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Autore: Miryel    22/07/2018    11 recensioni
[ATTUALMENTE IN REVISIONE QUINDI VI CHIEDO DI NON PASSARE DA QUI GRAZIE!!]
Il giovane Peter Parker si ritrova a vivere la stessa, monotona situazione ogni estate: lui, i suoi zii, la villa al mare e un inquilino scelto a caso con un annuncio sul giornale a dividere con loro le spese di quella vacanze.
Tutto immutabile, come in un loop infinito destinato all'eternità finché inaspettatamente, con l'arrivo di Tony Stark e del suo odiosissimo fascino, quella monotonia sembra destinata a perire.
[ 18yo!Peter - Alternative Universe - Tony x Peter - Ispirata a Call Me By Your Name - Partecipa alla "4 Seasons Challenge" indetto dal gruppo Facebook: Il Giardino di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Feed your need for AUs'
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  • Sul gruppo Facebook: Il Giardino di EFP è stato dato un test a risposta multipla, dove la maggioranza di x risposte comportava un pacchetto specifico contenente dei Prompt ispitati a film/libri. Io, che sono tipo parte integrante del mondo angst ho avuto il pacchetto malinconico e tra i film/libri a cui ispirarsi c'era Call me By Your Name (chiamami con il tuo nome) e siccome volevo scrivere una Starker a capitoli da troppo, ne ho approfittato per farlo (and i regret nothing). I presupposti c'erano tutti: due persone, con una differenza di età, con due caratteri opposti, due geni, due adorabili dorkettini e... nulla, l'aggiornamento sarà settimanale, la domenica. Sperando che questa mia piccola e umile opera vi piaccia, vi auguro buona lettura e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
  • P.s: il disegno nel banner è mio; siccome ero ispirata ho deciso di farmelo da sola, spero vi piaccia XD se vi va seguitemi anche su >Tumblr<, dove ogni tanto pubblico cose, faccende yaoi per lo più. ♥♥♥
  • Conteggio parole: 3285
  • Il titolo è ispirato ad una canzone dei Led Zeppelin: "Fool In The Rain", che è bellissima ma sono i Led Zeppelin quindi non serve nemmeno tessere le loro lodi (e invece sì, amateli ç_ç)


 


Fools In The Rain




Capitolo IX

 

Quando Peter e Tony varcarono la soglia di Villa Parker, l’orologio a pendolo aveva appena finito di battere il suo rintocco, e le lancette erano puntate su l'una di notte.

Dissolto quel suono, rimase il silenzio che andò ad accentuare nel petto di Peter il tamburellare del suo battito cardiaco, specie quando, con la mano ben stretta in quella dell’altro, raggiunsero il piano di sopra in punta di piedi e Tony se lo trascinò in camera sua senza nemmeno una traccia di esitazione.

L'uomo sparì in bagno e tornò subito dopo, fronteggiandolo e posandogli un asciugamano sulla testa e la sfregó in modo da asciugargli i capelli e fu un gesto talmente premuroso che Peter non riuscì a non sorridere, mentre riceveva quella coccola e quando fu il suo turno di asciugare i capelli dell’altro, invitò Tony a sedersi sul letto.

Rimasto in piedi, Peter non poté far altro che godere per qualche secondo del tocco leggero delle dita dell’altro intorno ai suoi fianchi e arrossendo leggermente quando iniziò a carezzarli.

«Gli zii dormono da un pezzo», disse Peter, arruffandogli con lentezza la testa quando la liberó dall'asciugamano, sperando che Tony potesse capire le sue intenzioni, che cosa aveva in mente e che non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro.

Tony alzò gli occhi e lo guardò; la bocca leggermente aperta forse incapace di rispondere a quell’invito, forse impaurito dalle conseguenze, forse incapace di fermare i suoi desideri.

«Posso dormire qui?», chiese ancora Peter, pianissimo, chinandosi per poter avvicinare le labbra alle sue e reclamare un bacio nel tentativo di rassicurare l’altro che lui non si sarebbe tirato indietro.

«No, se poi sarò il tuo più grande pentimento, Peter», mormorò Tony, incatenato al suo sguardo e quel no era solo una grossa bugia. «E sono sicuro che lo sarà. Perciò finché sei in tempo, vattene da qui», concluse e fu il tentativo di cacciarlo più dolce che Peter avesse mai ricevuto in vita sua.

«Non lo sarai», gli rispose, semplicemente, prima di abbandonare l’asciugamano in terra e baciarlo, sentendosi quasi scoppiare per aver preso lui l’iniziativa stavolta e, guidato dall’istinto, si sedette a cavalcioni su di lui e Tony ne sembrò stupito ma non così tanto da fermarlo.

Sapevano entrambi di aver appena superato quella linea di non ritorno che un po’, in un angolo buio della loro coscienza, li spaventava a morte.

Peter sentì le mani di Tony insinuarsi sotto la sua maglietta e accarezzargli la schiena con delicatezza ma anche con una sensualità che lo fece rabbrividire.

Tony poi lo fece sdraiare sul materasso e lo sovrastò, senza smettere un solo istante di baciarlo e quando le loro labbra si divisero, accompagnate da sospiri pesanti e rumorosi, ci fu uno scambio di sguardi che avrebbero potuto dire qualsiasi cosa.

«Peter, stai tremando», gli disse Tony, «Sei spaventato».

Lo era. Lo era a morte ma non così tanto da fermarsi, non da alzarsi e andare via senza averci perlomeno provato e sentiva che se non lo avesse fatto in quel momento lo avrebbe rimpianto per sempre.

Sorrise e cercò di mostrarsi più sicuro ma persino la voce gli uscì tremante e insicura.

«Non abbastanza», disse, semplicemente, poi corrugò la fronte e continuò, supplicando quasi: «Non ti fermare ora… per favore, Tony», e quella fu solo l’ultima scintilla che, subito dopo un momento di silenzio assoluto, lasciò spazio alla voglia di dimenticare ogni paura e Peter ne fu felice.

Si vergognò tantissimo a mostrarsi con addosso nient’altro che la propria pelle quando si sbarazzarono dei vestiti, ma ogni bacio che percorse il suo corpo riuscì a fargli cambiare idea ogni istante con più facilità ed esplorare ed essere esplorato fu dolce; dolce tanto quanto la pazienza di Tony nell’attendere che la vergogna diventasse abitudine e che il dolore si trasformasse in piacere.

«Stai bene?», gli chiedeva ogni tanto e Peter annuiva e riceveva un bacio ogni volta e si sentiva ogni istante più inglobato da quella novità, da quelle mani rassicuranti a carezzargli le cosce e i fianchi.

Non distolse lo sguardo nemmeno per un secondo dagli occhi nocciola di Tony, vigili e premurosi sui suoi e quando l’apice di quell’unione raggiunse il suo zenit, il lampo di quel piacere percorse la sua mente e fu cieco per qualche secondo, mentre inarcava la schiena piangendo incapace di contenersi e reprimeva dei gemiti mordendosi le nocche, per paura che potessero sentirlo.

Ricevette così tanti baci, quando infine si ritrovarono entrambi appagati l’uno sopra al corpo nudo dell'altro col fiato corto e fu certo di aver fatto la cosa giusta con l’uomo giusto.

Baci ovunque: sul collo, sul petto, sui palmi delle mani, e Peter avrebbe voluto dire qualcosa ma non lo fece solo perché il cuore gli batteva troppo forte e l’emozione lo aveva fatto piangere così tanto da averlo ammutolito.

Tony gli bació gli occhi bagnati, lavando via quelle lacrime e stringendolo poi a sé, mentre si sdraiava accanto a lui e Peter tacque ascoltando il respiro e il battito del cuore dell’altro, quando poggiò l’orecchio al suo petto glabro.

Fu quel suono, bello come l’abbraccio di una madre, a fargli alzare immediatamente il viso verso quello dell’uomo che aveva deciso di prendersi cura di lui quella notte, ricevendo a sua volta la dolcezza di cui aveva bisogno, forse più di quella che Peter pensava di meritare.

«Dormi», gli disse Tony, a bassa voce, e Peter in quelle semplici parole ci lesse un: «Non andare via, per favore. Non lo sopporterei. Resta qui».

Sorrise leggermente, mentre Tony gli scostava i capelli ancora umidicci dalla fronte per baciargliela.

«Tu resti?», sussurrò, in risposta.

«Non ho alcuna intenzione di muovere un solo muscolo… e se resti qui vorrei che la cosa si estendesse almeno fino alla fine dell'estate», ammise l’uomo, sbadigliando poi e chiudendo gli occhi, fingendo di voler dormire ma Peter sapeva che stava solo cercando di nascondere quel leggero imbarazzo che provava nel dire quelle cose.

«Non possiamo restare qui dentro per sempre… devo studiare», rispose, poi si morse il labbro inferiore e Tony aprì gli occhi e alzò le sopracciglia, sconvolto.

«Fingerò di non aver sentito, ragazzino», sentenziò l’uomo e quando Peter rise per quella frase, Tony si chinò per baciargli le labbra e lo abbracciò.  «Ora dormi».

«Agli ordini».
 

♦♦♦

 

«Mi sono sempre chiesto chi dei due fosse il più dormiglione e sembra che, stavolta, non sia io il vincitore».

Fu quella la prima frase che Peter sentì quella mattina, mentre apriva gli occhi e combatteva con l’impulso di chiuderli di nuovo e continuare a poltrire.

Alzò un braccio e si passò una mano sulla faccia, mentre Tony gli accarezzava i capelli e ridacchiava sotto i baffi.

«Come ti va di parlare al mattino, Tony?», gli chiese, in quello che sembrò il miagolio di un gattino.

«Sono sveglio da un po', ragazzino», gli disse e Peter si stiracchiò e quando aprì definitivamente gli occhi sospirò andando a cercare col braccio il petto dell’altro per abbracciarlo e fu felice di ricevere subito dopo un bacio sulla punta del naso che gli scaldò il cuore.

«Che ore sono? Spero che zia May non sia passata in camera mia o non so proprio cosa raccontarle quando mi chiederà dove accidenti ero», sbuffò Peter, alzando poi il polso per vedere l'ora per poi scopri che erano già le dieci del mattino.

Ebbe un tuffo al cuore.

Tony lo strinse di più a sé, forse capendo la sua paura: «Le dirai che eri in buona compagnia e lei non ti chiederà con chi… e comunque sei davvero in buona compagnia».

Peter alzò un sopracciglio: «Non dovresti stabilire certe cose senza chiedere a me se la penso davvero così».

«Come se non fossi un libro aperto, Peter. Posso leggere un sacco di cose solo guardandoti negli occhi, sai?», disse Tony, il solito sorriso sornione ad illuminargli il viso e sebbene il suo intento fosse quello di fare un po’ il dispettoso della situazione, Peter vedeva quel gesto di una premura mostruosa ma si finse indignato e si alzò leggermente, puntellando il gomito sul materasso e prendendosi la testa tra le mani.

«Non è carino leggere nella mente delle persone», rispose.

Tony sbuffò divertito, poi alzò una mano per accarezzargli la testa e Peter si perse nei suoi occhi nocciola ancora una volta.

«Allora smettila di essere trasparente».

Peter fece spallucce: «Lo sono solo con te, a quanto pare».

L’uomo lo guardò per un attimo con gli occhi velati di una tristezza quasi insopportabile, improvvisamente con un sorriso malinconico a rendere la cosa ancora più ingiusta e parve voler dire qualcosa in risposta ma si limitò ad avvicinare il viso al suo per dargli un bacio che nascondeva troppe cose. Troppe incertezze, troppe paura.

Peter capiva quel terrore, ma non provava lo stesso. Per quello non seppe cosa dire.

«Ho fame. Forse dovremmo fare colazione», propose l’uomo, quando si staccarono e la tristezza era sparita, ma era tornato a voler scappare per un attimo da quel mondo che li aveva racchiusi dalla notte prima. Peter non poteva fare a meno di accontentarlo, solo per non vederlo scivolare via da lui per colpa del suo egoismo.

Avrebbe voluto passare tutto il giorno a letto, tra le sue braccia, ma non poteva pretendere che l’altro avesse lo stesso desiderio.
 

♦♦♦

 

Dopo la colazione e dopo aver scoperto che zia May e zio Ben non erano in casa, Peter mostrò a Tony la sua collezione di vinili, con un certo orgoglio quando l’uomo ne aveva notato uno nel giradischi del salotto e gli aveva chiesto di chi era.

«Miles Davis? Davvero, Peter?», aveva commentato Tony, prendendo in mano il vinile, incredulo e girandolo più e più volte per ammirare la copertina.

«Sorpreso? Sono un pianista, dopotutto».

«Sì, ma credevo fossi un pianista classico, non un jazzista», rispose Tony, prendendo poi tra le mani un altro vinile e alzò le sopracciglia: «Michael Camilo. Pensavo di conoscerlo solo io. Assurdo».

«Me lo ha fatto conoscere zio Ben. Lo ha anche visto dal vivo, una volta!», raccontò Peter e seppe di averlo detto con un entusiasmo quasi infantile, quasi invidioso. Un po’ lo era, doveva ammetterlo.

«Non smetti di sorprendermi nemmeno per un istante, dico sul serio… hai più roba di me».

«È solo una parte della mia collezione. Magari quando torniamo a New York, se ne hai voglia, potrei mostrarti quella completa», disse, impacciato, perché da una parte conoscere la risposta a quella proposta significava capire se dopo quell'estate Tony aveva intenzione di vederlo ancora oppure no.

L’uomo sembrò di nuovo velarsi di tristezza come era successo quella mattina e, abbassando di nuovo lo sguardo sul vinile, tossì per schiarirsi la voce.

«Vedremo», disse semplicemente e Peter sentì un moto di delusione pervaderlo, tanto era stata una risposta glaciale, per poi ricredersi quando Tony aggiunse, alzando gli occhi sui suoi: «Dipende quanto ti impressionerà la mia», e fu talmente felice di aver ricevuto quella risposta che lo colpì al braccio, ricevendo a sua volta un pugno sulla spalla che diede inizio ad una breve lotta sul divano che fu interrotta dalla porta che si apriva e si richiudeva.

Poco dopo, nel salotto, comparvero zia May e zio Ben, con le buste della spesa strette tra le mani e ancora gli occhiali da sole sulla faccia.

«Ehi!», salutò Peter, con un certo entusiasmo e alzandosi in piedi dal divano imitato da Tony che alzò una mano verso i due.

Zia May e zio Ben erano strani, silenziosi. Forse arrabbiati.

Peter si chiese se strada facendo non fosse nato qualche litigio tra i due; cosa che accadeva abbastanza di rado ma accadeva e fu per quel motivo che, precipitandosi a prendere le buste dalle mani della donna, li guardò preoccupato.

«E’ successo qualcosa?».

I due si guardarono. Zia May fece cenno a zio Ben di parlare e, dopo aver sospirato amareggiato, l’uomo si tolse gli occhiali da sole e si prese la pelle tra le sopracciglia, prima di aprire bocca e prendere parola.

«Tony, ti dispiacerebbe lasciarci un attimo da soli? Mi rendo conto che è una richiesta maleducata ma io e May dobbiamo parlare con Peter».

Peter strabuzzò gli occhi, stupito per un attimo da quella improvvisa richiesta e per istinto si voltò verso Tony, il quale aveva alzato un sopracciglio, confuso.

«Certo, me ne vado in gi-», iniziò a dire ma Peter lo fermò con un gesto della mano.

«Ehi, non serve che tu te ne vada, Tony», intervenne, poi si voltò di nuovo verso gli zii e boccheggiò per qualche secondo di fronte al loro sguardo severo… deluso?, «Cosa avrò mai combinato di così terribile?».

Zio Ben incrociò le braccia al petto e indurì la mascella. Peter non sapeva se gli aveva mai visto fare quell’espressione così dura e lo spaventò quasi.

«Io e zia May vogliamo parlare con te in privato e non voglio sentire altre obiezioni».

«M-ma!», balbettò, e Tony gli posò una mano sulla spalla per fermarlo e non disse nulla, sparì dietro la porta del salotto e quando scese il silenzio, Peter smise di fissare il punto in cui era stato l’uomo, girandosi a guardare gli zii col terrore negli occhi.

Era la fine. Se era per quello che pensava, era la fine.  

«Peter», lo chiamò zio Ben e lui non riuscì nemmeno ad annuire, tanto era rimasto pietrificato dal terrore, «Io e zia May abbiamo deciso che te ne ritorni a Forest Hill, stasera».

«Cosa?», chiese e seppe di aver capito benissimo ma volle esserne sicuro.

«Non te lo ripeterò», disse zio Ben, duro poi sospirò e si sedette sul divano a peso morto, zia May invece rimase in piedi, muta, una mano vicino la bocca, nervosa.

Peter passò lo sguardo da lei a lui: «Perché?».

«Perché la gente parla. La gente sa, e tu non hai fatto niente per impedire che sapesse».

«Ma di cosa accidenti parli?», quasi urlò sentendo che stava per perdere la calma.

«Di te e Tony! Di te e Tony che vi siete messi in testa non so cosa! Di te e lui che pensate che quello che state facendo sia una cosa normale! Di quello che avete fatto di fronte a tutto il paese, che vi ha visti, e sono venuti a chiedere a me e tua zia con quale faccia ti permettiamo di stare con un uomo così grande!», urlò zio Ben di rimando, alzandosi in piedi e zia May sembrò volerlo fermare ma era quasi impaurita all’idea di provarci.

Peter, al contrario, non aveva paura. Anzi, fece un passo avanti e disse, senza nemmeno provare a nascondere la cosa: «Cosa ci sarebbe di anormale? Cosa, esattamente?», chiese, gli occhi ridotti a due fessure.

«Non ti abbiamo mai costretto ad importi una sessualità, e lo sai bene. Uomini, donne, non fa alcuna differenza, hai sempre avuto la libertà di scegliere ciò che volevi, ma Tony… santo cielo! Se tuo padre fosse ancora tra di noi avrebbe meno anni di lui, te ne rendi conto da solo?».

«C-cosa? Non… non lo stai dicendo sul serio, zio Ben! Ti stai… ti stai ascoltando?», rispose Peter, passandosi entrambe le mani tra i capelli, sempre più incredulo, sempre più schiacciato dalle accuse di un crimine mai commesso.

«Cosa ti aspetti? Che quell'uomo ti rimanga accanto per sempre? Quando tu avrai trent'anni lui ne avrà sessanta. Quando tu ne avrai quaranta lui ne avrà settanta! Pensi che potrebbe funzionare una cosa del genere? Hai una vita davanti per trovare qualcuno che ti voglia bene, che non stia già vivendo la vita col peso di esperienze che tu non puoi ancora capire!».

«Smettetela tutti di trattarmi come un ragazzino che non sa quello che vuole!».

«No Peter, tu lo sai fin troppo bene ed è sbagliato sotto ogni punto di vista etico e morale!», rispose ancora zio Ben e zia May, sempre silenziosa, annuì con gli occhi lucidi.

Peter rise, senza entusiasmo alcuno, le mani ai fianchi, girando lo sguardo a destra e sinistra alla ricerca di altro da guardare che non fosse quell'assurdo disappunto che i suoi zii stavano palesando e quando aprì bocca per parlare, la richiuse subito quando sentì sbattere la porta di casa.

Era Tony. Doveva per forza essere lui. Doveva aver sentito tutto e se ne stava sicuramente andando via e il cuore di Peter perse un battito e sentì la testa girare per un secondo.

Guardò i suoi zii, con disprezzo e uscì dalla stanza, raggiungendo di corsa il giardino nel tentativo di fermare Tony e quando lo raggiunse lo trovò intento a sistemare la sua valigia nel bagagliaio dell’auto.

«Aspetta! Per favore, fammi venire con te!».

Tony sbuffò divertito e non si fermò. A Peter diede quasi fastidio, quell'atteggiamento.

«Mi stai ascoltando?», chiese ancora, avvicinandosi di più e quello chiuse il cofano e sbuffò, poi lo guardò.

«Venire con me? Dopo quello che ti hanno detto? Non abbiamo più niente da dirci, Peter. - fece una pausa e arricciò le labbra - Guardati», mormorò, con una tale delusione nello sguardo, una sorta di consapevolezza così sbagliata che colpì Peter dritto al petto, mentre quello lo indicava interamente con una mano. «Sei un ragazzo. Solo un ragazzo. Ed io… un uomo che si è fatto incantare dalla tua giovinezza ben sapendo che non poteva durare. Avremmo dovuto troncare tutto sul nascere e non avresti dovuto lottare per continuare tutto questo».

«Stai dicendo che è colpa mia?», rispose Peter, incredulo, e lo seguì ancora quando quello, sbuffando ancora, raggiunse la portiera del posto di guida e la aprì.

«Sì! Avresti dovuto capire che era la cosa migliore per tutti e due mettere la parola fine a questa cosa che abbiamo iniziato! Tornati a casa ci saremmo comunque separati e tu lo sapevi già, che sarebbe finita così», gli rispose Tony.

«Non hai mai avuto intenzione di pensare seriamente che potesse funzionare tra di noi, non è così Tony?», mormorò Peter, quasi ritrovando la calma solo perché sentiva dentro al cuore una gigantesca disillusione, che lo rese quasi apatico, «Hai provato ad illudermi che non sarebbe finita, e invece…».

«Peter, la verità è che hai fatto tutto da solo. Io mi sono lasciato coinvolgere, ma ora basta. E’ ora di crescere», disse infine l’uomo, e fu come una pugnalata, l’ennesima ma decisamente quella fatale, «Ti auguro ogni bene», concluse Tony, poi entrò in macchina e partì sgommando, visibilmente voglioso di fuggire ancora, stavolta in modo definitivo.

Codardo. Codardo. Codardo! Codardo!!, pensò Peter, mentre si mordeva il labbro ed iniziava a piangere, nervoso, arrabbiato e triste, il cuore in frantumi e faceva male da morire.

«Peter», lo chiamò zia May, dalla soglia e quando si voltò a guardarla, lesse nel suo sguardo un profondo: «Mi dispiace», che lo ferì solo di più.

Fu inaccettabile e non li avrebbe perdonati mai, anche se sapeva che avevano solo anticipato qualcosa che, con la fine dell’estate,  si sarebbe comunque presentato.

Col tempo gli sarebbe passata, avrebbe finto che dopotutto non era successo chissà che ma non li avrebbe perdonati, era impossibile farlo.

«Vorrei odiarvi entrambi, ma non ci riesco», rispose, poi la superò e tornò in casa, ignorando zio Ben che cercò di fermarlo per dirgli chissà che e raggiunse la sua camera, sbatté la porta e vi poggiò la schiena sopra e si chiese perché, ogni cosa che toccava, si rompeva inesorabilmente senza possibilità di rimetterla a posto.

Non odiava i suoi zii, non odiava nemmeno Tony a dirla tutta. Odiava se stesso, e avrebbe continuato ad odiarsi fino alla fine dei suoi giorni, probabilmente solo perché era stato troppo stupido nel credere in quella favola che ora avrebbe solo voluto dimenticare.
 

Piccolo spazio autrice random, che viene dal cuore:
Non odiatemi, per favore... 
Pubblicare questo capitolo è stata una pugnalata, ma lo è stato ancora di più rileggerlo e correggerlo e trovare tutto questo potenzialmente ingiusto... e domenica prossima è l'ultimo capitolo, quindi ringraziandovi ancora per il supporto e le bellissime parole che  mi lasciate ogni volta (specie le tante persone che, pur non shippando questa coppia, hanno deciso di leggere questa storia e lasciarmi il loro pensiero. Grazie, grazie, grazie).
Non so quanti lettori avrò perso, dopo questa cosa, ma in ogni caso grazie davvero a tutti.
Un abbraccio grande, a domenica prossima.
Miry
   
 
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