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Autore: Diana_96writter    21/07/2018    0 recensioni
Quando neanche il tempo cancella la tenera carezza dell'amore, quando neanche gli occhi riescono a celare l'anima, quando la distanza non riesce a recidere un legame. Una storia che ama la vita e la libertà di viverla, una poesia che narra un'amore che non muore, una storia che non riesce a far del male a chi si ama e ammette il sacrificio, una poesia che non lo permetterà.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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I disegni di quella storia erano rimasti appoggiati sulla scrivania, Dylan consegnò gli ultimi rapporti aggiornati sul regno e si soffermò a guardare i disegni sorpreso dai dettagli: «Sembra la città di Loisana». Il commento attirò l’attenzione del Principe a chiedergli cosa accomunasse i disegni alla città: «Si somigliano?». Dylan ignorò la storia concentrandosi sui disegni: «Non solo si somigliano, sono perfetti, questo forno lo conosco, è famoso nell’intera città, sforna un pane che fa invidia al nettare degli dei, e il fornaio…». Fermò la lode sotto intesa accarezzando l’immagine sul foglio: «Il fornaio ha qualcosa che non va?». Dylan sussultò alla ripresa del maggiore porgendogli i disegni: «Non proprio, ecco, il fornaio è il proprietario, è un disegno del vero fornaio, come ho detto ci sono stato, ho fatto una deviazione dalla richiesta che mi era arrivata, sono identici, per caso sono i suoi disegni?». Un’improvvisa illuminazione prese la mente del Principe Adren, rilesse la storia in ordine seguendo i disegni: «È una storia, racconta di un fornaio che al limite della chiusura è costretto a chiedere un prestito a dei loschi individui che di ricambio lo costringono a riciclare denaro rubato, che abbia…». La porta si aprì di nuovo lasciando entrare Evee: «Non pensavo ci fossero ospiti, devo prendere una tazza in più?». Dylan negò sorridendole e indicando i disegni: «Non è la tua fantasia, è la realtà». Evee sorrise fiera che avessero entrambi compreso, Adren accennò una risata ammirato: «In questo modo nessuno potrà accusarti di aver diffuso informazioni che non avresti dovuto, infondo sono solo disegni di una fervida immaginazione». Evee accennò ad un si servendogli la tazza di tè: «Come le leggende hanno un fondo di verità, anche i disegni hanno un’ispirazione reale». Adren osservò il lavoro da portare a termine sfregando con le dita la pagina indeciso: «Conosco il posto, lasciate a me il caso». Guardò Dylan corso in suo aiuto arrendendosi e passandogli i fogli: «Fa attenzione, per la via, all’arrivo e soprattutto nel ritorno». Evee accennò una risata uscendo per svolgere il suo lavoro e Dylan si preparò a partire con una piccola scorta a suo seguito.
 
Al terzo giorno di assenza Evee osservò il cielo incupirsi, Adren lasciò la penna alzandosi: «Seguimi». Lo guardò perplessa all’ordine e allo sguardo che chiedeva una risposta: «E se dicessi di no?». Adren arricciò le sopracciglia irritato: «Il tuo alloggio dipenderà da quel che scoprirà Dylan, per i pasti potrei decidere di sospenderli a tempo indefinito, vuoi tornare a dormire nella serra?». Evee deviò lo sguardo irrigidita al ricordo del freddo pungente che le aveva gelato la schiena: «Ti seguo». Lasciò il vassoio che portava dietro sul tavolo seguendo Adren per il castello deserto, scesero al primo piano nella parte esterna e larga, si perse ad osservarla prima di afferrare l’oggetto di legno che le era stato lanciato contro: «Cosa vuoi fare?». Adren tolse il mantello slegando la spada dalla cintura: «Vieni avanti». Evee sorrise ispirata slacciando il grembiule accarezzando la spada di legno: «Tu hai uno strano modo di trattare i tuoi nemici». Adren agitò l’arma innocua prendendo posizione: «Vieni». Evee scrollò le spalle stringendo la spada e assumendo la posa più elegante che conoscesse: «Non ho errato quando hai assunto quella posa, tipica di chi ha praticato scherma, non di chi è stata allenata da banditi». Evee sorrise all’indizio che volutamente aveva lasciato che intravedesse: «Non sai nulla di me a parte quel che io stessa ti sto mostrando, non ho mai detto di non aver imparato i fondamentali dello scontro di spade». Scattò in avanti cercando di affondarlo ma Adren abilmente la evitò allontanandola con un colpo: «Non trattenerti, attacca come se dovessi uccidermi». Arricciò le sopracciglia all’intensità con cui lo aveva specificato: «Come vuoi». Riprese velocità colpendo e ricolpendo parata e parando, abbandonò la strada dello scontro corretto, lasciando la spada all’attacco e ruotando per colpirlo con un calcio, Adren si allontanò nascondendo la spada dietro la schiena: «Notevole». Decise di imitarla e le spade iniziarono a volare ad allontanarsi, a rimbombare contro il suolo agli attacchi ormai corporali, Adren la fece inciampare bloccandole una gamba con la propria in una posizione poco rassicurante: «Sei scoperta nella tua debolezza». Evee arricciò le sopracciglia avvolgendolo come un serpente e invertendo le posizioni: «Fermi!». La voce di Belle sorprese entrambi, Evee sfuggì all’attacco e Adren sospirò disturbato dall’interruzione: «Principe Adren, Lord Gerard vuole vederla». Senza dir nulla riprese il mantello salendo la scalinata: «Evee, ma che ti è saltato in mente?». Sorrise divertita allo scontro fermato: «È stata una sua idea, grazie per essere intervenuta, Belle».

Nei giorni a seguire la situazione rimase stabile, Adren lavorava, lei lavorava, tutti lavoravano con dedizione. A pomeriggio decise di prendere una pausa e di dirigersi allo studio del Principe, ma svoltando lo trovò a discutere con un altro uomo, al suo passaggio affilò lo sguardo e chinare il capo fu più un istinto: «Altezza, vi sentite poco bene?». Si accorse del viso affaticato ma prima di poter intervenire Adren aveva ripreso la sua strada: «È stata solo una mancanza, non vi crucciate, Lord Gerard, riprenderemo in seguito la questione». L’uomo chinò il capo sospirando e si accorse che al suo fianco Evee stava guardando Adren preoccupata: «Riprendi il tuo cammino». Con quell’affermazione sembrò quasi che le chiedesse di accelerare i doveri per prestare soccorso silenzioso al Principe in difficoltà, Evee accolse la richiesta non udita con un sorriso e un inchino. Appoggiò il vassoio sul tavolino guardando Adren immerso nel lavoro, curiosa di quanto fosse grave, decise di assicurarsi se fosse il caso di fermarlo.
Dopo un po’ Adren chiuse gli occhi stanco prendendo un respiro più corto di quanto riuscisse: «Dovresti riposare». Sussultò alzando lo sguardo alla ragazza appoggiata alla scrivania: «Non dovresti entrare senza permesso». Quella risposta diede conferma alla ragazza sulla sua salute, fermò la penna stretta più del necessario ricevendo uno sguardo affilato di ricambio: «Dovresti riposare Adren, non hai le forze necessarie per proseguire, se non ti sei accorto che ho bussato e sono entrata e uscita un paio di volte prima di disturbarti, non stai bene». Sgranò gli occhi sorpreso: «Entrata e uscita?». Evee sorrise dolcemente accarezzandogli la mano fredda, appoggiando quella libera sulla fronte: «Ho anche scambiato il libro lì aperto con uno diverso, non ti sei accorto di nulla e sembra che tu abbia la febbre, dalle borse ben visibili sul tuo volto direi che sei ancora sveglio per una ferrea volontà, ma non puoi continuare così. Dylan sarà di ritorno tra qualche giorno, se non ti riposi potresti rischiare di commettere qualche errore che farebbe insospettire tutta la corte». Adren allontanò la mano strizzando gli occhi: «Termino questo e poi riposerò, intanto preparami qualcosa di cal…». Bloccò la frase quando Evee appoggiò una tazza fumante accanto ai fogli: «Preparo la stanza accanto, ti avverto, se dovessi svenire prima di arrivare al letto, ti lascerò a terra». Adren sorrise divertito tornando a concludere il lavoro mentre lei entrava in quella camera come se non avesse mai fatto altro. Lasciò la penna alzandosi lentamente, il mal di testa era diventato insostenibile e tutto il corpo era diventato troppo pesante per sorreggere la sua volontà. Raggiunse la porta osservando la stanza preparata a dovere, le tende chiuse, le lenzuola in sua attesa, il cambio pronto ad accoglierlo, Evee sistemò il cuscino sorridendogli: «Vuoi che ti cambi io?». Negò togliendo il mantello che copriva le spalle larghe e mascoline: «Esci». Richiuse la porta sistemando invece la scrivania lasciata in disordine in attesa che riprendesse. Chiuse il rapporto uscendo dalla stanza: «È presentabile?». Negò davanti all’uomo preoccupato porgendogli il fascicolo: «Il Principe chiede di non essere disturbato per la restante giornata». Gerard sospirò prendendo il rapporto e lasciandola andare: «Assicurati di fare il tuo lavoro». Sorrise chinando lievemente il capo di ricambio, tornando nella cucina ad esporre le volontà non esposte del Principe, passò dall’ala medica per prendere una bacinella d’acqua fresca e un fazzoletto di stoffa per abbassare la febbre, se le condizioni fossero peggiorate, avrebbe chiesto aiuto agli medici rimasti in assenza della sua fidata amica.

Belle era stata richiamata dal suo superiore e mandata a comprare dei medicinali fuori città assieme ad alcuni assistenti, sorrise grata dell’assenza, spiegare il motivo per cui servivano quelle precauzioni avrebbe creato problemi al ragazzo. Rientrò nella stanza trovando Adren disteso sul letto con un braccio sugli occhi in balia del riposo: «Lord Gerard sembra aver intuito la situazione quindi non dovrai preoccuparti dei richiami dai ministri». Strizzò il fazzoletto di stoffa girando intorno al letto: «Cosa stai facendo?». Evee alzò lo sguardo al cielo: «Ti sei piazzato giusto al centro, devo per forza salire sul materasso, perché avete bisogno di letti così grandi?». Adren richiuse gli occhi al freddo che accarezzò la fronte: «Perché non a tutti piace dormire in un sacco a pelo». Evee accennò una risata sistemando il fazzoletto accarezzandogli la guancia con la mano ancora umida: «Non dovresti permettermi di vegliarti, ho tentato di ucciderti». Adren sospirò voltandosi appena dalla parte opposta alla sua: «Lasciami riposare». Evee prese posto sulla sedia aprendo il libro, leggendolo alla luce del candelabro appoggiato sul comodino, Adren era piombato nel sonno prima che potesse avanzare una battuta, sorrise appena tornando a leggere in attesa della cena che aveva ordinato di preparare. A distanza di qualche ora Adren sussultò all’ennesimo incubo sollevandosi dal letto ancora stordito: «Mente tormentata?». Evee chiuse il libro, riprendendo il fazzoletto di stoffa e appoggiandolo sulla bacinella, portando dentro il vassoio: «Quella…». Evee sorrise appoggiando la cena sul rialzo per lasciare che la osservasse: «Ti aiuterà a recuperare le energie senza appesantirti, mangia un po’ di tutto anche a metà se non riesci, non puoi restare a digiuno».

Si appoggiò alla spalliera esausto, Evee allontanò il vassoio porgendogli dell’acqua controllando la temperatura: «Sembra scesa, ma sei ancora caldo, riposa ancora un po’ ti sveglierò prima di andare via». Adren accennò ad un si tornando a dormire e ancora una volta gradì il freddo sulla fronte, ma non quello che la sua mente continuava a fargli sognare. Evee si alzò dopo un paio d’ore lasciando il libro sul comodino, le candele erano quasi del tutto consumate, avvicinò la mano per controllare di nuovo la temperatura meditando che forse era meglio non svegliarlo. Adren aprì appena gli occhi sussultando ad un altro incubo, quando la mano minacciosa che si avvicinava lo indusse a difendersi. Affermò il polso del suo nemico capovolgendolo sul materasso. Si bloccò di colpo quando distinse il viso femminile: «Se sono questi i tuoi istinti, non ti sveglierò mai, non posso trattenermi, andrò…». Sussultò quando Adren perse le forze cadendole addosso bloccandola tra lui e il materasso, arrossì di colpo al respiro corto sul collo scoperto: «Asp…Adren non puoi addormentarti così…ehi sei un Principe e io…sono una cameriera, ehi tu sei promesso…Principe Adren, svegliati!». Nulla, era del tutto crollato, con un respiro si arrese al peso e alla posizione per niente comoda per lei, impossibilitata ad alzarsi cercò con le mani libere almeno le coperte per coprirlo e inevitabilmente fu costretta ad accarezzare, tramite gli abiti leggeri adatti al riposo, il corpo del ragazzo. La schiena ricurva che con il respiro si sollevava, i fianchi stretti che scendevano ad allargarsi verso le gambe e poi la coperta, la tirò su con forza coprendolo fino al collo riversato sulla sua spalla.

Deviò lo sguardo all’imbarazzo della gamba che divideva le sue e la seconda che delimitava lo spazio della sinistra, il fianco in contatto con il cavallo dei pantaloni, avvertiva il ventre dei due corpi differenti a stretto contatto, il petto schiacciato da quello del ragazzo e il respiro che li univa più di quanto già non fossero. Il profumo della pelle sudata dalla spalla di fronte ai suoi occhi, quelle spalle larghe che l’avevano avvolta, le braccia che delimitavano lo spazio delle sue spalle impedendole di spostarle senza far scattare il Principe, i ciuffi di capelli riversati sul viso mascolino che le sfioravano la guancia e il calore che la stava riscaldando. Ormai si era arresa a quella stretta, impossibilitata ad uscire senza rischiare di fare del mal al ragazzo, riversato su di lei in tenuta da cameriera. Guardò la porta lasciata socchiusa sperando che nessuno avesse la geniale idea di entrare e che Adren si svegliasse prima che qualcuno chiedesse delle sue condizioni. Il sussulto la riportò al ragazzo e agli occhi stetti, era preda della morsa del terrore forse era il motivo che non riusciva a farlo dormire, sospirò accarezzandogli lentamente i capelli sussurrando una melodia, senza permettere alle parole che conosceva a memoria di uscire, la ninna nanna sembrò calmarlo e scacciare via quegli incubi frastornanti.
   
 
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