Scritta
per Relie Diadamat.
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26
prompts challenge: 12/26: ADRENALINA: 2. Stato di
forte eccitazione, di grande energia.
Parole:
577.
Caccia
Il
battito cardiaco risuonava nelle orecchie di Mufasa,
i lunghi capelli rasta rossi gli aderivano al corpo muscoloso e sudato.
Si
acquattò e si mise a correre a gattoni, tenendo il capo
incassato tra le
spalle. Il sudore gli aveva reso secche e aride le labbra, gli aveva
reso gli
occhi arrossati.
<
Sono drogato di adrenalina. Vivo ormai solo per
questa sensazione > pensò.
Dimenò
la coda da leone e abbassò le orecchie, i suoi
occhi saettarono e scattò. Balzò a dorso della
sua vittima, la gazzella si
dimenò, facendo dei versi di terrore.
Mufasa
estrasse un pugnale dalla cintola, che gli
teneva fermi i cortissimi pantaloncini di tela. Conficcò la
lama nella gola
della vittima, ci fu uno schizzo di sangue, gli occhi della creatura
divennero
bianchi, con un verso strozzato l’animale si
accasciò a terra.
Mufasa
saltò giù da essa, issandosi nella sterpaglia
bruciata dal sole. Il suo petto prorompente si alzava e abbassava in
modo
irregolare, i muscoli erano sottolineati dalle goccioline di sudore che
brillavano con la luce del giorno.
Scar
lo raggiunse, grattandosi sotto l’occhio dalle
iridi verde smeraldo, lì dove c’era la cicatrice
profonda.
“Non
raggiungerò mai quello stato di forte eccitazione
e grande energia che ti anima durante la caccia” disse.
Mufasa
si voltò verso di lui e gli sorrise.
“Non
dire così, è nella tua natura”
sussurrò.
Scar
raggiunse un sasso e vi si accomodò, afferrò un
topolino per la coda, mentre questi stava per rintanarsi nella sua
tana.
Sospirò e piegò di lato il capo, facendo
ondeggiare i lunghi capelli neri.
“Ahimè
non ho preso dal ramo della tua famiglia,
‘fratello’”
sussurrò.
Mufasa
fece una smorfia vedendo che l’altro divorava
il topolino, intento a squittire. Immerse la mano nel sangue e gliela
porse.
“Non
sarebbe meglio se ti cibassi di qualcosa di più
adatto alla tua alimentazione?” domandò.
“Che
differenza c’è tra un topo e una
gazzella?” chiese
Scar con tono stanco.
Mufasa
iniziò a scuoiare l’equino con movimenti rapidi.
“Mangiare
una gazzella rientra nel ciclo della vita.
Ognuno ha il suo posto in questo mondo” spiegò.
Scar
abbassò la testa.
“Temo
avesse ragione nostro padre quando diceva che io
non ho posto in questo mondo. Non c’è energia che
mi animi, non c’è felicità
che mi scorra nelle vene” sussurrò.
<
Tu sei così perfetto e a me resta solo vivere una
vita nell’ombra della tua grandezza > pensò.
Mufasa
prese un pezzo di carne e glielo porse,
mettendoglielo tra le dita affusolate e abbronzate.
“Mangia.
Ci sarà tempo per te di trovare una
motivazione, qualcosa che ti faccia rabbrividire di piacere e ti
riempia di
adrenalina” sussurrò.
Scar
morse il pezzo di carne.
<
Tu sei sempre così gentile. Lenisci un po’ questa
sofferenza che mi assale, ma temo che l’unica cosa che mi
permetterebbe di essere
agitato dall’adrenalina, mi farebbe perdere
quest’ancora di salvezza dalla
follia e questi dolci momenti.
Perché
solo avere il tuo posto, essere te, mi
permettere a mia volta di splendere, pieno di energia,
nell’olimpo della nostra
gente > pensò, mentre rivoli di sangue gli
scivolavano dalle labbra sottili.
“Continuerò
a portarti a caccia con me, così almeno ti
faccio mangiare decentemente” promise Mufasa.
“Grazie?”
chiese dubbioso Scar e Mufasa scoppiò a
ridere, dandogli una pacca sulle spalle.
<
Così potrò confortarti ogni volta che sarai
triste, fratello mio. Non importa se abbiamo madri diverse,
t’insegnerò a
cacciare e a sentire la spinta adrenalinica della nostra vita >
promise
mentalmente.