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Autore: NPC_Stories    20/07/2018    15 recensioni
Anno 1480 DR. Città di Waterdeep. Un complotto ai danni dell'Alleanza dei Lord viene sventato in segreto, e in segreto vengono fatte sparire le prove. Una di quelle prove però era una persona, un elfo tormentato e depresso, con una vita e una famiglia. Una vita travagliata, una vita di segreti, come per tutte le spie.
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Disclaimer: il personaggio di Nazra Mrays non appartiene a me, ma alla Wizards of the Coast. Gli altri personaggi sono originali.
TW: death fic, suicide
Genere: Drammatico, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1480 DR: Il segreto di due persone resta un segreto


Un giorno d’autunno, nella città di Waterdeep

Il piccolo tempio di Kelemvor era quasi vuoto. Solo la voce del prete fendeva l’aria immobile, ammantata dalle volute di fumo dell’incenso. Un accolito inesperto ma volenteroso suonava ciclicamente una campana di cristallo.
Lo scopo della campana era guidare l’anima verso l’aldilà.
Lo scopo del funerale, si ripetè la donna mascherata, era prevenire che il povero Nieven tornasse nel mondo sotto forma di non morto. Era un'eventualità possibile, dopo una vita tanto infelice, terminata in modo così netto e violento e con tanti sentimenti amari e stantii che forse trattenevano ancora la sua anima vicina al mondo.
Dietro le fattezze illusorie di un’elfa della luna, la donna umana di mezza età si concesse di piegare le labbra in una smorfia di rimpianto.
Nieven era una brava persona, e una spia ancora migliore.
Purtroppo, nessuno piange la morte di una spia.
Di certo non suo padre. L’anziano elfo del sole stava guardando la salma del figlio come se ne fosse infastidito, più che addolorato.

Il cadavere di Nieven indossava abiti comuni, ma era stato avvolto nel suo mantello migliore, un indumento che l’elfo aveva sfoggiato spesso per darsi arie di gentiluomo benestante. Il cappuccio era tirato sulla testa e gli copriva gli occhi. Il prete aveva scelto questa linea d’azione, dietro consiglio della donna, perché le orbite oculari del morto erano vuote e carbonizzate. E anche perché, dopo tutto, era stata lei a pagare per il funerale.
Il prete continuò a salmodiare, perso nella propria esperienza mistica. O almeno, così sembrava. Magari per lui era solo routine. Lord Lathai, il padre di Nieven, si avvicinò con discrezione alla signora.
“Non conosco il vostro nome, signora, ma se mio figlio vi aveva in qualche modo illusa e abbandonata, farò ammenda per il vostro onore.” Propose, con voce tutt’altro che comprensiva. Sembrava che si stesse approcciando all’ennesima noia burocratica.
Nazra Mrays, una dei Lord Velati di Waterdeep, strinse le labbra in segno di offesa. Poteva permetterselo solo perché indossava il volto di un’altra creatura.
“Davvero, signore? Al funerale di vostro figlio, mettete in dubbio il suo ed il mio onore?” Sussurrò in risposta.
Naturalmente lo sapeva già. Nieven le aveva parlato spesso e diffusamente dei suoi problemi. Suo padre era forse il primo e il più grande di quei problemi.

A volte nascono persone che sembrano baciate dalla fortuna. Nieven Lathai era venuto al mondo dotato di tutto: una famiglia felice e benestante, una posizione sociale assicurata, la naturale grazia e intelligenza degli elfi del sole. Insomma, sembrava una storia già scritta.
Poi sua madre era morta misteriosamente quando lui era molto giovane, e suo padre si era isolato nella religione. Nieven era cresciuto come un ragazzo silenzioso, tranquillo, contemplativo, uno che non desiderava recare problemi a nessuno. Poi, superato il primo mezzo secolo di vita, aveva iniziato a rendersi conto che il suo essere contemplativo andava un po’ oltre il normale. Riusciva effettivamente a percepire le emozioni e le intenzioni delle persone, e occasionalmente anche i loro pensieri.
Naturalmente un talento simile non poteva restare nascosto a lungo. Nieven era stato avvicinato da uno dei precedenti Lord Velati di Waterdeep, Nazra non sapeva esattamente chi, e Nieven non glie l’aveva mai detto. Era molto affidabile nel tenere i segreti.
Ad ogni modo il ragazzo aveva iniziato in giovane età a lavorare segretamente per l’Alleanza dei Lord. Si era costruito ad arte un personaggio: il classico giovanotto di famiglia ricca, sfaccendato, che ammanta la sua pigrizia dietro belle parole e vuote filosofie.
Aveva cominciato a frequentare taverne e luoghi di malaffare, prendendo contatti con le frange più blande della malavita locale, senza alcuna fretta. Era un elfo, dopotutto, aveva tutto il tempo del mondo.
Tutta la serietà e la competenza che non poteva mostrare al mondo, Nieven le aveva riversate nello studio delle sue capacità innate. Era uno psionico, come sua madre. I poteri della mente gli davano un grande vantaggio nel suo lavoro: poteva ascoltare segretamente i pensieri altrui, e spesso i suoi poteri non venivano rilevati dalle protezioni contro la magia, perché non era davvero magia. Era un dono raro e prezioso e Nieven aveva affilato la sua mente come una spada.

Purtroppo, il lavoro di una spia è necessariamente segreto. Quando Nazra aveva “ereditato” i servigi di Nieven dal precedente Lord Velato che comandava le operazioni di spionaggio, la donna aveva ereditato anche il suo fascicolo. Quelle pergamene parlavano chiaro (anche se in codice): Nieven era affetto da un qualche disturbo mentale. Il precedente Lord non aveva una parola per definirlo, perché quel disturbo non influenzava le capacità e la competenza del giovane elfo. Il suo fascicolo riportava solo una lunga anamnesi famigliare, la storia della madre morta e dei rapporti freddi con il padre, e infine le parole incriminate: Il soggetto dimostra una profonda mancanza di senso della vita.
Nazra Mrays all’inizio aveva imprecato contro quelle parole prive di senso, quella frase per lei non voleva dire nulla. Ma più approfondiva la conoscenza con quell’abile spia, più cominciava a pensare che nemmeno lei avrebbe saputo esprimersi diversamente.

Una notte di dieci anni prima, Nieven si era introdotto nella sua magione per aggiornarla sui suoi progressi. Aveva notizie interessanti su un nuovo sodalizio fra due organizzazioni criminali. Dopo aver parlato di lavoro, l’elfo si era trattenuto ancora un momento. Aveva esitato, forse perché la conosceva solo da un annetto. Ma alla fine aveva parlato, con lo sguardo perso di chi non ha nessun altro con cui confidarsi.
“Oggi mio padre è venuto a cercarmi nella locanda dove alloggio. Dopo che ho rifiutato con sdegno l’ultimo lavoro che mi aveva trovato, ha ritenuto opportuno ricordarmi che ho duecentovent’anni. Che sono un fallimento come figlio e come persona. E che, naturalmente, per lui sono solo motivo di vergogna.”
Nazra gli aveva poggiato una mano sul polso, stringendo leggermente per fargli capire che non era solo.
Lei non poteva fare nulla, entrambi lo sapevano. Lord Lathai non poteva essere messo al corrente, e Nieven non poteva abbandonare i suoi doveri verso la città.
Nieven le aveva rivolto un sorriso triste, e un cenno del capo che lei non sapeva se interpretare come un ringraziamento o come delle scuse.


Nazra si isolò dalla voce del prete e dalla vicinanza fastidiosa del vecchio elfo. Fissò gli occhi sul corpo senza vita del suo dipendente, senza riuscire a togliersi il pensiero che era stata lei ad ucciderlo.

“Non posso farlo, sarebbe il punto di non ritorno.” L’elfo era sbiancato, anzi, era diventato quasi cinereo. Nazra non l’aveva mai visto così smunto, così provato nel fisico e nella mente.
“Non ti sto chiedendo di fare del male a qualcuno, solo di…”
Solo di lasciar credere a tutti che l’ho fatto. O che quantomeno sono complice in un tentato omicidio.”
Nazra aveva sospirato, torcendosi le mani suo malgrado. Non le piaceva, quello che stava chiedendo a Nieven. Ma non le piaceva nemmeno la sua stessa esitazione. Non poteva sviluppare attaccamento verso i suoi sottoposti. Le spie erano solo pedine sacrificabili, lei stessa lo era. Eppure nessuna delle altre spie le faceva pena quanto Nieven. Lui non lavorava per costrizione, per denaro o per ripagare debiti: voleva davvero dare il suo contributo alla città, come aveva fatto sua madre prima di lui. Anche se sapeva che forse un giorno sarebbe morto, come sua madre.
Le parole del precedente Lord a capo delle spie le tornarono in mente in quel frangente: profonda mancanza di senso della vita.
Il corso d’azioni che ora lei stava suggerendo, avrebbe aperto una voragine dove ora c’era solo una crepa? Non lo sapeva, ma avevano lavorato troppo a lungo, avevano preparato il terreno con troppa cura, per rinunciare adesso.
“Sì, te lo sto chiedendo. Il tentativo di omicidio fallirà e tu te ne prenderai la colpa. Faremo in modo che sembri solo un tentativo di rapina finito male, non un attentato premeditato. La tua lealtà dovrebbe fare una buona impressione anche ai capi della… misteriosa coalizione criminale. Una volta guadagnata la loro fiducia, ti sarà più facile scoprire i loro piani. Grazie ai tuoi poteri non dovrai mai nemmeno vedere o sottrarre i loro incartamenti, ti basterà restare a portata d’udito e leggere i loro pensieri.”
“Sì, grazie tante, so benissimo come funziona il lavoro di una spia.” Aveva risposto l’elfo, con amarezza. “Ma se verrò condannato… anche solo per furto…”
“La Legge dovrà fare il suo corso, altrimenti non sarebbe credibile.” Lei aveva scosso la testa con espressione comprensiva, per comunicargli il suo rammarico. “Ti taglieranno una mano, mi assicurerò che la punizione non sia peggiore di così. E nessuno sa che sei mancino, quindi anche se perderai la destra…”
“Perderò ben più della mia mano!” Era esploso, sbattendo entrambi i pugni sul tavolo pieno di pergamene e mappe. Quello scoppio era stato improvviso, ma non imprevisto. “Perderò la faccia, perderò il mio nome, perderò… quel poco che non ho ancora perso.” Nazra pensava che si stesse riferendo all’affetto residuo di suo padre, perché a nessun altro importava di Nieven. “Essere un fannullone scriteriato è un conto, ma un ladro e un assassino?”
“Non ho nulla da offrirti, oltre a denaro che non puoi spendere.” Aveva ammesso lei. “Lo hai sempre saputo.”
“Ho sempre pensato che essere soddisfatto di me stesso mi sarebbe bastato.” La voce di lui era appena un sussurro. “Ho sempre pensato che… conoscere la verità su me stesso… mi avrebbe impedito di credere a quello che la gente dice di me. Eppure non è così. Queste due verità convivono nella mia mente, e non mi è d’aiuto sentire i pensieri… i sentimenti… il disprezzo delle persone. Non credo di farcela, Signora.”
“Puoi solo farcela o essere ucciso, Nieven.” Gli aveva ricordato lei, più duramente di quanto avrebbe voluto. Anche per lei era così dannatamente difficile non empatizzare, non fare sconti a nessuno.
“Non sarebbe possibile, vista la gravità del reato… dire a mio padre la verità?”
Ecco. Erano arrivati al punto. Dove Nazra sapeva fin dall’inizio che sarebbero arrivati.
“Nessuno ti capisce meglio di me, mio caro, ma…”
Lui l’aveva guardata negli occhi. Con quello sguardo folle, ma lucido.
“Ma è un no. Vero?”
“Nieven, il segreto di due persone resta un segreto. Ma se lo sanno in tre, presto lo sapranno tutti.” Recitò lei, riportando alla luce un vecchio modo di dire. Uno che aveva radici salde nel buonsenso. “Se tuo padre cominciasse a trattarti con meno…”
“Disprezzo.”
“...con meno freddezza, non pensi che i tuoi “amici” balordi se ne chiederebbero il motivo? Se la malavita di Waterdeep scoprisse che sei una spia, pensi che si limiteranno a uccidere te? Non sai come funziona una vendetta?”
Nieven era sbiancato, se possibile, ancora di più.
Poi era uscito senza aggiungere altro, e qualche giorno dopo aveva compiuto il suo dovere. Conosceva bene il suo ruolo nell’ampio schema delle cose.


Il sacerdote aveva finito di salmodiare e due adepti si stavano adoperando per portare via il corpo. E così se ne andava una vita intera, pronta a sparire alla vista nell’abbraccio della nuda terra. Ma la vita dell’elfo era mai stata esposta alla vista?
Nazra sporse un braccio per fermare l’anziano elfo che stava muovendo i primi passi verso l’uscita.
“Un momento, Lord Lathai. C’è un motivo se vi ho invitato a questa funzione.”
Il volto dell’elfo si indurì, ma le dava le spalle e lei non poteva vederlo.
“Un’altra persona che ritiene di potermi fare una predica sul mio rapporto… o assenza di rapporto… con quel soggetto?”
“Vostro figlio.” Lo corresse lei, pacatamente. Il suo tono di voce era quasi tenero, come non aveva mai potuto essere quando Nieven era in vita.
“Il mio fallimento, volete dire. Un criminale. Un reietto.”
“Io lo conoscevo meglio di voi, Lord Lathai.”
Questa volta l’elfo si girò verso di lei, con un sorriso amaro e beffardo. Di certo pensava che l’elfa della luna fosse solo l’ultima sgualdrina di suo figlio.
Ma quello che vide, nel tempio ormai deserto, non fu l’aspetto grazioso e illusorio dell’elfa che aveva partecipato al funerale. Era la figura dignitosa e vestita a lutto di una nobildonna, che indossava l’elmo dei Lord Velati di Waterdeep.
Il sorriso amaro si spense all’istante, mentre l’elfo cominciava a sospettare che ci fosse sotto qualcosa di grosso, qualcosa di segreto. La sua espressione, per la prima volta, si fece davvero funenea.
“Chi siete?”
Lei gli fece cenno di seguirlo verso la cripta, una stanza sotterranea dalle pareti di pietra molto spesse. Troppo spesse perché qualcuno dall’esterno potesse spiarli con la magia.

“Ovviamente non posso dirvi chi sono.” Cominciò, riprendendo parola solo dopo che furono scesi nell’umido sotterraneo. Effigi commemorative di uomini, elfi e nani vissuti in città li circondavano come in una giostra dai colori smorti. Non c’erano cadaveri in quella cripta, il culto di Kelemvor non agiva in questo modo.
“Ma conoscevate mio figlio.” Affermò lui. “In che modo?”
“Lavorava per me, come spia. Prima di me, lavorava per il mio predecessore fra i Lord Velati di Waterdeep. Nel corso dell’ultimo secolo e mezzo, ha sviluppato con impegno i suoi poteri mentali, ed è stato di grande aiuto per sventare… diversi complotti. L’ultimo, purtroppo, gli è costato la vita.”
L’elfo rimase senza parole, anzi, sembrava paralizzato. Come se, in un primo momento, la sua mente si rifiutasse di processare le informazioni, di mettere a confronto l’immagine della spia diligente ed eroica con la figura familiare del ragazzo fannullone. Quello che era vissuto di espedienti, fino ad imboccare una china sempre più in discesa.

“Lo farò io.” Aveva proposto Nieven, senza esitazione.
“No, Nieven, non tu, sei la mia spia migliore. Innescare la detonazione della gemma magica consumerà la tua energia vitale.”
“Ma tanto è maggiore l’energia che consuma, tanto più potente sarà l’esplosione, no? Ne avremo bisogno se vuoi che quel doppelganger assassino sia ucciso prima di poter prendere il posto di… del Lord di cui non farò il nome.”
“Sì, questo è vero.” Lady Nazra non sapeva cosa obiettare, e aveva lasciato trasparire il suo nervosismo mordendosi il labbro inferiore. “Ma tu sei troppo utile per sacrificarti.”
“Io non sarò utile ancora a lungo. Questa missione… che mi è costata la reputazione, e una mano… sarà la mia ultima missione. Non ho più niente per cui vivere, mia signora. Solo il dovere, e vi prego, non ce la faccio più. Fate che questo sia il mio ultimo dovere.”
Le parole di Nieven erano accorate e sincere, ma la sua voce non si era mai scostata dal tono monocorde che ormai la caratterizzava. Dopo la condanna per furto, Nieven aveva smesso. Aveva smesso… tutto. Aveva smesso di parlare quando non era necessario. Aveva smesso di manifestare emozioni. Aveva smesso anche di bere, come se fosse ormai al di là di qualsiasi palliativo. Non aveva nessuno per cui vivere, il suo lavoro gli aveva impedito di trovare un amore, o un vero amico, e ora aveva rinunciato anche a quello che restava della sua famiglia.
“Nieven…”
“Per favore. Vivere è solo un’inutile fatica. Respirare è uno spreco di tempo. Se non morirò in questo modo, ne cercherò un altro. Almeno, quando sarò morto… manterrete la vostra parola. Non ci saranno più impedimenti, no?” Gli sfuggì una specie di risolino nervoso. “Ho più ragioni per morire che per vivere.”
Nazra non si considerava una persona emotiva, ma avrebbe voluto abbracciarlo. Avrebbe voluto dirgli che lei era sua amica e che voleva che vivesse. Ma non avrebbe mai potuto essere sua amica. Era il suo superiore. Doveva spingerlo a svolgere i suoi compiti oppure fare in modo che, anche se pazzo, non potesse più parlare con nessuno.
Promettergli amicizia sarebbe stato un tradimento. E lui, in realtà, con quella proposta le stava facilitando le cose.
“Va bene, Nieven. Come desideri. La città ti sarà per sempre riconoscente.”
Un angolo della bocca affilata dell’elfo si era sollevato in un accenno di sarcasmo. “Per sempre fino alla prossima crisi.”

“Perché?” Domandò Lord Lathai, riportando la donna al presente. “Perché me lo dite ora? Perché… non prima? Perché non mai?”
Nazra si passò una mano sul viso, fermandosi quando si rese conto che indossava ancora l’elmo.
“Era la sua ultima volontà. Nieven pensava che voi lo consideraste già morto in ogni caso, e che in ogni caso avreste sofferto. Quindi voleva almeno che sapeste la verità. Che non vi doveste… vergognare della sua memoria.”
“Ma perché ora? Per quale diavolo di motivo non mi è stato permesso amare mio figlio quando era vivo?” Sbottò tutto d’un fiato, con la foga di chi ha paura di interrompersi perché potrebbe cedere all’isterismo.
Nazra sussultò, capendo per la prima volta quanto era profondo il dolore di quell’anziano elfo. Non lo aveva capito. Non aveva capito che lui e Nieven erano così simili, così bravi a celare il vuoto della vita dietro una maschera di apatia e freddezza.
“Per la vostra sicurezza, lord Lathai. Se qualcuno avesse scoperto che vostro figlio era una spia, si sarebbe vendicato uccidendo per prime le persone a cui teneva… cioè voi. Nieven aveva solo voi. Ma non l’avrebbe mai permesso, quindi non potevamo rischiare di dirvelo.”
Le guance del vecchio elfo erano rigate di lacrime, le prime lacrime che si permetteva di versare per suo figlio. Per una volta, riconobbe appieno il suo dolore, senza nasconderlo dietro alla delusione o alla vergogna.
“E ora cos’è cambiato?”
La sua domanda echeggió nel silenzio della cripta, spegnendosi in lontananza prima che la lady trovasse le parole per rispondere.
“Il segreto di due persone resta un segreto.” Spiegò Nazra. “E a ricordarlo siamo rimasti solo noi due.”
   
 
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