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Autore: nicailuig    16/07/2018    2 recensioni
Ti ho tenuto nella mia testa perché non sapevo tenerti per mano.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Serie 01'
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Da te non ho mai preteso niente. Non mi sono scomposta quando quel venerdì mi hai detto di vederci alle 12 fuori, all’ingresso, e poi non ti sei presentato. O quando ho aspettato che scendessi a salutarmi tra una lezione e l’altra perché mi avevi detto che ti andava, e poi mi hai scritto che sarà per un’altra volta. Che non c’era tempo.

Forse ti aspettavi qualcosa, un invito, una sicurezza. Ma vedi, io c’ero. Forse non ti ho teso la mano, ma c’ero. Ed ero stabile. Sei tu che mi hai fatto vacillare. Perché ti sei avvicinato, piano, come se mi avessi capita. E poi ti sei ritratto, di colpo, senza preavviso. E poi di nuovo, d’accapo, con modi diversi ma con le stesse intenzioni. Sono io che non ti ho capito. Non mi hai lasciato. Forse anche tu hai temuto di rimanerci invischiato. Con quel bacio per sbaglio mi hai augurato la buonanotte ma in realtà ci siamo detti addio. Neanche mai ci eravamo presentati.

Io me la ricordo la prima volta in cui ti ho visto. Di te mi hanno colpito le labbra. Erano rosse e vitali e davvero ho sentito un impulso corrermi lungo la spina dorsale. E ho notato il piercing sulla lingua. Mi sono chiesta se ne avrei percepito la superficie fredda con la lingua, se ci fossimo baciati. Tu però non hai visto me, quella volta. Ti è servito del tempo per osservarmi da lontano, mentre ero intenta a fare dell’altro. A leggere gli spartiti e a memorizzare le melodie nuove. Quando ti sei presentato mi hai detto ‘Ti ho vista a coro’. Per me è stata una rivincita.

Mi hai sempre lasciato carta bianca, mi hai dato lo spazio di cui avevo bisogno. Anche tu non hai avanzato pretese. Non ci siamo tenuti, stretti. La libertà che ci siamo dati è stata così ampia da farci divergere. La tua strada non era quella che ho intrapreso io.

Io mi sono fermata, non so bene dove. Forse tra gli scaffali della biblioteca, forse tra le lenzuola del mio letto. A risolvere rompicapo troppo complessi per una testa sola. Tu sei corso avanti, a inseguire le note di una band jazz, o le mongolfiere colorate su cui saresti voluto salire.

Quando ti ho ritrovato non mi sono accorta che non eri più lì per me. Che non eri quello di prima. Sfuggivi come l’acqua tra le mani, e io mi ostinavo a prenderti, senza mai riuscirci. Ti avevano già preso le mani di qualcun’altra, ma l’ho capito dopo.

Un giorno mi sono sporta dalla balaustra bianca per vedere fin fuori dalle vetrate. Ti ho scorto seduto di schiena su una panchina; eri in compagnia. Ho sentito montare rabbia e panico. Non volevo, ma i miei piedi mi hanno portato lungo il corridoio, a scorgere il tuo viso, il suo viso. Non eri tu.

Non eri tu.

Ma è in quel momento che mi è stato chiaro che tu eri di un’altra. Non sei mai stato mio ma io, ostinata, mi sono ugualmente aggrappata a te. Ti ho tenuto nella mia testa perché non sapevo tenerti per mano. E mentre non sentivi la presa con cui ti stringevo, sei incappato non in qualcuno che procedeva parallelo a te, lasciando gli spazi giusti e misurati, ma in qualcuno che con te si è scontrato. E da quell’incontro è nato qualcosa, qualcosa da cui io ero esclusa.

Io ho aperto gli occhi troppo tardi e mi sono messa a guardare quel che non si voleva vedere. Se ci fai caso sono ancora girata indietro a osservare gli errori che ho commesso, gli errori che hai commesso. A osservare te che ti allontani. Senza di me.

   
 
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