Crossover
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Autore: evil 65    17/07/2018    16 recensioni
Il Multiverso, così come lo conosciamo… non esiste più. In seguito ad un fenomeno distruttivo noto come Lo Scisma, un uomo misterioso che si fa chiamare il Maestro è riuscito creare una realtà completamente separata dalle altre, dov’è adorato come un dio onnipotente.
Apparentemente inarrestabile, il Maestro comanda col pugno di ferro questa nuova terra, chiamata "Battleground", nella quale vivono numerosi personaggi provenienti dai vari universi, tutti immemori delle loro vite precedenti.
Ogni storia ha il suo principio. E questa è la loro epopea...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti, Telefilm, Videogiochi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco un nuovissimo capitolo! Ci abbiamo messo un po', soprattutto perché è il più lungo che abbiamo scritto finora.
L'aggiornamento sarà molto importante per comprendere gran parte della storia, per cui leggete con attenzione.
Spero che lascerete un commento!




Capitolo 11 - Frammenti di memoria


Un fulmine squarciò il cielo… e poi tutto tacque.
Coloro che erano ritenuti i più grandi difensori del Multiverso erano caduti.
Dopo tante battaglie e patimenti, la loro ora era infine arrivata.
Ciò che esisteva era ormai perduto. Coloro che reggevano le sorti di tutto avevano deciso. La fine era giunta.
<< Salvalo... almeno lui... >> chiese rantolante una voce femminile.
<< Farò quello che posso... addio, cara amica >> rispose un’altra fin troppo familiare.
Angel non riusciva a vedere nulla, eppure sentiva ogni cosa. Sentì una mano prenderlo per la spalla e sollevarlo.
“No... non voglio...” pensò il rosso. Cercò di opporsi ma non riuscì a muovere un muscolo.
<< Addio, fratello di sangue. Un giorno ci rivedremo... magari non troppo presto >> lo salutò qualcuno che gli passò di fianco. La sua voce era un fioco rantolo eppure non mostrava alcuna paura.
<< Non ci dimenticare >> disse qualcun altro, con tono mesto.
<< Andiamo... per l’ultima volta... insieme. >>
“No. Non fatelo... Non potete...”
Angel era disperato. Non poteva né muoversi né parlare. L’unica cosa che poteva fare... era disperare.
Per un attimo, i suoi occhi riuscirono ad aprirsi e ciò che vide fu marcato a fuoco nella sua mente. Universi che cadevano, galassie che si infrangevano come specchi, mondi che si scioglievano… lo Scisma.
In mezzo a tutto ciò... vi erano delle imponenti figure. Impossibili da descrivere, inconcepibili per ciò che avevano iniziato.
E contro di loro, seppur feriti sia nel corpo che nello spirito, vi erano gli ultimi superstiti ormai condannati.
Davanti ad Angel apparve una giovane ragazza. Era lei... la ragazza dei suoi sogni ma... vedere in che stato era... fu a dir poco straziante. Ferite di ogni tipo le decoravano il corpo... una molto grave era quella al costato sinistro... le ossa erano praticamente visibili e il braccio era stato brutalmente amputato all’altezza del gomito. Come poteva essere ancora viva e cosciente?
La ragazza abbozzò un ultimo e debole sorriso.
<< Ti amo >> sussurrò a bassa voce.
Poi… tutto si fece buio.

 
<< NO! >>
Il rosso si alzò gridando quella parola a pieni polmoni. Il suo respiro era irregolare e agitato, il cuore gli batteva all’impazzata e non accennava a fermarsi.
Si guardò le mani: tremavano. Quel sogno... anzi, quell'incubo.... era stato così reale.
Sentiva le guance rigate da calde e amare lacrime e la fronte sudata. Mai aveva avuto quella reazione.
Poi la porta fu aperta di lato e Maru e Moru entrarono preoccupate.
<< Tutto bene, Angel? >> domandarono all’unisono.
Il rosso le guardò confuso. Che cosa ci facevano lì in casa su-... no, quella non era la sua abitazione. La sera precedente aveva tardato troppo al negozio e, dietro insistenza di Ichihara, era rimasto a dormire da lei.
<< Hai fatto un brutto sogno? >> domandò Mokona, saltellandogli intorno.
Il ragazzo non sapeva come rispondere. In quel momento era confuso e agitato e, per quanto ci provasse, non riusciva a calmarsi. Chissà come appariva loro in quel momento.
<< Lasciatelo respirare >> ordinò
Yūko.
Indossava una vestaglia azzurra aperta che celava la camicia da notte. Era notte inoltrata... eppure il suo volto era lo stesso di sempre. Si avvicinò al rosso e gli prese il viso tra le mani.
<< Respira >> gli disse con voce calma.
Il rosso poteva percepire il tocco di lei. Era delicato, fresco, armonioso. I suoi occhi rossi lo fissavano ipnotici. Sembrava quasi che potessero mirare oltre la carne e l’anima e assorbire in loro ciò che era impuro.
Quasi ipnotizzato da quella sensazione, Angel fece un respiro e poi un altro. Sentì l’aria entrargli nei polmoni che, tramite il rigonfiamento degli alveoli, venne trasferita al cuore. Più ripeteva quel semplice procedimento, più la calma tornava a fare da padrona.
Dopo più di un minuto, Angel riuscì finalmente a tornare lucido.
<< Ora... va meglio >> borbottò a bassa voce.

Yūko annuì soddisfatta e gli tese una mano. << Vieni. Ti preparerò una buona tisana. Fino a domani mattina non sei un dipendente ma un ospite. >>
Il ragazzo la fissò incredulo. Aveva davvero sentito quelle parole? Che si fosse riaddormentato di nuovo? L’idea che questa volta sarebbe stato servito invece di servire… be', era abbastanza inconcepibile.
Abbozzò un sorriso e poi le prese la mano.
 
Ci vollero pochi minuti. Minuti nei quali il rosso fu accompagnato da Maru e Moru a pulirsi il viso, e poi si sedette in cucina davanti a una tazza fumante.
Il liquido che aveva davanti aveva una colorazione giallognola con tratti verdi. L’odore era simile alla menta selvatica mista alla liquirizia. Ichihara vi versò anche un goccio di latte.
Angel assaggiò la bevanda. Il sapore lo invase e provò una sensazione di leggerezza e calma che gli sciolsero definitivamente le membra e gli liberò la mente.
<< È buonissima! >> esclamò, per poi assaggiarne ancora << Il latte, poi, è ottimo. Da dove viene? >>
<< È latte di Ippodrago, una creatura molto particolare appartenute a un mondo ormai scomparso. Un cliente abituale ne ha un intero branco e mi fa sempre avere una buona scorta >> gli rispose la mora, mentre si gustava anche lei un po’ di latte.
<< E ci manda anche dell’ottimo succo di frutta! >> esclamò Maru.
<< E anche dei buoni frutti della sua terra >> seguita da Moru.
<< Eheh! Merito mio e della mia sorellina che ce li scambiamo >> si vantò Mokona, intento a gustarsi una bottiglietta riempita con una bevanda arancione.
<< Tu hai una sorella? >> chiese il rosso, visibilmente sorpreso.
<< Esattamente. Anche lei è Mokona, solo che è bianca. Condividono tanto oltre alle loro 108 abilità >> gli rispose
Yūko, con voce morbida e suadente.
Angel inarcò un sopracciglio. Non immaginava che la polpetta nera, come spesso lo chiamava, avesse un consanguineo che ne condividesse persino le abilità. Sin da quando aveva iniziato a lavorare, aveva saputo che Mokona era un animagico multifunzione: era in grado di fare diverse cose che, a seconda della situazione, potevano rivelarsi molto utili, le cosiddette 108 abilità. Esse variavano dal traduttore universale automatico, al camuffamento, dal volo al trasferimento degli oggetti. Abilità che, però, a causa di una restrizione intrinseca del mondo materiale, non poteva usare in continuo o di seguito.
Quando l'aveva scoperto era rimasto senza parole, ma poi aveva liquidato il tutto come una nuova serie d’informazioni assai poco convenzionali. In fondo, ormai si stava abituando a questa nuova visione delle cose.
<< Spero che non condividano proprio tutto >> mormorò lui, mentre gli fu versato anche un bicchiere di quel latte. Il sapore della sola bevanda era qualcosa di incredibile. Chissà perché gli sembrava così… nostalgico.
<< Salvo la passione per gli alcolici, sono identici >> gli rispose Ichihara, divertita << Ora… te la senti di raccontarci che cosa hai sognato? >> chiese all’improvviso, fissandolo seria.
Di fronte a quella richiesta, il rosso iniziò a stringere la tazza. Ora si era calmato ma... il ricordo gli faceva ancora venire ansia.
<< P-Perché lo vuole sapere? >>
<< I sogni sono come la nostra ombra. Possono riflettere la nostra sagoma così come celare la verità. Essa non si trova mai davanti a noi, è sempre nascosta. Quel sogno potrebbe nascondere quelle risposte che cerchi. >>
<< Dai, racconta! >> esclamò Maru.
<< La padrona ti può aiutare >> confermò Moru.
<< Magari la prossima volta con un metodo più... >>
Mokona fu prontamente interrotto dalla donna stessa, che gli tirò un orecchio.
<< Scherzo, scherzo! >> tentò di difendersi l’animagico.
Angel fece un altro respiro. Abbassò lo sguardo per alcuni secondi, perso nei suoi pensieri. Infine, guardò la sua datrice di lavoro e decise di accontentarla.
Raccontò per filo e per segno ogni dettaglio del sogno. Da come lo raccontava, più che un sogno, gli sembrava fosse stato un evento che aveva vissuto per davvero.

Yūko lo ascoltò senza interrompere. Una certezza si fece largo nella sua mente, ma decise di tenerla per sé. Era qualcosa alla quale il giovane doveva arrivare da solo. Lei si sarebbe limitata a indicargli la strada.
<< Lei .. che cosa ne pensa? >> le chiese Angel, non appena ebbe terminato di raccontare.
La donna pose due dita sul mento. Per un minuto buono rimase in silenzio, mentre il rosso, Maru, Moru e Mokona la fissarono con trepidazione.
<< Non so dare un’interpretazione immediata a questo tuo sogno >> disse infine << Non una sola, almeno >> aggiunse.
<< Capisco >> sussurrò il ragazzo, osservando la tazza ormai vuota.
<< Però posso dirti con certezza due cose >> continuò l’altra.
Prima di continuare, Ichihara fece una pausa di alcuni interminabili secondi.
<< Ciò che hai sognato è un evento effettivamente avvenuto, ma del quale non vi è alcuna notizia certa... almeno fino ad ora. >>
Il rosso sollevò lo sguardo posandolo sulla sua datrice di lavoro. Che cosa voleva dire? Era questo che le voleva chiedere, ma non riusciva ad articolare le giuste parole.
<< Si dice che Battleground sia nato dai resti della realtà sopravvissuti all’evento che hai sognato e, per come lo hai descritto, pare che tu vi abbia partecipato >> continuò la mora, con calma.
Cosa? Che cosa aveva appena detto? Non era possibile. La sua mente rifiutava di accettare una cosa del genere. Questo non era...
Un forte tremore iniziò a percorrerlo. L’agitazione stava tornando a impadronirsi di lui, ma prima che essa potesse esplodere, il ragazzo si ritrovò abbracciato da ambo i lati da Maru e Moru.
Quel gesto colmo di affetto, vivo e concreto, fece sussultare il rosso. Le guardò in viso. Erano veramente preoccupate e volevano consolarlo.
I loro sguardi riuscirono a calmare il ragazzo, che abbozzò loro un sorriso e un: << Grazie. >>

Yūko stessa gli mise una mano sulla spalla. << Non hai motivo di agitarti. Volevo dire che era inevitabile. >>
<< Già, dice sempre così >> commentò l’adolescente, rincuorato ma ancora dubbioso.
<< Recupera il buon umore! >> disse Mokona, saltandogli addosso e avvicinandogli la bottiglia che stava bevendo.
Angel lo guardò di sottecchi. << Non bevo alcolici >> fu la sua risposta piatta.
<< Non è alcol. È un altro regalo del nostro cliente. È un ottimo succo. >>
Il rosso lo guardò stupito. Da quando lo conosceva, l’aveva visto bere sempre e solo sakè. Era una novità per lui.
Osservò la bottiglia per qualche secondo. Alla fine, optò di provarlo. Non appena il succo colore arancio gli toccò la lingua, un forte calore gli invase le papille gustative. Era caldo, forte eppure dolce. Gli sembrava che il corpo fosse stato invaso da una fiamma viva, capace di rinvigorirlo. Ed esattamente come col latte, gli dette una sensazione di nostalgia.
<< C-Che cosa è? >> chiese Angel, dopo aver finito di assaporare il tutto.
<< Succo di Frutto del Fuoco. È un particolare frutto pregno della forza del fuoco >> gli rispose Ichihara, con uno sguardo comprensivo << Ne esistono tanti per ogni elemento. Ognuno di loro nasconde tanto. Spetta a chi lo tiene in mano determinarlo. >>
<< E sono buoni >>, << Molto buoni >> dissero insieme Maru e Moru.
<< Se poi li cucini, sai che bontà >> aggiunse Mokona, con voce allegra.
Angel ridacchiò divertito.
<< E per quanto riguarda la seconda ipotesi? >> chiese rivolto alla datrice di lavoro.
A quella domanda, Ichihara chiuse per un attimo gli occhi e poi sorrise.
 << Credo che tu sia in qualche modo legato a una storia, anzi alla leggenda perduta di una civiltà esistita molto tempo fa e ciò potrebbe darti le risposte che cerchi. >>
Il ragazzo inspirò bruscamente. Per un attimo, sentì che il cuore gli si era fermato. Davvero? Davvero era così vicino alle risposte che si poneva da una vita?
<< D-Di che cosa si tratta? >> chiese con voce tremante.

Yūko non parlò. Si limitò a bere un altro sorso di succo. Sembrava quasi voler temporeggiare.
<< Sei in grado di aspettare domani mattina? >> gli chiese infine.
La reazione del rosso fu di disapprovazione. Perché doveva aspettare la mattina successiva?
<< Perché? >> si limitò a chiedere, con tono leggermente alterato.
<< Perché ora bisogna dormire e ricaricare le batterie per domani >> rispose la mora << E poi... se te lo dicessi ora che cosa cambierebbe? Si tratta solo di attendere qualche ora >> esclamò, fissandolo calma negli occhi.
Angel sostenne quello sguardo e abbassò la testa con rassegnazione.
“Non avere fretta” era questo quello che lei voleva dirgli. E forse aveva ragione. Si era appena calmato da un incubo che lo aveva fatto agitare, e di sicuro non voleva essere causa di ulteriori preoccupazioni.
<< Se accetto… domani mi racconterà tutta la storia? >> le chiese infine.
<< Certo. Domani avremo un solo cliente che verrà verso mezzogiorno, quindi avremo tutto il tempo per discuterne >> gli rispose Ichihara, contenta di essere riuscito a convincerlo.
<< Allora va bene. >>
Si alzò in fretta e furia, compiendo un inchino aggraziato e dicendo: << Grazie per la tisana. >>
Cominciò a incamminarsi verso l’uscita.
<< Ti va bene così? >> gli chiese
Yūko da dietro << Non vuoi nemmeno avere una piccola anticipazione? >>
Il rosso si fermò sull’uscio, per poi voltare metà volto verso di lei. << Me le darebbe? >>
<< Richiederebbe un pagamento di pari valore >> gli rispose lei, fissandolo negli occhi.
<< Una bottiglia di sakè freddo domani mattina, davanti al vostro divano >> propose lui, tentando di fare appello alla gola.
<< Tentatore >> commentò la mora, sorridendo come una bambina << Equivale al solo titolo! >>
<< Mi sta bene >> sospirò lui. Era meglio di niente, dopotutto.
In tutto questo Mokona, Maru e Moru li stavano osservando in silenzio.

Yūko annuì soddisfatta.  << Calak’ants >> disse infine.
Angel si toccò la fronte. Quella parola era strana. Eppure... perché gli sembrava familiare?
<< Grazie per avermelo detto. Buonanotte >> mormorò con uno sbadiglio.

Yūko gli si avvicinò  con un balzo e gli prese il viso tra le mani.
<< Fai tanti sogni d’oro >> disse con voce morbida e gentile.
Angel la fissò colpito. Era la prima volta che le sentiva dire simili parole.
<< Non ti dimenticare il sakè domani mattina >> continuò l’altra, per poi scoppiare a ridere.
Ecco... c’era cascato. Quando voleva la sua datrice di lavoro poteva essere davvero una burlona.
Ichihara lo vide scomparire oltre l’uscio del negozio.
 << Sogna tranquillo. Ora puoi >> sussurrò nella quiete notturna.
 
                                                                                                                                                                                                                    * * *

Vorkye spalancò di malavoglia la porta del suo ufficio.
Era un’ampia stanza rettangolare, munita di tutti i confort possibili e immaginabili. Vi era persino un piccolo angolo bar. Era stata dipinta con colori accesi che variavano dal giallo oro al bianco. In mezzo alla stanza, perfettamente paralleli tra loro, vi erano due sofà foderati in nero. In fondo alla stanza vi era l’ampia scrivania di plexiglas con venature in acciaio, fatta apposta per resistere ai duri pugni che il governatore era solito menare quando era di malumore, esattamente come in quel momento.
<< Che schifo >> disse il biondo.
Prese una bottiglia di whisky e, versato il suo contenuto dentro il bicchiere, lo bevve tutto d’un fiato. La sua segretaria lo osservò senza fiatare. Sapeva benissimo da dove nasceva il suo nervosismo e se ne sentiva responsabile.
Ogni domenica, Bloodbless era solito recarsi presso i laboratori della sua azienda per verificare i risultati delle sue equipe. Da  tempo stava cercando di riprodurre dei prodotti tipici del suo mondo, dei frutti di cui tutti i soleani andavano ghiotti. Lui non era da meno.
Adorava mangiarli ma, da oltre venti anni, aveva dovuto mettere da parte la sua golosità. Aveva invece deciso di tentare a riprodurli in laboratorio. Era sua intenzione farli provare anche al Maestro, in modo da dimostrargli che quello era uno dei cibi migliori del multiverso. Era una questione di orgoglio personale. Ma fino a quel momento aveva collezionato solo fallimenti.
Quella mattina si era recato nei laboratori, pieno di aspettative. Aveva visto degli esemplari dall’aspetto identico a quello degli originali, ma il sapore... non era mai stato così lontano. Aveva perso le staffe e, senza pensarci due volte, aveva ucciso i responsabili delle colture.
<< Non basta >> sibilò a denti stretti.
L’orrendo retrogusto che aveva in bocca non se ne era ancora andato e la sua rabbia non era da meno.
<< Se posso, signore... >>
<< Cosa?! >>
Il soleano voltò gli occhi rossi verso di lei.
<< F-Forse il limone potrebbe aiutarla >> suggerì Ellen, in tono tremante.
Vorkye la fissò malamente, ma poi considerò la cosa. Ne afferrò uno e lo spremette direttamente nella bocca. Quel sapore acre scese nella gola, pulendo le sue papille gustative violentate.
Chiuse gli occhi per calmarsi. Infine, si voltò con sguardo soddisfatto.
<< Bene, ora va meglio >> commentò, andando a sedersi sulla sua scrivania.
Per lunghi istanti, Ellen lo fissò in silenzio. Non sapeva che cosa dire.
<< Ebbene? >> domandò il soleano, rivolto verso di lei. Sapeva che voleva chiedergli qualcosa e lui, nella sua infinita clemenza, aveva deciso di concederglielo.
<< Per quello che è successo stamattina nel laboratorio... >> iniziò la donna, ma venne prontamente interrotta da un gesto di Bloodbless, che la invitò a sedersi.
Lui aspettò che lei eseguisse l’ordine, poi parlò.
<< Intendi assumerti la responsabilità per il fallimento di quegli inetti? Su questo non ti devi preoccupare. Hai svolto il tuo lavoro. Sono stati loro a non farlo e meritavano una punizione degna di nota. >>
<< S-Sissignore, grazie, signore ma... se posso permettermi, avete un po’ esagerato ! >> esclamò lei.
Sapeva che questa sua uscita poteva costarle molto caro ma, in quanto sua segretaria, aveva comunque il dovere di riprenderlo.
Vorkye la fissò con occhi calmi... una calma che precedeva la tempesta. Quella donna… aveva il coraggio di riprendere lui, il suo superiore, colui che deteneva il potere e poteva fare di lei quello che voleva. Tuttavia, questa improvvisa audacia lo fece sorridere.
<< Brava. Ne hai avuto di coraggio, ed è una cosa che posso apprezzare >> commentò con tono divertito << Forse… mi sono lasciato prendere un po’ troppo la mano. >>
La segretaria tirò un sospiro di sollievo. Non credeva che l’avrebbe ascoltata.
<< La prossima volta selezionerò degli scienziati migliori >> disse rapidamente.
<< E che lo siano >> rispose il soleano, annuendo soddisfatto << Per quanto riguarda quelli che ho ammazzato, di' che è stato un tragico incidente e provvedi ad assicurare le famiglie. >>
<< Provvedo subito >> rispose Ellen, iniziando a digitare una serie di ordini sul suo tablet.
<< Ottimo >> ribattè Vorkye. << Se non ricordo male, oggi c’è una conferenza in Scozia, vero? >>
<< Esatto, signore. Il vostro jet privato partirà tra due ore >> rispose la donna, controllando l’agenda.
<< Molto bene. Allora iniziamo i preparativi >> ordinò il biondo, cominciando a lavorare.
  
                                                                                                                                                                                                                * * *
 
<< Buon appetito >> dissero i membri del negozio Ichihara.
La colazione era iniziata un po’ tardi. Svegliare 
Yūko era stata un’impresa. E poi prepararla per tutti era stata una… soddisfazione.
A parte con Ajimu, Angel non aveva mai fatto colazione con qualcuno. Almeno… da quando si era svegliato su quel letto di ospedale. Vedersi con così tante persone intorno, sentire i loro schiamazzi e commenti, osservare le loro espressioni che da assonnate passavano ad attive…era una novità bellissima per lui.
<< Che bontà >> disse 
Yūko gioviale, mentre addentava un altro po’ di torta preparata dal rosso.
<< È buonissimo! >> dissero insieme Maru e Moro con un sorriso.
<< E bravo il nostro Angel. Hai fatto un ottimo dolce a base di frutti elementali. Sei un cuoco provetto >> si complimentò Mokona, con in bocca un grosso pezzo. Chissà come faceva il suo corpicino minuto a non scoppiare.
<< Vi ringrazio >> rispose l’adolescente, sorridendo a sua volta.
Essendo cresciuto da solo, aveva imparato a cucinare da molto tempo. Però, era la prima volta che provava a preparare un dolce con ingredienti alieni. I frutti elementali avevano tutti dei sapori particolari. Questo l’aveva appurato quella mattina. Per decidere quali usare, li aveva assaggiati un po’ tutti: nel negozio erano presenti otto tipi diversi, ognuno riconoscibile dalla forma e dal colore che, in base alla maturazione, diventava più scuro.
Di questi, a suo parere, solo cinque risultavano ben amalgamati. Aveva quindi usato questi per preparare il dolce: Fuoco, Vento, Terra, Fulmine e Acqua. Il tutto con un bicchiere di latte di Ippodrago.
<< Spero solo che il sakè non rovini il sapore >> commentò il rosso, che aveva mantenuto la promessa fatta la sera prima.
<< Ci sta benissimo >> gli rispose
Yūko << Piuttosto, caro Angel... non c’è niente che tu voglia chiedermi? >> domandò la mora, fissando il giovane coi suoi occhi rossi.
L’adolescente prese un altro sorso di latte. << Credo che lei sappia già cosa voglio. >>
<< Allora… vediamo di continuare il discorso lasciato in sospeso >> disse l’altra << Ma per farlo, serve un piccolo aiuto. Mokona, tiralo fuori. >>
<< Detto fatto >> rispose la polpetta nera.
Spalancò la boccuccia e da essa ne uscì una piccola sfera azzurra che, una volta avvicinatasi al tavolo, scoppiò un piccolo PUFF.
Come dal nulla, comparve un libro illustrato. Sulla sua copertina era raffigurata un’immagine astratta simile a un cielo nel pieno del tramonto. Sopra di esso, con lettere dorate, era riportato un nome, ma la lingua era diversa da quella usata sulla Terra. Anzi… non vi era popolo di Battleground che usasse una simile lingua.
Angel osservò incredulo il piccolo tomo che aveva davanti. Per quanto ci provasse, non riusciva a capire che cosa significasse il titolo.  Lo aprì. Anche i testi erano incomprensibili. Ciò che poteva comprendere  grandi linee erano le figure… un gruppo di esseri informi riuniti a consiglio, uno più piccolo che si formava da loro. Questo che viaggiava verso quattro stelle, volti di popoli molto simili agli umani… anche se l’ultimo era diverso.
La figura si fermava tra questi ultimi e, di fronte ad un monumento megalitico, parlava con loro. Una sfera dorata si formava nelle sue mani e poi si scindeva in dieci frammenti. Questi venivano presi da altrettanti esseri che si riunivano in cerchio. Apparivano altri esseri contro i quali combattevano e altri a cui cedevano i frammenti e poi… questi che guardavano oltre.
Il rosso sollevò lo sguardo dal libro e fissò la sua datrice di lavoro. << Cos’è questa? Una fiaba? >>
<< Non è una semplice fiaba. È qualcosa di molto di più >> rispose lei << La lingua usata è ormai perduta da tempo. Nessuno in tutta Battleground potrebbe leggerlo. Però… uno pagamento di pari valore può fare un piccolo miracolo. Un tuo capello. >>
Angel inarcò un sopracciglio. Davvero? Bastava così poco? Che pagamento era mai quello?
<< Non è così scontato >> disse
Yūko, notando lo scetticismo dell’adolescente << Da un capello si può ricavare molto. La storia di se stessi e di chi ti ha dato vita. È un sottile filo rosso che ti lega alle origini. Tu non conosci il tuo passato e cerchi risposte a esso legate. Questo libro te ne può dare alcune e far sorgere altri quesiti. Tu e tu soltanto puoi fornire la chiave di lettura, perché cerchi di vedere la verità oltre il velo. >>
Angel la fissò stupito. Poi, lentamente, prese uno dei suoi capelli e se lo staccò con uno strattone.
<< A volte, per capire, bisogna vedere con i propri occhi >> continuò
Yūko, afferrando il pagamento del rosso.
Vi passò l’indice sinistro sopra, sussurrando qualcosa, e poi lo poggiò sulla copertina del libro volume. Esso brillò leggermente e poi, un attimo dopo, i caratteri dorati cambiarono… divenendo leggibili.
Angel lesse il tutto con voce tremante. << I Guardiani dell’equilibrio : i Calak’ants. >> 
Era fatta. Una possibile risposta alle sue domande era lì, davanti ai suoi occhi.
Ichihara gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla. Comprendeva perfettamente la sua emozione.
<< Iniziamo la lettura >> disse aprendo il libro.
Le immagini in esso contenute presero vita, come a voler rendere quell’azione ancora più reale.
<< Agli inizi dei tempi, quando il creato doveva ancora esistere, le grandi entità appartenenti a tutte le fazioni si riunirono a consiglio. Stanche della staticità del tutto, decisero di creare. Il loro operato portò alla nascita di mondi, sistemi solari, galassie e universi. Dalla nascita del tutto, nacque una nuova esistenza: la chiave di questo nuovo creato. Le fu dato un corpo di carne, intelletto, potere e un compito: assicurarsi che la serratura che avrebbe portato al nulla restasse per sempre ben chiusa. Conscia di questo fardello, la chiave iniziò a vagare tra i mondi. Ciò che aveva compreso, era che non poteva svolgere da sola questo ingrato compito. Le serviva aiuto. Tra i tanti universi appena nati, però, non vi erano ancora forme di vita in grado di aiutarla. Solo quattro erano le razze che allora avevano iniziato a prendere coscienza di sé: gli dei di Asgard, valenti guerrieri dotati di forza e di grandi poteri. I giganti di ghiaccio di Jotunheim, grandi e potenti guerrieri legati al potere del freddo. I Signori del Tempo di Gallifrey, viaggiatori e conoscitori del tempo e dotati di grandi conoscenze. E i soleani dal Sole, esseri umanoidi con sembianze animali legati alla natura stessa, alla magia e dotati della vita eterna.
Chi scegliere tra i quattro? Con chi condividere un simile fardello? La risposta venne da sola. Dei e giganti furono subito scartati: le loro razze, nella loro arroganza e sete di potere, iniziarono ben presto una guerra senza quartiere. Troppo rischioso affidarsi a uno dei due. Un errore di valutazione e sarebbe stata la catastrofe. I Signori del Tempo sembravano perfetti. Parevano calmi e placidi ma, nei loro cuori, la chiave vide un’ombra pericolosa che, se stimolata, avrebbe condotto a una catastrofe ben peggiore di una guerra. Anche loro furono scartati.
Rimasero solo i soleani. Che dire di loro? Crescevano ma mantenevano purezza. La tranquillità e la circospezione erano i loro principali pregi e altri se stavano manifestando. Inoltre, senza che nessuno glielo avesse chiesto, avevano deciso di aiutare le altre razze che stavano iniziando a nascere, sperando in una pacifica convivenza. La chiave rimase colpita e, infine, scelse loro.
A essi propose un patto: un frammento del potere che le era stato concesso per il loro aiuto. Essi accettarono ma posero due condizioni. Che questo potere potesse essere trasmesso alle generazioni future e che non fosse solo ed esclusivamente loro ma che potesse essere trasmesso a chi ne era degno.
La chiave accettò. Scisse il suo potere in dieci frammenti assegnando loro un colore e una virtù e infine l’affidò ad altrettanti eletti.
Il blu simbolo dell’acqua e della volontà dilagante. Il rosso simbolo del fuoco e dell’ardore che porta alla rinascita. Il nero del buio che cela la verità. Il bianco della luce che contrassegna la purezza. Il verde del vento che muta come il coraggio che da forza al cuore. L’arancio della terra che forgia i legami tra coloro che sono diversi. Il giallo del fulmine che può essere faro di speranza. Il rosa del ghiaccio che può però essere scaldato dall’amore. Il grigio delle gemme che all’onore si lega. Il viola dell’etere simbolo dell’unione che può nascere tra tante virtù e nessuna.
I dieci riuniti divennero i guardiani della chiave, nonché suoi vassalli e compagni. Per lei molte battaglie combatteranno e altrettante sofferenze sopporteranno ma sempre e comunque, grazie alle generazioni che verranno, guarderanno sempre al futuro fino a quando non arriverà la fine di tutto.
Essi sono i guardiani dell’equilibrio, i Calak’ants. >>

Yūko arrivò all’ultima pagina, ammirandone lo sfondo bianco. La sua espressione non faceva trasparire nulla.
Angel, dal canto suo, dopo la lettura stava guardando il vuoto con occhi spenti. Troppe cose gli erano state dette, risposte che avevano portato ad altre domande. Una goccia di sudore scese lentamente dalla sua guancia fino ad arrivare al mento. Nella sua mente, qualcosa sembrava stesse rendendo forma ma era una figura indistinta e troppo lontana da vedere.
<< Cosa… cosa ha a che fare tutto questo, con me? >> domandò con voce bassa e tremante.

Yūko rimase ferma e immobile, prima di inviargli un sorriso consapevole.
<< Suppongo che dovrai scoprirlo. Ma credimi… le risposte non tarderanno ad arrivare. >>
 
                                                                                                                                                                                                               * * *
 
Passarono le ore. Infine, si fece mezzogiorno. Allo scoccare di quell’ora, qualcuno con passo sicuro si avvicinò al muretto del negozio.
Il Dottore fissò la costruzione con un cipiglio dubbioso.
<< È un po’ lontana da China Town >> commentò.
Prese nuovamente il volantino, rileggendo la scritta. Non era ancora sicuro su quello che avrebbe trovato. Tuttavia, sapeva che non si trattava di una trappola. In fondo, se qualcuno lo avesse voluto morto, non si sarebbe certo preso la briga di fargli notare che conosceva la posizione della Base Ribelle.
Non ebbe il tempo di porsi altri quesiti, poiché la porta del negozio si aprì. Da essa uscirono Maru e Moru che lo salutarono con un inchino.
<< Benvenuto >> lo accolsero con voce allegra.
Il Signore del Tempo le osservò con una certa perplessità. Come facevano a sapere che lui era lì? Non ebbe il tempo chiederselo. Una forza misteriosa gli fece muovere i  piedi contro la sua volontà, costringendolo ad entrare nel negozio. 
A nulla servirono le proteste del Dottore, questo fino a quando non venne portato nel salotto e messo a sedere su una sedia di legno, davanti a un tavolo di vetro con ricami a forma di foglie.
L’uomo lanciò una rapida occhiata in direzione di Maru e Moru.
<< Okay, devo chiederlo: come diavolo avete fatto? >> chiese il Dottore, assai contrariato.
<< Era solo inevitabile, signor Dottore >> gli rispose Ichihara in persona, accedendo nella stanza.
Indossava i suoi abiti da lavoro. L’unica differenza era il colore del kimono che stavolta era rosa con rifiniture nere.
<< Piacere di conoscerla. Io sono
Yūko Ichihara, la padrona di questo negozio. >>
<< Ed esattamente… che cosa vendete? >> chiese l’alieno, guardandosi attorno.
<< Qui si realizzano desideri. Chiedete a lei e, in cambio di un pagamento di pari valore, lo esaudirà >> gli rispose Angel, che si fece avanti con un vassoio che mise sul tavolo.
<< Se lei dirà di poterlo esaudire allora lo esaudirà >> terminò Mokona, seduto sulla spalla del rosso.
Il Dottore fissò prima il ragazzo e poi Ichihara con un cipiglio in cui lo sgomento e l’incredulità erano assai evidenti. Davvero poteva fare una cosa del genere?
<< Dubito che possiate esaudire ciò che voglio. Temo che il pagamento sarebbe un po’ troppo salato >> commentò il Signore del Tempo, estraendo il volantino dalla tasca della giacca << E poi… sono venuto qui a causa di questo. È una burla di qualche tipo? Sono abbastanza sicuro di non aver partecipato a nessuna attività legata a questo negozio. >>

Yūko lo prese subito, evitando che Angel lo potesse vedere. Lesse rapidamente quello che vi era scritto.
<< Angel, per favore, porta il dolce rimasto stamattina e poi vai a prendermi del buon sakè al negozio qui vicino. Ti darò i soldi quando torni >> disse con tono improvvisamente calmo.
<< Ricevuto >> rispose il rosso, che uscì dalla stanza. 
Rientrò poco dopo con la torta avanzata e la posò davanti alla coppia. Fatto questo, si cimentò in un leggero inchino.
 << Con permesso. Buona giornata, signor cliente >> disse scomparendo oltre l’uscita, accompagnato da Mokona.
Il Dottore aveva osservato il tutto rimanendo in silenzio. Era fin troppo evidente che la donna lo aveva volontariamente allontanato per potergli parlare in privato.
 << Spero che ora non mi salterete addosso >> esordì con un sorriso accomodante.
<< Niente del genere, Dottore >> gli rispose la mora, prendendo una fetta di torta << Parto subito da questo: io so chi siete e, indirettamente, vi ho aiutato con la vostra Ribellione. Tuttavia, io non sono né dalla vostra parte né da quella del Maestro. Ciò che faccio è realizzare l’inevitabile. >>
Il Signore del Tempo la fissò con occhi sempre più sospettosi. Gli era capitato di trovarsi davanti a persone particolari, ma quella donna… andava ben oltre il suo metro di stranezza.
Si lasciò andare sullo schienale della sedia e incrociò le mani davanti a sé.
<< Che cosa volete esattamente? >> le chiese, fissandola con occhi penetranti.
<< Cominci a gustarsi il dolce, intanto >> gli rispose la mora, sostenendo quello sguardo << E ascolti in che cosa consiste il pagamento di pari valore che le chiedo. >>
Fatto ciò, iniziò a esporgli la sua richiesta.
 
                                                                                                                                                                                                * * *

Angel fece rapidamente la sua commissione. Era già sulla strada del ritorno, quando una voce familiare lo richiamò.
<< Ciao, Angel. >>
<< Ajimu >> salutò lui, riconoscendola all’istante. Ritrovò la suddetta ragazza a pochi metri di distanza, il volto chiuso nel suo solito sorriso .
<< Credevo non ti sentissi bene >> osservò il rosso, squadrandola da capo a piedi.
<< Sto un po’ meglio. Ho deciso di prendere una boccata d’aria >> gli rispose lei, avvicinandosi con passo lento e marcato << E tu che ci fai qui? Sei un po’ lontano da casa. >>
<< Il mio lavoro part-time >> le rispose lui, facendo ben attenzione a mantenere Mokona nella busta della spesa in cui erano contenute le bottiglie di sakè.
La giovane donna inclinò leggermente la testa.
<< Persino di domenica? Ti fai sfruttare parecchio >> commentò lei, con tono divertito.
Il ragazzo si strinse nelle spalle. << Oggi è una giornata tranquilla. Penso che già dopo pranzo sarò libero. Potremmo passare il resto della giornata insieme. >> 
Con sua grande delusione, tuttavia, Ajimu scosse prontamente la testa. << Vorrei tanto…ma proprio non posso. Oggi pomeriggio sono con i miei. >>
<< Capisco. Beh, allora sarà per a prossima volta >> disse l’adolescente, con leggero disappunto.
<< Certamente >> gli rispose l’altra.
Poi, con uno scatto… Ajimu lo abbracciò forte. L’adolescente rimase stupito dalla cosa. Era raro che esprimesse simili gesti d’affetto.
Decise ugualmente di ricambiare quel gesto. Rimasero legati per qualche altro secondo, fino a quando lei non si staccò.
<< Mi dispiace >> disse lei, scostando leggermente lo sguardo.
<< E per cosa? >>
<< Per tante cose >> mormorò quasi a se stessa.
Najimi lo guardò negli occhi. Sembrava quasi che volesse imprimersi il suo volto nella memoria. Quasi come se non lo avrebbe rivisito per molto tempo.
<< Scusami… ora devo andare. Mi ha fatto piacere rivederti >> sussurrò a bassa voce.
<< Va bene… anche io dovrei andare >> disse il rosso, leggermente confuso. << Allora… a domani. >>
<< Certo >> gli rispose lei, dondolandosi sui talloni << E mi raccomando… fa' attenzione. >>
Detto questo, riprese a camminare, lasciandosi Angel alle spalle. L’adolescente la guardò allontanarsi, fino a quando non svoltò l’angolo.
<< Eeeehh! Ma che bella fidanzatina che hai >> commentò Mokona, saltando fuori dalla busta.
<< No, non siamo fidanzati. Siamo solo amici >> rispose il ragazzo, senza mettere troppo impegno in quella protesta.
Quell’incontro… lo aveva messo piuttosto a disagio.
 
Rientrò nel negozio appena cinque minuti dopo, portando subito la spesa in cucina.
<< Eccomi tornato! >>
<< Ben arrivato, giovanotto, >>
A salutarlo, con sua grande sorpresa, non fu
Yūko… bensì il Dottore, che era vicino al frigorifero.
 << Scusa, volevo complimentarmi con te per il dolce >> offrì l’uomo << Non mangiavo un dolce così buono da… credo da quando sono stato in Francia nel 1600. >>
L’adolescente gli lanciò un’occhiata strana. Francia del 1600? Che avesse qualche rotella fuori posto?
<< La… ringrazio, signore >> disse dopo alcuni secondi, il tono di voce ornato da una punta d’incertezza.
Non si aspettava certo di trovarlo ancora lì, soprattutto in cucina e con tanta naturalezza. Poi, fu colto da un dubbio.
<< Non è che anche voi lavorerete qui, vero? >>
<< Oh no, ero solo venuto a prendere un altro bicchiere di questo buon latte >> disse il Signore del Tempo, sollevando un bicchiere che teneva nella mano destra << Più lo mandi giù più non riesci a farne a meno. >>
Angel si limitò ad annuire, con fare esitante.
In quel preciso istante, Maru e Moru fecero capolino all’interno della stanza.
<< La padrona ti vuole. >>
<< È importante >> gli dissero di seguito la coppia di gemelline.
Il rosso non se lo fece ripetere due volte e andò a sentire che cosa voleva
Yūko
Una volta di fronte a lei, chiese: << Di cosa ha bisogno? >>
<< Vorrei che aiutassi il nostro cliente con un piccolo lavoro. Niente di complicato >> gli rispose la mora, con un sorriso consapevole.
Angel la fissò, leggermente perplesso.  Non le aveva mai chiesto di servire un cliente al di fuori del negozio.
<< Tranquillo, ragazzo, hai la mia parola che tornerai a casa senza problemi >> lo rassicurò il Signore del Tempo, comparendo alle sue spalle.
<< … Dipende in cosa consiste quello con cui la devo aiutare >> commentò Angel, leggermente dubbioso.
<< Te lo spiego strada facendo >> gli rispose l’uomo, con un sorriso accomodante.
Porse una mano in segno di saluto.
<< Io sono il Dottore, a proposito >> offrì con voce calma e raccolta.
Angel inarcò un sopracciglio, visibilmente sconcertato da una simile presentazione.
<< Ehm… Angel, molto piacere >> disse stringendo l’arto del vecchio.

Yūko annuì soddisfatta.
<< Bene, ora che le presentazioni sono state fatte, sarà meglio che cominciate a incamminarvi. Prima andrete, prima tornerete >> disse, alzandosi e accompagnando i due alla porta con una certa fretta.
<< Buon lavoro >> offrì con un ultimo sorriso. Poi, chiuse la porta del negozio con un sonoro scatto.
Angel trovò l’intera scena assai strana. Non era da lei fare così. Era quasi come se avesse progettato qualcosa di… particolare.
Lanciò al Dottore un’occhiata incerta. << Quindi… in che cosa consiste il lavoro? >>
<< Oh niente di complicato >> gli rispose l’altro, prendendolo per una spalla e cominciando a trascinarlo con sé. << Solo una rapina. >>    
<< Che cosa?! >>
 
                                                                                                                                                                                           * * *
 
Angel aspettava con apprensione di fronte all’entrata di un piccolo bar.
<< Maledizione >> disse il Dottore, appena uscito dal bagno, mentre si asciugava le mani << Hanno finito le salviette di carta. >>
Si era cambiato e adesso indossava un completo blu con camicia bianca cravatta abbinata, un maglione pesante blu scuro e un paio di scarpe nere. Sembrava un agente di sicurezza, e Angel glielo fece notare.
<< Che cosa vuoi che faccia, ragazzo, O
ltre che a congratularmi per la tua perspicacia?? >> rispose l’altro, ficcandosi in tasca uno strano cilindro d’argento << Cosa te ne pare di Jack O’ Brian? Jack è un bel nome. >>
<< Troppo comune. >>
<< Be', allora inventati qualcosa. Forza, torniamo in centro. Per avere qualche soldo da spendere ci dobbiamo presentare puntuali alla rapina. >>
<< In genere >> disse Angel, con una punta di sarcasmo << Se uno ha bisogno di soldi li prende la bancomat. >>
<< Ti sembrerà strano, ma è proprio quello che faremo. >>
<< Eh? >>

Con grande sorpresa dell’adolescente, in effetti, il Dottore li condusse proprio di fronte ad un bancomat. Una volta lì, l’uomo affondò una mano nella tasca del completo.
Sotto gli occhi increduli di Angel, ne estrasse una cassetta di metallo grande quasi quanto un pallone. Ammanettò l’oggetto al polso sinistro. Poi, indossò un berretto blu a punta, e con un velcro si attaccò un foglio di carta apparentemente bianco al taschino della giacca. A quel punto cominciò ad assumere un’andatura goffa e pesante. Sembrava un vecchio poliziotto in pensione.
<< Adesso… >> disse rivolto ad Angel << tu vai a comprare qualcosa a quel supermercato e poi ti fermi nei paraggi del telefono. Se qualcuno ti chiede che cosa stai facendo, rispondi che aspetti una telefonata dalla tua fidanzata, che è rimasta in panne. >>
<< Ok, prima di tutto...perché mi dovrebbe chiamare proprio dal telefono del supermercato... >>
<< Sono sicuro che riuscirai a inventarti qualcosa. >>
<< Secondo: potrebbero filmarci le telecamere presenti nella zona >> osservò il rosso.
L’alieno rilasciò un sonoro sbuffo. << Per chi mi hai preso, un dilettante? Le ho disattivate! >>
Detto ciò, l’uomo si infilò un berretto rosso e chiuse il baule della macchina. Sul cappello scuro cominciarono a posarsi alcuni fiocchi di neve, precursori di un imminente bufera londinese.
<< Come sto? >> chiese con un sorriso estatico.
Angel lo fissò con un’espressione impassibile. << Sei ridicolo. >>
<< Ridicolo? >>
<< Sembri un idiota, se preferisci... >>
<< Mmmmh. Ridicolo e idiota… bhe, allora siamo a posto! >> esclamò il vecchio, arricciando ambe le labbra in un ghigno.
Il cappello gli dava un’aria che era insieme rassicurante, spiritosa e un po' amabile. Attraversò tutta la strada con un’andatura disinvolta e percorse l’isolato in cui sorgeva il palazzo della banca, mentre Angel entrava nel supermercato e restava a guardare.
Il Dottore attaccò sullo sportello del bancomat e della cassa continua un grosso cartello con la scritta FUORI SERVIZIO. Coprì l’apertura con una fotocopia tenuta da una striscia di nastro adesivo rosso.
Angel lesse il tutto con fare incredulo.
<< Ci scusiamo per il disagio, stiamo lavorando per migliorare il servizio… sul serio? >> borbottò con aria stizzita. Quel tipo era sicuramente la persona più pazza che avesse mai incontrato in tutta la sua vita.
Poi, il Dottore si voltò verso la strada. Aveva un’aria infreddolita e stanca. Una donna sui quarant'anni si avvicinò allo sportello e domandò qualcosa all'uomo. Scuotendo la testa, questi le spiegò che non funzionava. O, almeno, questo fu ciò che suppose Angel. Non sapeva leggere le labbra, dopotutto. La donna imprecò, arrossì intensamente, si scusò per averlo fatto e scappò via.
Il Dottore ripetè l'azione con ogni persona che si avvicinò al Bancomat, sotto lo sguardo incredulo di Angel. Dopo quasi mezz'ora, attraversò la strada trascinando la cassa di metallo ammanettata al polso e nel bar del supermercato ordinò un tè caldo e fumante. Poi ritornò dall’altra parte, dove continuò a ritirare sacchi grigi e buste da quelli che venivano a depositare gli incassi o gli stipendi della giornata.
Angel fu quasi tentato di pizzicarsi per essere sicuro di non trovarsi in un altro dei suoi sogni bizzarri, ma il freddo pungente di Londra era la prova più che evidente del fatto che fosse ancora sveglio.
<< Ragazzino, hai bisogno di aiuto? >> chiese un nero con i baffi bianchi di mezza età...probabilmente il direttore del supermercato.
Angel ostentò un sorriso grato. << Grazie, signore, non ho bisogno di niente. Sto aspettando una telefonata dalla mia fidanzata, che, ehm... è rimasta in panne, vede. >>
<< Uhmmmm...Sarà la batteria >> borbottò l’altro << Si dimenticano tutti che la batterie non durano più di tre o quattro anni. Per fortuna non costano un capitale. >>
<< Non lo dica a me >> rispose l’adolescente, strofinandosi la testa con aria imbarazzata.
<< Molto bene, aspetta pure qui >> disse il direttore, e rientrò nel negozio.
Ormai, la neve aveva trasformato la strada in una di quelle palle di vetro in cui cadono fiocchi di neve artificiali se la si capovolge, perfetta in ogni dettaglio. Angel si limitò a fissare il tutto con un luccichio quasi nostalgico che gli adornava gli occhi.
Fu allora che una macchina della polizia si fermò davanti alla banca e il cuore del rosso mancò un battito. Il Dottore salutò, toccandosi la visiera del berretto e si avvicinò lentamente. Strinse la mano ai poliziotti dal finestrino, poi rovistò nelle tasche in cerca di un foglio che fece passare dall’apertura.
Quando squillò il telefono, Angel alzò il ricevitore, deglutì e fece del suo meglio per imitare una voce bassa e profonda.
<< A1 Security Service >> disse.
<< Posso parlare con Jack O’ Brian? >> domandò il poliziotto seduto nella macchina ferma dall’altra parte della strada.
<< Sono io >> disse Angel, burbero.
<< Signor O’ Brian, siamo della polizia. Avete visto un uomo alla Blodbless Bank all’angolo tra Market Street e la Scotland? >>
<< Ehm…sì, esatto. John Smith. C’è qualche problema, agente? Smith si comporta bene ? Non ha bevuto, vero? Mio Maestro, se lo ha fatto giuro che... >>
<< Nessun problema. Il vostro uomo è a posto. Volevamo solo controllare che fosse tutto regolare. >>
<< Dica a John che se lo becchiamo un’altra volta a bere è licenziato! Ha capito? Lo sbattiamo per strada, sotto un ponte. Qui alla A1 la parola d’ordine è tolleranza zero! >>
<< Non credo di dover essere io a dirgli una cosa simile. Comunque sta facendo un ottimo lavoro. Ci siamo preoccupati perché un servizio di questo genere dovrebbe essere svolto da due agenti, secondo noi. È rischioso lasciare un uomo solo e per di più non armato con grandi quantità di soldi. >>
<< Non me ne parli. Anzi, vada a parlarne direttamente con quei taccagni ai piani alti. Perché sono i miei uomini che mando a rischiare il collo! Uomini a posto. Gente come voi >> disse con tono appassionato, cercando però di non farsi sentire dai passanti << A proposito, lei mi sembra un agente sveglio, come ha detto che si… >>
<< Myers. >>
<< Agente Myers. Se le facesse comodo nei fine settimana, o se per caso lasciasse il corpo di polizia, per qualsiasi motivo, ci faccia una telefonata. Siamo sempre in cerca di uomini a posto. Ha il biglietto? >>
<< Sì. >>
<< Non lo perda e mi telefoni. >>
La macchina della polizia si allontanò e il Dottore ripercorse lentamente il tratto di strada coperto di neve per tornare dalla piccola fila di gente che lo stava aspettando per versare i soldi.
<< Tutto a posto? >> chiese il direttore del supermercato, facendo capolino dalla porta << La fidanzata, voglio dire? >>
<< Era proprio la batteria >> rispose Angel << Adesso devo solo aspettare. >>
<< Spero che la tua meriti l’attesa >> commentò l'altro.
Il buio invernale arrivò trasformando piano piano in sera il grigio pomeriggio. Cominciarono ad accendersi le luci. Altre persone vennero a consegnare i loro soldi al Dottore.
All’improvviso, come reagendo a un segnale che Angel non aveva colto, il falso agente si avvicinò allo sportello, staccò i cartelli e faticosamente cominciò ad attraversare la strada fangosa, diretto verso un vicolo. Angel aspettò un momento e poi lo raggiunse.
<< Non posso credere che lei l’abbia fatto davvero >> borbottò con aria stizzita.
Il Dottore ridacchiò.
<< Credimi, nella mia vita ho fatto cose molto più assurde >> ribattè l’uomo, prima di agganciare un oggetto assai insolito sul polso della mano destra.
Sembrava quasi un braccialetto, adornato sulla parte superiore da una semi-sfera nera come la notte.
<< Reggiti forte >> ordinò all’improvviso, afferrando il rosso per un braccio.
Successe tutto in un attimo. Per Angel fu come se una forza irresistibile lo avesse agganciato al livello dello stomaco, strattonandolo in avanti. I suoi piedi si staccarono dal suolo e poi sfrecciò in un ululato di vento e di colore vorticante.
Dopo appena una frazione di secondo i suoi piedi toccarono bruscamente il suolo. Il rosso barcollò addosso al Dottore e cadde a terra.
Si guardò intorno con apprensione. Era in un vicolo, molto simile a quello in cui si trovava fino a pochi secondi prima. L’unica differenza: un cospicuo raggio di sole ne stava illuminando gli interni.
<< Ma… ma… stava nevicando fino a un attimo fa >> sussurrò con fare stupito.
Il Dottore si guardò attorno.
<< No, stava nevicando a Londra. Ora siamo a Tokyo >> rivelò con una punta di divertimento.
Angel volse lo sguardo in direzione dell’uomo.
<< Tokyo? Tokyo?! Come diavolo siamo arrivati a Tokyo!? >> esclamò con una voce che rasentava l’incredulità più pura.
Il Signore del Tempo indicò il dispositivo che aveva sul polso.
<< Con questo. Un teletrasporto portatile >> disse picchiettando sul dorso dell’oggetto << Ci ho lavorato per un po’, ma sono riuscito a completarlo solo un paio di giorni fa. Mi sembrava il momento perfetto per testarlo, anche perché può essere usato solo su brevi distanze. >>
Al sentire una tale spiegazione, il ragazzo non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio.
<< E perché ci hai portato proprio qui? >> domandò con una punta di sospetto.
Il Dottore si limitò a scrollare le spalle. << Per prendere un gelato. La gente da meno di matto quando è impegnata a mettere qualcosa sotto i denti. >>
<< Cosa? >>
Poco prima che l’adolescente potesse chiedere chiarimenti, il Signore del Tempo mise la cassetta piena di soldi sotto il vestito, lo superò e cominciò a incamminarsi verso l’uscita del vicolo, seguito rapidamente da Angel.
<< Ci sono molte cose che devo dirti, ragazzo mio >> continuò l’alieno, guardandolo di sott’occhi << E credimi…un gelato è proprio quello di cui avrai bisogno, durante questa conversazione. >>
 
                                                                                                                                                                                  * * *
 
Il martedì di quella stessa settimana, nei pressi di Tokyo, si presentò all’insegna del bel tempo e dell’alta temperatura.
Gli abitanti della città brontolavano per il caldo e, ritrovandosi in gruppo al parco, sulle panchine di fronte al municipio, tutti dichiaravano che non era naturale. Probabilmente era colpa di quei farabutti dei ribelli, di cui si faceva un gran parlare alla tv. Alcuni fra i più anziani affermavano che quando erano giovani loro, non succedeva mai, ci fossero più di venti gradi alle sette del mattino.
Ovviamente non era vero ed erano ben pochi fra loro a non saperlo. Ogni due o tre anni accadeva che un’estate indiana si prendesse un bel po’ di libertà, cosicché, per quattro o cinque giorni, sembrava di essere a metà luglio in pieno inverno. Poi, un bel mattino, ci si svegliava con i brividi addosso e la sensazione di aver preso l’influenza, e, affacciandosi alla finestra, si trovava il prato davanti a casa duro di brina e qualche fiocco di neve a far mulinello nell’aria gelida.
Tutto questo lo sapevano, ma il tempo era un argomento di conversazione troppo ghiotto perché a qualcuno venisse in mente di guastarlo confessando. Nessuno aveva voglia di mettersi a discutere. Le discussioni non erano una buona idea quando prendeva a fare così caldo fuori stagione, perché gli animali manifestavano la tendenza a surriscaldarsi e se gli abitanti di Tokyo avevano bisogno di un monito sulle possibili conseguenze di uno scontro fra animali surriscaldati, be'… non avevano che da andare al parco.
Ma era anche il tempo perfetto per poter godere di un buon gelato, e questo il Dottore lo sapeva. Le persone reagivano sempre meglio quando un agglomerato di latte congelato e zucchero era coinvolto. Non ne aveva mai compreso il motivo, ma era così.
Di fronte a lui, l’adolescente a cui aveva raccontato per filo e per segno la verità riguardo a ciò che li circondava, aveva smesso di gustare il suo da almeno una decina di minuti.
Angel deglutì a fatica e prese un respiro profondo.
<< Mi stai dicendo… che questo universo prima non esisteva. Che ogni persona che lo abita, salvo rari casi… è sotto il controllo mentale del Maestro. Che tutti noi avevamo una vita diversa, prima che ciò accadesse… e che i miei sogni non sono sogni ma ricordi di quella vita?>> domandò con voce incerta.
Il Dottore si limitò a scrollare le spalle. << Non l’avrei messa in termini così semplici ma… sì, è così. >>
Il ragazzo. lasciò cadere il cono-gelato e abbassò lo sguardo verso terra.
L’alieno inarcò un sopracciglio. << Stai bene, ragazzo? >>
<< No… non sto affatto bene >> sussurrò l’altro, portandosi ambe le mani sulla fronte << Questo… questo è assurdo! Sono solo sogni! >>
<< No, sono un meccanismo di difesa >> ribatté il Dottore, compiendo un gesto sprezzante con la mano destra << Il tuo cervello si è reso conto che i ricordi impiantati nella tua mente non facevano parte dei suoi banchi di memoria originali. È un difetto di progettazione, ma quando vuoi influenzare una popolazione di miliardi di individui sono cose che succedono. Non importa quanto potere tu abbia, le variabili fuori controllo sono la prerogativa di ogni sistema complesso. >>
Angel ascoltò il tutto con estrema attenzione, lanciando all’uomo un’occhiata incerta.
<< Come lo sapevi? >> chiese con una punta di sospetto.
Il Dottore chiuse il volto in un sorriso impertinente e si picchiettò la tempia.
<< È una delle mie molte abilità, in quanto Signore Del Tempo. Posso percepire quelle fluttuazioni causate dalle menti degli individui che non sono stati completamente soggiogati. Durante i miei anni ne ho incontrati molti e tu sei solo l’ultimo tassello di una lunga lista >> disse con fare disinvolto.
Il rosso assimilò questo bocconcino d’informazioni e rilasciò un sospiro affranto. Rimase fermo e immobile per circa un minuto buono, gli occhi oscurati da una frangetta di capelli. Passato quell’intervallo di tempo, bloccò lo sguardo con quello del Dottore.
<< Puoi… riportarli indietro? I miei ricordi, intendo >> sussurrò con voce flebile.
Il Dottore annuì energicamente. << Posso farlo, ma solo con le persone come te. Il fatto che tu sogni la tua vita passata è la prova evidente che la barriera psichica che separa i tuoi veri ricordi da quelli falsi ha una crepa. Devo solo abbattere il resto del muro, utilizzando quella scheggia come punto di partenza. >>
Angel dilatò le pupille, visibilmente scioccato da una simile dichiarazione. Era finalmente arrivato il giorno? Tutte le sue domande avrebbero finalmente trovato una risposta qui, in quel parco? Sembrava quasi troppo bello per essere vero. Ma forse… questo era stato il modo di
Yūko per adempire al contratto. Coinvolgerlo nelle marachelle di questo strano individuo doveva essere parte dell’accordo!
“In ogni caso, come dice un proverbio… mai guardar a caval donato in bocca” borbottò a se stesso.
 << Fallo… per favore >> disse con voce calma e piena di determinazione.
Il Dottore inarcò un sopracciglio e compì un passo in avanti.
<< Molto bene >> disse posando la mano destra sulla fronte dell’adolescente.
Tuttavia, poco prima che il Signore del Tempo potesse dare via al processo…
<< Alt, in nome dell’Impero! >> esclamò una voce maschile alle spalle della coppia.
Sia il vecchio che l’adolescente si voltarono di scatto, trovandosi davanti ad una pattuglia di almeno venti stormtroopers, tutti armati di fucili al blaster caricati e puntati nella loro direzione.
<< Mettete le mani dove possiamo vederle >> ordinò quello che pareva il capo della squadriglia, distinguibile per una striscia rossa che gli adornava la spalliera destra dell’armatura.
Il Dottore non si scompose e volse all’uomo un sorriso accomodante.
<< C’è qualche problema, agente? >> domandò con tono cordiale, assumendo una posizione rilassata. Angel, al contrario, appariva visibilmente teso.
Lo stormtrooper compì un passo in avanti, con fare minaccioso.
<< Siete in arresto per furto, uso di tecnologia illegale… e associazione con la Ribellione >> dichiarò freddamente.
Al sentire tali parole, il rosso non potè fare a meno di volgere al Dottore un’espressione incredula.
<< Ribellione?! >> esclamò con tono scioccato.
L’uomo trasalì leggermente e cominciò a grattarsi la testa con aria imbarazzata. << Ehm… sì, forse avrei dovuto parlartene. >>
Lanciò una rapida occhiata in direzione della squadriglia e chiese: << Come mi avete trovato? >>
<< Dopo la sua ultima permanenza, abbiamo sparpagliato l’intero pianeta di sensori a lungo raggio, per rintracciare eventuale tecnologia sconosciuta. Siete stati ripresi mentre sottraevate denaro alla Blodbless Bank.  Da lì non è stato difficile eseguire una scansione planetaria della firma energetica lasciata dal vostro teletrasporto >> fu la risposta impassibile del capo.
Il sopracciglio di Angel iniziò a contrarsi.
<< Non avevi detto di aver disattivato le telecamere?!>> disse rivolto al Dottore.
Questi alzò ambe le mani in segno di resa. << L’ho fatto! >> ribatté con aria indignata.
<< Ma non quelle a infrarossi >> si intromise lo stormtrooper, ricevendo un’espressione visibilmente confusa da parte del Signore del Tempo.
<< Da quando usate le telecamere a infrarossi? >>
<< Da quando avete rapinato quindici banche nell’ultimo anno >> disse il militare.
Il Dottore fece per controbattere ma si fermò di colpo.
<< …forse avrei dovuto valutare una simile eventualità >> mormorò quasi a se stesso.
Fatto ciò, affondò la mano destra nella tasca della giacca. Uno degli stormtroopers alzò il fucile verso di lui.
 << Metta le mani dove posso vederle! >> ordinò con insistenza.
Il capo gli posò una mano sulla spalla. << Tranquillo, i sensori indicano che è disarmato >>
Il Dottore rilasciò un sonoro sbuffo. << Io sono sempre disarmato. Anche se, in effetti… io ho questo >> disse estraendo un cilindro argentato dalla tasca.
Gli stormtroopers si lanciarono occhiate incerte.
<< Che diavolo sarebbe? >> domandò il capo.
Il Signore del Tempo arricciò le labbra in un sorriso predatorio. << Un cacciavite sonico. >>
<< Un che? >>
<< Cacciavite sonico, Oggetto affascinante, ve lo assicuro! Non uccide, non ferisce… ma sapete in cosa è davvero bravo? A causare cortocircuiti. >>
E, detto questo, alzò l’oggetto verso il cielo e la punta del cilindro cominciò a illuminarsi di un abbagliante luce verde. Per un attimo, non accadde niente. Poi, come dal nulla… i fucili che gli StormtrooperS tenevano in mano cominciarono ad esplodere. I soldati, sorpresi da una simile svolta degli eventi, ruzzolarono sul terreno erboso del parco.
Angel osservò il tutto con fare attonito, incapace di distogliere lo sguardo. Qualcuno gli afferrò la mano sinistra, costringendolo a voltarsi. Era stato il Dottore.
<< Corri >> ordinò questi, con un’espressione seria.
L’adolescente non se lo fece ripetere due volte.
 
                                                                                                                                                                    * * *

Renmnant - Pianeta sotto controllo imperiale
Regno di Vale 


<< Ok, ok, senti questa. Allora, un Bullhead è in volo verso Atlas. Il pilota attacca la solita frase tipo “voleremo a un'altezza di 10.000 metri”, poi posa il microfono ma dimentica di spegnerlo; infine si rivolge al secondo pilota e se ne esce con “ ora vorrei tanto una sveltina e una tazza di caffè”. Allora l'hostess si precipita come un fulmine dal fondo dell'aereo per dirgli che il microfono è ancora aperto, e si sente una voce: “Ehi tesoro, non dimenticarti il caffè!” >>
Pronunciate tali parole, Yang Xiao Long scoppiò in una sonora risata. Kirby si unì a lei subito dopo, coprendosi il volto con la mano destra.
Dopo un paio di respiri calmanti, si asciugò una lacrima e disse: << Okay, lo ammetto, era davvero buona. >>
<< Solo una mente degenerata potrebbe trovare divertente uno scherzo così grossolano >> ribatté Weiss, rilasciando un sonoro sbuffo.
Affianco a lei, il rosato le lanciò un ghigno divertito. << Allora perché stai sorridendo, regina di ghiaccio? >>
<< I-io non sto sorridendo! >> esclamò l’altra, le guance adornate da un leggero rossore.
Penny, nel frattempo, prese a fissare Yang con fare incerto.
<< Non capisco, che cosa sarebbe una sveltina? >> domandò con tono visibilmente incuriosito.
La bionda trasalì d’istinto e volse all’androide un sorriso tirato. << Ehm… be', vedi, una sveltina è… >>
Poco prima che potesse finire la frase, tuttavia, Kirby le mise una mano sulla bocca, impedendole di continuare.
<< Quando sarai più grande, Penny >> disse con un tono che non ammetteva repliche.
Sun Wukong osservò l’intera scena con fare divertito, le braccia incrociate dietro la testa. Poi, il fauno si fermò di colpo, attirato da una scena assai insolita.
Ai piedi del lungomare, un uomo era intendo a dipingere, utilizzando come sfondo una tela grande quanto la superficie di un tavolo da cucina. Su di essa, si stagliava l’immagine di un volto nero come la notte, adornato da sfumature rosse che, oltre ad evidenziarne i contorni, regalava all’opera un’atmosfera quasi soprannaturale. Il giovane si ritrovò inconsapevolmente a fissarlo. 
<< È magnifico, vero? >>
Il suono di quella voce attirò l’attenzione di Sun, il quale si voltò. Affianco a lui, aveva appena preso posto la figura di Blake.
Nonostante l’improvvisa apparizione del gatto-fauno, l’adolescente tentò di mantenere la propria compostezza.
<< T-tu dipingi? >> domandò, cercando di non sembrare nervoso.
La mora scosse la testa un paio di volte. << No, ma apprezzo l’arte e la cultura >> replicò, prima di volgere la propria attenzione nei confronti dell’opera << Ogni artista ha la sua storia, dopotutto. >>
<< E quale pensi che sia la sua? >>
La ragazza inarcò un sopracciglio, stringendo ambe le palpebre degli occhi ambrati.
<< Lui è… arrabbiato… ferito. Non si sente al sicuro e non sa cosa fare a riguardo. Vorrebbe poter controllare i suoi demoni, anziché sentirsi controllato da loro >> continuò, il volto ornato da un’espressione contemplativa << È perso. E solo >> sussurrò, con tono quasi malinconico.
Puntò lo sguardo in direzione di Sun, stringendosi nelle spalle.
<< O magari ha solo bevuto troppo, chi lo sa? >> 
L’adolescente arricciò le labbra in un sorriso genuino. 
<< No, io punterei sulla tua prima ipotesi >> disse con voce spensierata.
Blake ricambiò con un sorriso di suo. E poi…
<< Ehi, piccioncini, avete finito di farvi la corte? >> esclamò la voce di Kirby, ad alcuni metri da loro.
La coppia di fauni arrossì di colpo.
<< Kirby, ma che diavolo! >> sbottò Sun, lanciando al rosato un’espressione visibilmente indignata.
L’adolescente in questione cominciò a ridere, seguito rapidamente da Yang. Inutile dire che Weiss non sembrava affatto contenta dalle azioni della coppia. Penny, al contrario, aveva il volto chiuso in un’espressione visibilmente confusa. A volte gli esseri organici erano davvero strani.
In quel preciso istante, una sonora “BIP!” riecheggiò per tutta la lunghezza del lungomare, attirando l’attenzione del gruppo.
Kirby si fermò di colpo e afferrò il proprio scroll dalla tasca del pantaloni. Fissò lo schermo del dispositivo… e si bloccò.
<< Uh? C’è qualche problema? >> domandò Yang, mentre cercava di sbirciare ciò che il neo-Cacciatore aveva appena letto.
L’adolescente in questione piegò le labbra in una smorfia pronunciata.
<< Sì. In questo momento, al porto di Vale, si sta svolgendo una rapina >> mormorò a denti stretti.
Penny inarcò un sopracciglio. Non aveva mai visto il suo partner in questo stato. Sembrava quasi… arrabbiato.
<< E tu come lo sai? >> domandò Blake, inclinando leggermente la testa.
Kirby le lanciò un’occhiata e strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< È… confidenziale >> disse con tono di finalità.
La risposta sembrò non soddisfare la fauna, ma ogni tentativo di recapitolare più informazioni fu prontamente interrotto da Weiss.
<< Be', se queste informazioni sono corrette non dovresti chiamare la polizia? >> chiese l’albina, visibilmente accigliata.
Kirby scosse prontamente la testa. << No. La polizia non è preparata per gente come questa. >>
E, detto ciò, cominciò a correre, sorprendendo il resto del gruppo.
<< Kirby, aspetta! >> esclamò Penny, mentre cominciò a seguire il compagno. Il Team WBY partì subito dopo, accostato da Sun.
Qualunque fosse stato il messaggio ricevuto da Kirby… lo aveva particolarmente sconvolto.
 
                                                                                                                                                                           * * *
 
Deserto. Come tutti i porti di Renmant, anche quello di Vale era un cosmo autonomo di dimensioni enormi in cui sembrava non mancare nulla, se non la possibilità di orientarsi.
Alle spalle della figura, vi era il deposito dei container con le montagne spigolose delle casse dai colori irreali. Gru ferme si stagliavano contro il cielo blu argento della sera. I profili dei cargo per le automobili si delineavano come gigantesche scatole da scarpe.
E poi, navi portacontainer, ed eleganti navi frigorifero, bianche come il latte. Alla loro destra si trovava l'entrata dei magazzini, dalla quale gruppi di umani e fauno in divisa serpeggiavano avanti e indietro come una banda di formiche operaie. Un po’ più in avanti, vi erano tubature che scorrevano l’una sull’altra, lamiere e parti di sistemi idraulici. Ancora più avanti iniziava la zona dei bacini galleggianti. La brezza portava fin là l’odore delle vernici.
Ad osservare il tutto era un uomo alto e magro dai capelli rossi, vestito con abiti bianchi dall’elegante fattura e una bombetta nera che gli adornava il capo. Nella mano destra reggeva un bastone da passeggio, mentre in quella sinistra spiccava un grosso sigaro.
Roman Torchwick, esperto criminale e amante della cultura dandy, esalò una nuvola di fumo dalla bocca, mentre volgeva lo sguardo in direzione di un gruppo di uomini intenti a sorreggere una lunga serie di contenitori in legno. Erano tutti armati di mitraglietta e pistole.
<< Allora, quante casse di polvere dobbiamo caricare? >> domandò con tono annoiato, lanciando una rapida occhiata alla propria destra << Il capo ti ha riferito qualche specifica? Oppure me la caverò con la libertà condizionata? >>
<< Tutte quelle che servono >> disse una voce bassa e gratturale, proveniente da quella che pareva essere una figura non umana.
L'essere era molto alto, superava i due metri, ed era assai muscoloso. Ma ciò che lo rendeva raccapricciante era il suo aspetto: coperto da capo a piedi da squame verdi, dure come il marmo, artigli affilati, occhi con pupille verticali tipiche dei rettili e una poderosa mascella contornata da affilati denti aguzzi.  << I termini del patto sono che voi carichiate la merce e che non facciate domande. Al pagamento provvederemo quando tutto sarà consegnato, come pattuito. >>
 L'uomo con la bombetta schioccò la lingua con fastidio. << Cavolo, e io che pensavo che i tori fossero scorbutici. Sai, non ho mai incontrato un coccodrillo fauno. Sì, ho lavorato con un serpente fauno, circa cinque anni fa, ma non era un tipo affidabile. Bruce Jaws... conosci Bruce? Era uno squalo fauno, nato con un solo occhio. Sì divertiva a togliersi quello di vetro per metterlo nei suoi drink, ma era un pessimo tiratore. Ora, l'altro tizio, il suo partner, lui sì che era un buon conversatore! Ci siamo fatti due chiacchiere prima che gli piantassi una pallottola in testa, >>
Detto ciò, rilasciò un'altra nuvola di fumo.
<< Ma sto divagando. Bene, ragazzi, lustratevi le mani e caricate più casse che potete, voglio tornare a casa prima della proiezione di Die Hard! >> esclamò rivolto al gruppo di scagnozzi.
Questi cominciarono a muoversi in fretta e furia. Alcuni inciamparono sul posto, ricevendo un'occhiata sprezzante ad opera di Roman.
<< Che banda d'incompetenti, dico bene? >>
<< Sì, be', non ci interessa quanto sono incompetenti i tuoi uomini >> disse una voce allegra alle spalle del criminale.
Come dal nulla, la figura di una giovane donna si fece strada fino alla coppia di uomini. Aveva i capelli biondi, raccolti in un paio di trecce, un vestito rosso e attillato e una maschera nera che le copriva gli occhi. Nella mano destra, reggeva un martello grande quasi il doppio di lei.
<< Abbiamo già un idiota di nostro >> continuò la nuova arrivata, indicando la figura del coccodrillo umanoide.
Questi arricciò il volto in un ringhio animalesco.
 << Non chiamarmi idiota >> borbottò il fauno, per poi ritornare sull'uomo in bombetta.
<< Bene, grazie per la gentile consegna. Le faremo avere i ringraziamenti da parte del capo non appena il nostro affare sarà sistemato. >>

Contemporaneamente alla conversazione dei tre ladri, sette figure osservavano ben nascoste  lo svolgersi dell’intera operazione, al di sopra un container.
<< Allora, Kirby, sai di chi si tratta? >>
<< Sì, gente da non sottovalutare. Roman Torchiwick, Killer Croc e Harley Quinn. Rispettivamente il capoccione della malavita di Vale, il carrarmato preferito del Joker e l'amante di quest'ultimo >> spiegò il neo-cacciatore, lo sguardo fissò nei confronti della scena che si stava svolgendo appena sotto di loro.
<< Fantastico, ed ora cosa facciamo? >> chiese Weiss, irritata dalla quantità di casse che stavano trasportando.
Dopotutto, la famiglia della suddetta ragazza era tra le più influenti nell’ambito del commercio di Polvere. Infatti, il padre di Weiss, Jaques Schnee, era a capo della SDC, l’industria di Polvere più fiorente dell’intero pianeta.
<< Semplice, regina dei ghiacci >> si intromise Yang << Andiamo, pestiamo e vinciamo. >>
Blake rilasciò un sospiro affranto. << Yang, stiamo parlando di criminali quasi alla pari con Cacciatori d'alto livello. Forse dovremmo aspettare Emil e Ruby >> considerò, preoccupata dall'assenza della leader e dell'artista marziale. Era da un po’ che non si erano fatti sentire.
Affianco a lei, Sun fissò intensamente la figura di Killer Croc.
<< Sul serio, che è quel tizio? Non ho mai visto un fauno così mostruoso >> sussurrò con voce leggermente tesa.
<< Alcune voci parlano di un esperimento dei terrestri con DNA di Grimm, atto a ricreare Soleani artificiali >> gli rispose Kirby.
Il biondo inarcò un sopracciglio. << Soleani? Come quelli delle leggende? >>
<< Gli stessi. Ora… qualcuno ha qualche idea per avvicinarli? >>
<< Oh, penso di averne una >> ridacchiò Sun, estraendo qualcosa dalla tasca dei pantaloni.
 
<< Andiamo, andiamo, vediamo di darci una mossa! >> esclamò Roman, mentre osservava i propri sottoposti caricare il resto delle casse.
Spaventapasseri era riuscito a liberarsi di tutte le guardie che avrebbero dovuto supervisionare la consegna, ma era meglio non tentare la sorte. Prima se ne sarebbero andati da quel posto, meglio sarebbe stato per tutti.
In quel preciso istante, qualcosa gli cadde sulla punta del cappello, attirando la sua attenzione. Senza perdere tempo, il ladro afferrò lo strano oggetto, rivelando… una buccia di banana. 
<< Ma che... >>
Una sonora esplosione risuonò per tutta la lunghezza del porto, mentre un gruppo di scagnozzi veniva sbalzato in aria ad appena una decina di metri dal criminale.
Di fronte ad un simile spettacolo, Harley cominciò a ridere di gusto. Croc, al contrario, non sembrava affatto divertito  e urlò: << Vedi di concentrati, stupida troia! Ci stanno attaccando! >>
Come profetizzato dal mostro, Roman ricevette un attacco sotto forma di un doppio calcio da parte Sun, cosa che lo spinse contro uno dei container. Nel mentre, l'autore del colpo atterrò con grazia e si mise in posizione di guardia.
<< Scusate, l'avevo scambiato per un cestino della spazzatura >> disse con tono canzonatorio.
In quel preciso istante, sia Blake che Kirby rivelarono la propria presenza. Mentre il primo partì alla carica degli scagnozzi, il gatto fauno saltò verso Roman.
Estrasse una lunga spada nera dalla schiena e si preparò ad inabilitare il ladro. Questi, tuttavia, si alzò in piedi e incalzò la lama della giovane donna con il proprio bastone.
<< Bene, a quanto pare il gatto è fuori dal sacco >> commentò acidamente l'uomo, respingendo la cacciatrice con un poderoso calcio al ventre.
Blake indietreggiò di alcuni metri, pur rimanendo in equilibrio. Roman, nel frattempo, si limitò a scrocchiare il collo, armando… la canna del bastone.
“ Ovviamente… è anche una pistola" pensò la mora, visibilmente stizzita.
<< Avrei preferito concludere questa serata senza incidenti >> cominciò il ladro, compiendo alcuni passi verso Sun e Blake << ma, a quanto pare, la vita sa essere una vera cagna. Mi consolerò facendo saltare le cervella a te e al tuo macaco. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, sparò una lunga serie di colpi esplosivi in direzione della coppia. Fortunatamente, nessuno dei due fauni mancava in agilità. Blake schivò i proiettili con una serie di capriole all'indietro, mentre Sun saltò a mezz’aria e rispose al fuoco.
Gli scagnozzi di Roman, nel frattempo, presero a sparare contro Kirby. Il rosato assorbì un po’ di detriti all’interno dei propri vortici, ricoprendo il suo corpo con uno spesso strato di rocce. I colpi non riuscirono nemmeno a scalfirlo. Penny e Weiss atterrarono appena dietro di lui.
Killer Croc lanciò un ruggito e volse a Kirby un’occhiata di pura collera. << Ti spezzerò, damerino. Ti mangerò intero, anche le ossa! >>
Partì alla carica, seguito rapidamente da Harley . La bionda urlò come una pazza e si avventò verso Weiss e Penny, mentre cacciava una risata schizofrenica.
Affianco all’androide, l’albina strinse le palpebre degli occhi ed estrasse uno spadino dal fodero che portava sul fianco. Sarebbe stata una battaglia molto dura.
 

 
 
Com'era? Spero bello!
Roman è uno dei villain principali di RWBY, mentre Harley Quinn e Killer Croc sono tra i cattivi più famosi di Batman.
Inutile dire che le cose, nel prossimo cap, precipiteranno non poco...
 
  
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