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Autore: Cry_Amleto_    18/07/2018    1 recensioni
Tratto dal testo: "Lui sta bene. La loro casa è salva. È l'ultima missione, andranno lontano e saranno felici."
Genere: Angst, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
- Questa storia fa parte della serie 'Ma ora non ha importanza'
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Correre. Deve correre. Più veloce. 
 Il suo respiro affannato e il rumore dei suoi passi sono gli unici suoni udibili in quel silenzio mortifero.
 Le gambe sono stanche, distrutte, pronte a cedere. Ma no, no, non può fermarsi, non finché l'ossigeno gli infiamma i polmoni. 
 Ha bisogno di trovarlo.
 Ha bisogno di assicurarsi della presenza del luccichio gaio nel suo sguardo smeraldo che per mesi, al fronte, gli ha ricordato per quale motivo non poteva arrendersi e buttarsi, esausto, tra le braccia confortevoli della Signora con la Falce. 
 Ha bisogno di risentire il battito morbido nel suo petto che ha la capacità, da solo, di scacciare via ogni mostro nascosto nelle tenebre della propria memoria.
 Lui deve essere al sicuro.
 Lui deve stare bene.
 Non importa che per miglia in quella zona non abbia visto che cadaveri.
 Non importa che quella bomba caduta dal cielo fosse fatta per non lasciare superstiti.
 Lui sta bene. 
 Gli ha promesso che l'avrebbe portato a vedere il mare. Era così entusiasta quando glielo aveva proposto, gli era saltato addosso, cingendogli il collo con le braccia. Il suo sorriso luminoso, i suoi occhi di quell'inimitabile verde-blu... più veloce, non può farlo aspettare ancora.
 
 Presto tornerà a casa e lo troverà come al solito perso tra le carte blu dei suoi progetti e aggeggi tutti ingranaggi. Nessuno riesce a distoglierlo dal suo operato, nessuno tranne lui - e di questo è stato sempre segretamente orgoglioso. Resterà ad osservare la sua schiena sottile china sul tavolo da lavoro finché non si accorgerà di lui e si volterà. Sarà in quel momento che i loro sguardi rimarranno incatenati, immobili per un po', a studiarsi riscoprendosi a vicenda.
 
 «Non credi di avermi fatto aspettare troppo?» gli chiederà Lui, le labbra carnose piegate in un broncio bambinesco.
 
 Allora si scuserà, e resteranno a guardarsi solo per altri pochi attimi, prima che Lui gli corra incontro, gettandosi tra quelle braccia sempre pronte a stringere il suo corpo fragile.
 A quel punto Lui prenderà a parlare a raffica di questo o quell'altro progetto, finché arriverà la fatidica domanda: «Questa è l'ultima missione?»
Diversamente dalle altre volte, sorriderà e dirà sì, sì non me ne vado più, resto, resto per sempre.
 
 Ecco, la strada di casa loro. Girato il prossimo angolo apparirà nel suo semplice splendore. Non guarda le macerie e il sangue e i cadaveri di ciò che rimane del quartiere.
 
 Lui sta bene. La loro casa è salva. È l'ultima missione, andranno lontano  e saranno felici.
 
 Ecco, la fine del viottolo. L'incrocio è ostruito da ciò che rimane dell'abitazione della famiglia Finn, i loro vicini di casa. 
 
 Lui sta bene. La loro casa è salva. È l'ultima missione, andranno lontano e saranno felici.
 
 Ecco, si arrampica sul cumulo. Il piede scivola più volte, ma continua imperterrito.
 
 Lui sta bene. La loro casa è salva. È l'ultima missione, andranno lontano e saranno felici.
 
 Ecco, è arrivato in cima. Da le spalle al proprio vicolo e si lascia scivolare.
 
 Lui sta bene. La loro casa è salva. È l'ultima missione, andranno lontano e saranno felici.
 
 Ecco, è arrivato. Si volta.
 
 Lui sta bene. La loro casa è salva. È l'ultima missione, andranno lontano e
 
 Macerie.
 Polvere.
 I suoi piedi incontrano un guanto meccanico, una delle sue invenzioni.
 Rimane fermo, immobile, non respira.
 Se rimane fermo, fermissimo, il tempo arresterà la sua corsa.
Se rimane fermo, fermissimo, anche quell'improvviso dolore scomparirà.
 Se rimane fermo, fermissimo, si sveglierà nel loro letto, al suo fianco.
 È l'ultima missione.
 Partiranno.
 Saranno felici.
 Inizia a chiamare il suo nome. Inizia sussurrandolo. Man mano che la consapevolezza lo aggredisce mordace, inizia ad alzare la voce.
 Sta gridando, ora, scandendo nel dolore il pungo di lettere che sono Lui, le guance rigate di lacrime salate, scavando a mani nude tra polvere e pietre. Si ferisce a sangue, forse qualche dito gli si rompe, ma non ha importanza, niente è più grande della sofferenza che gli pulsa nel petto. 
 Continua ad urlare il suo nome.
 Continua a scavare.
 Continua a cercare quella luce, quel battito, quel sorriso, quello sguardo.
 Urla, scava, cerca.
 Scava, cerca, urla.
 Cerca, urla, scava.
 Poi le sue mani distrutte incontrano qualcosa di morbido.
 La sua velocità aumenta ed in breve eccolo, Lui.
 Ha gli occhi chiusi, la bocca corrucciata.
 Inizia a ridere, Lui sta dormendo.
«Il mondo crolla e tu dormi!» gli dice con tono di dolce rimprovero, quello che usa tutte le volte che non si ripara dalla pioggia, che si addormenta sulla scrivania, che dimentica di mangiare troppo preso dalle sue idee.
«Okay però adesso svegliati.»
Sulle sue labbra è ancora rimasta l'ombra di quello scoppio di ilarità.
 Inizia ad accarezzargli il volto, scuotendolo piano. 
 Lo chiama per nome, per poi poggiare le labbra sulle sue, gli occhi chiusi.
 È quando li riapre che che si accorge del sangue.
«Scusami» gli dice «Ti ho sporcato.»
 Ma il sangue è troppo perché venga solo dalle sue mani. 
 Sbatte piano le palpebre, stranito. 
 Poi lentamente mette a fuoco un ferro di rinforzo. In un primo momento è confuso: cosa ci fa quel pezzo di metallo ritto proprio lì dov'è steso Lui? 
 Lo prende tra le mani, provando a tirarlo via. La presa gli scivola a causa di un liquido viscoso, dall'odore ferroso. Prova a tirarlo via, ancora ed ancora. Non si ferma, ma non riesce nel suo intento, non ci riesce perché è bloccato prima dal cemento, e poi dal suo corpo, e il sangue non aiuta.
Oh. 
Oh.
 La consapevolezza si fa strada lentamente, la realtà spazza via l'illusione, la speranza.
 
 
 È in quell'istante che il silenzio di morte viene spezzato da un urlo improvviso che lo sorprende. Per quanto sicuramente umano, sembra il grido inarticolato di una bestia morente, tanto straziante da ferire le orecchie. Prova a coprirsele per attutire l'urlo, ma è tutto inutile. È dopo un ulteriore attimo di straniamento che comprende di essere lui ad emetterlo. Quindi non ha importanza.
 
Non c'è motivo di smettere.   
 
È così bello. Lui è così bello, così bello, così bello. Anche grigio e irrigidito dalla morte. Ne ripercorre i tratti con le dita – quelle palpebre, che non si solleveranno più facendo brillare le gemme di cui si è follemente innamorato; quelle gote, che non si imporporeranno più adorabilmente, conquistandolo ogni volta come la prima; quelle labbra, che non si tenderanno più fino a scoprire il suo sorriso brillante, che non si corrucceranno più in un broncio tenero, che ormai sono insensibili ai baci -, e piange.  
Piange, piange, piange.
Piange lacrime inutili, perché non lo riporteranno indietro.
 
«Sono tornato, sono tornato amore mio...» geme al suo orecchio «Scusami se ti ho fatto aspettare, scusami, scusami, scusami...»
 
Eppure Lui rimane immobile, sordo alle sue grida, cieco alle sue lacrime.
 
Si era impegnato per sopravvivere in guerra, per tornare da Lui vivo e non in una grande busta nera. Ed ora eccolo lì, nonostante tutte le accortezze è morto lo stesso, ucciso nel modo più crudele. Sarebbe stato meglio perire sbrindellato da una mina che trafitto al cuore da tutto quel dolore. Dolore, oh, quanto dolore. Vuole solo che smetta. Vuole solo che Lui torni indietro, che apra gli occhi e gli sorrida, che gli dica che tutto quello è solo uno scherzo di cattivo gusto.  
 
Ma non succederà, perché ormai è lontano, irraggiungibile.
 
No, non irraggiungibile. Un modo per ritrovarlo c'è. È inutile pensarci su, non ci sono alternative. Ha solo Lui, nella sua vita, e se non può vendicarlo – di certo non può mettere fine da solo ad una guerra – può quanto meno ricongiungersi a Lui.
Allora si alza, lasciando sul suo viso efebico un'ultima carezza. Si posiziona su quel paletto di ferro e si lascia mollemente cadere, un burattino a cui hanno improvvisamente tagliato i fili. Pochi attimi prima che la Signora in Nero lo colga, posa le labbra sulle Sue, in un ultimo, eterno, bacio.
 
Non c'è il sole. Non piove. Nubi di polveri opprimono l'aria, rendendola quasi irrespirabile. Ma un filo di vento passa leggero sui due amanti infelici, raccoglie le lacrime sulle lunghe ciglia del soldato, l'eco delle risa dalle labbra del fanciullo, le promesse mantenute e quelle infrante dalle macerie della casa e porta tutto su, su, sempre più su.
 
...Andranno lontano e saranno felici.
   
 
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