della canzone del Maggio: "Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti." 

   
 
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