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Autore: Mari Lace    20/07/2018    4 recensioni
Raccolta sperimentale di one-shot su coppie crack (e fanon). Verrete a scoprirle con me?
[Parlando di crack pairing, metto l'avvertimento OOC per sicurezza, ma l'idea sarebbe di non scivolarci.]
#1: Shiho/Saguru
«Non un altro Shinichi, per favore...»
Quando si rese conto di averlo detto ad alta voce era troppo tardi.

#3: Il ragazzo, con il gomito della giovane detective puntato alla gola ad impedirgli qualsiasi movimento, riuscì in qualche modo ad emettere una risata che, però, suonò alquanto forzata.
«È così che ringrazi il tuo salvatore? Non sei molto gentile», tentò.
{Sera/Kaito}
#5: Tu hai mantenuto la tua promessa… ma io non ho mantenuto la mia.
Death!character; Shiho/Rei
#7: Shinichi/Sonoko
«Usciamo?» ripete, soppesando quella parola. Suona così strana in bocca a lei. Sta pianificando il suo omicidio?
«Pensavi che ti avrei lasciato a deprimerti a casa? Che amica sarei? Su, muoversi!» ordina Sonoko. «Scemo» aggiunge, in uno sbuffo quasi affettuoso.

#8: Shiho Miyano/Ryusuke Higo
"Non c'è amore per i traditori, in questo mondo."
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Eisuke Hondou, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Ran Mori, Saguru Hakuba | Coppie: Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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NdA

Riscrittura in versione DC di Romeo e Giulietta, prima classificata al contest “E se le opere classiche fossero degli anime?” indetto da eleCorti sul forum di efp.

Buona lettura!




L'amore ai tempi dello shogun






Kyoto, Residenza Kudo

«Che vi succede, Kudo?»

Il giovane Shinichi Kudo era rimasto seduto a fissare il cortile per tutta la mattina senza proferire parola; anche adesso impiegò qualche secondo per rispondere alla chiamata di Heiji Hattori, suo fedele e nobile amico, erede d’una casata di Osaka da secoli alleata ai Kudo.

«Hattori… Non vi ho sentito arrivare».

L’amico lo raggiunse, sedendosi accanto a lui. «Si vede che siete perso in riflessioni importanti. Cosa vi tormenta? A me potete dirlo».

Shinichi sospirò. «Soffro; soffro terribilmente, poiché son privo dell’unico oggetto del mio desiderio».

«Non sarete innamorato?» azzardò Hattori, riconoscendo nell’amico sintomi che conosceva bene.

«Ahimè, sì».

«L’amore è una gioia, per un cuore nobile. È bella?»

«La più bella donna che abbia mai visto la luce».

«Allora perché vi disperate? Corteggiatela; sono certo che non potrà resistervi a lungo».

Shinichi non rispose subito; scosse la testa e sospirò nuovamente.

«Impossibile!» esclamò con voce rotta. «Ha fatto un voto; vuol tenersi casta per badare al padre, rimasto vedovo. Suo padre, inoltre, mi ha in odio; non posso avvicinarmi!»

«Inizio a comprendere la ragione dei vostri affanni. Tuttavia, ella non è certo l’unica donna di Kyoto; ne troverete un’altra, altrettanto bella, se non più!» affermò Hattori con convinzione.

«Non avverrà; indicatemi una bellezza, ed io ripenserò a lei, all’angelo crudele per cui tanto patisco».

«Vi farò cambiare idea, o non me lo perdonerò» fu la replica decisa del nobile d’Osaka.

Shinichi l’osservò con sguardo vacuo. «Vi conosco; avete qualcosa in mente».

«È così; c’è una mascherata stasera, all’ohiroma dei Miyano. Desidero che vi veniate, con me e Kuroba».

«Non sono in umore da festa; in più, sapete bene che tra il mio clan e quello dei Miyano non scorre buon sangue».

«Ne sono consapevole, ma non vi riconoscerà nessuno. Suvvia, non fatevi pregare; venire vi farà bene».

Dopo qualche attimo di riflessione, Shinichi assentì. «Verrò».

~

Più tardi, nella sala da ricevimento [ohiroma] dei Miyano

«Che ne dite, Shinichi? Non è una bella festa?»

«È tutto vano, Kuroba. Dal nostro arrivo, Kudo non ha smesso un secondo di fissare quella dama; Mori Ran, mi ha detto un servo. Sarà difficile, se non impossibile, distrarlo».

«Crede d’esser romantico, costui; quisquilie; l’amore vero è altro, non perdersi in sospiri e pianti per chi non ci ricambia! Signori, non perderò questo ballo. Arrivederci». Così dicendo, l’erede dei Kuroba si allontanò.

«Dovreste andar con lui, Hattori; io starò qui… Ma!»

L’urlo del giovane riscosse Heiji, donandogli un po’ di speranza. «Che succede?»

«Chi è mai la fanciulla appena entrata?»

Heiji seguì il suo sguardo. «Non la conosco» ammise. «È splendida».

«Splendida?» ripeté Shinichi. «Non ho mai visto vera beltà prima di questa notte. Se ho creduto d’aver amato, prima, mentivo; devo conoscerla».

«È bello sentirvi dire così, Kudo; che aspettate? Avvicinatela, senza esitare!» fu pronto ad esortarlo Heiji.

Per una volta, il giovane non si fece pregare e seguì il consiglio, raggiungendo la ragazza all’esterno. Una volta uscito, socchiuse il fusuma.

«Chi siete, pellegrino?» domandò lei vedendolo; poteva avere quindici anni al massimo, ma Shinichi non avvertì la minima insicurezza nella sua voce.

«Un folle, forse» rispose, «perché credo d’aver visto un angelo. Lo siete?»

Lei sorrise. «No, signore; non sono un angelo, ma una peccatrice».

«Allora lascia che prenda il tuo peccato su di me» propose Shinichi accostando il volto al suo. La baciò.

«Sono affezionata ai miei peccati» replicò lei, baciandolo a sua volta. «Non potrei lasciarveli».

«Temevo di sconvolgervi».

«Dovrete impegnarvi di più, per questo».

«Voi…» Shinichi non poté concludere la frase, perché la parete dietro di loro fu nuovamente scostata.

«Shiho, siete qui! Vostra madre vi cerca».

«Addio, pellegrino» si congedò la fanciulla. Sparì rapidamente com’era venuta, e Shinichi si chiese se non fosse stata un’apparizione. Riuscì però a fermare la donna che l’aveva richiamata. «Ditemi, chi è la madre?»

Lei lo squadrò da capo a piedi, prima di rispondere. «Sembrate un bravo giovane; la madre della mia signora è la padrona di questa casa». Quindi si congedò.

«Oh sorte avversa! Una Miyano dunque!»

Shinichi calciò una pietra del cortile. «Una nemica!»

Un’altra, più familiare figura si affacciò dall’interno.

«Venite, Kudo, il ricevimento è alle ultime battute. È tempo d’andar via».

Con un cenno del capo e lo sguardo ancora più vacuo rispetto alla mattina, Shinichi si apprestò a seguire Hattori fuori dal territorio del clan suo rivale.

~

Muro esterno della Residenza Miyano

«Toglietevi quell’espressione cupa dal volto, Shinichi! Non vi riconosco più».

«Così non aiutate, Kuroba» Hattori redarguì prontamente l’amico; Kaito Kuroba era sempre stato un tipo schietto, non usava farsi problemi nel dar voce ai suoi pensieri. Era estremamente impulsivo - spesso scherzava sul fatto che, non fosse stato imparentato con lo shogun, avrebbe dovuto temere per la sua vita.

In effetti, più di un samurai si sarebbe volentieri vendicato dei suoi commenti impertinenti.

Tutti, però, temevano suo zio, lo shogun Nakamori.

«Come posso andarmene? Il mio cuore è in trappola» sospirò Shinichi. Heiji si chiese se avesse prestato orecchio alla loro conversazione – probabilmente no.

«In trappola?» ripeté Kaito. «Riprendetelo, dunque!»

Kudo lo fissò scettico. «Impossibile!»

«Non vorrete lasciarlo tutto solo con il nemico? Suvvia, Shinichi! Abbiate più ardore!»

«Potete ridere di me solo perché non avete mai provato questa ferita».

«Conosco le donne; non val la pena, farsi stregare a questa maniera. Ma vi vedo, siete senza speranza; seguitemi!» esclamò d’un tratto Kuroba, incamminandosi lungo la cinta muraria.

«Cos’avete in mente?» domandò Heiji, accodandosi ai due. Shinichi, infatti, non aveva esitato a seguire il nipote dello shogun.

Kaito lo zittì con un dito. «Posso farvi entrare senza che i guardiani vi notino» spiegò. «Viene da sé, dovrete mantenere il segreto più rigoroso al riguardo. Non voglio che i miei metodi divengano di dominio pubblico».

«Ma di che state-»

«Mi perdonerete, Hattori, ma dovrete incamminarvi da solo per stasera».

~

Shinichi seguì le indicazioni di Kaito alla lettera e, vagamente incredulo, riuscì a raggiungere il retro dell’abitazione dei Miyano senza particolari impedimenti.

Si inoltrò per qualche metro; raggiunto il castello, svoltò un angolo e si appiattì contro il muro.

Che stava facendo? Oh, quanto avrebbe desiderato conoscere la posizione della stanza della giovane Miyano, che aveva così prepotentemente invaso la sua mente. Invaso? No, le era bastato uno sguardo per averla in dono.

«Kudo, Kudo… perché proprio tu, un Kudo?»

Shinichi sussultò, udendo quella voce inaspettata. Alzò lo sguardo; intravide una finestra aperta e, leggermente sporgente da essa… il suo angelo! No, la mia peccatrice, si corresse mentalmente pensando alla breve conversazione che avevano avuto.

Sembrava stesse parlando tra sé, ma ad alta voce. Incuriosito dall’invocazione, decise d’attendere prima di rivelarsi.

«Destino crudele, permettere a un nemico d’avermi con uno sguardo!»

«Nemico? Non potrei mai esserlo, non per voi!»

Non aveva potuto impedirsi d’intervenire. «Comandate, e vi ubbidirò! Chiedetemi di lasciare la mia casata, fuggire con voi: non saprò dirvi “No!”».

«Chi è là, che spia le mie confessioni alla notte?» La voce di Shiho tremolò di terrore. Se i guerrieri di suo padre l’avessero sentita parlare così, non sarebbe finita bene per lei. Aveva a stento potuto persuaderlo a lasciarle più tempo per prepararsi al matrimonio; se avesse saputo del suo sentimento per il giovane Kudo, l’avrebbe al contrario affrettato. Rabbrividì al solo pensiero.

«Datemi voi un nome, ché io non oso più usare il mio, se v’indispone!»

«Questa voce! Possibile? Due frasi sussurrate, poco più che sospiri, ho sentito da voi; eppure vi riconosco. Siete Shinichi, mi sbaglio?»

«Solo se questo non mi rende a voi inviso».

«Inviso? Oh, lo vorrei!» dichiarò lei con rimpianto. «Ormai è tardi; sono vostra; e tuttavia vorrei che non aveste origliato i miei pensieri, complice la luna che vi lascia celato. Vorrei vedervi!»

Shinichi mosse un passo per accontentarla, ma fu presto fermato da un’esclamazione di terrore.

«No, non mostratevi, è meglio; se qualcuno dovesse vedervi… Non conoscete gli uomini di mio padre, voi, ma non esiterebbero a eliminarvi. Il mio cuore non è cosa di cui io possa decidere, per loro».

«Se voi mi amate, non temo nessuno! Ditelo dunque, non attraetemi con le parole per lasciarmi boccheggiante in attesa della conferma… Posso sperare nel vostro affetto?»

«Vorrei negarlo, ritrattare, non concedermi subito; non mi è più possibile, mi avete sentita prima. Mi avete stregata, signore, vorrei odiarvi per questo – non mi è concesso. Sono vostra».

«Non ho parole per descrivervi la mia letizia. Non potevate concedermi grazia maggiore!»

«Se davvero mi siete grato, vi prego: lasciate questo luogo. Tornate dove vi aspettano, mettetevi in salvo».

«Dopo così tanta gioia, volete ora uccidermi?»

«Al contrario, cerco di salvarvi».

«Chiedermi di vivere senza voi è come affondarmi un ferro nel petto; no, è più doloroso. Non posso farlo!»

«Andate. Vi manderò domani un’amica fidata; ma ora, andate!»

Qualcosa nel tono della Miyano impedì a Shinichi di opporsi ancora al suo volere.

«Vi prego di mantenere la parola, o ne morirò. Addio, mia signora; addio!»

~

Mattina del giorno seguente, Residenza Kudo

«È forse stato tutto un sogno? Mi par sia troppo bello. Non oso sperare, e pur tuttavia! Era così reale».

«Speravo di trovarvi più allegro di ieri, ma pare abbiate trovato nuovi assilli con cui dilettarvi».

Kaito era entrato, non annunciato, nella sua stanza. Shinichi si sarebbe accigliato, di norma, ma non quel giorno.

«Devo ringraziarvi» lo accolse infatti. «Il vostro aiuto mi è stato prezioso, la notte passata».

«Al vostro servizio» dichiarò l’ospite con un ghigno e un mezzo inchino. «Allora, com’è andata la serenata?»

«Lei è magnifica».

«Lo spero bene» ribatté Kaito annoiato. «Ma non è quanto vi ho chiesto».

«Cosa volete sapere?»

Prima che una risposta potesse essere proferita, un servitore entrò nella stanza. «C’è una donna che chiede di vedervi, signorino» annunciò. «Si rifiuta di darmi il suo nome. Cosa devo fare?»

«Fatela entrare, presto!» ordinò Shinichi, gli occhi accesi d’una luce nuova.

«Una donna? Non sarà certo la fanciulla di ieri. M'inganno?» mormorò Kaito. La curiosità per quell’interruzione sovrastò l’irritazione.

Il padrone di casa non si disturbò a rispondergli.

L’attesa non fu lunga, e nella stanza entrò una giovane donna con lunghi capelli castani, stranamente non acconciati ma lasciati liberi d’incorniciarle il viso. Era molto bella, ma questo lo notò solo Kaito: per Shinichi non esisteva più nessuna che non fosse la sfuggente ragazza della sera prima.

«Voi siete?» domandò, ansioso.

«Dovreste sapere chi mi manda» dichiarò lei. «Non ne farò il nome».

Il sollievo si dipinse sul volto del giovane Kudo. «Non mi ha dimenticato; ma vi prego, parlate!»

«Che sguardo triste. Siete qui per pianificare un’unione o annunciare un funerale?» s’intromise Kuroba.

Shinichi lo fulminò con un’occhiataccia, tristemente conscio che non sarebbe stato sufficiente per zittirlo.

L’intrusione dell’amico, però, lo turbò per un altro motivo. Prestando più attenzione alla donna, infatti, dovette dargli ragione. La sua espressione non prometteva nulla di buono.

«Parlate. Devo sapere» mormorò, mentre uno strano presentimento si faceva largo in lui.

~

«Padre!»

Shinichi, spalancato il fusami dello studio del padre, vi si introdusse come una furia, chiamandolo a volume forse un po’ troppo alto.

Yusaku Kudo alzò distrattamente gli occhi dai documenti che stava visionando. «Cos’è accaduto?» domandò.

«Devo presentarvi una questione della massima importanza».

L’uomo inarcò un sopracciglio. «Parla, dunque».

«Riguarda i Miyano».

Suo padre non nascose un certo fastidio. «Spero che sia realmente importante. Non amo sentir parlare di quel folle di Atsushi Miyano, se non è indispensabile» chiarì.

«Si tratta di sua figlia. Vuole darla in sposa al comandante d’un gruppo di mercenari. Mi sembra importante impedirlo».

L’espressione di Yusaku non mutò. «Non credevo t’interessassi di politica».

«Se la loro unione avvenisse, Atsushi diverrebbe seriamente temibile» proseguì Shinichi sicuro.

Yusaku poggiò i documenti e si accostò al figlio. «Cosa proponi?»

Il giovane deglutì. «Potrei sposarla io. Sarebbe un modo efficace per impedire il matrimonio senza spargimenti di sangue».

Gli occhi di ghiaccio del capofamiglia si fissarono nei suoi per alcuni secondi, che al giovane parvero un’eternità.

Poi gli diede le spalle e recuperò le sue carte. «Non ho tempo per i tuoi scherzi» decretò.

«Ma padre!»

«Mio figlio sposare una Miyano? Non succederà mai! Dovresti ben sapere quale risentimento c’è tra le nostre casate».

Shinichi avrebbe voluto ribattere, ma Yusaku non gliene lasciò il tempo. «Ora vai. Non ti ascolterò oltre».

Deglutendo contrariato, il ragazzo non poté fare altro che ubbidire.

~

Residenza Miyano

Shiho strinse i pugni, lottando contro il disgusto che l’assaliva.

Non sopportava la vista dell’uomo con cui, malauguratamente, l’avevano lasciata sola in quella stanza.

Non le era mai piaciuto, ma dopo l’incontro della sera prima era diverso. Adesso si sentiva male al solo pensiero di dover passare del tempo con lui.

«Sei carina quando fai la ritrosa» disse lui, sfiorandole la guancia con un dito.

Un gesto d’affetto? Certo, come no. Stava solo studiando la mercanzia, Shiho ne era certa.

Si ritrasse. «Non vedo l’utilità di tutto ciò. Tu e mio padre siete in affari da anni».

L’uomo ghignò. «Niente cementa un rapporto come un matrimonio».

«Non sono d’accordo».

«Non c’è bisogno che tu lo sia, piccola Shiho. Vedrai, imparerai ad amarmi… o a temermi, dipenderà da te».

«È una minaccia, Gin?» Shiho cercò di non lasciar trapelare la sua agitazione, ma non le riuscì benissimo. A quell’uomo – no, a quell’assassino, bastava uno sguardo per instillarle un timore viscerale. Non capiva nemmeno lei bene la causa delle sue sensazioni, ma le era impossibile arginarle.

«Decidilo tu» le consigliò beffardo.

Fu un attimo; ridusse lo spazio tra loro e le afferrò il volto con la mano destra, impedendole di distogliere lo sguardo. «Fremo al solo pensiero che presto sarai mia» le sussurrò, sempre con il suo ghigno mordace.

Shiho tremò, incapace di reagire in alcun modo.

Rimasero fermi in quella posizione per qualche minuto, finché Gin non si stufò di quel gioco.

«Ci ho ripensato, sai. Con quello sguardo terrorizzato sei ancora più carina».

Con quest’ultima affermazione, le diede le spalle e abbandonò la stanza.

Solo allora lei si concesse di crollare. Si ritrovò in ginocchio, scossa dai tremiti d’orrore e disprezzo.

«Non ti amerò mai, Gin» promise fra sé.

Si abbracciò in un vano tentativo di confortarsi.

Poteva formulare tutte i voti che voleva, non avrebbero cambiato la realtà.

Mancavano solo due giorni al matrimonio pianificato da sua padre e nessuno, tantomeno Shinichi, avrebbe potuto salvarla. Anche se una labile speranza l’aveva.

Rimase lì immobile per ore, finché non sentì un tocco leggero, delicato, sulla spalla.

«Shiho, cos’è successo?»

«Akemi…» mormorò, con la vista annebbiata.

Akemi era poco più grande di Shiho; figlia della governante dei Miyano, le due erano cresciute insieme. Per lei era come una sorella, senz’altro la persona di cui si fidasse di più.

«Gin ti ha fatto qualcosa?» le domandò Akemi, la voce pervasa di preoccupazione.

«Sto bene» affermò Shiho, non convincendo neanche sé stessa. «Hai trovato le erbe di cui ti avevo parlato?»

Dopo qualche secondo d’esitazione, la maggiore annuì. «Cosa vuoi farne?»

La Miyano si alzò, accettando l’aiuto dell’altra. «Salvarmi».

~

Il giorno dopo

«Ne sei certa, Shiho? Se non dovesse funzionare?»

«Funzionerà. Se non lo facesse… niente è peggio di sposare Gin».

Akemi sospirò. Non avrebbe saputo ribattere. Assentì. «Mi fido di te, dovrà funzionare» disse.

«Ho bisogno che avvisi Shinichi. Ti chiedo solo questo, Akemi».

«Puoi contare su di me».

~

Giardino di Kyoto

«Ci dev’essere qualcosa che posso fare, dannazione! Io… scapperò. Fuggirò con lei; non c’è altra scelta!»

«E dove andrete? La donna è stata piuttosto chiara: la sorveglianza intorno alla vostra amata è raddoppiata, e se anche riuscisse realmente a scappare quei mercenari vi sarebbero addosso in un attimo. Inoltre, vi ricordo che la cerimonia è domani. Il tempo fugge, dovrete rassegnarvi».

Shinichi guardò Kaito con rabbia. Le sue parole erano dannatamente vere, il che le rendeva difficilmente sopportabili. «Rassegnarmi a non poter fare niente? E venite a dirmelo proprio voi?» ribatté aspro. «Dev’esserci una soluzione!» esclamò disperato, calciando un sasso.

«Da solo non combinerete nulla» chiarì asciutto Kaito. Sorrise malizioso. «Ma forse potrei aiutarvi».

«Coinvolgerete lo shogun?» domandò Shinichi, ricordando chi fosse esattamente Kaito. Forse…

«Mio zio? Perché mai?» fu però la risposta.

La speranza lasciò nuovamente il giovane Kudo. «Allora non vedo come possiate migliorare la mia situazione».

Kuroba si finse offeso. «Uomo di poca fede» lo redarguì. «Non avete forse fiducia nelle mie doti, nonostante ne abbiate già avuta dimostrazione?»

«Vi ascolto dunque!» esclamò Shinichi, seppur non troppo convinto.

«Kudo, Kudo! È terribile!» gridò una terza voce, alle loro spalle.

«Quale altra sciagura mi cerca?» domandò il ragazzo chiamato, girandosi. Riconobbe la figura di Hattori; il suo sguardo lo spaventò.

«Si tratta della giovane Miyano. È morta!» annunciò, ansimando per la corsa.

«Morta?» ripeté Shinichi, incapace d’avere qualsiasi altra reazione. La vista gli si annebbiò. «Morta? Non è possibile…»

«Com’è successo?» volle sapere Kaito, prendendo in mano la situazione.

«Pare sia stata avvelenata; non si sa di preciso. L’hanno trovata nel letto poco fa. È gelida, e non ha battito».

«Morta», ripeté ancora Shinichi. Traballante, mosse qualche passo verso l’uscita del Giardino.

«Dove andate?» gli gridò dietro Hattori.

Kaito gli poggiò una mano sulla spalla. «Lasciamolo solo, per ora» suggerì. «Spero solo che non commetta qualche sciocchezza».

~

Vicolo nella periferia di Kyoto

Shinichi non esitò nell’entrare in quel buco che avrebbe dovuto essere una locanda.

«Cosa posso fare per voi?» domandò l’uomo dietro al banco, non poco sorpreso nel trovarsi davanti un nobile.

«So che vendi veleni» mormorò il giovane, senza perdersi in tanti giri di parole.

«Non so di che parliate», balbettò il vecchio, a disagio. Che fosse una guardia dello shogun? L’avrebbero condannato?

«Non devi temere nulla da me. Ho bisogno dei tuoi servigi, non negarmeli» lo supplicò Shinichi, ogni traccia d’alterigia nobiliare completamente svanita dalla sua voce e dal suo aspetto.

L’uomo ne rimase colpito. «Perché cercate un veleno?» ardì domandare.

«Se quel che ho sentito è vero, non ho più ragion di vivere» fu l’abbattuta, ma sincera, risposta. «Non sopporto già più la luce del sole; ti scongiuro, vecchio, fa’ un’opera di carità».

A Hiroshi Agasa si strinse il cuore sentendolo parlare in quel modo.

«Non dovreste dire così. Siete ancora giovane, sono certo che avete moltissime possibilità davanti a voi».

Shinichi buttò fuori una vuota risata. «Non sono qui in cerca di consigli. Vendi veleni per sopravvivere quando gli affari vanno male, no? Non vedo molti clienti. Dammi ciò che voglio, ti pagherò bene».

L’uomo esitò. Il ragazzo aveva colpito nel segno. Sopprimendo la sua coscienza, si lasciò convincere.

In fondo, non era responsabile per i capricci d’un nobile, si disse porgendogli il filtro che tanto desiderava. «Se davvero lo farete, posso almeno promettervi una morte rapida» affermò.

«È più di quanto speri. A te» rispose Shinichi, poggiando un sacchetto pieno d’oro sul banco.

«Addio».

~

«Dov’è, signore? Dov’è Shinichi Kudo? Ho un messaggio importante da riferirgli!»

«Cos’altro può esserci, se la tua affascinante padrona è morta?»

Kaito studiava con curiosità Akemi, la ragazza di quella mattina, che l’aveva praticamente assalito in una stradina presso la Residenza Kudo. Aveva detto d’aver cercato Shinichi per un’ora, invano. La sua smania stupiva il giovane nipote dello shogun, soprattutto perché in lei non vedeva tristezza per la morte di Shiho, solo molta preoccupazione.

«Lei non può capire! È fondamentale che gli parli! Lui deve sapere-»

Kaito le posò un dito sulle labbra. «Perché non ti calmi e mi fai capire, se è tanto importante?»

~

Cripta dei Miyano

Shinichi era in ginocchio accanto alla salma perlacea di Shiho.

«Fato crudele, sapevo che era troppo bello esser ricambiato. Hai dovuto sottrarmela…!»

Una lacrima gli rigò il volto. «Ma non rimarrai a lungo sola, mia amata. Verrò presto da te, ma prima…»

Si sporse e poggiò le sue labbra calde sulle sue, gelide quanto la morte.

Estrasse la fiala comprata poco prima. «Spero che tu sia di parola, vecchio» mormorò, portandola alle labbra.

Ne bastarono due sorsi; la fiala gli cadde sul terreno, lui si portò una mano sul cuore. Il dolore era lancinante.

Non poté trattenere un urlo.

~

Questa voce… Mi gira la testa, ma credo d’aver sentito Shinichi urlare?

Confusa e annebbiata, Shiho pian piano tornò tra i vivi. Avrebbe potuto prendersi un momento per constatare che il suo infuso della morte apparente aveva funzionato, ma il lamento che aveva perforato la nebbia della sua incoscienza le aveva prepotentemente occupato i primi pensieri coerenti.

«Shinichi!» esclamò appena si fu ripresa abbastanza da scorgerlo accanto a sé. Era lì, accanto a lei, e per un momento se ne rallegrò. Tuttavia… perché non si muoveva? Il sorriso fu presto sostituito da una smorfia di preoccupazione.

Si mosse, presa da una terribile angoscia, e la sua mano urtò qualcosa di gelido. Abbassò uno sguardo sull’oggetto incriminato; una fiala trasparente. La raccolse, un tragico pensiero si fece strada nella sua mente.

Nel contenitore rimaneva ancora un po’ di liquido, inquietantemente carminio.

Una fiala mezza vuota a terra… L’urlo che ho sentito… Shinichi pallido, una smorfia di dolore sul suo volto.

Non fu difficile per Shiho trarre le sue conclusioni. Si piegò disperata sul petto del giovane con cui aveva sperato di poter iniziare una nuova vita, stringendo il pugno.

«Non hai ricevuto il messaggio, non è così?» mormorò tra i singhiozzi.

Rialzò la testa e si asciugò le lacrime. «Dovevo saperlo. Ho osato sperare troppo… la felicità non è prevista nel mio destino».

Fissò lo sguardo sul volto cereo di Shinichi. «Non temo la morte» affermò con decisione. «Sei stato pronto a morire per me; non sarò da meno».

Senza esitare oltre, ingerì quel che rimaneva del veleno.

Fu immediatamente colpita da brucianti fitte in tutto il corpo.

Anche tu hai sofferto così, Shinichi? si chiese piegandosi su di lui. Eppure, non mi spiace morire con te.

~

Kaito e Akemi giunsero troppo tardi sul posto, e non poterono far altro che constatare la morte dei loro amici.

«Dovrei essere io, quello impulsivo» rimuginò amaramente il nipote dello shogun. «Se avessi aspettato una sola ora!» esclamò con rabbia.

Akemi si limitò a piangere in silenzio accanto al corpo di Shiho.

I parenti dei due amanti ebbero reazioni diverse alla loro vista. Elena Miyano portò una mano alla bocca e trattenne un urlo, Yukiko Kudo scosse mestamente la testa.

Atsushi Miyano guardò con odio Yusaku e l’accusò d’aver lasciato che il figlio instillasse bizzarre idee in sua figlia.

Lo scambio sfociò in una discussione; i tentativi delle due donne di sopire i rancori dei loro mariti si dimostrarono vani.

Nella confusione che ne conseguì, nessuno si accorse della sparizione dei due corpi, e nessuno notò due piccole figure allontanarsi silenziosamente.

L’alba del nuovo giorno vide due bambini, spaesati ma determinati, lasciare Kyoto alla ricerca di qualcosa che non avevano mai avuto: la libertà.

  
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