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Autore: Bheiroze    16/07/2018    2 recensioni
Avevamo litigato di nuovo, l'ennesima volta in giornata. Era ormai da mesi che questo processo si ripeteva, per ogni minima cosa, come se ci scrutassimo in continuazione alla ricerca di un dettaglio che ci infastidisse. Il modo in cui batteva le dita sul tavolo quando era nervoso, gli occhi che si muovevano frenetici tra i pensieri, le labbra che venivano torturate e martoriate dalla sua ansia e frustrazione. Li odiavo, stavo iniziando a odiare lui.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il silenzio era intriso nella stanza, in una morsa tanto gelida da farmi sentire più fragile di quanto fossi già.

Avevamo litigato di nuovo, l'ennesima volta in giornata. Era ormai da mesi che questo processo si ripeteva, per ogni minima cosa, come se ci scrutassimo in continuazione alla ricerca di un dettaglio che ci infastidisse. Il modo in cui batteva le dita sul tavolo quando era nervoso, gli occhi che si muovevano frenetici tra i pensieri, le labbra che venivano torturate e martoriate dalla sua ansia e frustrazione. Li odiavo, stavo iniziando a odiare lui.

Io al contrario, stavo immobile come uno stoccafisso, privo di qualsivoglia espressione. Come se per cercare di infastidirlo, stessi interpretando di proposito il suo opposto. Sentivo che anche lui stava iniziando a odiarmi.

E tremavo al pensiero.

Tristezza? No, direi più “eccitazione”.

Per quanto l’odio fosse un sentimento inconcepibile per una coppia, quella era l’unica emozione che riuscivamo a provare dopo un’eternità.

Sì ci odiavamo.

Ci odiavamo così tanto da non poterne fare a meno, come una dipendenza. Ogni parola urlata addosso, ogni sguardo colmo di disprezzo ed oggetti andati infranti contro al muro, erano per noi linfa vitale. Era tutto ciò che riusciva a tenerci ancora uniti.

Perché il pensiero di lui che svaniva per sempre, il solo pensare alla sua assenza, mi faceva sentire un guscio vuoto.

“Ti prego non andare”, pensavo ogni volta che invece gli urlavo di farlo. Lui d’altro canto mi urlava di fare lo stesso, se non riuscivo a tollerare al tal punto la sua presenza. Ed aveva ragione, il solo averlo accanto, mi faceva bruciare la pelle e il cuore, causandomi un dolore inimmaginabile, intollerabile. Mi allontanavo, lui pure.

Eppure poi tutto si resettava, sul divano, quando ci rannicchiavamo l’uno accanto all’altro, sussurrandoci le nostre scuse, dicendoci quanto fosse assurdo litigare in quella maniera quando non vi era alcun motivo. Ci sfioravamo le mani e le labbra, ricostruendo quel guscio che oramai era costituito da cocci e pezzi mancanti. Per quanto ci sforzassimo, non sarebbe mai più tornato come prima.

E il giorno seguente, i miei occhi erano nuovamente puntati sul pavimento, privi dell’amore che avevano giurato la sera prima.

La cornice con la foto del nostro primo anniversario era infranta sul terreno, era l’unica cosa che avevamo evitato di lanciarci durante i nostri litigi, eppure adesso eccola lì, in terra come tutto il resto.

Adesso lui non batteva più le dita sulla superficie del tavolo, i suoi occhi erano immobili su un punto fisso e le sue labbra semi aperte sembravano sussurrarsi qualcosa, come un mantra.

Non avevo il coraggio di parlare, guardavo il divano, ma i cuscini erano ribaltati.

Lui non proferiva parola, solo sussurri, quei dannati sussurri che erano rivolti a chissà chi.

Restammo così per un tempo indefinito, poi lui si alzò lentamente, voltandomi le spalle.

“Stanotte vado a dormire da qualche altra parte, tornerò domani”.

Spalancai gli occhi, non gli credevo.

Iniziò ad incamminarsi verso la porta, con passo biascicato e stanco.

Tremavo. Dovevo fermarlo, dovevo fermarlo.

Sapevo che se non l’avessi fatto, non l’avrei mai più rivisto.

E ripensai al divano che oramai era distrutto.

Lui era giunto dinanzi all’uscio. Provai a chiamarlo, ma non ne abbi il coraggio.

Il tonfo della porta si udì forte per tutta la casa. Con un eco così limpido, causato da quel silenzio che da mesi non si era udito.

E finalmente, mi lasciai andare al pianto, con un senso di liberazione che mi faceva star male.

Ci odiammo così tanto per colmare quell’amore che oramai avevamo perduto.

Era stata tutta un’illusione, un semplice farsi del male a vicenda.

Eppure guardavo quella porta e sentivo la mancanza del divano e del nostro guscio.

Così caddi a terra anch’io, infranto.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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