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Autore: nicailuig    21/07/2018    1 recensioni
Mi sono ritrovata a strisciare come una larva perché non ero più capace di camminare. Il letto è stato la mia crisalide. Peccato non essere diventata farfalla.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pezzi di me

 

 

Io volevo andare via / camminare sui vetri con le scarpe / mentre sono ancora qua / a compiacere tutti quanti / compiacere qualcuno che dice di amarmi

[…]

E i padron ‘ntoni della nostra epoca non possono capire / la mia adolescenza è stata la prima a fuggire

 

 

La prima volta che ti ho detto che me ne sarei andata hai alzato le spalle e risposto ‘va bene’ come se la cosa non ti avesse toccato. Col tempo è diventato uno slogan, una minaccia. Per me e per te. Alla fine di ogni litigio, dopo la rabbia violenta delle urla, quando ancora non ero pronta a lasciare del tutto la presa, ti scagliavo addosso la pietra: è per te che me ne vado.

Non ho mai capito se non ci credessi o ti fossi rassegnata. Non me lo hai mai detto. Che non fossi d’accordo lo sapevo. Non che me ne importasse. Allora ero sempre troppo incazzata per preoccuparmi di qualcosa – qualcuno - all’infuori di me stessa. Però lo sapevo di farti male. E nonostante i sensi di colpa, ci speravo.

Avevo delle ferite aperte talmente profonde che volevo che anche tu ne sopportassi il dolore. Credevo che tu ne fossi la causa. In parte, in fondo, lo eri. Ma tu non sembravi accorgertene. E più urlavo e più dicevi che erano cose futili quelle per le quali discutevamo.

Lo so che non mi hai mai capita. Il fatto è che probabilmente non hai mai voluto. E se mi hai capita, hai fatto finta di niente. E pensare che hai fatto tutto per amore. Ma mi hai tradita lo stesso.

Mi hai tenuta in un abbraccio talmente stretto che ne sono uscita soffocata. Ma hai vinto, sono rimasta. Quando ho provato a respirare di nuovo mi sono accorta che ormai non funzionava più niente.

Senza nemmeno accorgermene sono stata inghiottita dalla voragine che avevo nel petto. Ho cercato di fare come i serpenti, e di strapparmi via la pelle in cui ero imprigionata, ma è venuto fuori che mi era stata cucita addosso.

Mi sono convinta che l’unico modo per liberarmene era di chiudere gli occhi e saltare, ma quando un giorno mi sono trovata in cima al mondo, a guardare dall’altro e dall’esterno la vita che scorreva sotto, ho capito che la morte non l’avrei trovata fuori da me stessa, ma guardando dentro.

Che avessi rinunciato a ogni mio desiderio me ne ero accorta da un po’. Che non desiderare significasse non avere nemmeno uno scopo per svegliarmi la mattina l’ho capito dopo. Ma così rinunciare alla vita è stato più facile. Senza carburante neanche le auto sanno andare lontano, figuriamoci un essere in carne e ossa. Mi sono ritrovata a strisciare come una larva perché non ero più capace di camminare. Il letto è stato la mia crisalide. Peccato non essere diventata farfalla.

Ho reimparato a tenermi in piedi come chi si risveglia dopo un trauma cerebrale. Lo squarcio che avevo nel cervello era profondo come se il trauma ce l’avessi avuto veramente. Mi immaginavo un’accetta conficcata nel cranio, a tagliare in due una materia grigia ormai incapace di processare il dolore accumulatosi nel tempo.

Mi sono vestita a lutto per compiangere me stessa, e ho calato un velo scuro sugli occhi come le signore di una volta. In pochi si sono accorti che il nero che indossavo era dettato dalla perdita e non da scelte di stile.

Ho trovato pezzi di me disseminati sulla strada, disseppellitisi chissà come da sotto terra. Da vicino sembravano vetri rotti di bottiglia. Li ho raccolti con la cura di chi sta maneggiando qualcosa di fragile e al tempo stesso tagliente. Mi sono accorta che i frammenti è difficile rimetterli insieme. Che è faticoso e forse nemmeno tanto sensato. Che se prima stavano tutti incollati insieme e formavano un tutto, ora sono niente. Mi sono chiesta che significato abbia un frammento. Liquidi, da solo, non ne può contenere.

   
 
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