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Autore: apollo41    19/07/2018    2 recensioni
Volente o nolente, Maureen, una detective in carriera della polizia di San Diego, si ritroverà incastrata con la partner che meno avrebbe voluto avere al proprio fianco: Tala, collega appena rientrata dopo il congedo di maternità, nonché sua ex fiamma mai dimenticata né perdonata.
Mantenere le cose professionali mentre cercano di risolvere il misterioso omicidio del signor Rowe risulterà incredibilmente più difficile di quanto Maureen avrebbe mai potuto immaginare.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Note autrice
Questa storia è nata dalla mia partecipazione al contest Test your might organizzato sul forum di EFP da _Akimi. All’inizio non ero neppure sicura se sarei riuscita a finirla in tempo o se sarei riuscita a finirla e basta, perché era da un po’ che non riuscivo a finire un progetto così lungo, e invece eccola qui.
Era la prima volta che provavo a scrivere qualcosa del genere giallo/poliziesco, ma il pacchetto che ho scelto (l’unico che mi ha davvero chiamato dal primo istante), mi ha portata a esplorare in quella direzione. Perciò, mi scuso in anticipo per le grosse imprecisioni sul funzionamento del sistema investigativo della polizia americana per come viene rappresentato in questa storia. Ho fatto del mio meglio, non sempre con risultati ottimi, realistici o accurati.
Detto questo, godetevi ciò che è uscito dalla sfida tra me e gli elementi del pacchetto Hardcore:

Canzone: Too much too young – The Specials
Genere: Giallo
Prompt: Amore saffico.
(Kinda easter egg perché l’ho inserito, ma non proprio → Luogo: Manila, Filippine)




 

The Thing About Exes



CAPITOLO 1

Immature

You've done too much
Much too young
Now you're married with a son
When you should be having fun with me

[...]

Ain't he cute?
No he ain't
He's just another burden
On the welfare state

[...]

Call me immature
Call me a poser
I'd love to spread manure in your bed of roses

Too much too young – The Specials



Maureen se ne stava in piedi di fronte alla scrivania di Rexton con le braccia incrociate fissandogli la pelata scura con fare deciso, convinta che la forza del suo sguardo prima o poi sarebbe stata sufficiente a fare un buco sulla testa del suo superiore. Il collega però continuò a ignorarla, sfogliando il dannato fascicolo che stava sulla sua scrivania e scribacchiando ogni tanto qualche annotazione con una matita in un angolo del foglio, come era solito fare quando uno dei detective novizi che aveva preso sotto la sua ala protettiva gli consegnava il rapporto di un caso su cui avevano indagato insieme. Maureen sbuffò e portò le mani a sbattere contro la scrivania, facendo sussultare, un paio di scrivanie più in là, l’Agente Wilson, che in quanto novellino non era ancora abituato alle reazioni emotive per cui era tanto conosciuta il Detective Thomas in quella stazione della polizia di San Diego.
Il suo essere impetuosa, comunque, parve funzionare come al solito, perché Rexton alzò infine lo sguardo verso di lei; certo, la guardò con espressione palesemente contrariata e tutt’altro che felice, ma Maureen stessa non era di buon umore, quindi non le importava cosa il Tenente Harris pensasse del suo temperamento in quel preciso istante.
«Rex, sul serio, ho bisogno di un nuovo partner, non ce la faccio più con la palla al piede che hai fatto venire qui dalla stazione dall’altro lato della città. È perfino più inutile di Wilson!» esclamò senza badare di tenere sotto controllo il tono di voce.
Dalle scrivanie intorno a quella di Harris si alzò un coro di sospiri, oltre al rumore di un paio di persone che si alzavano e si sbrigavano a lasciare la stanza quasi avessero all’improvviso il sedere in fiamme. La cosa non stupì davvero Maureen; c’era un buon motivo se al dipartimento non c’era nessuno che voleva essere il suo partner dopotutto. Tutti ormai sapevano che non sopportava la gente che non sapeva fare il proprio lavoro e, in generale, era suo parere che nel distretto ci fosse una percentuale molto limitata di persone che rispettassero i suoi rigidi parametri, la gran parte delle quali suoi superiori che, ora che si erano guadagnati una posizione di maggiore responsabilità, decisamente non avevano tempo per occuparsi dell’ordinario lavoro sporco sul campo con lei.
Rexton sospirò a sua volta, lasciando andare l’angolo del fascicolo che teneva ancora tra le dita e stringendo le braccia al petto, osservandola per un istante. «Continuo a non capire come con il tuo caratteraccio tu riesca a essere ancora uno dei miei detective migliori, ragazza,» borbottò rivolto più che altro a se stesso, facendole comunque portare gli occhi al cielo. Era una cosa che le aveva ripetuto migliaia di volte sin dal primo giorno in cui lei stessa era stata una testarda novizia detective sotto la sua ala protettiva. Le sarebbe piaciuto tornare a lavorare con lui, ma sapeva che al distretto le cose non funzionavano così, quindi rimase in attesa.
«Potrei avere una soluzione al tuo problema degli ultimi anni, ma mentre sono convinto che ne sarai estasiata a livello professionale, sono certo che tutto ciò non andrà a finire per nulla nel modo idilliaco in cui ti immagini sotto il lato personale...» continuò Harris criptico.
«Ti lasceranno finalmente goderti gli ultimi anni prima della pensione senza dover badare ai pivelli?» scherzò Maureen, ridacchiando e poggiandosi con un fianco alla sua scrivania; cercò di sbirciare oltre lo schermo del computer, che nascondeva parte del materiale sul tavolo del Tenente, per vedere se era già disponibile da qualche parte anche il fascicolo di un nuovo caso su cui avrebbero dovuto indagare.
«Peggio. L’agente Hill è rientrata dal suo congedo di maternità.»
Per qualche istante Maureen rimase immobile a fissarlo come se una doccia gelida le fosse appena piovuta addosso, poi gli lanciò un’occhiataccia. «Vuoi sul serio che io e Tala facciamo coppia di nuovo insieme? Dopo quello che è successo tra noi prima che lei...» Si interruppe, neppure in grado di finire la frase.
«È l’unica persona con cui tu sia riuscita a fare coppia per un periodo più lungo di due mesi senza presentarti alla mia scrivania lamentandoti della sua incompetenza o del suo carattere insopportabile,» fece una breve pausa, poi in tono più basso aggiunse: «O senza che al tuo partner venisse un esaurimento nervoso dopo la prima settimana, anche se verso la fine...»
Maureen sbuffò e fece un cenno con la mano come se una mosca l’avesse infastidita, impassibile all’ultima parte del commento, ma decisa a contestare la prima. «Sì, beh, potrei aver da ridire su quanto in effetti abbia funzionato il nostro essere partner. C’erano degli ovvi problemi di comunicazione a quanto pare.»
Rexton alzò gli occhi al cielo. «Non parlavo della vostra relazione personale, quella è affare vostro e dovresti lasciarla al di fuori del dipartimento, come già ti avevo avvertita di fare in passato,» la ammonì con tono freddo, prima di sospirare e continuare in modo più amichevole quando lei sembrò chiudersi a riccio. «Lo sappiamo entrambi che sei la persona più professionale che ci sia in questo cavolo di posto, se c’è qualcuno che può riuscire a essere partner con la propria ex quella sei tu! Sei così testarda che saresti in grado di far parlare perfino un muto!»
Maureen si mise a sedere sul bordo della scrivania, rivolgendogli le spalle e osservandosi la punta degli stivali che indossava sempre sul posto di lavoro; erano parecchio consumati e forse avrebbe dovuto comprarne un paio di nuovi, che fosse pronta a sostituirli o meno.
«Sarà dura, Maureen, lo so, ma sono passati più di quattro anni,» aggiunse il Tenente, che si era alzato e ora le era accanto, una mano poggiata sulla sua spalla, la voce meno severa e il tono più basso, quasi non volesse farsi sentire dai loro colleghi lì vicino. Era difficile a volte, presi dal loro lavoro, ricordare che il suo superiore era anche uno dei suoi migliori amici, ma quando si comportava in quel modo… Beh, diventava all’improvviso più semplice.
«Non sono sicura che mi sia ancora passata del tutto l’incazzatura, Rex. Potrei fare una stronzata e tu lo sai come sono io quando faccio le stronzate,» confessò borbottando e guardandolo con la coda dell’occhio.
Lui le sorrise e le mise un braccio attorno alle spalle. «Le fai con il botto, sì. Non preoccuparti, ci sono sempre io a coprirti le spalle e a riportati in carreggiata quando stai iniziando a sbandare troppo. E poi anche se non te ne accorgi sei cresciuta; fidati del mio e del tuo istinto ogni tanto, okay? Andrà tutto bene, so quello che sto facendo,» concluse con un occhiolino e un sogghigno complice.
Maureen sospirò, pregando un Dio in cui aveva smesso di credere che il suo mentore e migliore amico avesse davvero un piano. Uno che non le sarebbe valso una pallottola in un piede stavolta, se possibile.

 

*****


Seduta alla sua scrivania, Maureen fingeva di essere impegnata a digitare qualcosa di rilevante di fronte allo schermo del computer; tuttavia, con la coda dell’occhio non faceva che sbirciare dall’altro lato della stanza, dove una Tala dall’aspetto radioso e con un sorriso raggiante si stava godendo le attenzioni di tutti i colleghi, che dopo anni di assenza le stavano dando il bentornato. Anche da seduta a qualche metro di distanza poteva sentirli parlare del marito e del figlio della sua ex partner e, nonostante cercasse di non farsi irritare troppo dalla cosa, la tastiera su cui stava ancora fingendo di digitare qualcosa della massima importanza avrebbe avuto da ridire sui suoi livelli di rabbia.
Era ovvio che l’argomento della conversazione la infastidisse, dopotutto lei e il Detective Pacquaio erano state più che semplici partner sul posto di lavoro fino a poco più di un anno prima che la donna diventasse la signora Hill. Riusciva ancora a ricordarsi, anche a distanza di più di quattro anni e mezzo dall’ultima volta che ci aveva poggiato bocca, il sapore della pelle bronzea di Tala o quanto soffici potessero essere i suoi lunghi capelli neri quando li scioglieva dall’ordinatissima treccia in cui li aveva tenuti raccolti per lavorare… E Maureen rimembrava alla perfezione come si fosse sentita a perdersi in quegli occhi scuri ogni volta che Tala le aveva parlato senza distogliere lo sguardo dal suo mentre se ne stavano sul letto, nude l’una accanto all’altra, quando si era ancora illusa che la sua partner ricambiasse i suoi sentimenti. Oh, ma quanto si era sbagliata, quanto era stata idiota…
Digitò se possibile con ancora più forza, costringendosi a fissare lo schermo, su cui, ovviamente, c’era un vero e proprio disastro di parole senza senso; Maureen aveva avuto, fino a quel momento, la certezza di aver iniziato ad abbozzare qualcosa che potesse somigliare perlomeno in modo vago a un rapporto per uno dei casi che aveva ancora in arretrato sulla sua scrivania. Sbuffò con fare annoiato e chiuse il documento senza salvare, prima di riporre il fascicolo da cui si supponeva stesse copiando le informazioni e di scambiarlo con quello che il novellino le aveva lasciato sul tavolo senza una parola neppure dieci minuti prima.
Lo aprì con fare scocciato, sicura che si trattasse dell’ennesimo rapporto che avrebbe dovuto controllare al posto di Rex perché quest’ultimo lo aveva valutato in condizioni quasi decenti o perché riguardava qualche caso minore, invece si trovò di fronte alle foto di una scena del crimine piuttosto cruenta datate quello stesso giorno.
Alzò gli occhi dal file e con lo sguardo cercò l’Agente Wilson; quando lo trovò, scattò in piedi e andò dritta nella sua direzione, ignorando che per doverlo raggiungere nella sala relax, dove si stava prendendo una tazza di caffè e una fetta della torta che i loro colleghi avevano deciso di comprare per il ritorno di Tala, avrebbe dovuto passare di fronte a quest’ultima, ancora occupata a chiacchierare con metà dei poliziotti presenti alla stazione, che avevano deciso di darsi all’ozio per quella prima ora e mezza del loro turno o erano rimasti alla fine del precedente per chiacchierare. Quello era il genere di comportamenti per cui si domandava come mai Rex ancora non comprendesse il perché delle sue lamentele sull’incompetenza di gran parte della gente con cui lavoravano; a lei sembrava così palese...
Appena passò accanto a quei fannulloni ebbe quasi la certezza di sentirsi addosso lo sguardo intenso della sua ex, ma si costrinse a tenere gli occhi fissi sul suo obbiettivo; quando divenne impossibile resistere alla voglia di girare la testa verso di lei, si costrinse a non cedere alla tentazione richiamando l’attenzione dell’Agente che stava puntando a voce nonostante non fosse ancora entrata nella saletta. «Wilson!»
Quest’ultimo sobbalzò, quasi rovesciandosi mezza tazza di caffè sulla camicia, prima di voltarsi e fissarla con l’espressione di un cucciolo impaurito. Era ancora traumatizzato dall’esperienza come suo partner quindi; ottimo, lo avrebbe reso più preparato per quello che lo aspettava nel mondo vero facendo la loro professione. «Detective Thomas?» chiese lui confuso quando gli fu di fronte.
«La prossima volta che mi porti un fascicolo di un nuovo caso, usa la bocca e comunicami che è un nuovo caso che ha bisogno della mia attenzione immediata. Quando è arrivata la chiamata?» domandò con tono severo.
Il ragazzetto si strinse nelle spalle intimidito, ma annuì arrossendo un po’. «Mi dispiace, Detective Thomas, ha ragione. Ehm… sono stato sulla scena del crimine con gli agenti di pattuglia del turno di notte che hanno risposto alla chiamata fino a meno di quaranta minuti fa. Stavano rimuovendo il corpo dalla scena del crimine quando me ne sono andato, ma abbiamo portato la moglie della vittima qui per essere interrogata. Al momento sembra che possa essere il nostro maggior sospettato,» spiegò tormentando la tazza che ancora teneva tra le mani.
Maureen lo studiò con le braccia incrociate al petto ancora meno impressionata dal suo comportamento. «Quindi c’è un sospettato in custodia che aspetta di essere interrogato e non hai pensato di far sapere a un superiore nulla riguardo la situazione usando le tue dannate parole?»
L’Agente Wilson arrossì ancora di più e spostò lo sguardo sul contenuto della tazza, incapace di sostenere l’occhiataccia. Maureen stava aprendo bocca per ordinargli di andare a occuparsi delle sue scartoffie per un paio di giorni, mettendolo a tutti gli effetti in punizione come avrebbe fatto un adulto con un bambino, quando la voce morbida di Tala le fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale.
«Non ti preoccupare, Ree,» bastò l’uso del suo soprannome per farle provare ancora una volta un nodo di emozioni contrastanti. «Sono passati meno di venti minuti da quando l’Agente Wilson è arrivato. Sono sicura che il sospettato non ci avrà neppure fatto caso,» disse Tala entrando nel suo campo visivo mentre si affiancava a lei, prima di appoggiare una mano sulla spalla del ragazzino che fino a poche settimane prima era stato il partner di Maureen. «Ma il Detective Thomas non ha tutti i torti, esiste un protocollo da seguire per una buona ragione, Agente. Torni alla sua scrivania, ci occuperemo noi del caso adesso.»
Maureen sbuffò; come se le fosse servito un promemoria per ricordasi che avrebbe dovuto ricominciare a passare fin troppo tempo con Tala. Prese un respiro profondo e ripensò alle parole di Rex, al suo supporto sia da mentore che da amico, alla fiducia che aveva riposto in lei e nel suo riuscire a mantenere le cose professionali tra loro. In quel momento non era più tanto convinta di esserne in grado, non quando era combattuta tra l’odiare con tutta se stessa la donna che aveva di fronte e il prenderla per le spalle per stamparle sulla bocca un bacio simile al primo imbranato scambio intimo che c’era stato tra loro molti anni prima.
L’Agente Wilson annuì e si allontanò a passo svelto in direzione della sua scrivania, non senza voltarsi all’ultimo secondo per rivolgere un sorrisino timido verso Tala, che gli rispose in modo simile e con un piccolo cenno della mano. Perfetto, la sua ex era appena rientrata e stava già ricominciando a spezzare cuori con i suoi modi da miss perfettina, pensò con amarezza Maureen prima di aprire di nuovo il fascicolo che teneva ancora tra le mani e leggere con più attenzione le stesse informazioni che Wilson aveva comunicato a voce e gli altri dettagli del caso che aveva soltanto intravisto quando aveva aperto per la prima volta la cartelletta.
«Hai intenzione di mettere al corrente anche me? Dopotutto sono di nuovo la tua partner,» mormorò Tala, ora molto più vicina.
Maureen non alzò neppure lo sguardo; invece si incamminò verso la sua scrivania, sicura che la sua ex l’avrebbe seguita. «La vittima è Thobias Rowe, 36 anni, professore di un liceo della zona. La causa della morte sembra piuttosto ovvia dalle foto...» aggiunse passandone una a Tala, che si imbronciò osservando il corpo dell’uomo steso a terra sulla schiena e pugnalato un numero impressionante di volte più o meno su tutto il corpo.
«Sarà una sfida per il medico legale contarle...» mormorò lei sedendosi dall’altro lato della scrivania di Maureen, mentre quest’ultima si accomodava di fronte allo schermo. «Quindi il sospettato è la moglie?»
«Esatto. Sembra il classico delitto passionale, perciò l’hanno portata qui per le solite domande di routine. Cordelia Rowe, 33 anni, casalinga. Ha chiamato lei i soccorsi dopo essere rientrata da una passeggiata notturna e aver ritrovato il marito in quelle condizioni, ma insomma, chi se ne va a spasso alle tre del mattino?» terminò lei dando un’ultima controllata al fascicolo prima di passarlo a Tala, che lo accettò ringraziandola e iniziando a leggerlo a sua volta in silenzio.
Maureen ne approfittò per osservarla con discrezione per qualche istante, cercando di non sembrare troppo ovvia nel suo comportamento. Tala non era cambiata molto; la gravidanza l’aveva lasciata forse con un paio di chili in più sparsi sul corpo e con i fianchi un po’ più ampi, ma per il resto la donna dalla pelle di bronzo era come la ricordava e questo non era certo di aiuto. Vederla così in forma gliela faceva desiderare proprio come l’aveva desiderata la prima volta che aveva appoggiato lo sguardo su di lei e la cosa al momento era molto meno appropriata di quanto già non fosse stata in passato.
«Beh, direi che è una buona idea andare a interrogare il nostro sospettato di persona allora,» esclamò Tala sorridendo e risvegliandola dalla sua fantasia a occhi aperti. Maureen sobbalzò sulla sedia, ma era piuttosto certa di essere riuscita a nasconderlo con naturalezza alzandosi di scatto.
Non aggiunse parola mentre si dirigeva verso la sala interrogatori, la partner che la seguiva con il fascicolo del caso ancora stretto tra le mani insieme a un blocco per prendere appunti e a una penna, che doveva aver recuperato dal portapenne sulla scrivania. Tala stava già seguendo la loro vecchia routine, eppure, nonostante da un lato quel comportamento fosse rassicurante, Maureen si sentì colta di sorpresa: non aveva previsto che tra loro tornasse a funzionare tutto come una macchina perfettamente oliata sin dal primo istante in cui avrebbero ricominciato a lavorare insieme. In un certo senso le ricordava quanto per loro fosse sempre stato semplice capirsi a vicenda; perlomeno per quanto riguardava le faccende lavorative, aggiunse tra sé e sé con amarezza ricordando il grosso malinteso che era rimasto per mesi a penzolare come una spada di Damocle sul loro rapporto interpersonale senza che lei se ne rendesse conto.
Maureen aprì la porta della stanza degli interrogatori e lasciò passare Tala, che andò a sedersi all’istante, poi la seguì e la raggiunse dopo aver chiuso la porta. Mentre la sua collega apriva il fascicolo e fingeva di studiarlo per l’ennesima volta prendendo appunti sul suo blocco, lei si concentrò sull’osservare il comportamento della moglie della vittima.
Cordelia Rowe, il cui nome da nubile secondo il rapporto preliminare era Cordelia Brown, a un primo sguardo sembrava una donna distrutta dal dolore. Maureen però sapeva che non poteva farsi abbindolare; c’erano delle brave attrici in giro e non poteva farsi ingannare da qualche lacrima di coccodrillo o dalla prima espressione confusa e contrita che qualcuno dal faccino attraente le rivolgeva. La bionda che aveva di fronte, con gli occhi azzurri arrossati dalle lacrime e dalle poche ore di sonno, degli abiti comodi e consunti coperti da una delle giacche a vento della polizia che doveva averle dato l’Agente Wilson quando l’aveva portata al distretto e che ancora teneva stretta intorno alle spalle, poteva nonostante tutto dirsi una donna attraente, seppure stanca e provata dalla situazione.
«Prima che iniziamo, devo chiederle se il mio collega le ha spiegato perché l’abbiamo portata qui e se comprende la sua posizione,» esordì Maureen fissandola negli occhi.
La donna, che fino a quel momento aveva continuato a osservarsi le mani intrecciate sul tavolo che ancora tremavano leggermente, alzò lo sguardo, quasi si fosse accorta solo in quell’istante della loro presenza. Dopo qualche secondo in cui parve aver bisogno di recuperare la voce, rispose: «Ha detto soltanto che è prassi che facciate delle domande a chi ha ritrovato il corpo...»
Non sfuggì alle orecchie di Maureen il modo in cui la sua voce si era incrinata a quell’ultima parola e si accorse che anche Tala lo stava annotando con diligenza tra i suoi appunti.
«Sono consapevole che non sia semplice signora Rowe, ha subito un trauma questa notte. Ma se c’è qualcosa che deve dirci sull’accaduto è più probabile che se ne ricordi ora che è recente. Più aspettiamo e più i ricordi diventeranno annebbiati e confusi,» continuò Maureen. «Ci ripeta ancora una volta come sono andati i fatti per favore.»
La donna annuì ed emise un sospiro. «Ero uscita a fare quattro passi al parco come al solito dopo uno dei miei incubi intorno alle due e mezza e, quando sono rientrata poco dopo le quattro e mezza, la porta di casa era socchiusa. Toby...» si interruppe per deglutire con forza, cercando invano di trattenere le lacrime. «Toby era a terra pochi passi oltre la soglia, vicino all’entrata del salotto. C’era così tanto sangue...» si bloccò ancora una volta per portarsi le mani al viso. «È tutta colpa mia,» mormorò tra le lacrime.
«Cosa intende?» domandò in un sussurro Maureen a quella improvvisa ammissione di colpevolezza.
«Dimenticavo spesso le chiavi quando uscivo di notte e… Toby era così abituato a qualcuno che bussava nel mezzo della notte, o a vedermi rientrare quando lui si svegliava per andare a lavoro! Il suo collega ha detto che la porta non è neppure stata forzata. Toby deve aver pensato che fossi solo io che rientravo, invece…» spiegò con un’espressione contrita sul volto, le lacrime che continuavano a scivolarle sulle guance.
Maureen la osservò per qualche istante, poi si voltò verso Tala; sembrava tutto così costruito alla perfezione per creare un ragionevole dubbio. Eppure, chi mai avrebbe potuto fare del male a un professore di liceo? E in casa non era stato rubato nulla e non c’erano segni di lotta, quindi, oltre alla moglie, chi avrebbe avuto ragione o modo di uccidere quel pover’uomo?
«Signora Rowe, mi dispiace dirglielo, ma non sembra si sia trattato di un tentativo di furto finito male. Al momento le prove non sono molto a suo favore e credo che saremo costretti a tenerla in custodia preventiva qui in centrale se non troveremo nulla per scagionarla. Sa per caso se qualcuno poteva avere dei rancori verso suo marito? C’è qualcun altro che potrebbe aver avuto dei motivi per fare qualcosa di così brutale?» tentò Maureen di spaventarla usando l’approccio più diretto.
La bionda fissò il tavolo riflettendo, poi con un alzata di spalle tornò a guardarla. «Toby era un buon uomo e un ottimo insegnante. Forse qualche ragazzino a scuola si era arrabbiato per dei brutti voti e alcuni genitori potevano averlo minacciato di farlo licenziare per lo stesso motivo, ma non si era mai arrivati neppure ad atti di violenza o di vandalismo. E il nostro è sempre stato un quartiere così tranquillo… Io…»
Maureen la vide esitare, come se stesse pensando a qualcosa in particolare mentre con lo sguardo osservava il vuoto. La donna però non aggiunge nulla, limitandosi a scuotere la testa con un altro cenno delle spalle, ritornando poi a spostare gli occhi sul tavolo.
Tala al suo fianco si agitò sulla sedia, prima di parlare per la prima volta durante l’interrogatorio. «Signora Rowe, lei frequenta una palestra o fa dello sport? Ha mai praticato delle arti marziali?» chiese soltanto, rispettando il loro modus operandi tradizionale che prevedeva che Maureen gestisse l’interrogatorio al 90% e lei facesse, come sempre alla fine dell’interrogatorio, quelle domande all’apparenza irrilevanti o poco sensibili, ma che rivelavano informazioni in qualche modo collegate al caso.
La donna dall’altro lato del tavolo la osservò perplessa. «Ehm… No. Ho provato a frequentare un corso di yoga e di meditazione per qualche mese sotto consiglio del mio terapeuta, ma non ha aiutato con la mia insonnia quindi l’ho lasciato dopo un paio di lezioni.»
Apparentemente soddisfatta dalla risposta, Tala le sorrise contrita, annuì e si alzò. «Ancora condoglianze da parte mia e della mia collega, signora Rowe. Se avrà bisogno di qualcosa o le verranno in mente dei dettagli che vuole farci sapere, chieda a uno degli agenti del Detective Hill o del Detective Thomas. Aspetti qui per il momento.» Detto questo, Tala si avviò alla porta come nulla fosse.
Maureen fece un cenno di saluto con il capo alla signora Rowe, prima di seguire la collega oltre la soglia, parecchio perplessa.
«Non è stata lei,» esclamò subito Tala appena si fu chiusa la porta alle spalle.
Lei la fissò ancora più sconcertata. «Hai intenzione di spiegarmi come sei arrivata a questa conclusione o devo dare per scontato che mentre te ne stavi a casa a sfornare bambini hai ottenuto per magia il superpotere di risolvere i casi al primo sguardo?»
Tala sospirò portando gli occhi al cielo, prima di aprire il fascicolo e indicarle l’altezza e il peso della vittima. «È troppo alto e grosso perché sia riuscita ad atterrarlo. Okay, lui si fidava di lei quindi può averlo colto di sorpresa, averlo colpito alle spalle con un oggetto contundete e averlo atterrato. Ma il corpo è steso sulla schiena, non avrebbe avuto la forza di girarlo a peso morto, non da sola considerata la sua stazza e la stima della forza fisica che potrebbe avere.»
«Perciò o non è stata lei, o c’era un complice ad aiutarla,» ribatté Maureen, cercando di confutare la sicurezza con cui Tala stava difendendo la sospettata. Non le piaceva arrivare a conclusioni troppo affrettate in una o in un’altra direzione; era meglio tenere ogni opzione aperta o si rischiava di lasciarsi prendere dalla propria testardaggine ignorando altre piste per non confutare la propria tesi. Fece un cenno distratto verso uno degli agenti di passaggio -di nuovo Wilson- perché si prendesse cura della donna, le leggesse i suoi diritti e poi la portasse in una delle celle.
Tala sbuffò contrariata. «Okay, forse ho corso troppo, ma sono convinta che ci sia ancora una chance che non sia stata lei! Dovremmo visitare la scena del crimine di persona, parlare con i vicini, raccogliere altre prove… E ho come la sensazione che la signora Rowe non ci stia dicendo qualcosa,» aggiunse infine quasi come un ripensamento, picchiettando la penna con cui aveva preso appunti sulle proprie labbra.
Maureen rimase incantata a fissarle la bocca per qualche istante, prima di scuotere la testa e avviarsi in direzione dell’uscita dell’edificio senza aggiungere parola; l’aria fresca forse le avrebbe fatto bene.

 

*****


«La ringrazio per le informazioni,» concluse Tala la chiamata, prima di riporre il cellulare in una delle tasche attaccate alla sua cintura e voltarsi verso Maureen, che per tutto il tempo aveva cercato di mantenere lo sguardo sulla strada e di non farsi distrarre dalla sua ex.
«Allora, cosa ha detto il medico legale?» domandò continuando a mantenere l’attenzione sulle strade trafficate di San Diego affollate dalla gente che, al contrario di loro, aveva un orario d’ufficio decente.
«Beh, è solo un rapporto preliminare per il momento, ma è piuttosto sicuro che la causa della morte siano le pugnalate o l’emorragia che ne è derivata. Lo hanno comunque colpito alla nuca come avevamo supposto, quindi per ora sappiamo per certo che è stato colto alle spalle, è caduto a terra stordito o privo di sensi perché non ha chiesto aiuto, è stato rigirato sulla schiena e infine pugnalato almeno una trentina di volte… L’orario della morte è sempre fissato intorno alle tre del mattino, come determinato sulla scena,» ricostruì Tala.
Quando si fermarono a un semaforo rosso, Maureen non riuscì a trattenersi dalla tentazione di lanciarle uno sguardo e si accorse che la collega la stava osservando; riportò subito gli occhi sul traffico, sperando che il gesto fosse sembrato naturale. Si chiese se dopotutto la sua ex fosse ancora attratta da lei, e si scoprì indecisa se sperarci o meno.
«Sembra un grosso numero di pugnalate,» commentò in un borbottio, dandosi poi dell’idiota per l’ovvietà che le era uscita di bocca. Le sembrava di esser ritornata all’improvviso una teenager imbranata in compagnia della sua prima cotta...
«Già, anche l’averlo rigirato per guardarlo in faccia. Sembrano le azioni di qualcuno che provava parecchia ostilità nei confronti di quest’uomo, ma secondo la moglie non c’era nessuno che potesse aver un motivo in particolare per portargli così tanto rancore.»
Con un grosso sospiro Maureen ripartì appena scattò il verde, svoltando per dirigersi nella tranquilla zona residenziale in cui si trovava la scena del crimine. «Non sarebbe la prima volta che scopriamo un passato scabroso di cui il coniuge era allo scuro. O magari questo tipo picchiava la moglie, lei si è stancata della situazione famigliare e si è solo difesa con eccessivo zelo dopo l’ennesimo abuso. In quel caso una reazione molto violenta sarebbe comprensibile...»
Tala mugugnò perplessa e quando Maureen le rivolse uno sguardo notò che stava fissando fuori dal finestrino. «Per qualche ragione continuo ad avere il presentimento che la signora Rowe ci stia nascondendo qualcosa, ma non penso siano degli abusi da parte del marito. Sembrava sinceramente distrutta per la sua morte e non il genere di distrutto di chi è consapevole che finirà in prigione perché scopriremo la sua colpevolezza.»
Rimasero in silenzio per il resto dei pochi minuti di tragitto, l’unico rumore di sottofondo il leggero brusio della radio della polizia e il rombo del motore dell’auto.
Maureen avrebbe davvero voluto parlare del più e del meno, chiederle di preciso come si sentisse, se fosse davvero felice della sua nuova vita con il suo adorato marito e con il figlio meraviglioso di cui tanto aveva parlato con i colleghi al distretto; eppure, per quanto volesse instaurare una conversazione, temeva la sensazione di gelosia che sapeva avrebbe provato quando Tala avrebbe irrimediabilmente risposto che la sua vita era perfetta anche senza di lei. Era egoista a desiderare che non lo fosse? A volere che le cose non fossero andate come Tala aveva sperato anni prima, quando l’aveva lasciata per un uomo? A rivolerla per sé nonostante fosse passato così tanto tempo?
Le sue riflessioni vennero interrotte quando arrivarono sulla scena del crimine. La villetta a un piano dei Rowe si confondeva tra le abitazioni del vicinato non per somiglianza fisica, ma per atmosfera; era una casa come tante altre, all’apparenza tranquilla, dal piccolo giardino frontale ordinato e rigoglioso nonostante fosse la fine di ottobre, com’era comune in quella zona della California, con un vialetto in grosse piastrelle di cemento contornate da una bassa siepe ben curata e ancora fiorita. L’unica cosa che la contraddistingueva, al momento, era l’ovvia segnaletica posizionata dalla polizia nelle prime ore di quella mattina, quando il corpo era stato ritrovato e le autorità erano intervenute.
Una serie di curiosi da poco svegliatisi e usciti a recuperare la posta, fissava la porta della villetta dalla sicurezza del proprio vialetto, indicando la vistosa volante della polizia con cui lei e Tala erano appena arrivate nel quartiere all’apparenza così pacifico e innocuo.
«Vedo parecchi vicini ficcanaso. Dici che possiamo approfittare della loro curiosità per fare qualche domanda subito? Magari siamo fortunate e hanno voglia di condividere i gossip del quartiere di fronte a una tazza di caffè?» propose Maureen sporgendosi verso la collega con un sorriso complice.
Quest’ultima le rivolse un sorriso sincero, prima di annuire e indicare con un cenno quasi impercettibile una donna, che Tala doveva aver notato dallo specchietto retrovisore; la sconosciuta, forse sulla sessantina con i capelli mori, quasi sicuramente tinti, cosparsi da qualche ciocca di grigio, stava osservando con espressione apprensiva la volante della polizia, come se fosse in attesa della loro uscita, pronta a scattare in loro direzione. «Ho già avvistato qualcuno che muore dalla voglia di avere una conversazione con noi. Iniziamo da lei?»
Maureen annuì, poi uscirono dall’auto insieme, prima di tergiversare per qualche momento, fingendo di essere impegnate in altra maniera vicino alla volante mentre si osservavano attorno, per avvicinarsi infine alla donna quando gli occhi di Tala e quelli della mora sconosciuta si furono incontrati per più di un paio di volte.
«Mi scusi agente?» domandò subito la donna appena entrambe le detective furono a portata d’orecchio.
«Detective Hill,» si presentò subito Tala in tono cordiale, «E questa è la mia collega, il Detective Thomas. Possiamo esserle d’aiuto?» chiese. Maureen si sforzò di nascondere un’espressione soddisfatta all’approccio distaccato che stava usando la collega; era vero che tra loro due era lei quella che si occupava degli interrogatori, ma anche Tala non era niente male con le tecniche subdole per estrapolare alle persone le informazioni che voleva. Dopotutto era sempre stata Tala la più brava a creare un collegamento emotivo con le persone, motivo per cui ancora si chiedeva il perché di quell’enorme fraintendimento che c’era stato nella loro relazione… Non che fosse rilevante in quel momento.
«Ecco io... Sono preoccupata per Cordelia. Quella poverina soffre d’insonnia ed esce spesso di notte per prendere una boccata d’aria. Le ho consigliato migliaia di volte di adottare uno di quei grossi cani da guardia per portarlo con sé durante le passeggiate o di tenersi perlomeno uno spray al peperoncino in tasca, ma ha sempre detto che mi preoccupo troppo per lei. Però io mi sveglio tutte le mattine con l’ansia che le sia successo qualcosa e ora c’è quel nastro sulla porta di casa dei Rowe e...» borbottò stringendosi ancora di più nella vestaglia rosa pastello che ancora indossava.
Maureen la fissò con attenzione; a lei sembrava che la donna fosse davvero preoccupata per la sorte della vicina, ma a volte era difficile capire quando la gente era sincera o quando era alla ricerca di un pettegolezzo. O anche peggio, quando cercava di coprire qualcosa con un fiume in piena di parole.
«Signora, purtroppo c’è un certo protocollo in caso di indagini in corso, lo capisce, non è vero?» rispose quindi cercando di testare le acque, interrompendo Tala prima che potesse parlare.
«Lo capisco, voglio solo sapere se Delia e Toby stanno bene. Sono terribilmente preoccupata per loro.»
Tala rivolse verso la collega uno sguardo carico di significato, forse anche un po’ stizzito per averla interrotta, e Maureen sospirò; odiava quando la sua ex si fidava così in fretta delle persone, ma era pur vero che sembrava avere un buon istinto, quindi, anche se Maureen non poteva fidarsi della sconosciuta che si trovava di fronte, sapeva perlomeno di poter fare affidamento sull’esperienza di Tala. Sarebbe comunque rimasta in guardia al posto suo, dopotutto era il suo dovere di buona partner.
«Ci dispiace molto signora, ma il signor Rowe purtroppo è stato assassinato.»
La donna impallidì e sembrò accasciarsi appena contro la siepe sulla quale era già stata appoggiata fino a qualche momento prima. Maureen si chiese, per un istante, se avrebbe dovuto scavalcare i cespugli per soccorrerla, ma dopo un primo momento di stupore, la vicina di casa della vittima parve riprendersi almeno in parte.
«Oddio, la povera Delia sarà distrutta. Lei sta bene? Cosa è successo?» domandò la donna, gli occhi lucidi, ma uno spirito combattivo e determinato nascosto dietro la commozione.
«Siamo qui per scoprirlo. Abbiamo bisogno che risponda a qualche domanda per aiutarci,» aggiunse Tala cercando di sfruttare quello spirito di vendetta che le doveva aver letto negli occhi, badando con saggezza di non menzionare dove fosse al momento la moglie del signor Rowe.
La donna annuì con vigore. «Ma certo! Se posso essere utile risponderò a tutto quello che volete!»
Persero circa un’altra ventina di minuti con quella che alla fine si presentò come la signora Parker; nonostante la donna avesse buone intenzioni, le sue informazioni non si rivelarono così interessanti. La donna aveva parlato loro di quanto la coppia fosse felice, di come stessero addirittura cercando di avere un figlio da un po’ di tempo, motivo per il quale Cordelia stava cercando di affrontare i suoi problemi di insonnia nel modo più naturale possibile e per il quale sembravano in realtà essere peggiorati nell’ultimo periodo, sicura che i loro precedenti tentativi avessero fallito a causa dei medicinali di cui aveva fatto uso in passato per limitare il problema. Aveva aggiunto che il signor Rowe era sempre stato un uomo gentile, di aver a malapena sentito la coppia litigare in tutti i loro anni di matrimonio e che era da escludere che tra loro ci fossero problemi o che lui fosse violento.
Insomma, a sentire la donna, i Rowe erano una coppia felice e stabile, il cui unico problema era la difficoltà nel concepire un figlio e i problemi di insonnia della moglie, al momento tenuta in custodia al distretto.
Anche la breve conversazione con il lato più pettegolo del vicinato non fu molto più utile; un paio di persone pensavano che la signora Rowe fosse sospetta con le sue uscite notturne e si erano convinti che avesse in realtà una doppia vita, ma uno dei vicini, un vedovo sulla cinquantina la cui unica compagnia era una mezza dozzina di cani di piccola-media taglia, aveva confermato di aver visto più volte la povera Cordelia vagare con grosse occhiaie lungo le strade del quartiere in direzione del piccolo parco a un isolato di distanza, e di averle perfino tenuto compagnia in un paio di occasioni per qualche ventina di minuti, quando uno o più dei suoi cani lo aveva costretto a un’uscita fuori programma nel mezzo della notte.
Sembrava davvero, quindi, che non ci fosse nulla di sospetto riguardo le vite della coppia e la cosa rese ancora più frustrata Maureen, che vide tutto quel parlare a vanvera come una grossa perdita di tempo, tanto da farla dubitare che ci fosse qualche utilità nell’andare a parlare anche con i colleghi di lavoro del signor Rowe alla scuola. Di certo non aveva alcuna intenzione di andarci in quella giornata: ne aveva avuto abbastanza di pettegoli.
Quando si diressero di nuovo verso la villetta, si era quasi convinta che quel caso iniziasse a non avere alcun senso e aveva cominciato a credere che dopotutto Tala potesse avere almeno un pizzico di ragione, che la signora Rowe stesse a tutti gli effetti nascondendo qualcosa di rilevante di cui nessuno sapeva nulla. Il tutto la irritò ulteriormente, rendendola se possibile di umore ancora peggiore; le sembrava stupido omettere informazioni, soprattutto quando potevano provare la propria innocenza, cosa verso cui stava puntando al momento l’ago della bilancia per la moglie della vittima.
Tala, forse notando il suo umore così tetro, le poggiò una mano sulla spalla prima che aprisse la porta della villetta con il mazzo di chiavi che aveva fornito loro la stessa donna che era al sicuro alla centrale, probabilmente in una cella in attesa di un avvocato.
«Fai un respiro profondo e concentrati sull’indagine,» disse solo con un’espressione rassicurante in viso.
Maureen più che altro sbuffò e portò gli occhi al cielo, ma cercò di calmarsi e di ritornare il più professionale possibile mentre recuperava un paio di guanti usa e getta da una delle tasche del suo giubbotto e li indossava. Le prove fisiche le avrebbero detto quello che aveva bisogno di sapere se la gente si rifiutava di farle sapere come stavano davvero le cose!
Quando entrarono notarono subito la grossa pozza di sangue che circondava la figura disegnata con il nastro nel punto in cui si era trovato il cadavere del signor Rowe, che dall’ingresso era visibile nonostante si trovasse sulla soglia ad arco del salotto, giusto a un paio di metri di distanza.
Il corridoio d’ingresso si affacciava quasi subito sulla sinistra su un open space con cucina, in un angolo un tavolo e delle sedie che a un primo sguardo dovevano costituire l’unica effettiva sala da pranzo della casa. Proseguì lungo il corridoio oltre l’open space, evitando la pozza di sangue da cui, purtroppo, non partiva alcuna impronta. C’erano soltanto altre tre porte, una per ogni lato del corridoio: quella sulla sinistra portava alla camera da letto della coppia, il letto ancora sfatto dalla notte precedente, ma per il resto tutto in ordine; nella stanza era presente un’altra porta che conduceva al bagno padronale, anch’esso all’apparenza in perfetto ordine.
La stanza sul lato opposto del corridoio al momento era occupata da quello che sembrava un piccolo studio, ma era abbastanza spaziosa per diventare una seconda camera secondaria a giudicare dal divano letto riservato con tutta probabilità a eventuali ospiti che avevano visitato la coppia; tutto, a un primo sguardo, sembrava essere dove si supponeva dovesse stare.
Infine, l’ultima porta, quella in fondo al corridoio, si affacciava su un secondo bagno con un piccolo angolo lavanderia nascosto dietro dei separé di plastica, e anche in quel caso non pareva esserci nulla fuori posto.
Il salotto, con la sua enorme macchia di sangue, sembrava l’unico ambiente intaccato dagli eventi della notte precedente, ma anche in quel caso, solo la pozza di sangue intorno al cadavere mostrava davvero che era accaduto qualcosa di terribile nella villetta. Non c’erano impronte intorno alla grossa chiazza, solo degli schizzi qui e lì… E non c’erano neppure apparenti segni di lotta, ma se davvero l’uomo era morto almeno un’ora prima della chiamata ai soccorsi, l’assassino forse aveva avuto tutto il tempo necessario per riordinare.
Dopo un primo giro della casa per osservare l’ambiente, entrambe si misero a indagare con più attenzione stanza per stanza; analizzarono, prima di tutto, quella che sembrava essere la vera e propria scena del crimine, cioè la prima parte del corridoio e l’entrata del salotto.
Come previsto, non c’era molto altro da vedere oltre a quello che già avevano intuito dalle foto nel fascicolo in realtà: non c’erano segni di lotta e non sembrava che fosse perché qualcuno aveva coperto a opera d’arte le sue tracce a giudicare dalla posizione degli schizzi di sangue; non c’era traccia dell’oggetto contundente con cui l’uomo poteva esser stato colpito alla nuca, proprio come non era stata ritrovata, ore prima, la vera e propria arma del delitto; anche avvicinandosi non c’erano impronte di alcun tipo che partivano dall’enorme chiazza di sangue, ormai coagulato, lasciata dalla vittima sul pavimento di legno. Maureen, perplessa, ripensò alle parole della signora Rowe.
«Sembra davvero solo che il marito sia andato ad aprire alla porta e qualcuno lo abbia colpito alle spalle, ma non ci sono segni di lotta, quindi non ha alcun senso. Non può averlo aggredito uno sconosciuto, avrebbe cercato di difendersi, e anche se ti fidi di qualcuno perché lo conosci, lo lasceresti entrare e poi gli volteresti le spalle alle tre del mattino?» espresse ad alta voce, accovacciata accanto allo stipite dell’arco che si apriva sul salotto. Tala, in piedi di fronte alla porta d’ingresso mentre ispezionava un mobiletto appeso al muro che conteneva una serie di chiavi, sembrava pensierosa.
Maureen rimase a fissarla incantata, godendo del silenzio e perdendosi a contemplarla, dimenticandosi per qualche istante dell’investigazione; quando la collega si voltò verso di lei di nuovo, spostò lo sguardo sulla destra e, in punto in penombra dell’ingresso, notò per la prima volta da quando era entrata l’anta semiaperta di un piccolo ripostiglio, in pratica quasi solo un armadio incassato nel muro in cui riporre il cappotto quando si rientrava.
Si alzò in piedi di scatto e si avvicinò al ripostiglio, sentendo come d’istinto che si trattasse di qualcosa di importante. Tala sussultò sorpresa spostandosi contro il muro del corridoio dal lato opposto; Maureen ignorò la fitta di dolore che provò nel vederla così spaventata dal suo comportamento -o forse spaventata da lei punto e basta?- e continuò imperterrita la sua indagine.
Aprì con cautela il piccolo ripostiglio: era uno spazio molto ristretto, ma grande abbastanza da riuscire a contenere una persona, soprattutto con i pochi cappotti appesi tutti ammassati su un lato com’erano in quel momento, compresi gli appendiabiti vuoti, cosa che sembrava tutt’altro che normale.
Si voltò verso Tala, che parve reputare a sua volta la cosa sospetta e le passò la piccola torcia che teneva sempre alla cintura perché potesse controllare meglio nello sgabuzzino in penombra se ci fossero prove di qualche genere.
Maureen cercò con molta attenzione prima di tutto sul pavimento, sperando in qualche impronta, ma non trovandone alcuna passò a cercare qualche residuo sulle giacche. Stava quasi per perdere le speranze, quando eccolo, quasi impossibile da notare sul nero della giacca su cui era rimasto posato, un lungo e sottile capello solitario, che palesemente non apparteneva ai coniugi Rowe. Poteva non essere nulla di rilevante, magari solo la prova di una relazione extra coniugale, ma era pur sempre qualcosa di interessante in uno sgabuzzino che al momento sembrava sospetto.
Scattò una foto con il proprio cellulare sia delle giacche ammassate sul fondo dello sgabuzzino, che del capello, poi chiese a Tala un sacchettino delle prove e lo ripose al sicuro, prima di riporlo in una delle tasche interne della propria giacca, pronta a consegnarlo in centrale per passarlo alla scientifica.
«Pensi davvero che sia rilevante, quindi?» chiese la collega.
Maureen, ancora sulla soglia dello sgabuzzino, si girò per lanciarle un’occhiataccia e rimase immobile per un istante guardandosi intorno da dov’era, in pratica ancora nascosta nel ripostiglio: aveva un’ottima visuale sulla porta d’ingresso e immaginava che quell’angolo della casa fosse davvero molto buio nel mezzo della notte se era già così scuro di giorno quando c’era così tanta luce naturale. Dalle finestre della cucina entrava parecchia luce, che illuminava anche una parte del corridoio, quindi si chiese se il signor Rowe, che ben conosceva la casa, avesse magari perfino evitato di accendere la luce, seppure fosse in piena notte, per andare ad aprire la porta a quella che pensava essere la moglie. Dopotutto anche Maureen stessa se usava il bagno di notte non aveva l’abitudine di non accendere la luce, sfruttando l’illuminazione della strada che entrava dalla finestra…
«Inizio ad avere una teoria, ma mi è ancora poco chiaro come di preciso qualcuno possa essere entrato senza scassinare la porta,» fu l’unica spiegazione.
Tala la fissò con un sorriso soddisfatto sulle labbra. «Sapevo che l’avresti pensata come me alla fine.»
Maureen sospirò esasperata. «Non sto dicendo che è innocente, la moglie può ancora essere una complice. Può aver fatto entrare l’assassino, che si è nascosto qui nel ripostiglio, poi lei è uscita, ha bussato alla porta e si è nascosta a sua volta fuori. Quando il marito ha aperto e non ha visto nessuno si sarà voltato per ritornare a letto, l’assassino è uscito dal suo nascondiglio, lo ha colpito alle spalle e poi lo ha pugnalato.»
La collega la osservò con le braccia incrociate e un’espressione scocciata. Sapeva il perché di quell’espressione: la sua teoria poteva avere un minimo di senso e la cosa la irritava. Ebbe la sua conferma quando Tala sbuffò e senza aggiungere nulla andò in direzione dello studio, con tutta probabilità per cercare prove che aiutassero a identificare un possibile movente del delitto.
Ridacchiando, e cercando di convincere anche se stessa di non aver guardato in modo poco appropriato il sedere della collega nella sua ritirata, Maureen seguì il suo esempio e tornò alle indagini, dirigendosi verso la camera da letto. Stava per frugare nel comodino della signora Rowe, quando la voce esaltata di Tala la richiamò nell’altra stanza.
«Che c’è stavolta?» borbottò esasperata raggiungendola.
«Non avranno scassinato la porta d’ingresso, ma guarda un po’ qui cosa è sfuggito a tutti?» esclamò Tala mentre teneva scostata la tenda che stava di fronte alla grande porta finestra della stanza, che si affacciava in direzione del cortile della casa della signora Parker.
Maureen estrasse il cellulare per fare un paio di foto, ma Tala le fece cenno di no.
«Me ne sono già occupata io,» disse prima di aprire la finestra. «Non penso sia successo stanotte, comunque. E non credo neppure che i Rowe se ne fossero accorti, perché la finestra si apre e si chiude ancora, anche se con qualche difficoltà. Potrebbero non averci fatto caso se era già problematica o se l’aprivano poco spesso.»
Si guardarono entrambe intorno: la stanza, anche a uno sguardo più approfondito, sembrava essere abbastanza ordinata a esclusione della scrivania, che probabilmente era appartenuta al signor Rowe. La superficie, ancora adesso, era ricoperta di quelli che sembravano compiti da correggere e appunti per le lezioni. In alto, in un angolo della stanza, c’era un climatizzatore, ed entrambe supposero che, in un tentativo di aver un po’ di pace e tranquillità, l’uomo preferisse la climatizzazione artificiale all’aria fresca di una finestra aperta, che trasportava con sé i rumori dell’intero vicinato; decisamente una soluzione migliore per chi aveva bisogno di concentrazione.
«Okay, ammettiamo che tu abbia ragione, se davvero qualcuno è entrato in casa qualche tempo fa e loro non se ne sono accorti, l’intento qual’era? Perché non uccidere il signor Rowe la prima volta che sono entrati?» chiese Maureen.
«Magari l’assassino è stato interrotto. O forse l’intento era quello di incastrare la moglie,» aggiunse afferrandole un braccio e trascinandola di nuovo verso il corridoio, indicando poi il piccolo mobile appeso al muro vicino all’entrata. «Quindi è entrato da qui solo per appropriarsi di un mazzo di chiavi della porta principale.»
Maureen ignorò come il cuore avesse iniziato a batterle furiosamente nel petto, e con un gesto brusco e stizzito obbligò Tala a lasciarla andare. Ignorò anche quanto avesse desiderato che la collega la stringesse in modo alquanto diverso...
«Sono solo supposizioni senza un effettivo mazzo di chiavi mancanti. E continua a sembrare una teoria molto fuori di testa rispetto a quella che proponevo io,» ribatté incrociando le braccia e cercando di non badare a come il suo tono fosse diventato molto infantile al momento.
Tala portò le mani ai fianchi e la fissò con espressione tutt’altro che impressionata. «Ammetti che non abbiamo un movente né tanto meno un colpevole in nessuno dei due casi, punto e basta. Stiamo ancora brancolando nel buio!»
Maureen sbuffò, prima di andare a passo di carica verso l’uscita, decidendo che la scena del crimine le avesse fornito tutte le informazioni che avrebbe potuto darle per quella giornata. «Andiamo a sporcarci le mani altrove. Anche se era notte l’assassino non può essersene andato in giro con i vestiti ricoperti di sangue. Con tutte quelle coltellate si sarà sporcato di sicuro anche se è riuscito a non lasciare impronte. È arrivato il momento di andare a frugare in qualche cassonetto.»

 

*****


Quando un paio di ore dopo risalirono in auto, erano sudate, stanche, puzzavano entrambe in modo atroce e il loro umore era palesemente tetro; chiunque fosse stato l’assassino certo non peccava di furbizia perché, nonostante una lunga e approfondita ricerca, non avevano trovato nulla di sospetto nella spazzatura del vicinato. Durante le ricerche, la tensione tra le due detective sembrava non essere affatto scemata, neppure considerata la distanza a cui si erano tenute l’una dall’altra mentre cercavano nel quartiere per ottimizzare i tempi.
Era in gran parte per quel motivo che Maureen guidava nel traffico ormai consolidato del mattino inoltrato con i finestrini della volante completamente aperti e la musica della radio a tutto volume nonostante fossero entrambi comportamenti più o meno vietati dal regolamento. Tala sembrava non avere, almeno per il momento, un’opinione al riguardo, forse troppo occupata a ignorare la tensione tra loro o, in alternativa, la tremenda puzza che proveniva da entrambe. Maureen di sicuro non vedeva l’ora di farsi una doccia appena arrivata al distretto ed era certa fosse un sentimento condiviso.
La mancanza di dialogo, comunque, era tutt’altro che piacevole, ma come già in precedenza, Maureen si morse il labbro inferiore un paio di volte per trattenersi dal fare qualche domanda riguardo la vita privata della collega durante la sua assenza. Sapeva quale sarebbe stata la risposta a qualsiasi domanda avrebbe potuto farle, dopotutto aveva origliato lo scambio che aveva avuto con i colleghi alla stazione, anche se aveva cercato di negare anche a se stessa di averlo fatto. Ed era anche consapevole che sentirsi rivolgere direttamente quel genere di discorsi le avrebbe rovinato ancora di più l’umore già pessimo, in quel preciso momento.
Fu comunque Tala a levarle la chance di scegliere se continuare a rimanere in silenzio, quando aprì bocca all’ennesimo semaforo rosso, il viso di nuovo rivolto verso di lei con un’espressione più serena di quella che aveva avuto fino a qualche minuto prima.
«Allora, come te la sei cavata nell’ultimo periodo? Hai indagato su qualche caso più strano del solito?» chiese soltanto.
Maureen la guardò perplessa per un istante, ma poi rispose con una scrollata di spalle. Perlomeno erano ancora in territorio sicuro finché parlavano di lavoro. «Sempre la solita routine in realtà. Questo per il momento sembra il primo omicidio che capita sulla mia scrivania che non è legato alla criminalità organizzata perlomeno nell’ultimo mese, ma in generale per come è San Diego non ne capitano neppure molti punto e basta, lo sai. Principalmente Rexton mi ha relegata a fare la babysitter ai novellini negli ultimi due anni e mezzo.»
Tala ridacchiò, ma poi la osservò con un sorriso più sincero di quello che aveva avuto in precedenza. «Sei sempre così melodrammatica. Sta solo cercando di prepararti al futuro,» affermò pragmatica mentre se ne stava appoggiata contro il finestrino aperto con un gomito.
«Quale futuro? Prepararmi per cosa?» domandò quindi confusa, gli occhi puntati sul traffico che riprendeva a muoversi. Iniziava a pensare che Rex l’avesse incastrata con Tala per qualche suo strano doppio fine…
«Beh, insomma. Il Capitano ha una certa età, sono un paio di anni che si vocifera sia pronto ad andare in pensione. Il Tenente Harris è sempre stato una delle persone più affidabili del nostro distretto, ma se lui prendesse il posto del Capitano, chi prenderebbe il posto di Harris per guidare i nuovi Detective?» spiegò Tala appoggiando il mento sulla mano.
Maureen deglutì rumorosamente, tentata di girarsi verso di lei per vedere se stesse scherzando, ma decise che non era una buona idea considerata la quantità di traffico in cui erano imbottigliate in quel preciso istante.
«Stai per caso suggerendo che io dovrei diventare la nuova responsabile della preparazione per i nuovi detective?» ribatté in tono così scettico che non sembrò neppure una domanda.
«Perché non dovresti esserlo? Io ho imparato da te… Sei una brava insegnante, anche se a volte non la vediamo dallo stesso punto di vista. Rex è convinto sia il motivo per cui funzioniamo come partner: ci teniamo sempre bilanciate durante le indagini. È sicuro tu abbia le capacità di preparare detective che lavorino bene insieme proprio come noi, e io concordo con lui.»
Per un istante Maureen rivolse comunque gli occhi in direzione della collega, poi riportò lo sguardo sul traffico; le era sembrata sincera, eppure era davvero difficile credere che lo fosse. «Tala, sono la persona con meno pazienza nel distretto quando si parla di colleghi. NESSUNO vuole lavorare con me, dicono tutti che sono una rompiballe. C’è gente che nell’ultimo anno e mezzo dopo esser stata assegnata a me ha letteralmente chiesto un trasferimento! Non ho la stoffa per quel genere di lavoro...»
Tala sbuffò. «Stronzate, hai soltanto bisogno che Rex ti dia dei consigli prima che tu cominci sul serio a fare quel lavoro, ma hai di sicuro del potenziale. Cosa pensi che mi avesse fatto venire una cotta per te all’inizio se non una forte ammirazione per come svolgevi il tuo lavoro?»
Maureen stavolta si voltò verso di lei per più di qualche istante, ma Tala stava fissando il traffico sorridendo come se nulla fosse, come se quella frase riguardo la loro relazione ormai finita non la toccasse minimamente, ignara di quanto invece avesse fatto palpitare il suo cuore. Evitò di rispondere e riportò lo sguardo sul traffico, prima di rischiare di sbattere contro l’auto che le stava di fronte, non senza continuare a sbirciare verso la sua ex a intervalli regolari con la coda dell’occhio.
Nell’abitacolo dell’auto si era creata, senza volerlo, una tensione diversa, un’atmosfera di disagio che con tutta probabilità non era neppure condivisa da entrambe le parti; eppure, mentre Tala sembrava essere ora a suo agio nel silenzio assoluto, Maureen aveva ripreso a chiedersi se tra loro due ci fosse ancora potenziale per qualcosa nonostante tutto. Non aveva idea di cosa di preciso avesse visto la sua ex in lei, non ne era mai stata sicura; a dire la verità tutte le sue relazioni precedenti erano durate molto meno di quanto fosse durata quella avuta con la collega e in seguito, beh, non c’era stato nulla se non qualche nottata di pura passione con qualche ragazza conosciuta in un bar dopo qualche drink di troppo...
Si chiedeva ancora, quindi, se ci fosse un modo per riconquistarla. Era una cosa stupida su cui riflettere, dopotutto Tala si era sposata più di tre anni prima e aveva anche avuto un figlio. La loro relazione era palesemente finita; perché era così difficile andare avanti allora? Perché era così difficile dimenticare quel malinteso che c’era stato tra loro? Perché non riusciva a perdonare a Tala di averle spezzato il cuore, eppure la rivoleva ancora per sé?
Nel tentativo di distrarsi dalla matassa di pensieri che le ronzavano nella testa e per evitare di mettersi a fissare di nuovo la sua ex, all’ennesima fermata di fronte a un semaforo rosso cercò di tenersi occupata cambiando con fare compulsivo la canzone che la riproduzione casuale del suo lettore mp3 collegato alla radio stava proponendo, come se stesse cercando qualcosa in particolare o se nulla a tutti gli effetti la soddisfacesse. Dopo un paio di canzoni, comunque, Tala le afferrò la mano e la interruppe, guardandola con espressione contrariata e forse anche un po’ perplessa; se l’intento di Maureen era stato quello di non farle capire che si sentiva a disagio, aveva fallito in pieno.
«Stai bene, Ree?» le chiese infatti Tala lasciandole andare la mano, ma rimanendo un po’ sporta sul sedile verso di lei.
Maureen premette un’ultima volta il tasto per il cambio della canzone, poi riportò le mani sul volante e lo sguardo sul traffico. «Certo,» rispose solo prima di cominciare a canticchiare. Non sapeva se fosse stato per un gioco molto crudele del destino o se a tutti gli effetti quella giornata avesse deciso che le cose tra lei e Tala avrebbero dovuto andare davvero molto male, ma senza accorgersene si ritrovò a canticchiare i versi di Too much too young dei The Specials, forse rivolgendo lo sguardo verso la collega un po’ troppe volte, facendola sentire chiamata in causa considerato parte del contenuto della canzone e il loro passato.
Tala riuscì a restare in silenzio a sobbollire mentre lei canticchiava quasi fino alla fine della canzone, prima di spegnere con fare annoiato la musica e girarsi il più che poteva verso di lei sul sedile senza slacciarsi la cintura.
«Ritiro ciò che ho detto. Pensavo fossi maturata, ma sei immatura se davvero la pensi così, se davvero credi che mio figlio sia solo un peso per la società e che io possa lasciare l’uomo che amo per “divertirmi” con te,» esclamò in tono quasi scandalizzato.
Maureen strinse con forza il volante, senza spostare lo sguardo dal traffico. «Stavo solo cantando una stupida canzone, Tala. Non sono così scema, lo so che tra noi è finita. Ho recepito il messaggio chiaro e tondo quando mi hai detto che volevi smettere di fare sesso con me per iniziare una relazione seria ed esclusiva con Mark: l’unica cretina che pensava le cose tra noi fossero serie ed esclusive da un pezzo mentre tu uscivi da settimane con un altro ero io.»
Tala sbuffò, voltandosi a guardare fuori dal finestrino. «Mi sento ancora in colpa per come è andata quella conversazione, okay? Se avessi saputo che eri innamorata di me non ti avrei parlato di Mark in quel modo...»
«Ah davvero? E come me ne avresti parlato? Ci parlavamo sempre dopo aver scopato come conigli alla fine del turno! Che motivo avrei avuto di pensare che quell’ultima volta sarebbe stata una cavolo di ultima volta in onore dei vecchi tempi perché avevi incontrato l’amore della tua vita in Mark quando io ero convinta lo avessi giù trovato in me?» esclamò con tono acido Maureen.
«Quante volte ancora dovrò ripeterti che mi dispiace? Per quanto tempo mi negherai la possibilità di avere una conversazione normale con una persona a cui ancora voglio bene solo perché non hai accettato che abbiamo commesso un errore di giudizio entrambe? Che non abbiamo mai chiarito come funzionava la nostra relazione?» esclamò innervosita alzando le mani per portarsele nei capelli ancora raccolti in modo ordinato. «Siamo state delle grossissime idiote tutte e due, okay? Ma sono passati in pratica quattro anni e mezzo da quando è finita e prima che iniziasse eravamo amiche oltre che colleghe. Mi piacerebbe poter dire che lo siamo ancora!»
Maureen rimase in silenzio, la mascella rigida e lo sguardo fisso sul traffico; per qualche momento nell’abitacolo cadde la quiete quasi assoluta, poi la collega sospirò amareggiata dalla mancanza di una qualsiasi risposta.
«Perlomeno ti chiedo di essere professionale nei miei confronti. So che puoi farlo, il lavoro è una delle poche cose a cui so per certo che tieni sul serio,» aggiunse solo Tala, prima di tornare a osservare la strada che scorreva lenta fuori dal finestrino.
Maureen strinse ancora una volta con forza il volante dell’auto, chiedendosi se esistesse una macchina del tempo; non voleva necessariamente tornare a qualche anno prima per poter avvertire la se stessa del passato di non innamorarsi di Tala, le bastava ritornare a qualche ora giorno prima, per prendersi a ceffoni e ripetersi che ricominciare a lavorare con la propria ex era la peggiore idea di sempre.

 

*****


Quando Maureen parcheggiò di fronte a casa sua ore più tardi -dopo esser stata costretta a rispondere insieme a Tala a una chiamata per un’aggressione ancor prima di aver raggiunto il distretto per liberarsi della spazzatura di cui erano ricoperte, e aver passato il resto del pomeriggio in ufficio a occuparsi delle scartoffie che ne erano derivate- rimase per un paio di minuti seduta in auto con la fronte poggiata sulle braccia incrociate sul volante chiedendosi dove avesse trovato le forze per fare la doccia al distretto e per rientrare dopo quel doppio turno così stancante.
Avrebbe voluto fingere di essere il tipo di persona che rifletteva sul profondo senso della vita mentre il sole cominciava a scendere all’orizzonte nelle ultime ore del tardo pomeriggio, ma semplicemente era troppo stanca, affamata e tutto sommato ancora sporca; al momento era solo un’ameba che cercava la forza per uscire, per entrare in casa, per scaldare una cosa a caso che stava in frigo forse da troppo tempo per una cena molto anticipata e infine per prepararsi una vasca per un bagno rilassante, nel mezzo del quale probabilmente avrebbe finito con l’addormentarsi.
A interrompere quello che poteva a tutti gli effetti diventare un pisolino involontario sul sedile dell’auto, fu comunque un gentile bussare al finestrino della sua Camaro. Spostò lo sguardo senza neppure alzare la testa da dov’era abbandonata contro le sue braccia, e notò subito la famigliare faccia amichevole della signora Pierce, la sua vicina di casa.
Le sorrise, prima di farle un cenno con la mano e di decidersi a uscire dall’auto. Appena scese, torreggiando in altezza sulla povera donnina di oltre settant’anni, sentì all’istante il profumo dei manicaretti che proveniva dalla cucina della suddetta e lo stomaco di Maureen brontolò con fare tutt’altro che discreto.
«Oh, tesoro, devi essere affamata. E puzzi anche un po’… Giornata pesante, vero? Vieni, quando non ti ho vista rientrare al solito orario ho decido di preparare qualcosa anche per te per cena,» esclamò la donna prendendola per mano e iniziando a trascinarla attraverso il prato ben curato che separava le loro due case.
Maureen sospirò, ma ringraziò mentalmente quella santa donna e le sue mani di fata in cucina. Mai avrebbe pensato che il suo essere gentile nei confronti della signora Pierce le sarebbe valso il suo affetto; dopotutto Maureen aveva visto soltanto una vicina abbandonata a se stessa, troppo vecchia per occuparsi di un prato disordinato e per portare pesanti borse della spesa per quattro o cinque isolati. Le era sembrato il minimo offrirsi di tagliare anche il suo prato o di accompagnarla a fare la spesa quando ne aveva bisogno, dopotutto le loro case condividevano una parete e la signora Pierce le aveva portato una fetta di dolce delizioso il giorno in cui si era trasferita nell’appartamento accanto al suo anni prima.
Non si era aspettata di trovare nella vecchina una nonna acquisita, eppure nel corso del tempo la donna l’aveva presa molto in simpatia e ormai la trattava come la figlia che non aveva mai avuto, viziandola con manicaretti e amorevoli cure dopo lunghi doppi turni di lavoro.
«In effetti una fetta di uno dei suoi dolci al cioccolato non sarebbe una cattiva idea al momento, signora Pierce,» ammise togliendosi le scarpe sull’entrata e riponendo la giacca in ecopelle sull’appendiabiti a muro, prima di chiudersi la porta alle spalle.
La donna si girò a guardarla, mentre si dirigeva verso la cucina. «Cioccolato? Problemi di cuore, tesoro?»
Maureen arrossì appena. «Ehm… Diciamo sì e no. È una situazione complicata.»
La signora Pierce sospirò, prima di continuare la sua lenta missione verso la cucina. «Vai in bagno a lavarti le mani e poi me ne parlerai di fronte a un piatto di arrosto con le patate. Hai bisogno di sostanza e non di cioccolato con il lavoro che fai!»
Maureen ridacchiò e ubbidì dirigendosi verso il bagno; dopotutto era ben felice pure lei di liberarsi di un altro strato di sporco che di sicuro la ricopriva ancora anche dopo la doccia veloce fatta nelle docce del distretto. Eppure non sapeva se voleva davvero parlare di Tala con la signora Pierce. Le aveva raccontato della loro storia in passato e la torta al cioccolato della donna era stata un elemento fondamentale della sua dieta subito dopo la rottura… Tuttavia, per qualche ragione, non era molto dell’umore di parlarne quella sera.
Mentre si lavava le mani fino ai gomiti con il sapone alle rose della signora Pierce, si studiò nello specchio del bagno e decise che, almeno per quella sera, si sarebbe goduta i manicaretti della sua nonna acquisita senza pensare a cose che le avrebbero soltanto rovinato l’appetito: aveva avuto una giornata abbastanza di merda, si meritava un po’ di indulgenza… E possibilmente una generosa fetta di torta.

   
 
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