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Autore: Vago    20/07/2018    3 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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L’assassino non osò voltarsi verso le scale che lo avevano condotto fin lì. Aveva paura di quegli uomini contro cui si era messo, ma temeva ancor più quelle creature che gli stavano a pochi passi di distanza.
Doveva andarsene. Doveva trovare una via di fuga da quel pozzo in cui l’avevano portato.
Avrebbe potuto usare Noir come diversivo, gettandolo in mezzo a quegli uomini armati, e nella confusione sarebbe potuto scappare o, per lo meno, uccidere la donna che portava quell’armatura e che sembrava essere al comando di quelle guardie.
Un odore acre si spanse nella stanza quando la ragazza che aveva liberato cominciò a vomitare.
Razer fece un’ulteriore passo in direzione dell’erede di Reis, tirandolo a sé per la manica della camicia distrutta.
- Dobbiamo andarcene di qui. Non voglio aver a che fare con le loro faccende. – gli disse con un filo di voce, appena percettibile.
Noir impiegò qualche secondo per rispondere, i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dal duo che gli stava di fronte, poi annuì.
I due uomini si voltarono di scatto, correndo in direzione dei gradini di pietra che rappresentavano la loro via di fuga.
- E quelle guardie? – chiese Noir, come se si fosse appena ricordato della loro esistenza.
- Le uccideremo e ci faremo strada tra i loro corpi. –

Sento delle presenze…
La sua presenza!
Devo fermarlo, devo ucciderlo prima che quel demone possa diventare un pericolo per la Volta.

La ragazza si rimise a fatica dritta sulle gambe esili, drizzando la schiena e socchiudendo gli occhi dorati che ancora non riuscivano a mettere a fuoco quel che la circondava.

Devo fermalo… assolutamente.

Il suo braccio destro si tese, le dita arpionarono l’aria, piegandosi come gli artigli di una belva su qualcosa che solo lei vedeva.
Per un secondo abbondante mantenne la posizione, immobile.

Perché non viene da me? Dov’è la spada del Fato? Ne ho bisogno ora.
Che mio padre non mi reputi più all’altezza della sua arma?

- Epica, calmati. –

Di chi è questa voce?

Razer fu costretto a fermarsi quando, una decina di scalini sopra di lui, comparve lo stesso largo scudo di legno che già aveva visto nella sua cella.
Il rumore delle suole d’acciaio dell’armatura riempiva l’aria e faceva vibrare le pareti a ogni suo passo.
Si concentrò, liberando tutta l’energia che era riuscito a raccogliere.
Forse, se avesse generato un lampo abbastanza potente, li avrebbe storditi per un tempo utile.
La tromba delle scale si accese di azzurro, ma fu solo per una frazione di secondo. La luce innaturale parve scorrere come le acque di un fiume verso lo scudo, per spegnersi al suo tocco.
L’assassino guardò di fianco a sé.
Noir avrebbe fatto qualcosa con il potere che possedeva, sicuramente ne avrebbe uccisi almeno due.
Il trentenne dalla camicia strappata aveva il volto cinereo e gli occhi sbarrati in una maschera di terrore. Il suo piede sinistro tornò sui suoi passi, ricadendo sullo scalino che aveva appena lasciato.

Chi sei per conoscere il mio nome?
Questa bocca funziona ancora? Posso comunicare con lui?
Devo metterlo in guardia dal pericolo che ci sta vicino.

- Vattene da qui, devo… - la sua voce si spezzò quando la gola di quella forma fu di nuovo riempita dalla sostanza dall’odore acre – devo fermarlo. –
La fanciulla si voltò verso le scale che a stento distingueva dalla parete, muovendosi verso quei gradini con le gambe rigide.

Oh, ti prego, smettila di essere così testarda, ho già abbastanza problemi per conto mio.

Chi sei?
Perché continui a parlarmi?

Se solo ti calmassi, magari avresti una visione leggermente più limpida delle cose e schifata delle mie scarpe.

Razer scese di uno scalino, guardando di fronte a sé in cerca di uno spiraglio dal quale trarre vantaggio.
Nulla.
Il largo scudo di legno svettava di fronte a lui e l’unico spiraglio lasciato libero del corridoio in cui si trovava era stato occupato dalla lama arrossata di una spada.
Cosa gli avrebbero fatto?
Scese un altro scalino, sempre senza mai voltare la schiena ai suoi nemici.
La spada si arroventò di colpo, facendo innalzare dal metallo alte fiammate cremisi.
L’assassino non poté far altro che alzare le braccia in protezione del viso, aspettando solamente il contatto tra quel fuoco e il suo corpo.
Non avvertì altro che l’aria scaldata impattargli sulle braccia.
Che Noir lo avesse salvato?
Qualcosa di pesante cadde a terra, seguito dal tintinnio prodotto dall’acciaio contro la pietra.
- Maledizione! – imprecò una mascherata voce femminile.

Che imbecilli.

Razer scostò lentamente le braccia dalla sua visuale.
Lo spadaccino che gli aveva puntato la lama contro ora giaceva a terra, esanime. Lo scudo davanti a lui brillava raggiante, circondato dalle pareti annerite dal calore.
Noir gli stava alle spalle, in preda al panico, tremante.
Non aveva tempo per chiedersi cosa fosse successo, al primo accenno di movimento di quell’ultimo stuolo di guardie si voltò ripercorrendo gli scalini in discesa di gran carriera e portando con sé il discendente di Reis, che pareva aver perso ogni volontà propria.

Viene verso di me…
Lo sento.
Devo essere pronto a difendere tutti da lui…

Non può star parlando di Follia, lui è bello che pietrificato su un continente a sé stante e in continuo allontanamento.
Può star avvertendo la spada?
Il Giudice Fenter è già arrivato, quindi?
Perché allora non la avverto? Al di là che grazie a quella spada maledetta è diventata anche lei un Buco nella Trama, ovvio.
Ho paura che ci sia qualcosa di estremamente sbagliato che mi stia sfuggendo.

Follia?
Spada?
Continente?
Cosa… cosa stai cercando di dirmi?
Fato, sei tu? Perché non riesco a richiamare la tua spada?

Maledizione, di questo passo impiegherò comunque centinaia di anni a farle ritornare un minimo di senno e ad uscire da qui.
Non solo non riesce a capire quel che sente nella Trama, ma mi crede il Fato. Che bella notizia.
Mi serve un piano d’azione che anche Epica da drogata possa seguire.
Io so che, in questo momento, solamente Sarah Dan Rei e quelle sue guardie male addestrate sono presenti in questo posto.
L’unico pericolo è lei, ma solamente perché non posso ucciderla senza dover ricorrere alle armi divine in mio possesso. E lei, certamente, non è in possesso della spada di Follia, altrimenti avrebbe già cercato di uccidermi.
All’appello mancano il giudice maggiore, quel nuovo re dei draghi e quel ciccione di Dunnont.
Se solo riuscissi ad andarmene da qui prima del loro arrivo, basterebbe poi prendere il volo e nessuno, nemmeno uno stormo… branco… rombo… vabbè, quello che è di draghi potrebbe starci dietro.
Ho bisogno che Epica distrugga quello scudo, quindi devo farla ragionare un minimo, possibilmente senza farla vomitare. Di nuovo.

Due braccia magre afferrarono le spalle della fanciulla, facendola arrestare e voltare.
- Cosa pensi di fare, mortale? Sto cercando di difenderti. Tu… tu non hai idea di cosa hai davanti. –

Si, certo fratellone.

Un gettò d’acqua gelida colpì in pieno viso la fanciulla, facendole ricadere i ciuffi di capelli bagnati sulla camicia rovinata.
I suoi occhi dorati batterono più volte, cercando di liberarsi dalle gocce che parevano non volersene andare.
- Cosa vuoi da me? –
Una serie di passi concitati tornarono  a riverberare dall’uscita della scala.

Per il momento lasciamo perdere la comunicazione attraverso la Trama, finirebbe per capire una parola ogni migliaio.

- Epica, non abbiamo molto tempo. Guardami. –
La presa delle mani si fece più salda, mentre gli scuri occhi dell’elfo si facevano duri .
- Chi sei? Cosa vuoi da me? –
- Epica, concentrati. Devi riconoscermi. –
La mano sottile della fanciulla si alzò, andando ad appoggiarsi sulla guancia tatuata dell’elfo che la tratteneva.
- Non è possibile… tu… tu sei… Tragedia. –

Cosa?
No!
No, no e poi no!
Tragedia è schiattato male qualche millennio fa.
Dannazione!

- Non sono Tragedia. Lui è morto, ricordi? Devi guardarmi e riconoscermi, forza. Scaccia le droghe che ti hanno somministrato in questi secoli. –
Gli occhi luminosi della ragazza si persero per qualche secondo nel vuoto, appannandosi.
- Forza! – la incitò l’elfo, facendo danzare il suo sguardo tra il volto della fanciulla e la scala alle sue spalle, sulla quale si potevano cominciare a riconoscere i piedi di due uomini in fuga.
- Tu… Commedia, sei tu? Cosa ti è successo? –

Bene, è abbastanza lucida.

- Tante cose. Ora però ascolta, c’è una persona cattiva con un largo scudo, devi romperlo, va bene? Ti darò io un’arma. –
- Ma tu, Commedia… tu non usi armi. –
- Fidati. Ora ti metto un’arma in mano, tu rompi solo lo scudo. Va bene? –
- Si, certo… lo scudo. –

Età mentale riscontrata… tra i tre e i sei anni, pressappoco.
Spero che si riprenda in fretta.

Razer e Noir rientrarono in gran fretta nella stanza, sterzando il primo a destra e il secondo a sinistra per togliersi il prima possibile dalla visuale di quell’apertura nella parete.
Un’elsa azzurra venne appoggiata sul palmo aperto della fanciulla, che le strinse le dita attorno in un gesto meccanico.






Angolo dell'Autore:

Eccovi una lieve anticipazione di quello che succederà, ma nulla che non ripeterò ancora. La settimana prossima pubblicherò il capitolo, come di norma, venerdì, quella anora successiva sarò leggermente impossibilitato come... ogni anno. In ciascuna delle mie storie arriva un momento in cui mi metto a scrivere un Angolo solamente per informarvi che la pubblicazione salterà una settimana.
Questo è anche un bel modo per andare piazzare temporalmente quando ho pubblicato un capitolo, andando indietro nel tempo.
Comunque, tornando al capitolo, da adesso in avanti le cose si faranno, narrativamente, più complicate. I punti di vista dei quattro personaggi si andranno ad intrecciare, i pensieri di Epica e quelli di Commedia lasceranno centinaia di righe bianche tra le descrizioni e voi, probabilmente, uscirete confusi da alcuni passaggi. In ogni caso, spero di essere riuscito a rendere il più chiare possibili le scene.

Alla settimana prossima.

Ma, prima di lasciarvi, voglio fare qualcosa che è da un po' che mi scordo di scrivere.
Grazie a tutti voi per essere arrivati fin qui. Lasciate che vi dica che state riponendo, seguendomi, molta fiducia in uno scribacchino dal dubbio talento e potenziale, ma lo state anche invogliando a continuare a coltivare questa passione. Quindi grazie a tutti voi.

Vago
   
 
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