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Autore: bittersweet Mel    21/07/2018    2 recensioni
Anno 1127, rovine della città di Gunai, dopo una disperata guerra con le Truppe Armate, pochi ribelli sono riusciti a salvarsi la vita e continuano a combattere contro un governo in cui non credono. Cercano la libertà, una nuova vita, la possibilità di amare e sorridere come un tempo. E' in questo scenario disastroso, tra torridi deserti e squallide tende, che Sousuke e Rin si incontrano, attraversando insieme un grande capitolo della storia di Gunai.
C’erano troppe cose di Rin che lo spingevano a trovarlo piacevole e altrettante che gli facevano serrare le mani sopra il manico del coltello per aprirgli la gola in due.
[ SouRin ]
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rin Matsuoka, Sosuke Yamazaki
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Route Six
 

 
 
Le paure di Sousuke si fondavano solamente su un pugno di sabbia, su nulla di concreto.
Ogni volta che guardava Rin avvertiva un nodo allo stomaco e si sentiva in dovere di tenerlo d’occhio, anche se non aveva prove concrete per i suoi sospetti.
In quei giorni Rin si era comportato normalmente, nonostante avessero discusso poco tempo prima: gli gironzolava attorno, gli parlava come se niente fosse accaduto e di tanto in tanto gli proponeva di andare a mangiare insieme, lontano dagli altri.
Sousuke aveva continuato col suo mutismo sforzato, ma Rin gli era stato appiccicato addosso tutto il tempo, intenzionato a non lasciarlo da solo nemmeno un secondo.
Non erano servite a niente le lamentele del fulvo, quei “ non faccio niente”, “perché non ti fidi di me?”, “ siamo dalla stessa parte, noi due”; no, Sousuke non gli aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno una volta, era arrivato addirittura a vegliare la sua tenda finché, anche lui, non crollava addormentato contro al muro.
Aveva espresso ad Haruka i suoi sospetti e l’altro ragazzo aveva ricambiato, ma nessun altro, lì al campo, sembrava pensarla come loro.
Per tutti Rin era un ragazzo simpatico, gentile, un po’ ingenuo, che aveva portato più chiacchiere ed allegria nel gruppo.
Makoto lo salutava con un caldo sorriso tutte le mattine, Kisumi lo trascinava con sé ogni volta che aveva bisogno di un consiglio culinario, e tutti gli altri membri si divertivano a sedersi accanto a lui per giocare a carte e chiacchierare.
Rin sembrava essersi integrato perfettamente, nonostante all’inizio non fosse visto di buon occhio, e Sousuke si sentiva sempre più infastidito e irascibile.
“Quel piccolo figlio di puttana sta nascondendo qualcosa”, pensava ogni volta che vedeva gli occhi di Rin sfuggire dal suo sguardo e puntarsi altrove.
Farà qualcosa di sbagliato e io sarò lì”, era l’unico pensiero che riuscisse a fargli rilassare i muscoli, perché dio, appena Rin avrebbe fatto un passo falso, Sousuke gli avrebbe fatto così male da fargli pentire addirittura di essere nato. Il dolore alla gamba non sarebbe stato nulla a confronto!
In ogni caso, nonostante tutti i suoi continui sospetti, Sousuke non poteva fare a meno di trovare il fulvo seriamente di buona compagnia. Si malediva per questi piccoli pensieri che gli ronzavano in testa, si dava del pazzo, ma nei momenti di debolezza non riusciva a non trovare piacevole stare al suo fianco.
Dopotutto Rin era il solo a non essersi mai  arreso alle sue occhiate arrabbiate e ai suoi silenzi, sembravano non scalfirlo nemmeno, e continuava a chiacchierare, a raccontargli delle piccole storie della sua infanzia, a portargli da mangiare e a stargli vicino.
Con un sospiro Sousuke aggrottò le fronte, continuando a lucidare la canna della pistola che teneva tra le mani.
Se ne stava seduto a terra, ai piedi della sua tenda, a tenere sottocchio la situazione del Campo della Resistenza.
Gli occhi azzurri, poi, non perdevano un solo movimento di Rin, che parlottava fitto fitto insieme a Kisumi vicino alla pentola di stufato.
Kisumi rimestava di tanto in tanto e poi rideva per una battuta di Rin, mentre il fulvo si passava la mano tra i capelli e muoveva appena la gamba fasciata, indicandola e scoppiando a ridere.
Sousuke sibilò un “tsh” nel vederlo ridere a quel modo e tornò ad abbassare lo sguardo.
Erano tutti degli idioti, se cadevano schiavi alle sue risate e alla sua compagnia.
Sousuke era di certo di essere più forte di loro, capace di resistere a qualche moina inutile senza nessun problema, ma la sua mente continuava a dirgli che era tutto il contrario.
“ Perché lo continui a guardare?”, perché non si fidava, ovviamente.
“ Perché se non ti fidi gli stai sempre vicino?”; perché così poteva controllarlo, senza perderlo di vista.
“ E allora perché ti piace stare con lui?”
A questo Sousuke non sapeva darsi una risposta e non aveva nemmeno intenzione di cercarla.
Il moro cercò di mettere fine a quel dibattito mentale che rischiava di fargli venire un gran bel mal di testa e si rificcò la pistola nella cinta dei pantaloni.
Con un sospiro stanco si abbandonò contro la tenda, appoggiando la schiena e socchiudendo gli occhi.
Era sfinito, ma non intendeva ugualmente arrendersi al sonno a quell’ora del mattino.
Certo, avrebbe potuto tornare nella sua tenda e mandare al diavolo tutto, anche se questo significava perdere d’occhio Rin.
A quel pensiero gli occhi tornarono vigili e scivolarono nuovamente sopra al volto del fulvo, ancora intento a ridacchiare.
Lo infastidiva. Rin in generale, nel suo tutto, a partire dai capelli rossi a finire con la gamba fasciata.
Tutto, in lui, lo mandava in bestia, gli faceva venire voglia di prenderlo a pugni, di farlo stare zitto, di baciarlo e poi picchiarlo ancora.
Le mani di Sousuke si serrarono velocemente e lo sguardo si allontanò nuovamente dal volto di Rin, incrociando lo sguardo di Haruka a pochi passi da lui.
Il moro sbatté un paio di volte le palpebre e poi tornò in sé, alzandosi da terra e raggiungendo il Capitano a passo svelto.
Gli si fermò davanti e lo salutò con un cenno del capo.

« Devo parlarti », disse secco Haruka, facendogli segno di andare nella sua tenda.
Sousuke annuì e lo seguì prontamente, lanciando un ultimo sguardo a Rin che, questa volta, aveva sollevato il capo nella sua direzione.
Per pochi secondi si fissarono, poi Sousuke entrò dentro la tenda del Capitano e si concentrò sopra al tavolo; il nuovo piano strategico era già stato annotato sopra la mappa della città e diverse pedine rosse erano posizionate verso nord, dove c’era la base delle Forze Armate.
Nessuno dei due parlò per un intero minuto, dove Sousuke scrutava la mappa tracciata alla perfezione e Haruka si andava a sedere dietro al tavolo, sospirando amaramente.
Infine Sousuke prese la parola, mentre l’indice scivolava sopra una delle piccole pedine rosse.

« Novità? »
Haruka annuì greve e serrò le labbra, prima di rilasciarle andare.
«  Devo andare via per qualche giorno.»
L’indice di Sousuke si fermò e gli occhi si sollevarono velocemente sopra al volto dell’altro ragazzo, scrutandolo con attenzione e preoccupazione.
Ogni volta che Haruka si allontanava dall’accampamento significava che c’era un cambiamento nell’aria e solitamente non era mai niente di positivo.
Due anni prima il loro capitano era sparito per un’intera settimana, per poi tornare sfinito, pieno di ferite e praticamente disidratato, solo per avvisarli che anche la città vicina, Arada, aveva deciso di annettersi all’Impero.
Sousuke serrò le labbra e lo sguardo si fece ancora più duro del dovuto.

« Cos’è successo? »
Haruka scosse la testa e tolse dalle dita di Sousuke la pedina rossa, rigirandosela tra le mani con sguardo assorto.
«  I disertori di Mirai mi hanno comunicato che non intendono più fornirci alcun supporto, senza dare nessuna spiegazione», iniziò a parlare, la voce che suonava stanca e indebolita, «  quindi ho deciso che andrò lì e cercherò di fargli cambiare idea.»
Lo stomaco di Sousuke si contrasse; i disertori della città est erano sempre stati al loro fianco, li fornivano cibo, armi, medicinali, avevano sempre sostenuto la loro causa senza tirarsi indietro, come mai avevano deciso di arrendersi proprio ora?
Nemmeno due settimane prima avevano lasciato il loro solito rifornimento sotto al ponte e ora, invece, si erano chiamati fuori?
Gli occhi di Sousuke saettarono automaticamente verso l’entrata della tenda, come se riuscisse a guardarci attraverso.
Anche Haruka fece lo stesso, appoggiando la pedina nuovamente sopra la mappa strategica.

«  L’ho pensato anche io », iniziò a parlare, gli occhi blu che seguivano la stessa direzione di quelli di Sousuke, «  Rin entra a far parte dei nostri e automaticamente i ribelli di Mirai si tirano indietro senza alcuna spiegazione. »
Sousuke strinse le mani a pugno e scosse la testa. Tornò a voltarsi verso Haruka, lo sguardo greve.
«  Pensi seriamente che sia una spia? »
Haruka non annuì, ma nemmeno negò, semplicemente tornò a fissare Sousuke negli occhi e rimase in silenzio, lasciando che fosse lui a trarre le conclusioni che preferiva.
Alla fine il moro scosse la testa.

«  Non mi sono mai allontanato da lui, come mi avevi detto. Mi sarei accorto se avesse mandato un messaggio a qualcuno. »
Haruka puntò lo sguardo sopra al suo pod e Sousuke si ricordò di quante volte Rin era riuscito a mettere le mani sopra uno dei tanti pod che giravano nell’accampamento; era sempre stato così cuorioso che il moro gli aveva perfino lasciato giocherellare per un po' con qualche vecchio Pod, con quei modelli che oramai non utilizzavano più, troppo obsoleti per poter essere davvero d'aiuto nella loro missione.
Vecchi, certo, ma ugualmente in grado di mandare messaggi.
Deglutì e automaticamente andò a sedersi sopra la sedia di fronte ad Haruka, mentre le labbra si schiudevano, anche se non riuscì a dire nulla.

«  Penso che Rin sia venuto qui con uno scopo ben preciso e che stia mandando messaggi alle Truppe Armate. Ha scoperto che a fornirci supporto sono dei disertori e poco dopo Mirai si è tirata indietro. Sa dove teniamo le armi, sa dove ci nascondiamo, sa troppe cose.»
Un brivido freddo corse sopra il corpo di Sousuke e il ragazzo si ritrovò a fissare attentamente il Capitano negli occhi.
«  Cosa mi stai chiedendo di fare? »
Inspiegabilmente, l’idea di mettere fine alla vita di Rin – così come aveva fatto con quella di molte altre persone- lo mise in agitazione.
Haruka sospirò.

«  Per il momento ti chiedo solamente di non perderlo di vista quando sarò via », si fermò, mordendosi l’interno guancia, «  e un’altra cosa … »
Sousuke inspirò profondamente, come se temesse di ricevere un incarico sgradito; se Rin fosse davvero un traditore avrebbe dovuto ucciderlo per davvero, per il bene di tutti, per i suoi amici, per l’accampamento, per il loro futuro.
«  Sousuke, devi avvicinarti a lui, capisci cosa intendo? », le parole di Haruka risuonarono nella tenda e scivolarono nella testa del moro lentamente, infide come dei serpenti.
Il ragazzo sollevò un sopracciglio.

« Intendi …? »
Haruka annuì,  alzandosi dalla sedia con un sospiro. Fissò Sousuke dall’alto in basso, lo sguardo greve.
«  Non mi importa in che modo, ma devi farlo parlare. Deve confidarsi con te, deve dipendere da te, e allora scopriremo che cos’ha davvero in mente », poi si passò una mano tra i corti capelli scuri, tornando a mordersi l’interno guancia, « se è innocente, se è davvero un civile, mi scuserò personalmente per quello che ho detto, per come mi sono comportato, ma se i nostri sospetti sono reali … non abbiamo altra scelta, dobbiamo ucciderlo. »
Sousuke abbassò lo sguardo sopra le proprie mani ancora chiuse a pugno.
Doveva avvicinarsi a Rin e poi ucciderlo, oppure ferirlo irrimediabilmente dicendogli che tutta la loro amicizia non era stata altro che una farsa.
Sì, poteva farcela, doveva farcela.
Annuì e si alzò a propria volta, appoggiando entrambe le mani sul tavolo.

« Non preoccuparti, ci penserò io », asserì, la mente ancora in subbuglio per tutte quelle nuove informazioni.
Haruka accennò ad un sorriso veloce, quasi inesistente, e si voltò ad afferrare il suo mantello blu, posandoselo sopra le spalle.

«  Fin quando non tornerò lascio il comando a te », parlò il Capitano, allacciandosi i lembi del mantello sopra al petto, annodandoli con attenzione, così da non rischiare di perderlo durante le tempeste di sabbia.
Sousuke sbatté un paio di volte le palpebre, come se non credesse a quelle parole, poi si sporse in avanti.

«  No, lascia il comando a Makoto, è sicuramente più idoneo di me, io …»
Haruka lo interruppe, scuotendo la testa e appoggiando la mano destra sopra la sua spalla. Sousuke si ammutolì all’istante.
«  Stai per caso mettendo in discussione un mio ordine? », eppure, per quanto la voce di Haruka suonasse ferrea, il moro era certo che quella frase avesse un che di amichevole e confidenziale.
Sousuke sospirò e scosse la testa.

«  No, Capitano », nel dirlo si sentì quasi uno stupido, a causa delle labbra leggermente arricciate verso l’alto.
Haruka annuì, umettandosi le labbra e dando una leggera pacca sopra la spalla di Sousuke.

«  Bene », si limitò a dire Haruka, allontanando la mano dal ragazzo e lasciando ciondolare le braccia lungo i fianchi, «  ne ho già parlato con Makoto e siamo entrambi sicuri che te la caverai perfettamente. Mi raccomando, prenditi cura di tutti, Sousuke.»
Il ragazzo annuì, il volto leggermente più caldo e una sensazione di gratificazione che gli bruciava nel petto.
Non si sentiva all’altezza del compito, non gli era mai importato di comandare, eppure l’idea che sia Haruka che Makoto si fidassero a tal punto di lui, gli scaldò il petto.
Si sarebbe preso cura di ogni cosa, non avrebbe permesso a nessuno di distruggere la sua piccola famiglia.
Sousuke osservò Haruka un’ultima volta e poi lo guardò uscire dalla tenda del Capitano, che oramai era diventata la sua.
 
 
***
 
 
Secondo le voci che giravano per l’Accampamento Haruka se n’era andato in cerca di altri sostenitori e sarebbe tornato entro una settimana.
Rin aveva ascoltato con interesse ogni novità e supposizione, chiedendosi se fosse il caso di andare direttamente da Sousuke per scoprire qualcosa di più.
Poco prima della partenza del capitano aveva visto il moro dirigersi assieme a lui nella sua tenda e, quando ne era uscito, era Sousuke a portare sulle spalle il peso della loro missione fino al ritorno di Haruka.
Rin sospirò leggermente; era certo che il moro non gli avrebbe detto proprio niente, non dopo quei giorni di silenzio a cui l’aveva sottoposto.
Era stato snervante continuare a seguire un “muto” per quattro lunghi giorni, ricevendo solamente qualche ordine striminzito e poche parole dettate a denti stretti.
Rin aveva voglia di tornare a parlare con Sousuke come un tempo, quando sedevano accanto al fuoco e discutevano della giornata appena passata. Gli mancavano addirittura le continue minacce alla sua gamba, gli sguardi torvi e le prese in giro.
Probabilmente gli mancava semplicemente Sousuke, il suo sguardo addosso, i volti vicini, le parole che si bisbigliavano lontano dagli altri, le sigarette fumate lontano da occhi indiscreti.
Quando si era unito alla resistenza, oramai più di un mese prima, non si era di certo aspettato di trovarsi così bene tra di loro, di essere accolto come uno di famiglia e, soprattutto, non gli era mai passato per la testa che si sarebbe affezionato tanto ad un solo uomo.
Gli dava fastidio l’idea di dipendere da Sousuke, di cercarlo con lo sguardo ad ogni suo parola, di ruotare automaticamente il corpo ogni qualvolta il moro si spostava di qualche centimetro.
Eppure con il passare dei giorni, delle settimane, Rin si era trovato invischiato in qualcosa che non aveva di certo cercato.
Certo, era stato amichevole con il moro, ma quello era semplicemente il suo carattere, e gli era stato vicino, principalmente perché obbligato, eppure …
Rin serrò le labbra, arrabbiato con i suoi stessi pensieri, spazientito perché voleva passare del tempo con Sousuke ma l’altro ragazzo non glielo permetteva.
“ Stupido stronzo senza cuore”, mormorò tra sé e sé, mentre il volto dell’altro ragazzo appariva nei suoi pensieri ancora una volta.
Il fulvo calciò con rabbia un sassolino a terra, osservandolo rotolare sopra il terreno sabbioso fino a schiantarsi contro un paio di stivali malconci.
Sollevò lo sguardo, seguendo la linea delle gambe – e già da lì aveva capito a chi appartenessero quelle scarpe- e si ritrovò ad incrociare lo sguardo proprio con Sousuke, nemmeno l’avesse chiamato con il pensiero.
Per qualche secondo rimase in silenzio, così come l’altro ragazzo, e alla fine sospirò.

«  Che c’è? », gli chiese semplicemente, la voce leggermente più fiacca del solito.
Sousuke sollevò un sopracciglio e schioccò le labbra con fare stizzito.

« Non dirmi “che c’è” con quel tono », cominciò Sousuke, calciando a propria volta il sassolino fino a rimandarlo contro i piedi di Rin, «  ora sono il tuo Capitano, quindi dovresti essere più rispettoso.»
Il fulvo si strinse nelle spalle, mormorando che in quanto “ Capitano” anche lui aveva il dovere di trattare bene i suoi sottoposti.
Questo strappò un sospiro leggero dalle labbra di Sousuke e Rin era certo di aver visto un mezzo sorriso sotto quell’espressione seria che si portava sempre appresso, avrebbe potuto scommetterci perfino quei pochi soldi che era riuscito a portarsi dietro.

«  Non sono qui per giocare a ping pong con le accuse, Rin. »
Ping pong?”, il fulvo aggrottò appena le sopracciglia e poi ruotò gli occhi al cielo, prima di schiarirsi la voce.
« Allora perché mi stia parlando? E’ una novità. »
All’improvviso Sousuke aveva sbattuto la testa e aveva cambiato idea? Oppure aveva scoperto di avere un cuore che batteva, lì nel petto, e si era ricordato cosa diavolo fosse la misericordia?
Rin non sapeva esattamente perché, ma il moro sembrava stranamente bendisposto a parlargli, non gli aveva ancora scoccato nessuna occhiata arrabbiata e non se ne stava nemmeno a qualche metro di distanza da lui, nella distanza di sicurezza che aveva adottato in quei giorni.
Sousuke scrollò le spalle, come se niente fosse, e incassò le mani nelle tasche dei pantaloni.

«  Non intendo perderti di vista »
«  Aah, ecco », mormorò Rin poco dopo, esalando un respiro profondo, «  ancora non ti fidi di me, quindi? Mi credi seriamente capace di recitare così bene? »
L’altro ragazzo serrò appena le labbra e lo squadrò da capo e piedi, mentre una leggera sensazione di disagio si fece strada nel corpo di Rin.
Gli occhi di Sousuke, puntati addosso a lui, erano capace di metterlo in soggezione in mille modi possibili.
Si sentiva inadeguato, debole e sporco, malato ai suoi occhi; non gli piaceva ricevere uno sguardo del genere, ecco perché si strinse le braccia al petto, cercando di nascondersi leggermente.
Alla fine Sousuke sospirò, ruotando gli occhi al cielo, rigidamente.

«  Non mi fido di te, ma se è per questo non mi fido di nessuno al mondo. Cosa credi, che ogni nuovo membro della resistenza sia entrato tra i nostri ranghi senza alcun sospetto?», il moro schioccò le labbra e si avvicinò a Rin, appoggiandogli la mano destra sopra la spalla.
Lo fece voltare verso sinistra, indicandogli poi con un cenno del capo la piccola cucina improvvisata, dove bolliva una casseruola sopra al fuoco.

«  Prendiamo d’esempio Kisumi », iniziò a parlare, inclinando leggermente il capo, lasciando che gli occhi di Rin scivolassero sopra la figura del cuoco, « è apparso da un giorno all’altro, tutto pelle e ossa, sporco di sangue e sabbia, come credi che l’abbiamo accolto? »
Rin si morse le labbra, sollevando il capo verso Sousuke al suo fianco.
«  Immagino che non gli abbiate offerto un po’ di birra accanto al fuoco, vero?! »
Il moro schioccò la lingua contro al palato e riprese a parlare.
«  Era un brutto periodo, se n’erano appena andati due dei nostri e all’improvviso arriva lui; ovviamente non ci fidavamo e per tre giorni l’abbiamo tenuto legato, senza mangiare. Due bicchieri d’acqua al giorno, nulla di più, finché non abbiamo sentito tutta la sua storia e abbiamo deciso di tenerlo.»
Rin si fece leggermente più curioso, tornando a guardare Kisumi e rimestava dentro la pentola quella che sarebbe stata la cena di quella sera.
«  E qual è la sua storia? »
«  Chiediglielo te, non sono qui per spiattellare le vite degli altri. Sta di fatto che non ci siamo fidati di lui completamente per lungo tempo e solo dopo qualche mese gli abbiamo dato la possibilità di cucinare per noi. »
«  Pensavate potesse avvelenarvi?», domandò allora Rin, chiedendosi se poteva seriamente fidarsi o meno di un cuoco che, effettivamente, non conosceva.
Sousuke annuì, prima di continuare,
« Anche, certo, ma all’inizio non sapeva nemmeno tagliare delle patate, figurarsi cucinare qualcosa. E’ stato lui a voler imparare, sai, per rendersi utile. »
Le dita di Sousuke sopra la sua spalla si strinsero maggiormente e lo costrinsero a voltarsi ancora una volta, ora verso Makoto.
«  Passiamo al dottore, vecchio amico d’infanzia di Haruka, il nostro capitano. Lui si fida di Makoto più di chiunque altro in questo mondo, eppure noi altri come potevamo farlo? Lasciare le nostre vite in mano ad una persona che non conoscevamo, lasciare che curasse le nostre ferite, che ci medicasse e che badasse a noi…»
Rin squadrò Makoto, seduto accanto al fuoco, con un libro tra le mani. Sembrava sempre così tranquillo e innocuo, si era fidato del suo sguardo gentile dal primo momento che aveva messo piede in quel campo di Ribelli.
«  E’ troppo gentile per fare del male »
Sousuke sbuffò una mezza risatina e annuì.
« I suoi genitori erano dei pediatri, qui a Gunai, e fin da piccolo ha sempre desiderato curare le persone. Gli si legge negli occhi quanto sia buono, ma il problema è un altro: chi dice che quello che è “buono” per una persona lo sia anche per un altro? Le Truppe Armate sono certe di fare del bene, uccidendo e sterminando, pur di creare un posto migliore, così come noi siamo sicuri che uccidendo tutti loro possiamo tornare alla pace. Entrambi pensiamo di essere nel giusto, quindi chi ci diceva che la bontà che leggevano negli occhi di Makoto era un bene anche per noi?»
Rin si ammutolì, ripetendosi le parole dell’altro ragazzo nella mente, accarezzandole una dopo l’altra nel cervello, dissezionando le frasi, ricomponendole, finché non si arrese.
«  Non ne ho idea. »
Sousuke gli lanciò uno sguardo enigmatico e fece qualche altro passo avanti, guidando Rin verso la propria tenda.
Si fermò davanti all’entrata, voltandosi verso il fulvo con sguardo serio.

«  Nessuno sa cosa nascondono le persone, per quello si dubita, per questo non ci si fida. Makoto si è rivelato un ottimo medico, gentile e premuroso, affidabile come nessun altro.»
«  Non immaginavo altro », mormorò Rin qualche secondo dopo, lasciando che un leggero sorriso solcasse le sue labbra dopo quei duri giorni di solitudine forzata.
Poi levò nuovamente gli occhi su Sousuke, aspettando che continuasse il suo discorso.
Di chi gli avrebbe parlato ora? Voleva chiedergli di Haruka, come mai tutti si fidassero così tanto di lui, oppure di tutti gli altri; voleva sapere di tutti loro, perfino di quelli che a stento gli avevano rivolto la parola.
Alla fine Sousuke accontentò i suoi pensieri, schiudendo le labbra e sospirando leggermente: non parlò di qualcuno della resistenza, confessò qualcosa che mai Rin si sarebbe sognato di sentir uscire dalle sue labbra.
Sousuke sollevò la mano destra e se la puntò sopra al petto, indicandosi.

«  Appena sono riuscito a raggiungere questo posto,  mi sono trovato i fucili puntati addosso da ogni lato. Tutti i ribelli, dal primo all’ultimo, erano pronti ad uccidere senza battere un solo ciglio. Questa è la guerra, questo è quello che siamo disposti a sacrificare per proteggere le nostre idee », Sousuke si prese qualche secondo prima di continuare e Rin rimase in silenzio, osservando come i suoi occhi azzurri vagassero per il piccolo campo, «  Haruka si è fidato di me dopo il primo interrogatorio. Non so come sia possibile, ma ha capito. Ha capito quello che desideravo di più al mondo e ha accettato di farmi rimanere qui. Per gli altri non è stato lo stesso, solo Makoto - sempre fedele al capitano, sicuro delle sue parole- sembrava essere dalla mia parte. Tutti gli altri non mi hanno rivolto la parola per giorni interi, mi hanno maltrattato e affamato, tutti loro ...», Sousuke si fermò, un leggero sorriso sopra le labbra, « oramai non importa più, tutti loro sanno qual è il mio solo obbiettivo, il mio unico desiderio prima di finire sotto terra.»
Rin deglutì, la bocca secca e la gola dolente. Alla fine parlò.
«  E cosa desideri?»
Sousuke sorrise.
«  Uccidere ogni membro delle Forze Armate. »
 
 
***
 
 

«  E così … ora dormirò qui? E’ la mia nuova tenda? », domandò Rin dopo qualche minuto passato a contemplare il materasso a terra e i vestiti di Sousuke appoggiati agli angoli spigolosi di legno.
Il moro annuì, la schiena appoggiata contro un vecchio comodino rovinato e gli occhi puntati sopra al suo compagno.

«  La tenda medica è più comoda, ne sono certo, ma non hai più bisogno di cure e la stai occupando a straforo. »
Rin annuì, la fronte leggermente aggrottata da tutti i pensieri gli passano per la testa.
Sousuke di tanto in tanto si chiedeva che cosa scorrazzasse nella sua mente; a cosa stava pensando in quel momento, perché aveva quella piccola linea d’espressione verticale tra le sopracciglia fini?
Sarebbe stato così comodo potergli leggere nella testa e farla finita subito con quella sceneggiata.
Devi avvicinarti a lui”, aveva detto Haruka, ma Sousuke non riusciva a liberarsi della rigidità che spontaneamente lo colpiva ogni volta che si trovava faccia a faccia con Rin.
I suoi muscoli di tendevano, i sensi si acuivano e dio – se lassù ce n’era per davvero uno- perché lo trovava attraente quando si mordeva le labbra in quel modo spaesato?

«  Quindi dormirò qui con te? », chiese Rin dopo qualche altro secondo di silenzio, spostando lo sguardo sopra al materasso che li aveva ospitati insieme per una sola notte.
Immediatamente le gote gli si colorirono leggermente e Sousuke riuscì immediatamente a capirne il motivo.
Schioccò la lingua contro al palato e si allontanò con uno scatto dal comodino.

«  Ho il compito di sorvegliarti e, visto che ora sono il Capitano di questo accampamento, non posso permetterti di farti dormire nella tenda che mi spetta. Rimarrò qui con te. »
«  In poche parole non ti fidi di me e non vuoi farmi entrare nella tenda di Haruka, ho capito. Bastava dirlo chiaro e tondo », sbottò il fulvo poco dopo, incrociando le braccia al petto e sbuffando leggermente.
Ecco che si mordeva le labbra ancora una volta.
Sousuke avrebbe tanto voluto strappargliele via con una tenaglia, così da poter eliminare il ricordo di quella notte.

«  I giochi di parole sono molto più facili con te. Se parlo chiaro e tondo finisci col mettere il muso, come un poppante. »
Trovava tremendamente attraente anche la sua espressione offesa, con quell’occhiata lontana dall’essere davvero furente che gli lanciava ogni volta.
C’erano troppe cose di Rin che lo spingevano a trovarlo piacevole e altrettante che gli facevano serrare le mani sopra il  manico del coltello per aprirgli la gola in due.

«  Qualche altro soprannome gentile da affibbiarmi? »
«  Pensavo a “mammoletta”, che te ne pare? », gli domandò seriamente Sousuke, come se quello fosse un nomignolo degno di note.
Rin sbuffò ancora e si avvicinò al materasso, scivolandoci sopra con un lungo sospiro.
Si tirò su i pantaloni fino a metà coscia e prese a massaggiarsi la gamba ferita, dove  di tanto in tanto sentiva ancora qualche scossa di dolore.
Sousuke posò lo sguardo proprio lì allora, sopra la lunga cicatrice rosata che gli percorreva la gamba, fino all’attaccatura del ginocchio.
L’operazione di Makoto era andata a buon fine e il sostegno metallico aveva fatto risanare perfettamente le ossa spezzate; straordinario come fuori da Gunai la tecnologia migliore imperversava e lì ancora faticavano a curare una gamba rotta.
“ Unitevi all’Impero e il mondo sarà un posto di pace e prosperità”, così si era annunciato il Cancelliere, prima di bombardare di gas e sparpagliare soldati davanti alle città che non si annettevano al suo comando.
Sousuke ricordava ancora quell’annuncio alla televisione, quando aveva ancora una casa e dei genitori, del buon cibo tutti i giorni e una vera coperta a tenerlo al caldo durante le notti fredde.
Le labbra fremettero leggermente e il giovane abbassò lo sguardo, pensieroso.

« Ricordi la prima volta che il Cancelliere Yamato è apparso in televisione?», domandò di punto in bianco Sousuke, avvicinandosi al materasso e sedendosi affianco all’altro ragazzo.
Sospirò appena, congiungendo le mani sopra le gambe, gli occhi fissi sopra la tenda chiusa.

«  E’ impossibile da dimenticare », mormorò Rin al suo fianco, osservando di sottecchi l’espressione improvvisamente cupa del compagno.
Si sentì in dovere di sollevare il braccio, ma la mano non riuscì a toccare la spalla di Sousuke come avrebbe tanto voluto; le dita di Rin si fermarono a pochi centimetri dal bicipite del moro, tremando appena.

«  Io ero seduto a terra, quel pomeriggio. Me ne stavo sul tappeto di casa mia – un vecchio cimelio di famiglia, sai, risaliva al secolo scorso- e cercavo in tutti i modi di levare via la macchia di succo che ci avevo versato sopra», lo sguardo di Sousuke era sempre più lontano, non guardava più la tenda che aveva davanti, «  continuavo a strofinare e strofinare, mentre alla televisione mandavano uno di quei programmi stupidi, sai, tipo le telenovelas, non so … Beh, comunque di punto in bianco partì la sigla del telegiornale e sentì la voce di un politico di cui non ricordavo il nome. « “ Consigliere Yamato, Leader del Governo Centrale”, diceva la scritta lì sotto.»
Rin rimase in silenzio ad ascoltare, mentre la voce di Sousuke sembrava così calma e pacata da suonare irreale.
«  Mi ricordo come guardava fisso la telecamera e mi sembrò che stesse guardando proprio me, dritto negli occhi. Parlava di ordine e vigilanza, di potere e di guerre da combattere. Portare tutto l’Impero allo splendore, distruggere i nemici dello stato per potare l’intera nazione alla ribalta.
Ricordo la voce tranquilla con qui dichiarò che l’intero governo era dalla sua parte e che presto o tardi tutti avrebbero capito che era la scelta giusta.
», Sousuke ridacchiò leggermente, voltandosi verso Rin.
«  Secondo lui era giusto distruggere chiunque si frapponesse tra lui e il potere, e tutto per combattere una guerra inutile. Conquistare territori, portare alla grandezza la nostra nazione … stavamo bene così come stavamo. Eravamo felici nelle nostre terre. Non eravamo ricchi, nessuno di noi lo era, ma eravamo felici, Rin. In un mese, un solo mese, invece, è cambiato tutto. Avevo 15 anni quando ho visto i miei genitori trucidati perché non volevano partecipare al nuovo governo. Li hanno ammazzati e impiccati davanti alle porte della città, insieme a tutti gli altri ribelli.», per qualche secondo la voce gli si spezzò e ancora tornò quel mezzo sorriso che non aveva nulla di felice.
La mano di Rin non tentennò più, si fermò sopra la spalla di Sousuke e la strinse.

«  Le Truppe Armate hanno fatto cose orribili, mi dispiace. », mormorò, avvicinando il volto a quello del moro, appoggiando la fronte contro la sua.
Sousuke non si allontanò, rimase fermo a fissarlo.

«  Perché ti scusi? »
Rin non rispose, appoggiò le labbra sopra quelle di Sousuke e gli lasciò un bacio talmente leggero da sembrare quasi un’illusione.
Entrambi sospirarono, mentre le bocche si allontanavano leggermente e, l’attimo dopo, tornavano a premersi l’una contro l’altra.
I respiri si mischiarono l’attimo seguenti, i sospiri risalirono dalle loro labbra e scivolarono sulle loro lingue.
Sousuke non si chiese nemmeno se stava ricambiando quel bacio solo per avvicinarsi a Rin, sapeva solamente che era quello che voleva.

 
« Perché ti scusi?»




***
Eccomi qui - eccoci qui - con un altro capitolo di Randagi.
Pian piano la storia prosegue e direi proprio che oramai si entra nel " vivo", arriverà un po' più di azione e di combattimenti, alcuni nodi verranno al pettine e pian piano Sousuke e Rin scopriranno di essere sempre più simili!
Grazie - grazie grazie- a chi ancora mi segue e ovviamente a voi, splendide ragazze, che mi recensite.
Al prossimo capitolo!
Mel.
   
 
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