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Autore: syila    26/07/2018    4 recensioni
In effetti si.
Quella volta se l'era presa a morte.
Non tollerava che qualcuno insinuasse certi pettegolezzi su Victor.
Come figlia “virtuale” era suo dovere difendere la reputazione del padre, ma soprattutto come ogni figlia innamorata del papà, si rifiutava di concepire che quei due combinassero porcherie a letto.
Il che non le impediva di apprezzare fanfic, fanart e doujinshi che celebravano le loro gesta erotiche.
Misteri e contraddizioni dell'animo fangirl.
[Seconda classificata al contest "Una Storia per un Quadro"col pacchetto La camera di Vincent Van Gogh ad Arles indetto da Wurags sul forum di EFP]
Genere: Azione, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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[Storia partecipante al contest "Una Storia per un Quadro" col pacchetto La camera di Vincent Van Gogh ad Arles indetto da Wurags sul forum di EFP]
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“E se è tutto un sogno, che importa. Mi piace e voglio continuare a sognare.”
Luis Sepúlveda - Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

Capitolo I°

Sul tetto del palazzo la notte di San Pietroburgo si poteva quasi toccare.
Era un nero materico, compatto, composto da uno spesso strato di nubi adagiate sugli edifici più alti e nascondeva la Luna, che splendeva da qualche parte oltre la fitta cortina caliginosa.
Le uniche luci venivano dal basso; dai lampioni stradali, dai fari delle poche auto in transito, dalle finestre e dai balconi di qualche nottambulo ancora sveglio davanti alla televisione.
Un refolo di vento gelido s'insinuò tra le torri di raffreddamento dell'impianto condominiale e spinse una figura acquattata nell'ombra ad alzarsi e ad osservare il cielo.
Il vento poteva essere un problema, ma mai quanto la pioggia e le previsioni avevano detto chiaramente che non sarebbe piovuto prima dell'indomani.
In quel contesto il meteo era molto più di una variabile destinata a rovinare il ponte pasquale.
La figura in nero uscì dal suo nascondiglio e avanzò fino al parapetto; la corrente ascensionale era forte, valicare con la teleferica il vuoto che separava l'edificio da quello dirimpetto non sarebbe stata una passeggiata, però era tardi per rinunciare.
Il suo obiettivo si trovava laggiù, un paio di piani più in basso e nell'ultimo anno lo aveva studiato nei minimi dettagli, limando e perfezionando il Piano con cura maniacale.
Aveva testato l'attrezzatura in condizioni estreme, doveva reggere il suo peso e resistere a strappi e torsioni e naturalmente aveva già effettuato dei sopralluoghi in entrambi gli edifici.
Conosceva le abitudini e gli orari dei portinai e degli inquilini, aveva imparato ogni via di fuga possibile e farsi assumere nell'impresa di pulizie condominiale aveva garantito la possibilità di entrare in possesso dei duplicati delle chiavi d'accesso a portoni e cortile.
Niente era stato lasciato al caso e adesso che il Piano stava per entrare nella sua fase operativa si concesse il sorriso orgoglioso del genitore davanti ai primi passi della sua creatura.
La fune d'acciaio si tese emettendo un delicato fruscio metallico, mentre la figura planava nel breve volo radente fino a raggiungere il tetto antistante.
Per un momento aveva smesso di pensare, di respirare; era diventata tutt'uno col cavo, il suo cordone ombelicale, il discrimine sottile tra la vita e la morte.
Prima di guardare di nuovo in basso si accertò di avere una superficie solida sotto i piedi.
Dalla strada nessuno si era accorto della sua presenza; dell'acrobata silente che non ambiva a frantumare primati o a finire sui social.
La segretezza era un requisito fondamentale per la buona riuscita dell'impresa, almeno quanto lo erano l'audacia e le doti atletiche.
Una volta assicurata la corda da scalata attorno al gabbiotto in muratura, che ospitava i meccanismi dell'ascensore, si accinse a calarsi fino al terrazzino dell'attico; era una fortuna che il suo obiettivo abitasse all'ultimo piano, quell'appartamento era l'unico a godere del privilegio di uno piccolo balcone su cui era stato allestito un romantico angolo, composto da un tavolinetto in ferro battuto accompagnato da due sedie coordinate.
Una volta in sicurezza l'acrobata provvide a sganciare i moschettoni e a togliere l'imbracatura; poteva fare tutto con una certa calma, senza tema di svegliare qualcuno.
Dall'interno tutto era quiete e silenzio; i proprietari erano assenti, come molti altri russi avevano approfittato delle vacanze di Pasqua per concedersi un breve viaggio fuori città.
La serratura della porta-finestra fu un ostacolo solo il tempo necessario alla fugace constatazione che stava commettendo effrazione e violazione di domicilio e si passava dal Codice Civile in cui le passeggiate fuori programma su tetti erano sanzionabili al massimo con un'ammenda, al Penale quindi ad un processo e alla prigione.
La punta di diamante disegnò un cerchio perfetto sulla finestra, poi bastò un colpetto bene assestato per determinarne il distacco e la caduta sul pavimento.
La figura in nero si paralizzò, trattenne il fiato e attese contando dieci lunghissimi secondi prima di avere la certezza che dall'abitazione non provenissero altri rumori o che un impianto d'allarme di cui non era a conoscenza si mettesse a ululare nel cuore della notte mandando a monte un anno di preparativi.
Niente di tutto questo accadde.
Infilò cautamente la mano e aprì la maniglia.
I frammenti di vetro scricchiolarono appena sotto le sue scarpe e furono l'unico suono degno di nota dell'appartamento.
Da qualche parte ticchettava un orologio e il rubinetto sopra l'acquaio lasciava cadere con monotona regolarità una goccia d'acqua.
La presenza entrava ed usciva dai giochi di ombre creati dagli angoli e dal mobilio procedendo
nell'esplorazione di un ambiente che conosceva praticamente a memoria: ecco il divano di design, il basso tavolinetto in cristallo ingombro di riviste sportive, la cucina, piccola, ma moderna e organizzatissima.
Tutto era in ordine; non quel tipo di ordine maniacale da vecchia zitella, quanto piuttosto l'ordine caloroso e accogliente degli oggetti vissuti, rispettati e amati, esposti con cura, per valorizzarli.
I guanti neri sfiorarono il profilo del divano e indugiarono nella soffice trama di un plaid dimenticato con negligenza sulla spalliera; uno dei proprietari soffriva il freddo come testimoniava il riscaldamento lasciato acceso al minimo nonostante la loro assenza.
Inoltrandosi lungo il corridoio buio un rumore sgraziato bloccò l'intruso in una sagoma di terrore stilizzato contro le finestre; aveva calpestato qualcosa e solo quando ritrovò il necessario sangue freddo osò guardare sul pavimento individuando l'oggetto all'origine del miagolante gemito: una pallina di gomma.
I padroni di casa avevano un cane; la pallina era solo uno dei tanti indizi della sua presenza, insieme alla lucida ciotola d'acciaio posizionata in cucina e al guinzaglio appeso all'attaccapanni all'ingresso.
Mancava la cuccia e l'intruso sapeva perché: l'inquilino peloso era solito dormire sul letto insieme a loro.
Una delle tante informazioni in circolo sui social, grazie alle quali aveva ricostruito senza fatica la planimetria della casa e perfino la vita dei proprietari, i quali, evidentemente, non prendevano sul serio gli avvertimenti sul pericolo di immettere informazioni personali in rete data la quantità spropositata di foto che intasavano il loro canale Instagram!
Con una leggera spinta aprì la porta appena accostata della camera da letto e dopo un attimo di esitazione la figura in nero scivolò all'interno, leggera come un'ombra sul muro; ne seguì il perimetro e si accoccolò nell'interstizio tra le due finestre d'angolo, altissime, grazie alle quali riusciva a vedere senza accendere la luce.
Da lì poteva tenere sott'occhio tutta la stanza.

Il viaggiatore prudente prepara per tempo il sentiero che percorrerà l'indomani...
Ispira.
Espira.
Hai raggiunto la meta prefissa.
Ispira.
Espira.
Sei in casa di Victor-Oh-mio-Dio-Nikiforov!
Oh mio Dio...
Nella sua camera da letto!
Oh mio Dio!




“Oh mio dio!!!”
La verbalizzazione di quel pensiero fu espressa a volume così alto che spaventò anche chi lo aveva formulato; la chioma argentata sussultò e poi sparì nell'angolo insieme a tutto il resto: un metro e cinquantacinque per cinquanta chili di femmina ventenne di sana e robusta costituzione; adesso un po' meno sana considerate le condizioni di iperventilazione e tachicardia che la tenevano schiacciata sul pavimento, incapace di rialzarsi.
Doveva reagire, non poteva permettere ai suoi nervi di rovinare in cinque minuti un anno di sbattimento! Smise di commiserarsi e si rimproverò aspramente a causa della sua debolezza.


Primo: doveva rammentare il motivo per cui era lì.

“Iliana cosa ci fai ancora sveglia?”
Il lampadario sghembo del salotto si accese sulla colpevole accoccolata davanti alla TV, che trasmetteva un programma sul pattinaggio ad un'ora assurda della notte, per via del fuso orario. Ad un genitore apprensivo però non interessava sapere che quelli erano i mondiali Juniores e che un giovane russo li aveva appena vinti stracciando la concorrenza.
No.
Al genitore apprensivo interessava che la figlioletta di otto anni si svegliasse fresca e riposata l'indomani, per andare a scuola.
A nulla erano valse le sue rimostranze e il chiamare in causa l'orgoglio nazionale, tolto il momentaneo stupore suscitato dalle nobili argomentazioni in bocca ad una marmocchia, che arrancava per avere la sufficienza in storia; la TV fu spenta proprio mentre inquadravano il volto angelico del giovanissimo atleta e lo speaker declamava con enfasi il suo nome: Victor Nikiforov.


Quello era il motivo che l'aveva spinta a rischiare l'osso del collo sui tetti cittadini e a infrangere almeno una decina di leggi su furto e violazione di proprietà privata.
No.
Non l'insensibilità dei suoi familiari.
E nemmeno il loro scarso amore verso la Madre Russia! Lei era lì per Victor Nikiforov, la leggenda vivente del pattinaggio artistico.

Secondo: attieniti al Piano.
Sempre.

Ma quello è il suo letto... Le sue lenzuola... Oddio dormirà sul lato destro o quello sinistro...Se allungo il braccio posso arrivare a toccare il cuscino...

Cos'ho appena detto!
La sua controparte maniaca del controllo la richiamò all'ordine.

Di attenersi al piano...

Niente distrazioni!

No-no-no! Niente distrazioni ora... Mi riprendo...

Terzo: definisci il tuo obiettivo.
Ovvero la parte più difficile del Piano.

Per intendersi: non che il volo in teleferica e la discesa con la tenuta da rocciatore fossero bazzecole, ma dal suo punto di vista adesso le cose si facevano molto complicate.
Era riuscita ad entrare nel Sancta Sanctorum del suo idolo col proposito di impossessarsi di una reliquia, un oggetto personale, uno e uno soltanto; tuttavia, all'ingresso del Paese della Cuccagna anche Pinocchio probabilmente aveva avuto un attimo di indecisione nello scegliere la prima giostra su cui salire!
Il luogo più adatto da cui iniziare la cernita era senza dubbio la cabina armadio.
Avanzò a carponi dal suo angolo alla parete di fronte; la camera aveva delle misure contenute, perciò il mobilio era ridotto all'essenziale: letto con panca imbottita in fondo, comodini minimal, armadio.
Aprì l'anta scorrevole in uno stato di comprensibile agitazione; il mondo segreto, intimo di Victor Nikiforov stava per esserle rivelato, ciò che nascondeva al resto del mondo e custodiva gelosamente lontano dagli sguardi famelici dei fans era...
Oh...
Wow...
La tuta olimpionica di Yuuri Kastuki.
Fantastico...
L'intrusa sospirò e si scompigliò i capelli in un moto di esasperazione.

Il Katsudon era stato difficile da digerire.
A dispetto della bontà del tipico piatto a base di riso e pollo, quando la faccenda del giapponese era diventata di dominio pubblico e si era capito che quei due non erano più solo Coach e Allievo in rete era scoppiato il panico.
Peggio del crollo di Wall Street nel Ventinove.
C'era chi si era lasciato andare a crisi isteriche, chi postava video di fangirl in lacrime, chi al contrario grufolava indegnamente sguazzando di piacere nel pettegolezzo come un porcellino nel fango.
E no.
Il paragone non era casuale!
Anche a lei fu chiesto di prendere posizione.
Succedeva regolarmente sulle cose importanti che riguardavano Vitya.
Lo aveva fatto sul nuovo taglio di capelli, sfoggiandone uno uguale sul gruppo Facebook dedicato al Campione appena tre giorni dopo l'uscita delle foto ufficiali.
Pazienza se aveva impiegato cinque anni per farli crescere fino a metà schiena, difendere il russo da certi attacchi e insinuazioni gratuite era molto più importante!
Con Katsuki fu la stessa cosa.
Si prese del tempo per riflettere; l'attesa aumentava le aspettative dei fans che vedevano in lei una delle massime autorità su Nikiforov e, come accadeva in questi casi, anche lei ricorreva ad un Ente superiore per avere una risposta definitiva.
“Nonna che ne pensi della convivenza tra due maschi?”
L'interpellava interruppe la distribuzione del mangime ai polli, aggrottò la fronte solcata da profonde rughe e sentenziò decisa “Chi divide il letto divide l'affetto” poi riprese a gettare il mangime nell'aia considerando chiuso l'argomento.
L'indomani l'autorevole opinione, che campeggiava a caratteri cubitali sul suo blog, venne ripresa e condivisa da tutti i suoi contatti e si diffuse a macchia d'olio costringendo in difesa chiunque avesse sostenuto una posizione meno ortodossa.
Col tempo il giapponese aveva imparato a farsi voler bene; un po' per via del suo carattere timido e dolcemente impacciato, che faceva strillare alla protezione del soggetto, nemmeno fosse una razza in via di estinzione; un po' perché era palese che Victor fosse felice insieme a lui, nelle foto insieme i suoi occhi brillavano di gioia e il suo celebre sorriso a cuore si allargava da un orecchio all'altro.




La felpa immacolata era un bel trofeo, tuttavia la priorità erano gli effetti personali di Victor.
L'esplorazione della cabina andava approfondita e la luce dei faretti incassati a soffitto le venne in aiuto. Lo spazio era molto più ampio di quanto sembrasse in apparenza; doveva aspettarselo da un fashion victim come il russo.
A destra era sistemata l'attrezzatura sportiva, sulla sinistra una lunga teoria di giacche, giacconi, camicie, completi.
L'occhio allenato da anni di photogallery le consentì subito di distinguere i capi di Victor da quelli di Yuuri; il giapponese aveva uno stile casual e minimale, gli oggetti più eleganti ed estrosi che indossava glieli aveva regali il suo compagno.
Mentre valutava il maglione grigio di Fendi che il pluricampione russo indossava a Barcellona durante la finale del Grand Prix il suo peso fece scattare il meccanismo a pressione dell'anta a cui era appoggiata rivelando l'ennesimo mondo nascosto dove le mensole su misura esponevano in bell'ordine almeno una decina di paia di pattini.
Uno era talmente piccino da legittimarla a supporre che fosse il primo paio indossato da Victor e meritava una foto ricordo, perché era troppo, troppo kawaii!
C'erano quelli neri con le lame dorate che aveva sfoggiato sulla pista di Soči durante l'ultimo campionato prima dell'anno sabbatico che aveva preso per allenare Yuuri.
Quei pattini erano un pezzo di storia e averli a portata di mano senza provarli sarebbe stato un crimine.
Armeggiando nell'angusta intercapedine riuscì ad infilarli allacciandoli con una certa facilità.
Era pratica.
Non era il primo paio di pattini che indossava.
D'altronde supportare un campione del calibro di Nikiforov comportava necessariamente un approccio diretto con questo sport!

Almeno fino alla presa di coscienza che lei e il pattinaggio su ghiaccio appartenevano a due universi distanti.

Il primo giorno, armata di quell'entusiasmo che solo i neofiti appena convertiti alla nuova fede possiedono, si era presentata a lezione in modalità “spacco tutto”.
Invece era stato il ghiaccio a spaccarla.
Frattura del polso, gesso, compresse fredde sulle ammaccature distribuite ovunque in specie di carta geografica del dolore.
Questo le aveva insegnato a vivere quell'esperienza con filosofia e soprattutto con molta più calma.
Nelle lezioni successive era riuscita a stare in piedi, aveva imparato a frenare, girarsi, pattinare all'indietro, ma niente più di questo.
Alla fine la sua insegnante l'aveva presa da parte spiegandole come stavano le cose: non sarebbe migliorata più di così, stava buttando i soldi dalla finestra e forse doveva dedicarsi ad un altro sport... Magari.. Rugby, Calcio, Pugilato...
Stava forse facendo delle insinuazioni sulla sua femminilità?
Che poi...
In fondo mica le dispiaceva l'idea di uno sport più... Muscolare!
A scuola tutti la prendevano in giro a causa delle sue dimensioni tascabili!
Quando era entrata nella palestra “Vertical Limit” tra lei e l'arrampicata libera era stato amore a prima vista, poi era venuto il parkour e infine il progetto di entrare, anche fisicamente, nel mondo del suo idolo.
Era stata una maturazione graduale.
Un progredire verso la consapevolezza in parallelo all'affinarsi delle sue doti di atleta e arrampicatrice.
Quando riesci ad accaparrarti: autografo, maglietta firmata, selfie, selfie con bacio sulla guancia, selfie con Katsudon e doppio bacio sulla guancia decidi che restare a guardare e commentare non ti basta più ed è in quel momento che la fan supportiva compie il salto di qualità e diventa...
Ok, chiamiamo le cose col loro nome...
Una stalker.
E una ladra.
Diamine!
Però il brivido del proibito dava delle grosse soddisfazioni!


Da quel paio di pattini arrivavano delle belle vibrazioni, se fosse stata sul ghiaccio avrebbe potuto anche tentare un Toe Loop con una buona probabilità di sfangarlo.
Erano un po' come le scarpette magiche di Dorothy: avendoli ai piedi tutto era possibile.
Scattò qualche foto come documentazione e testimonianza, poi un po' a malincuore li tolse e continuò la sua ispezione; nella cabina-armadio oltre ai vestiti e ai pattini erano stati sistemati altri oggetti a cui non era stato possibile trovare posto nella camera da letto.
Sopra un ripiano trovò dei grossi volumi dalle copertine imbottite, pensò a delle raccolte di articoli di giornale, ma quando lì aprì le sfuggì un grido di sorpresa: erano album di fotografie!
Una rarità per chi come lei conservava tutto in archivi digitali e il concetto di “foto cartacea” era relegato ai vecchi ritratti in bianco e nero dei nonni e alle foto del matrimonio dei suoi genitori.
A quanto pare il russo teneva lì i suoi ricordi più preziosi, quelli che non condivideva su Instagram o su Facebook!
Uno di questi raccoglitori conteneva le foto di una vacanza al mare con Yuuri; dovevano essere dell'estate scorsa quando i due erano spariti una settimana sotto Ferragosto e nessuno sapeva dove fossero finiti!
A giudicare dai panorami mozzafiato sembrava un'isola tropicale, forse le Hawaii o le Maldive.
Tuttavia a colpirla fu il tono familiare degli scatti: ritraevano Yuuri nella cucina del bungalow alle prese con la colazione, il suo profilo contro la luce del tramonto, Victor con una imbarazzante camicia a fiori intento a sorseggiare un cocktail insieme al giapponese dalla stessa noce di cocco, loro due pigramente cullati da un'amaca all'ombra delle palme.
Quel materiale era a dir poco esplosivo!
Ecco perché Victor lo teneva nascosto!
Non per timore di alimentare le critiche ad una relazione già “chiacchierata” e nemmeno a causa di certi primi piani del lato B del campione russo su cui le erano caduti gli occhi (in senso letterale!) ma perché si trattava del privato più intimo della coppia, quello in cui forse non aveva il diritto di entrare.
O almeno lo pensò nei successivi due minuti, subito prima di attivare la modalità cosplay e riprodurre dallo smartphone gli atteggiamenti e i look più interessanti dei suoi beniamini.

"Devo proprio?"
All'ennesima domanda inopportuna alzò gli occhi al cielo invocando pazienza, quella ragazza somigliava come una goccia d'acqua a Yuuri Katsuki ed era solo per quel motivo che tollerava il suo carattere piagnone e insicuro; oltre al fatto che era la Vice Presidente del suo fan club, nonché migliore-amica-per-sempre dai tempi dell'asilo.
"Nadiya è molto semplice, te lo rispiego: finale della Cup of China, Yuuri conclude il Libero rivolgendosi a Victor in attesa di un suo cenno, Victor gli corre in contro, lo abbraccia, cadono sul ghiaccio e lo bacia in diretta TV. Fine della storia. Cosa ti preoccupa? Ti ho già insegnato come cadere senza farti male!"
"Beh... Ma mica si è visto chiaramente che era un bacio..."
L'amica le rivolse uno sguardo di fuoco, poi si coprì il viso con le mani in una tangibile manifestazione di assoluta disperazione, come, come poteva il suo fedele braccio destro mettere in dubbio un simile dogma?
"Non ti arrabbiare! È che a me piacciono i ragazzi!"
L'altra inarcò un sopracciglio "Anche a me. E quindi?"
"Ecco... Non vorrei che la gente alla Fiera del Fumetto si facesse delle strane idee..."
Iliana rispose con un gesto alla Victor: si spalmò la mano sulla fronte e gettò all'indietro la frangia argentata.
"Le basi Nadiya, le basi! Cinque anni di onorata carriera come cosplayer e ancora mi perdi di vista i concetti fondamentali?"
"Scusa..." pigolò l'interpellata con le lacrime agli occhi.
"È finzione! Recitiamo un ruolo, un personaggio e dobbiamo riprodurlo nei minimi dettagli, perché sono i dettagli che..."
"... Rendono credibile il personaggio e distinguono il bravo cosplayer dal dilettante" recitò diligentemente Nadiya.
"Esatto... Perciò cosa fanno gli attori sul set? Fanno finta! Non si baciano davvero!"
"Posso pensare ad Aljosha durante il bacio?"
"Ma chi? Quello del biennio specialistico?"
"Eh-eh!" l'amica annuì convinta, Dio, quando lo faceva era proprio identica al giapponese!
"È un idiota" sentenziò l'altra "e un bastardo. Si sta lavorando l'assistente all'esame di Anatomia per passarlo senza studiare ed è così coglione da vantarsene pure su Instagram"
"Ah..."
Attenzione!
Allerta!
Cuore spezzato in tre... Due... Uno...
Ilyana le posò le mani sulle spalle e si preparò ad un discorso motivante, perché era a quello che servivano le amiche!
"Tu meriti di meglio! Meriti una persona che sappia valorizzarti, che riconosca quanto sei unica e speciale, che comprenda i tuoi difetti e le tue fragilità e non veda in te solo un paio di tette in movimento o la via più breve per passare un esame! Meriti una persona come..."
"Come Victor Nikiforov?" completò speranzosa, ma la sua amica la gelò con un'espressione di pietra.
"Scordatelo, lui è unico, non ce ne sono altri così sulla faccia della Terra e probabilmente nel resto dell'universo... Tuttavia...” aggiunse in fretta onde evitare una crisi di pianto“Ne troveremo uno che gli si avvicina, tranquilla!”




Un discreto pigolio la costrinse a distogliere lo sguardo dagli album di foto, il timer impostato prima di iniziare l'incursione l'avvisava che erano trascorse già due ore; fermarsi troppo aumentava i rischi di essere scoperta, ma lei doveva ancora trovare il souvenir che avrebbe coronato il successo della sua impresa!
Di nuovo si guardò attorno: quali altri segreti nascondeva la cabina armadio?
Presa dall'ansia cominciò ad aprire gli sportelli a caso: disdegnò il Rolex, regalo di uno sponsor molto generoso, diede solo un'occhiata alle spille da giacca e ai gemelli riposti nelle loro lussuose scatoline imbottite e sorvolò sulla collezione di cravatte; Victor aveva buon gusto, ma lei voleva qualcosa di molto più personale!
La soluzione venne da sola nel momento in cui infilò le mani nel cassetto della biancheria: aveva trovato... Il paradiso delle mutande!
Stavolta distinguere quelle dei due pattinatori risultò molto più difficile: avrebbe giurato che il giapponese fosse di gusti sobri, però davanti ad un paio di culottes di raso rosso rimase letteralmente senza parole.
“Santissima Vergine Theotokos...” mormorò sollevando con delicatezza quella che per forma e colore somigliava molto alla sua giarrettiera coordinata!
Le sorprese non erano finite; mischiati a capi in odore di perdizione c'erano boxer di dubbio gusto: stampati a cuori, gattini, unicorni e uno con... Lo scettro di Sailor Moon? Davvero?
Selezionò quelli più interessanti e trasferì il bottino in camera da letto; prima di fare una scelta definitiva rimaneva da ispezionare il bagno; conosceva a memoria tutti i profumi della coppia, anche perché la maggior parte veniva dagli sponsor e di alcuni avevano promosso l'immagine in qualità di testimonial.
Più interessante era scoprire le marche dei prodotti per l'igiene personale: fotografò accuratamente deodoranti, gel da barba, dentifrici e si... Anche il rotolo della carta igienica!
Quando si trattò di entrare nella doccia però, ebbe un attimo di ritegno e arrossì al pensiero di quello che combinavano quei due là dentro; era una cabina enorme, con getto a pioggia e due larghe sedute rivestite delle stesse piastrelle candide in stile metropolitano delle pareti.
Aprì il rubinetto solo per il gusto di sentir scorrere l'acqua come la sentiva Victor tutte le mattine, poi passò ad annusare i flaconi di bagnoschiuma annotando che il russo aveva almeno due tipi di shampoo, di cui uno anticaduta.
Sapeva quanto tenesse ai suoi capelli e... A proposito di capelli!
Sul ripiano in marmo accanto al lavabo c'era la “sua” spazzola!
Che fosse sua lo aveva dedotto da un paio di sottili fili d'argento arrotolati tra le setole.
Col piglio della criminologa ne prelevò un campione e lo depose al sicuro in un fazzolettino di carta ripetendosi che non era una roba da pervertiti! Lo facevano anche in età vittoriana quando era consuetudine regalare una ciocca di capelli all'amato bene!
Solo che in questo caso... Non era un regalo e l'amato bene era all'oscuro di tutto.
Infine, poiché la vanità è femmina, pensò bene di approfittare della spazzola per dare una sistemata alla piega, aveva visto la sua immagine nello specchio e sembrava un porcospino albino punk in trip da acido! Si rinfrescò il viso e lo immerse nella morbida spugna da bagno, che aveva, dettaglio romantico, le cifre dei loro nomi ricamate.
Rimise tutto in ordine (era una ragazza molto meticolosa in verità), spense la luce e con due salti prese la rincorsa e planò sull'enorme letto matrimoniale che si aprì e si richiuse su di lei risputandola fuori con un morbido rimbalzo. Doveva essere un materasso in memoria di forma, comodissimo per dormire... E per altre attività.

“Aww...”
Il loro letto.
Era nel loro letto!

Misya2000:
“Secondo voi chi è che sta sotto?”

Nanichan:
“Per me fanno a turno!”

Sweetpotato:
“Nah! Si capisce che è Vicchan quello attivo!”

Victuuri_Shipper:
“Ragazze potrei sorprendervi, non sapete quanti cosiddetti attivi adorano farselo mettere nel...”

Iliana_Nikiforov:
“ABBASSIAMO I TONI! E moderiamo il linguaggio... Siamo in multichat e vi ricordo che nel gruppo ci sono anche minorenni”

Victuuri_Shipper:
“Parli di abbassare i toni e urli in maiuscolo? Te la sei presa, perché ti hanno toccato il paparino?”

Iliana_Nikiforov:
“Me la prendo, perché sono la moderatrice del gruppo e vorrei evitare che lo chiudessero, per divulgazione di contenuti illegali. Perciò, se siete d'accordo tornerei a dibattere sull'Ordine del giorno: il banner per celebrare il ritorno di Vitya alle competizioni...”

In effetti si.
Quella volta se l'era presa a morte.
Non tollerava che qualcuno insinuasse certi pettegolezzi su Victor.
Come figlia “virtuale” era suo dovere difendere la reputazione del padre, ma soprattutto come ogni figlia innamorata del papà, si rifiutava di concepire che quei due combinassero porcherie a letto.
Il che non le impediva di apprezzare fanfic, fanart e doujinshi che celebravano le loro gesta erotiche.
Misteri e contraddizioni dell'animo fangirl.



Fine Prima parte


♥ La voce della fangirla ♥

Ohi-ohi!
Pensavate che avessi esaurito le cartucce a disposizione su i nostri beniamini, vero? X°D
E invece no!
Complice il solito uccellino (una freccia al neon si accende sulla testa di Old Fashioned) mi è arrivata la segnalazione di questo contest e il primo spunto da cui partire per questa micro-avventura on Ice.
Eh si miei cari, stavolta non vi tedierò con saghe lunghissime, sono due capitoli, ma molto sentiti, perché la vera protagonista è una ragazza comune, né famosa, né pattinatrice, ma tanto, tanto fangirlA!
Così FangirlA da essere disposta ad elaborare un piano folle, scalare un palazzo, volare su una teleferica, scassinare una finestra pur di entrare in casa del suo idolo e accaparrarsi un souvenir!
Coraggio e spirito di iniziativa certo non le mancano, ma siamo sicuri che andrà tutto liscio come ha pianificato?
Un cane potrebbe metterci lo zampino (e anche la coda!) e mandare a rotoli il suo progetto! Leggere il secondo capitolo per credere :D

Questa è una piccola storia che dedico a tutte noi, che sognamo di entrare per un attimo nella vita dei nostri idoli, ma mi raccomando: si tratta di attività pericolose! A casa non imitatele! :D


   
 
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