Film > Saw - L'enigmista
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Autore: rxncid    24/07/2018    0 recensioni
Ma la mia mente era altrove. Non mi dispiacque non perché avevo rinunciato alle mie emozioni, ma perché quelle dannate si erano risvegliate nel tornare in quel bagno, indirizzate però verso qualcun altro.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Lawrence Gordon, Mark Hoffman
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Inutile dirlo: la mia vita non era stata più la stessa dopo il gioco. Sembra la frase d'inizio di un libro che qualcuno come quell'impostore del gruppo di sostegno potrebbe pubblicare. In ogni caso, nemmeno il mio giudizio è stato più lo stesso dopo le orribili scene che i miei occhi hanno visto e le tremende sofferenze che il mio corpo ha sopportato. E poi... Adam.
Qualcosa dentro di me aveva fatto sì che mi affezionassi a quell'uomo, molto più di quanto ho voluto ammettere da quando ho ripreso, per così dire, a vivere.
Volevo che si salvasse, ma per John non doveva andare così. Lui però aveva capito cosa stavo provando ed ha cercato di nascondermi il fatto che Amanda lo avesse ucciso prima del tempo per placare la sua agonia, ma io l'ho scoperto lo stesso. No, non sono più tornato in quel bagno. Non ci sono riuscito, perché sapevo cosa avrei trovato: o un morto, o un grosso senso di colpa.
Inoltre, se l'avessi fatto, John mi avrebbe punito, ero convinto di questo, così ho accartocciato quel pensiero in un angolo della mia mente fino a fare in modo che sparisse. John mi faceva paura? Neanche un po' - non più almeno. Ma paura di qualcosa ce l'avevo, nonostante avessi visto in faccia la cosa più al limite che esista, cioè la morte. Così le mie notti le passavo fissando il muro, con un tormentone nella mente che mi faceva sudare freddo: non pensare ad Adam, non pensare ad Adam, non pensare ad Adam.

Fino a quando non c'è stato Hoffman. Abbiamo avuto una breve relazione, il sesso con lui era in parte un mio mezzo per distrarmi dal senso di colpa verso Adam, però eravamo anche un buon duo. Mi faceva ridere, si prendeva cura di me, ci insegnavamo le cose a vicenda. Certo, tutto ruotava attorno a John e ai suoi piani, era sempre tutto per lui, eppure riuscivamo a ritagliarci uno spazio in cui poter respirare aria buona. L'unica ancora in grado di amare, di volere bene e soffrire per amore era Amanda, e... beh, la fine che la debolezza emotiva le ha fatto fare mi ha insegnato una cosa preziosa: avrei smesso di tentare di rievocare i sentimenti, perché quelli appartenevano a chi ero prima e a dirla tutta ormai mi parevano futili; mi avrebbero indebolito. E così ho fatto, li ho dimenticati. E' stato in parte Mark ad insegnarmelo: lui aveva smesso da un po' di tenere a me, ormai pensava solo a sé stesso. Voleva di più, si credeva invincibile, il migliore, il prediletto. Ed era bravo, davvero bravo, questo non lo negherò mai. Io al contrario sono sempre stato servile, John mi diceva di cosa aveva bisogno ed io eseguivo.

Come oggi.

Non mi dispiacque nemmeno un po'. Hoffman mi pregava, imprecava contro di me e chiedeva: "Perché fai questo proprio a me?"
Ma la mia mente era altrove. Non mi dispiacque non perché avevo rinunciato alle mie emozioni, ma perché quelle dannate si erano risvegliate nel tornare in quel bagno, indirizzate però verso qualcun altro... il piccolo Adam.
Sì, mi era sembrato piccolo, lo sembrava ogni istante di più, con quelle sue pallide dita tremanti e quegli occhi tristi, quei lamenti disperati di un uomo solo ma con ancora tante speranze, e quella catena al suo piede che pareva cinque volte più grande di lui.
I flashback ebbero inizio ancor prima di entrare: soltanto in quel buio corridoio arrugginito stavo già pensando a lui. Quando poi varcai la soglia del bagno, beh, da lì tutto peggiorò: il ricordo di Adam che mi implorava di non andarmene mi tartassava, scorrendomi davanti agli occhi in maniera così nitida che mi parve di star vedendo un film. Perfino la sua voce prese a rimbombare nelle mie membra, nonostante fosse passato molto tempo.
Non riuscivo a guardarmi attorno senza perdere lucidità. La vista della sega con cui mi ero tagliato il piede non era nulla in confronto al fottuto scheletro di Adam che giaceva nell'angolo, sembrava tanto magro tanto quanto l'Adam vivo, non di meno. Avrei soltanto voluto correre da lui, scuotere le sue spalle e scoprire che era solo addormentato, che si sarebbe svegliato con tutta la pelle addosso e che mi avrebbe puntato contro quei suoi scuri occhi tristi per sparare una delle sue battute sarcastiche ed offensive, chiedendomi dov'ero stato e perché ci avessi messo così tanto a tornare.

Lo guardai una volta sola.
Non ci riuscivo, diamine, mi bruciava le retine.
Mark mi gridava contro, incazzato e disperato. Mi chinai ad afferrare la sega prima che lui potesse prenderla; la guardai, il ricordo del mio sangue mi balenò nella testa per un istante.
"Oh, non credo proprio" con un ghigno lanciai l'oggetto all'indietro e lo sentii atterrare molto più in là. Raggiunsi l'entrata del bagno, lanciai un'ultima occhiata verso Hoffman che ancora non ci voleva credere. Non capiva. Ma in fondo, non avrebbe mai potuto capire.
"Game over" dissi piano, chiudendo poi la porta con forza. Lui continuò ad insultarmi da dietro la parete, ma era solo un sottofondo per me, perché non appena sparito dalla sua visuale avevo smesso di trattenere il mio dolore e mi ero appoggiato al muro; mi mancava il respiro, i miei occhi erano pieni di lacrime.
Non ero guarito. Mi mancava ancora da morire.

   
 
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