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Autore: DarkFoxChannel    18/07/2018    0 recensioni
Epsòdi è un continente sperduto, composto da sette regni sempre rivali e in guerra tra di loro.
Dark è un ragazzo della Lucasside che vorrebbe le cose cambiassero.
Con lui, alcune persone sognano in grande... ma i loro grandi sogni diventeranno una realtà?
Genere: Fantasy, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Signorino, qui stiamo per chiudere», grugnì il proprietario della locanda da dietro il bancone. Dark alzò confuso lo sguardo dal libro che stava leggendo e si sistemò gli occhiali. «Signorino...», ripeté il proprietario, seccato. «Non mi chiami così. Ho diciannove anni.», rispose Dark, scattando in piedi; poi, farfugliando un “Mi scusi” uscì dalla locanda. Guardò il suo orologio: era mezzanotte. “E anche stavolta, quel dannato non si è fatto trovare... di questo passo non riusciremo mai a pianificare niente...”. 

Il ragazzo tornò a casa, deluso, accompagnato dal silenzio gelido quasi come l’aria di quell’inverno. Sparsinia era una città bellissima. Le case erano eleganti, di materiali pregiati, ordinatamente disposte ai lati delle strade perfettamente curate. Dopo cinque minuti di lenta camminata, Dark arrivò a casa. Entrò. Era immersa nel silenzio come il resto della casa: non si sentiva nemmeno il russare di Oliver. Era partito di nuovo, la mattina prima... Dark Oliversson aveva preso da lui il cognome, essendone il figlio adottivo. Non aveva mai conosciuto i suoi genitori: era un ladruncolo analfabeta che viveva nei vicoli, fino a nove anni prima, ma a differenza degli altri non si interessava solo alla sopravvivenza. La mente di Dark tornò di nuovo a quel giorno fatidico, in cui tutto era iniziato. 

Anno 1095, Sparsinia

Dark sgusciò fuori dal vicolo, con la pagnotta appena rubata stretta in mano. Il sole era quasi alto. Era l’ora del teatro. Rapidamente mangiò il pane e attraversò la piazza, con il sole che lo faceva sudare da sotto i capelli folti e sporchi. Arrivò al teatro, dalle guglie alte e minacciose, scintillanti di marmo bianco. Quel cantore aveva già iniziato. Dark entrò nella sala, mentre le guardie sbuffavano vedendo che entrava scalzo e con i piedi sporchi. Quando Dark si sedette per terra, l’aedo stava parlando di un certo Alberto I, con la sua voce melodiosa, per essere quella di un vecchio almeno, e accompagnata dalla magnifica lira. Cantava il dolore degli uomini, la loro speranza, i loro sogni, l’adrenalina, la grandezza di Alberto I, il suo genio strategico. La paura dei nemici. La gioia furiosa dei trentacinquemila di Alberto, che vincevano. La desolazione e la tristezza suscitata dal campo di battaglia insanguinato. Dark rimase ancora una volta ipnotizzato dal suono delle parole, finché non finì tutto. Era durato quasi un’ora, ma sembrava non fosse passato nemmeno un istante. Dark si alzò, ma prima che uscisse il cantore lo chiamò. «Ehi, ragazzino. Vieni qui.». Dark fu tentato di scappare all’istante. «Non ti preoccupare. Vieni qui, sono un tuo amico.», ripeté con voce gentile il vecchio. «Che vuoi?», chiese il bambino, acido. «Come cantore», cominciò l’altro, sedendosi sul bordo del palco, guardando Dark negli occhi. «Sono abituato a vedere sempre facce nuove, con cui condivido tutto quel che su. Ma tra tutte le facce... l’unica che vedo sempre è la tua, quella di un ragazzino dei vicoli. Cosa ti spinge qui? Cos’hai in più degli altri?», chiese il cantore. «Non ne ho idea. Non farmi domande.», rispose ancora Dark. «Vieni con me. Ti darò una vita degna di te.», lo invitò ancora una volta quello. 

 

Quel giorno, Dark aveva trovato la fiducia, per la prima volta. Oliver gli aveva davvero dato una vita magnifica. Gli aveva fatto da insegnante in tutte le materie scolastiche, ma non gli aveva insegnato solo la matematica e la struttura della lingua. Da lui Dark aveva imparato come vivere come un essere umano normale. E dalla mentalità aperta e brillante di Oliver in lui era cresciuta una voglia di cambiare ulteriormente il suo mondo. Aveva incontrato due persone, mentre osservava dalla finestra della solita locanda ragazzini Sparsiniani che fumavano sigari nei vicoli e ascoltava le grida degli ubriaconi, due persone che la pensavano come lui. Avevano deciso di avviare il progetto più grande non solo della loro vita, ma della vita di tutti gli Epsodiani, qualcosa che avrebbe cambiato tutto per tutti. E poi c’era quella lettera. 

Dark riprese in mano il foglio stropicciato. In qualche modo, qualcuno aveva scoperto i loro piani. La rilesse a mente:

“Ho sentito ciò che volete fare. Incontriamoci alla locanda il 21 febbraio alle 23. Fatti trovare al solito tavolo. 

Firmato, L.  R.”

Ogni volta che quell’uomo non si faceva vedere, Dark era sia deluso che sollevato. Poteva essere una trappola, ma Dark desiderava tantissimo quell’aiuto. 

Ormai era il 24 febbraio, forse L. R. aveva solo voglia di scherzare... Dark sospirò e inserì la chiave nella serratura della porta di casa. 

La mattina dopo, si svegliò presto e decise di partire anche lui verso il confine. Affidò le chiavi di casa al proprietario della locanda e affittò un carro e un drago asino. Partì da Sparsinia alle otto e mezzo di mattino, portandosi solo una sacca con un po’ di cibo, una borraccia, qualche buon libro e i soldi. Il drago, lungo circa due metri e mezzo, correva a gran velocità e nonostante le dimensioni inferiori a quelle di un cavallo aveva una forza maggiore. Le sue squame grigio-verdi non scintillavano al sole. Aveva piccole corna appuntite che andavano all’indietro, piccoli occhi ambrati dalle pupille sottili e una cresta di spine tondeggianti dalla base del cranio alla punta della coda. Prese la mappa: aveva lasciato da un’ora Sparsinia e aveva percorso circa cinquanta chilometri verso nord, perciò ora era vicino alla città di Fraksa, ma mancavano almeno quattro ore di viaggio costante per raggiungere il confine di Lucasside. 

Mezz’ora dopo arrivò a Fraksa e lasciò alla stazione di posta il drago e il carro. «Faccia riposare il drago, dopo potrei riprenderlo», disse al proprietario, e uscì in città. Fraksa era piccola in confronto a Sparsinia, ma nel suo piccolo era comunque bella. Si avviò per la strada principale, larga una quindicina di metri e cosparsa di lampioni e bancarelle, mentre la luce rendeva difficile vedere attraverso le vetrine dei negozi. La locanda più affollata, Da Caturso, si trovava a qualche isolato dalla stazione di posta. Dark diede uno sguardo a metà tra il disgusto e l’interesse a un ragazzo della sua età lì dentro: capelli castani chiaro corti e spettinati, una camicia a maniche corte bianca e un boccale di birra stretto saldamente nella grande mano destra. Sorrideva con i denti scoperti, mentre gesticolava e parlava a una folla interessata. Dark entrò, sospirando: probabilmente stava inventando tutto ciò di cui parlava. Si sedette all’angolo, in un piccolo tavolo rotondo, e prese il libro che stava leggendo da qualche giorno. “Le leggende che hanno plasmato Epsòdi”, scritto da R. Brodarsson. Era a circa metà libro, al capitolo che parlava di Alberto I: ma viste tutte le storie raccontate da Oliver, sapeva già praticamente tutto di lui. «Vuole ordinare?», gli chiese un cameriere. Dark alzò lo sguardo. «Qualche pezzo della carne migliore che avete e una tazza di miktès caldo.», rispose. «Che carne vuole, signore?», insisté il cameriere. «Mmmh... avete carne di bufalo Frakseio?», si informò il ragazzo, e quando l’altro annuì, concluse la conversazione con un veloce “Va bene quello”. Il ragazzo con il boccale di birra proruppe in una fragorosa risata insieme alla folla che gli si era radunata intorno. «Si sta inventando tutto e se li sta ingraziando con qualche battutina volgare... tipico», mormorò Dark, convinto di non essersi fatto sentire. Eppure quello in camicia aveva sentito eccome. Si alzò e si avvicinò a grandi falcate a Dark: era più basso, ma più robusto e muscoloso, e di certo era meglio non farlo arrabbiare sul serio. «Hai qualcosa da dire su di me? Se sì, ti consiglio di parlarne con me, invece di farti qualche risata nascosto dietro qualche poltrona.», lo incalzò. «Chiedo perdono per la mia insolenza, la prossima volta terrò per me ovvietà come il fatto che qualsiasi storia tu abbia raccontato loro te la sei inventata», Dark rispose, con aria distante, e tornò sul libro. L’altro strinse i pugni, ma poi si rilassò. «Il modo in cui parli e ti comporti mi piace, anche se ti credi un drago orientale. Mi chiamo Enemy, e tu?», disse alla fine, porgendo la mano a Dark. «Dark, piacere mio», rispose lui, e i due si strinsero la mano. «Appena finisci di mangiare, mi piacerebbe fare due chiacchiere con te», gli sussurrò Enemy, e tornò al suo posto con gli altri. Qualche minuto dopo i bocconcini di bufalo Frakseio erano arrivati, insieme al Miktès, una bevanda a base di vari tipi di frutta e latte. Dark gustò il pranzo e lasciò cinquanta Epesòs sul tavolo, senza aspettare il conto. Enemy salutò i suoi e lo raggiunse. I due di tacito accordo uscirono dalla locanda. «Da dove vieni, Dark?», chiese Enemy. «Sparsinia. Ho vissuto tutta la mia vita lì, e comunque non sono mai uscito dalla Lucasside, anche se ho visto tanti tipi di persone, da tutta Epsòdi.», rispose l’altro, e poi aggiunse: «E intuisco tu sia del regno di Henn». «Sì, Hennìpoli. Abbiamo una brutta fama ovunque tranne che nel regno del Sole, lo so», confermò Enemy, mentre continuavano a procedere per la strada principale. Dark, ignorando l’ultima affermazione che condivideva in parte, chiese: «Vivere sotto Spyr VIII è brutto come dicono?». «Anche peggio di quel che dicono. Per questo non torno a casa da anni. Ho cominciato a viaggiare da quando avevo dodici anni, ma prima avevo... dei compagni», rispose Enemy, finendo con un tono malinconico. «Capisco...», mormorò Dark dopo qualche secondo. 

«A volte non desideri che Epsòdi sia tutta unita? Niente più regno di Henn, Lucasside, del Sole - solo il regno di Epsòdi», chiese l’altro, e Dark rimase paralizzato qualche secondo, poi il cuore cominciò a battergli velocemente. «Sì, tutti i giorni desidero sia così. Ma non c’è modo...», rispose, sondando il terreno prima di fare la domanda fatale. «Forse c’è. Certo, ci sarebbe bisogno di reclutare tante persone e di muovere una vera e propria guerra, però... per l’unità di un continente...», rispose Enemy, al che Dark lo prese per la manica della camicia e lo portò rapidamente in un vicolo. Sentiva di potersi - e doversi - fidare di Enemy. «Io e altre due persone stiamo pianificando esattamente questo.», disse, rapidamente e a bassa voce. «Vuoi unirti a noi?», chiese poi. «Sapevo che c’era qualcosa sotto. Sapevo che stavi nascondendo qualcosa. Sarei onorato di partecipare alla rivoluzione», rispose Enemy, annuendo solennemente. 

 

   
 
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