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Autore: ONLYKORINE    19/07/2018    1 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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Chiacchiere, chiacchiere e chiacchiere

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Ginny non vedeva Pansy da dopo la colazione. A pranzo chiese a Ron se lui l’avesse vista.
“È andata al San Mungo con Camille” rispose il rosso. Oh. Si era scordata.
“E quando tornano?”
Lui scosse le spalle. “Non lo so. Pensavo stessero via solo la mattina, ma si vede che mi ricordo male”.
“Ok.”
“Perché la cerchi?”
Scosse le spalle e si sedette vicino al fratello, iniziando a  mangiare anche lei.
“Mi ha scritto la mamma. Ti ricordi la tipa che Percy ha portato a casa dopo Natale?” disse a Ron.
“Sì. La tipa bionda? Avril? O Aretha?”
Ginny sorrise. “Quasi: Audrey. Ma non ricordo il cognome”. Lui annuì, più interessato al cibo che alla fiamma di Percy. “Beh, si sono fidanzati”.
Ron fece cadere la forchetta e fischiò. Ginny spalancò gli occhi divertita.
“Di già?” le domandò.
“Se ho capito bene, lui le stava dietro da quasi un anno. Ma lei si è convinta a uscire con lui solo quando si è finalmente unito all’Ordine della Fenice e ha combattuto” spiegò lei e Ron la guardò di sottecchi.
“E tu come lo sai?” Lei sorrise.
“Non sottovalutare la mamma, Ron. Quando Percy si è presentato con Audrey lei ha subito sguinzagliato tutte le sue conoscenze al ministero per scoprire se era una brava ragazza e che tipo fosse: ha superato l’esame”. Ginny strizzò un occhio sorridendo ancora.

 

Ron era inorridito. Cosa aveva fatto sua mamma?
“E l’ha fatto anche con Fleur?” domandò.
“Cosa?”
“Chiedere informazioni” precisò Ron.
“Ma mica è andata in giro a fare domande, la fai sembrare una fuori di zucca!”
Lui era ancora stranito. “Ma l’ha fatto?”
“Beh, un po’ conosceva Fleur e ha tenuto occhi e orecchie aperte. Ma penso che si sia convinta quando Fleur ha dichiarato il suo amore a Bill dopo che era stato attaccato da Greyback” spiegò.
“E chiederà informazioni anche per me, George e Charlie?” chiese il rosso.
Lei alzò le spalle. “Beh, Angelina la conosce già e ha un’alta opinione di lei. Per Charlie, avrà qualche problema se si trova una ragazza in Romania, ma immagino che non sia un grosso impedimento, quando mamma si mette in testa qualcosa...  Per te… sicuramente chiederà informazioni su di te!”
Ginny rise mentre il fratello le lanciava il tovagliolo di stoffa e lei si chinava per schivarlo.

 

“Quindi si sposano?” le chiese Ron.
“Così sembra.”
“Quando?”
“Non hanno ancora deciso”. Ginny stava spostando le patate arrosto nel piatto da una parte all’altra. Sospirò.
“Cosa c’è?” le chiese il fratello.
“Come?” La rossa alzò lo sguardo.
“Che hai? Di solito non giochi con il cibo” disse lui, corrugando la fronte.
“Oh. Niente…” E continuò a spostare le patate, schiacciandole.
“Non posso lasciartelo fare!” Ron si allungò e con la forchetta le rubò tre patate che si mise in bocca.
“EHI!” urlò Ginny. Alzò la testa e gli picchiò una mano con il dorso della forchetta.
“Non te le meriti. Sono buonissime” disse lui allungandosi ancora.
Ginny spostò il piatto ridendo. “Smettila!”
“Allora, cos’hai?” le chiese ancora e la ragazza tornò seria.
“Domani vado all’allenamento con le Holyhead Harpies” ammise.
“Oh, ancora? Dovresti smetterla di angustiarti così. Se ti hanno chiamato dopo poco tempo, hai fatto bella figura, no?”
Però Ginny continuò a pensare all’altra ragazza, quella dell’accademia. Glielo disse.
“Cos’è, hai paura che sia la Chang?” chiese Ron, continuando a mangiare.
La rossa spalancò gli occhi. Non ci aveva pensato. La Chang? No. No! “Tu dici che…”
Ron si sporse verso di lei e le mise le mani sulle spalle, scuotendola. “Basta. Ti stavo prendendo in giro. E poi la Chang è una cercatrice, no?” Ginny annuì. “E poi non avevamo detto che era brutta, quell’altra?” Strizzò un occhio e ridacchiò mentre la prendeva in giro.
Ginny si infuriò ma si fece contagiare dalla sua risata. “Ti odio, sai?” disse ancora mentre rideva.
Almeno non era più agitata per l’allenamento. Ora voleva solo prendere a pugni suo fratello. Come tutti gli altri giorni. Lui si risedette per mangiare il dessert, così lei allungò un cucchiaio e gliene rubò metà.
“NO!” esclamò lui.
“Così impari.”
Lui sbuffò. “Sicuramente la Chang mangia meno di te!”
Ginny spalancò gli occhi, gli rubò anche l’altra metà del dessert e andò via dal tavolo Grifondoro sorridendo.

 

***

 

Quando Pansy e Camille tornarono a Hogwarts, tramite il camino della McGranitt, la preside le guardò con aria severa. E con aria severa guardò tutti i pacchi e le borse che le ragazze avevano, testimoni del pomeriggio di shopping.
“Signorina Parkinson, signorina Lemaire. Buonasera. È stata molto lunga questa visita al San Mungo?”
“Preside McGranitt, potremmo parlare io e lei e mandare in camera Camille, che è molto stanca?” chiese Pansy. Sapeva che ci sarebbe stata una punizione, ma preferiva che Camille non ne sapesse niene.
La McGranitt fece un cenno con il capo e disse: “Signorina Lemaire, lei può andare”.

 

Camille guardò le due streghe che si osservavano, senza capire granché. Così salutò e uscì dall’ufficio. Ma non andò in camera: si fermò poco lontano dall’ufficio e si nascose in attesa di veder uscire la sorella.

 

“Non metta in punizione Camille, per favore. Le ho detto io che potevamo stare fuori, non aveva motivo per non credermi”. Pansy parlò velocemente, prima di ripensarci.
La strega più vecchia la guardò con il suo sguardo glaciale e tirò le labbra in una linea di disapprovazione. “Parlerò con il professor Lumacorno della sua punizione, signorina Parkinson, e poi le faremo sapere”.
Detto ciò la congedò con un cenno del capo e le indicò la porta.
Quando uscì, Pansy trovò la sorella che l’aspettava.
“Cos’è successo? Ti ha messo in punizione?” le chiese.
Pansy sorrise. “No no”. Non ancora. Ma andava bene così: era stata una bella giornata, nonostante tutto.
Arrivarono prima alla stanza di Pansy e quando entrarono, trovarono Millicent e Daphne che chiacchieravano scegliendo vestiti dalle loro cabine armadio e si zittirono subito loro quando entrarono.
Camille se ne accorse e disse alla sorella: “È meglio che vada in camera mia”. Prese quasi tutte le borse e i pacchi, salutò tutte le ragazze e se ne andò.
Pansy appoggiò quel poco che aveva sul letto, sorrise alle compagne e aprì il suo baule, pensando di lasciarle continuare.
Millicent però, dopo una strana occhiata le chiese: “Avete fatto acquisti?”
“Sì” le rispose, sintetica.
Non voleva essere maleducata, ma Millicent poteva essere pesante e Pansy voleva darle meno corda possibile.
“E la McGranitt vi ha lasciato uscire?” domandò ancora.
“Sì” confermò lei.
La mora lanciò un’occhiata a Daphne, ma lei non ricambiò lo sguardo, lo tenne fisso su un completino intimo che aveva appoggiato sul letto.
“Hai fatto acquisti per sabato?” continuò il suo interrogatorio Millicent.
“Sabato?” chiese Pansy, stranita.
Daphne intervenne: “Sabato c’è il weekend a Hogsmeade”.
Pansy tornò a quello che stava facendo. “Oh. Giusto. Mi ero scordata”.
“Tu ci vai con qualcuno?” chiese ancora.
Pansy era stufa di tutte quelle domande, così alzò lo sguardo e domandò: “Dimmi Millicent, che facciamo prima: cosa vuoi sapere da me?”
Vide la compagna di casa inalberarsi. “Io non voglio sapere proprio niente!” Poi si girò verso Daphne e le comunicò in tono rabbioso: “Io vado a farmi la doccia. Ci vediamo dopo”.
Prese l’accappatoio, il beauty e tutto quello che le serviva e a passo deciso uscì dalla stanza.

 

Daphne guardò la compagna uscire. E sospirò contenta: a volte Millicent diventava un po’ opprimente. Poi si rivolse alla mora e le chiese: “Siete state al San Mungo?” Pansy la guardò con sospetto, ma poi lei spiegò: “Astoria mi ha detto di Camille”.
“Non lo dirai a nessuno, vero? Non metterla in mezzo fra noi”. Pansy si agitò. No, non aveva capito. Lei non voleva litigare, anzi…
“No no. Non lo dirò a nessuno, lo sai. Va…. tutto bene?” Vide la mora annuire e tornare a guardare nel suo baule. Si avvicinò al suo letto e si sedette. “Vai con Weasley, sabato?”
Pansy alzò lo sguardo verso di lei. “Weasley?” le chiese, confusa.

 

Pansy vide la vecchia Daphne, la sua amica, sorridere. “Sì, Wealsey! All’inizio mi hai confuso e parecchio. Ma adesso no” esclamò.
La mora si avvicinò al letto. “In che senso ti ho confuso?” domandò.
“Quando abbiamo fatto la riunione, sei andata via con lui e quando sei tornata non avevi più il rossetto”. Pansy spalancò gli occhi e la bionda rise, quando capì di averci beccato. “Ma poi niente, non vi ho mai visto fare cose… compromettenti. Sembravate solo amici. Come con… Blaise”. Daphne sospirò e poi il suo sguardo si illuminò. “Ma ultimamente… Lo guardi in una maniera… Oh, Pansy dovresti vederti, davvero. Te lo mangi con gli occhi. Non hai mai guardato nessuno così, neanche Draco. E sappiamo tutti quanto tempo hai speso dietro a Draco!”
Pansy si chiese se fosse una cosa così evidente per tutti. Si stava rincretinendo? Lei? Ma poi immaginò che forse, Daphne la conosceva da così tanto che aveva capito quello che stava succedendo. Forse prima ancora di lei. E sorrise. Daphne, l’amica più cara che aveva, era tornata. Ma era anche quella che l’anno prima, seppur per colpa sua, le aveva voltato le spalle. Così non disse niente. Ma la bionda dovette immaginarlo, perché parlò ancora.
“Io sabato esco con Macmillan di Tassorosso” confidò Daphne.
“Macmillan? Ma come…”
Daphne, guardò per terra, come se si vergognasse. “Sì, lo so, ma non posso passare la vita aspettando che Blaise mi chieda di uscire, no? Secondo Millicent è una buona idea, farlo ingelosire” ammise.
“Io non credo che usare Macmillan sia una gran idea, sai?”
La biondina alzò lo sguardo. “Lo so. Non ho intenzione di ingannarlo”.
Pansy annuì. Chissà come avrebbe reagito Blaise. Sperò che non reagisse male come lei immaginava.
“Tu e Blaise avete mai fatto…” iniziò a chiedere la bionda.
Era il momento delle confessioni? La mora la interruppe: “Daphne, non ho mai fatto niente con Blaise. Non l’ho neanche baciato. E comunque, tu avresti dovuto dirmelo, che ti piaceva, ero la tua miglior amica!”
La bionda scosse le spalle ma poi sorrise, contenta. “E perché stavate insieme?”
Pansy sospirò. Forse era davvero arrivato il momento. Così raccontò all’amica quello che era successo: di sua madre, di Draco, di Blaise.
Non raccontò della storia di come sua madre aveva tentato di venderla a Voldemort. Quello… ancora non ci riusciva. Non con Daphne che la conosceva da sempre. Lei, che aveva una famiglia così perfetta e con cui andava d’accordo. L’aveva detto solo a Ginny.
In compenso, si vergognò immensamente di tutto il resto che raccontò, ma sapeva che poteva fidarsi di Daphne e ora, che era tutto finito, non doveva più nascondersi.

 

Daphne si portò una mano alla bocca a soffocare un’esclamazione non proprio da signora, più volte, durante il racconto dell’amica. E alla fine rimase senza parole.
“Non me l’hai mai detto” sussurrò.
“No” ammise, ancora.
“Avresti dovuto dirmelo”. Pansy alzò le spalle. Ormai non faceva differenza. “E ora stai con Weasley? Anche lui ti mangia con gli occhi!” Sorrise alla mora dandole una gomitata.
Lei aveva un’espressione sognante, ma poi tornò seria. “Oh, non lo so”.
“Non sai cosa?” le chiese, confusa.
“Se sto con lui” disse l’amica.

 

La bionda ora era confusa e Pansy lo vedeva chiaramente. “Perché non lo sai?”
“Noi… è complicato” rispose.
Daphne la guardò ancora, ma Pansy non voleva parlare del Grifondoro, così si alzò e disse, andando verso il letto dell’amica: “Allora, cosa ti metti sabato?”
La bionda si alzò e si avvicinò a lei. “Non ho ancora deciso. Neanche l’intimo. Millicent dice che devo mettere qualcosa di sexy…”
“Devi mettere quello che ti fa stare meglio, quello che ti fa sentire più bella” disse la mora.
“Ma io non voglio spogliarmi!” Pansy si girò verso di lei; da quando aveva la tutela di Camille, la sua visione del mondo era molto cambiata rispetto a prima.
“Non dovrai spogliarti assolutamente. Ma sapere che sotto sei bella e ti senti bene, ti farà sentire più tranquilla”. Daphne annuì e lei continuò: “So che hai nel baule un vestito nero di velluto e pizzo che ti piace molto…”
La bionda la guardò e scosse le spalle. “Quel vestito non l’ho mai messo, perché non è veramente mio” disse, poi si morse un labbro e abbassò gli occhi.
“Io invece sono sicura che sia tuo. E so che ti sta bene. Dovresti metterlo.”
Daphne la guardò ancora. “Dici davvero?”
Pansy annuì, poi, senza premeditarlo, l’abbracciò. Daphne sembrò piacevolmente colpita dalla cosa. “Weasley ti sta dando belle abitudini” mormorò, stringendola.
“Oh, non sai quante” disse Pansy.

E non hai idea di quanto mi mancheranno.

 

***

 

Nel pomeriggio Ginny bazzicò nei sotterranei, cercando la maniera per entrare nella sala comune dei Serpeverde. Sapeva che Pansy e Camille erano tornate, ma non le aveva ancora viste. Deviò e si nascose quando passarono Rowie e i suoi amici e anche quando passò Nott.
Lo guardò di nascosto: chissà se era lui il padre del bambino di Camille. Quel tipo non era né bello, né simpatico né gentile. Sperò che fosse qualcun altro. Chiunque.
Quando scorse Malfoy, sorrise. “Malfoy!” esclamò, uscendo da dietro una delle colonne.
Lui, che non l’aveva vista, si bloccò di colpo quando se la trovò davanti ma, da vero snob, si riprese subito e la sua espressione tornò la solita, prima di chiederle: “Piccola Weasley. Che ci fai in giro da sola?”

 

“Sto cercando il modo per andare da Camille. Mi fai entrare in sala comune?” chiese a Draco.
La piccola teppista aveva il suo faccino da sorella minore. Pietà per Weasley, pietà per Potter. Come facevano a sopportarla? Sbuffò. Non voleva farsi vedere entrare in sala comune con lei.
La rossa dovette capirlo perché esclamò: “Oh, e io che pensavo che voi purosangue snob ve ne fregaste di quello che pensano gli altri!”
Il biondo rise. “Ok. Dai, andiamo”.
“Bravo Malfoy!”
La rossa gli diede una pacca sulla spalla. Una vigorosa pacca sulla spalla. Probabilmente Zabini sarebbe stato più delicato.

 

Ginny lo seguì e poco prima della porta dei Serpeverde, lui si chinò e le chiese: “Avete fatto pace tu e Hermione?”
Lei si girò piacevolmente sorpresa. “Sì. Ma non avevamo proprio litigato” Lui annuì. Entrarono in sala comune e lei si fermò, guardando chi c’era in giro. Malfoy si diresse verso i dormitori maschili senza salutarla e lei lo richiamò.
“Aspetta, Malfoy: ti dico una cosa.”

 

Draco si girò, ma vide che lei era rimasta ferma, invece di avvicinarsi a lui. Alzò un sopracciglio e lei ghignò.
“Magari non ti interessa?” lo provocò lei. Il biondo sbuffò e si avvicinò alla Grifondoro; lei sorrise vittoriosa. “Può essere che tu sia stato in un determinato posto, poco tempo fa, senza dirlo a nessuno. E può essere che qualcuno che non sapevi essere lì, ti abbia visto. Quindi questo tuo segreto, non è più tanto un segreto e adesso, la persona che ti ha visto, si sta facendo un po’ di paranoie…”
“Di cosa stai parlando? Non si capisce niente” Lei sbuffò.
“Stai attento” iniziò e riformulò tutto come prima. “Parla con la persona che ti ha visto, ok?” disse alla fine.
Draco era ancora confuso.

 

La sua faccia era molto confusa. Era così ottuso. Come tutti gli altri ragazzi.
“Parla con lei” concluse lei, poi si girò e si incamminò verso il corridoio dei dormitori femminili.
Non si voltò a guardare la faccia del ragazzo. Che si arrangiasse. Aveva detto fin troppo.
Camminò fino alla stanza delle ragazze del quarto anno e bussò prima di entrare. Le aprì la porta una delle compagne di Camille (l’unica che le fosse simpatica) che l’accolse con un sorriso. “Weasley, ciao bella, entra”.
Ginny entrò salutando, Camille stava sistemando i suoi acquisti e aveva una montagna di vestiti sul letto. Oltre a loro due, non c’era nessuno.

 

Camille si voltò verso la Grifondoro quando la chiamò. “Ciao Ginny! Vieni, vieni, guarda cosa ho comprato oggi!”
La rossa si avvicinò sorridendo. “E al San Mungo com’è andata?”
La mora sorrise contenta. “Avvicinati, che ti faccio vedere il bambino!” Parlò sottovoce, ma quando vide Ester uscire dalla camera fu contenta di poter usare un tono normale. “Guarda com’è bello!”

 

Ginny si avvicinò, mentre lei spostava dei vestiti per farla sedere sul letto e prese dal comodino una foto di dimensioni giganti. Si sedette vicino a lei e Camille le mostrò il bambino che si agitava.
“Sai che oggi l’ho sentito muoversi? Vuoi provare? Però adesso non sta facendo niente” disse. Le prese la mano e l’avvicinò alla sua pancia, ma Ginny non sentì niente. “Avresti dovuto vedere Pansy, era così commossa…”
La rossa le sorrise. Camille parlava tantissimo. Poi, improvvisamente si fece seria e guardò la porta della camera che era chiusa.
“Posso chiederti una cosa?” le chiese.
Ginny annuì. “Certo. Puoi chiedermi quello che vuoi. Ma non soldi” concluse sorridendo. Vide Camille scuotere la testa senza sorridere e capì che era una cosa importante.
“Oggi ho detto a Pansy che Nott è il padre del bambino e…” la rossa si portò una mano alla bocca spalancando gli occhi. Merlino! Allora era vero!

 

Camille la guardò mentre imprecava. Possibile che solo lei fosse stata così stupida da non capire che Nott era un troll? Sospirò: magari fosse stato solo quello il problema.

 

“Ma avevi detto che era un Grifondoro” obbiettò Ginny.
Camille alzò le spalle “Ho mentito. Non volevo dirle la verità. Mi vergognavo di farle sapere che ero rimasta incinta con un troll e che mi ero ubriacata. Pansy pensa che voi Grifondoro siate tutti brave persone e io ho pensato che se avessi detto che avevo un ragazzo, e che era un bravo ragazzo Grifondoro, non sarebbe stato così brutto”.
Ginny scosse la testa lentamente. Ormai, non faceva differenza. “E lei come l’ha presa?” chiese ancora la rossa. Si ricordava la reazione di Pansy quando c’era stato solo un dubbio, quel giorno che ne aveva avuto la conferma, cosa era successo?
“Male. E bene” rispose Camille. Oh. Doveva essere una bella notizia.
“In che senso?” chiese comunque “Quando gliel’ho detto è scappata in bagno a vomitare, ma poi mi ha detto che le aveva fatto male qualcosa che aveva mangiato”, Camille si fermò e poi continuò sottovoce: “abbiamo deciso di non dirgli del bambino”.
Ginny annuì: sembrava una saggia decisione. Ma la ragazza aveva ancora uno sguardo strano. “Mi sembra che fosse quello che volevi, no?”  La mora riportò lo sguardo su di lei. “Sì, sì. È che mi ha chiesto una cosa strana…”

 

Camille non era sicura che parlarne con lei fosse giusto, ma non riusciva più a tenerselo dentro. E non aveva nessun altro con cui parlarne. Nessuno che conoscesse tutta la storia. “Cosa ti ha chiesto?” le chiese quindi Ginny.

 

“Mi ha chiesto se io fossi consenziente e se mi avesse dato qualcosa da bere prima”.
Ginny spalancò gli occhi.
“Davvero?” Era una domanda molto particolare, quasi… vissuta.
“Perché Pansy pensava che lui avrebbe potuto violentarmi, secondo te? Tu pensi che Nott abbia fatto del male a qualche ragazza? Lei è un prefetto, magari ha saputo…”
Ginny invece pensava che la ragazza in questione potesse essere proprio Pansy. Sarebbe tornato tutto: il fatto che lei fosse spaventata da lui, che non volesse neanche vederlo, che si allontanasse quando lui era nei paraggi. Si ricordò di quando avevano avuto la discussione prima di Natale e del fatto che lei fosse molto scossa. O di quando aveva avuto bisogno della pozione per dormire. Certo che se fosse stato davvero così…
Decise di stare zitta: se Camille non ci aveva pensato, non voleva farle venire il dubbio proprio lei.
“Potrebbe essere” rispose vaga. “Fammi vedere meglio quella foto”, cercò di cambiare discorso.
La mora sorrise e gliela allungò. Le spiegò tutto quello che faceva il piccolo e tutto quello che le aveva spiegato il medimago. Poi le raccontò del loro pomeriggio e anche di quando erano andate nella Londra babbana in un posto dove delle ragazze le avevano massaggiate. Secondo Camille era stato fantastico. Ginny era già la seconda volta che sentiva nominare la cosa.
Per le prossime vacanze avrebbe proposto a Hermione di andarci insieme. Sicuramente lei sapeva di cosa parlavano, quando dicevano ‘massaggio’.

 

***

 

Camille notò che era quasi ora di cena e chiese a Ginny se le andasse di andare a chiamare Pansy insieme per andare in sala grande. La rossa annuì. Si diressero insieme verso la camera del settimo anno plus, quando videro arrivare, dal corridoio dei bagni, una delle compagne di stanza di Pansy. Quella che sul treno aveva fatto l’interrogatorio ad Astoria sul perché avessero litigato Pansy e Daphne.

 

“Weasley, cosa fai nei nostri dormitori?”
Ginny si voltò e vide la Bulstrode avanzare verso di loro. “Buonasera anche a te, Bulstrode. Sempre carina, eh?”
La Serpeverde aprì la porta della camera facendo una smorfia alla Grifondoro e il suono di una canzone delle Sorelle Stravagarie riempì il corridoio.
“Entrate e chiudete la porta!” urlò una voce sulla musica.
Tutte e tre entrarono e chiusero la porta obbedendo. La musica era molto alta, adesso che la porta era chiusa. Le due Serpeverde, Pansy e la Greengrass ballavano scatenate, insieme, sul tappeto in mezzo alla stanza.
“Su, forza, unitevi a noi” La Greengrass fece un cenno con la mano. Ginny non se lo fece ripetere una seconda volta e si unì a loro, trascinando Camille.

 

Camille si unì alle ragazze in maniera molto più composta di Ginny. Era convinta di non ballare bene e non le era mai piaciuto particolarmente anche quando non era incinta, quindi non dovette sforzarsi di limitare i suoi movimenti per via del bambino.
Ballarono per pochi minuti, prima che la musica si interrompesse improvvisamente.
Tutte si girarono verso la radio e tutte e quattro videro una Bulstrode arrabbiata e un po’ nervosa che agitava la bacchetta.
“Ma cosa state facendo?” chiese, ancora furiosa.
Pansy scoppiò a ridere e spiegò: “Scusa Millicent, ci stavamo divertendo”.
“Già. Era davvero divertente. Perché hai spento la radio?” rincarò la sorella di Astoria.

 

Ginny tossicchiò. La Bulstrode la guardò con aria severa, come se fosse colpa sua (qualsiasi colpa, probabilmente).
“Perché stavate ballando?” La corpulenta Serpeverde era ancora nervosa.
“Millicent, che ti prende? Abbiamo ballato un sacco di volte!” disse sorridendo la Greengrass, scambiando un’occhiata complice con Pansy. Anche lei ridacchiò.
A Ginny fece così piacere vederla ridere che si dimenticò del discorso con Camille.
“Non vi sarete fumate una canna, vero?” Lo sguardo della Bulstrode si assottigliò e divenne di fuoco.
Daphne rise. “Magari. Ne hai sequestrata qualcuna?” chiese rivolta a Pansy.
La mora fece un verso con le labbra e disse: “Macchè. Niente da novembre”. Ridacchiarono ancora. La Bulstrode si arrabbiò ancora di più.
“BASTA! Non avevate litigato vuoi due?” Poi si girò verso Pansy e disse con cattiveria: “Non ti eri scopata il suo ragazzo?”

 

Un silenzio imbarazzante calò nella stanza. Pansy si immobilizzò e rimase senza parole.
“Andiamo a cena, Camille”, Ginny prese la mano della giovane strega che guardava tutte con gli occhi sbarrati.
“Non si toccano i ragazzi delle altre” disse, meccanicamente, Camille.
Pansy riconobbe le sue parole in quelle della sorella. Si girò verso di lei. “Infatti non l’ho fatto. Avrò tanti difetti, ma non ho mai rubato il ragazzo di un’altra. Di un’amica poi…” Guardò Millicent con uno sguardo veramente glaciale. “Grazie per aver detto veramente quello che pensi di me. Che tu ci creda o no, sarei stata lontano anche dal tuo, di ragazzo” Poi si girò verso Daphne. “Quello che pensi tu, non lo so. Ma come stanno le cose, adesso lo sai”.
Tornò verso il suo letto e sistemò le due buste di acquisti che aveva.

 

Ginny la seguì con lo sguardo e vide che aveva una piccola busta con il logo del negozio ‘Accessori per il Quidditch di alta qualità’; lo fece scivolare fra il comodino e il letto, come se volesse nasconderlo e poi rialzò lo sguardo.
“Andiamo a cena” disse la mora. Fece un cenno a Camille e a Ginny e si incamminò verso la porta.
“Aspettatemi!” La Greengrass le raggiunse velocemente e tutte e quattro uscirono dalla porta.

 

Millicent guardò le ragazze andare via. Si sedette sul letto, appoggiando le cose che aveva portato in bagno per fare la doccia.
Stupide ragazze ricche. Loro non sapevano cosa voleva dire dividere la camera con loro. Stupide, stupide, stupide. Erano sette anni che le sopportava.
Loro, con i bei lineamenti e il fisico snello. Loro, con i bei vestiti e le scarpe nuove. Loro, con le lozioni e trucchi costosi. Loro, con le loro generazioni di purosangue alle spalle. Loro…. che erano ancora amiche.
E poi c’era lei, che non lo era mai stata.

 

Ginny e le ragazze avevano camminato dai sotterranei fino alla sala grande chiacchierando. La Greengrass non era male. Si notava che lei e Pansy erano amiche da tanto. Sembrava che avessero fatto pace da poco. Chissà se avevano litigato per quello che aveva detto la Bulstrude. Ma quella non faceva che mettere zizzania dappertutto.
Pensò a cose più interessanti: prese Camille da parte e le chiese: “Cosa avete comprato al negozio del Quidditch?”
La mora fece una faccia strana, come se non si ricordasse e improvvisamente si ricordò: “Oh, dei guanti!”
“Guanti?” chiese Ginny, ancora più curiosa.
“Sì, dei guanti arancioni” precisò la ragazza scrollando le spalle con noncuranza.
Dei guanti arancioni, eh? “Dei guanti da portiere?”chiese ancora Ginny.
La Serpeverde corrugò la fronte “Non so”.
“E c’erano per caso delle lettere sui guanti? Tipo due ‘C’ nere? E una palla di cannone?” Camille sorrise annuendo.
“Sì, sì” rispose.
Anche Ginny sorrise: dei guanti da portiere dei Chudley Cannons. Per una a cui il Quidditch non interessava neanche, erano un acquisto strano. I Chudley Cannons erano la squadra preferita di Ron. E lui era un portiere. Dovette trattenere una risatina.

 

***

 

Quel giovedì mattina Ginny non riusciva a concentrarsi a lezione. La McGranitt la vide alla fine della terza ora mentre raccoglieva da terra i libri e le pergamene di Trasfiguarazione che le erano cadute.
“Signorina Weasley, tanto valeva che le dessi la giornata libera!”
“Mi scusi, preside McGranitt, mi sento un po’ agitata. Prometto che recupererò la lezione al più presto” spiegò.
La strega fece volteggiare con la bacchetta una pergamena che era caduta lontano dal banco della studentessa. “Vada pure a pozioni, adesso, ma cerchi di non far esplodere niente, per cortesia”.
La rossa annuì distrattamente. La McGranitt fece la sua smorfia preferita, quella uguale a zia Muriel quando il medimago le aveva detto di mangiare la frutta invece dei dolci, e se ne andò.
Ancora due ore di pozioni con Lumacorno e poi poteva pensare serenamente all’allenamento. Serenamente? Per Godric, ma che pensava? Non poteva essere serena.
Doveva assolutamente riuscire a fare un bel allenamento, mica a rilassarsi. Doveva essere più brava di quell’altra. Lo era di sicuro. (Anche se continuava a pensare alla Chang.)
Le sue compagne l’avevano lasciata indietro, notò; si incamminò lentamente verso i sotterranei, schivando altri ragazzi nei corridoi. Quando arrivò all’aula di pozioni, Lumacorno sorrise quando entrò per ultima, comunicandole che avrebbero fatto un lavoro a coppie.
Guardò verso il lato Grifondoro dell’aula. Dei Grifondoro mancava Ritchie Coote, in infermeria dal giorno prima. Erano quindi dispari. E gli altri erano tutti in coppie. Stupendo.
Si voltò verso il lato Serpeverde: in due erano rimasti da soli. Guardò bene chi fossero: Harper, che conosceva perché giocava nella squadra di Quiddich, e piuttosto che passare due ore vicino a lui si sarebbe fatta cruciare, oppure Derrick, un ragazzo biondo e magro, con gli occhiali. Si diresse verso quest’ultimo.
Di solito i Serpeverde erano piuttosto bravi in pozioni. Sperò che lo fosse anche il biondino.
“Weasley, vieni da me carina, che Derrick non sa neanche da che parte mettere le mani!”
Harper aveva sussurrato in maniera che si sentisse solo dal lato dei Serpeverde, ma ridacchiò, intendendo doppi sensi. Ginny alzò gli occhi, ignorando colui che aveva già definito ‘idiota’ tempo prima, e sorrise a un arrossato Derrick.
“Ti dispiace se mi metto qui?” gli chiese. Lui scosse la testa senza dire niente.
Lumacorno scrisse alla lavagna di preparare mezzo calderone di ‘Pozione per attraversare un fuoco incantato di colore nero’ precisando che avrebbero potuto trovare la preparazione di tale pozione alla pagina 104 del libro.
Ginny guardò la lavagna imbambolata: non poteva dar loro qualcosa di più semplice? Avrebbero dovuto cercare gli ingredienti e la prepazione specifica per le fiamme nere. La rossa sbuffò. Che due pluffe. Si voltò verso il Serpeverde con cui divideva il calderone e gli fece una smorfia.
Lui alzò una spalla e sorrise. Tirò fuori il libro e le disse: “Vai alla pagina giusta, intanto prendo l’occorrente”.
Lei rimase a bocca aperta. Come faceva a prendere ciò che serviva se non aveva ancora aperto il libro? Sperò di non aver fatto la scelta sbagliata. Ok.
Aprì il libro alla pagina 104. Per la pozione servivano: zolfo e crini di Terstal. Oh, e basta? Ginny sorrise contenta. Magari avrebbero anche fatto presto.
Poi continuò a leggere. Serviva un altro ingrediente a seconda del colore delle fiamme del fuoco magico da cui si voleva proteggersi. Merlino. Cercò bene nel testo, ma non riusciva a trovare le fiamme nere. Sbuffò e si girò a guardare gli altri nella stanza: qualcuno leggeva il libro, qualcuno preparava il calderone, qualcuno si avventurava verso la dispensa dove c’erano gli ingredienti.
Sospirò. Sperò che quelle due ore passassero alla svelta. Guardò l’orologio: erano passati solo dieci minuti. Ci avrebbe messo una vita. Derrick tornò con quella che le sembrò troppa roba.
Zolfo, sì, ma anche Erba Fondente e Algabranchia rossa, radice di Radigorga e quella che le sembrò Ruta. Lei lo guardò stranita. “Mah…” Lui ammiccò e sorrise.
“Shh… “ Si portò l’indice alle labbra per dirle di non parlare e poi con un cenno del capo gli indicò Harper che passava vicino a loro. Aveva preso tutto quello che aveva scelto Derrick. Ginny sorrise. Quell’idiota l’aveva copiato senza neanche guardare il libro! Poi il biondo tirò fuori da sotto il maglione un mazzetto di Crini di Therstal. Un genio! Si voltò verso il calderone di Harper e notò che lui non li aveva presi.
Sorrise al biondo con più entusiasmo.

 

Iniziarono a lavorare insieme e scambiarono quattro chiacchiere. Per essere un Serpeverde non era male. Era il fratello minore di un giocatore di Quidditch di cui Ginny non si ricordava ma, come disse lui subito dopo: “Di sicuro si ricorderà Potter”, così lei lasciò cadere l’argomento.
Merlino, sette anni insieme e lei non aveva guardato quel ragazzo più di quante, dieci volte? Lo guardò di sottecchi: non era male. E il suo biondo sarebbe stato benissimo con Luna. Le si illuminarono gli occhi. Gli fece un po’ di domande: gli piacevano gli animali, non gli piaceva il Quidditch (ma non piaceva molto neanche a Luna, quindi erano a posto) e voleva diventare medimago.
La fine delle due ore di pozioni arrivò subito, secondo Ginny. E il ragazzo sarebbe stato perfetto per Luna. La loro non fu la pozione meglio riuscita, ma lei non se ne fece un cruccio. Vide Lumacorno sospirare e scuotere la testa davanti al calderone di Harper e lui guardare il liquido con espressione confusa. Si sforzò di non sorridere. Derrick invece ghignava, da bravo Serpeverde. Quando incontrò il suo sguardo, si voltò dall’altra parte, come se fosse stato sorpreso a rubare. Ma lei pensò che avesse fatto bene.
“È stato un piacere lavorare con te, Derrick. Alla prossima” gli disse. Lui allungò una mano e lei, confusa, gliela strinse.
“Il piacere è stato mio”. E detto ciò se ne andò. Ginny si riscosse e uscì dall’aula diretta in sala grande. Ora doveva solo mangiare e cambiarsi. Sospirò. Per fortuna ci sarebbe stato Harry. Harry? Già, avrebbe passato il pomeriggio con Harry! Da soli. Beh, da soli con la squadra di Quidditch più bella di sempre.

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