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Autore: Layla    28/07/2018    0 recensioni
Nel 1907, il dottor Duncan MacDougall di Haverhill in Massachussets, misurò il peso corporeo di sei persone durante il loro trapasso. I dati registrati gli fecero concludere che, subito dopo la morte, ogni corpo umano perde 21 grammi. Questo peso, secondo lo scienziato statunitense, sarebbe da attribuire all’anima. Karima è nata senz'anima, non sa provare emozioni e, secondo la predizione di una vecchia zingara tornerà a provarle solo quando la sua anima gemella le restituirà la sua. Jack Barakat potrebbe essere quella persona, sebbene non creda a queste dicerie, perché quando incontra Karima si rende subito conto che è legato a lei in modo speciale quanto inspiegabile.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Barakat, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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28)Completa.

 

Karima p.o.v

 

Natale è arrivato.
È il 25 dicembre e sono nella csa di Baltimora di Jack, è grande e spaziosa, a due piani, io sono davanti al camino avvolta in un golf e guardo alternativamente il fuoco e le luci del grande albero di Natale.
Jack è sotto la doccia per prepararsi ad andare dalla sua famiglia e io vorrei che si sbrigasse, ho freddo e non so nemmeno se i miei regali piaceranno.
Ho preso una rosa di Natale per andare sul sicuro e ho cucinato il knafeh per rendere contenta la nonna del mio ragazzo, spero apprezzino.
Finalmente la porta del bagno si apre e Jack esce, io scatto come un serpente e corro per le scale, lui si sta tranquillamente asciugando i capelli spettinati  con addosso solo un asciugamano.
“Dillo subito che vuoi che arriviamo in ritardo, così risolviamo subito la questione.”
Lui si guarda e scoppia a ridere, poi si avvia verso la nostra camera, io lo seguo mio malgrado.
Recupero le cose che mi servono e vado in bagno, giro la manopola della doccia per portarla alla temperatura giusta e poi mi ci infilo sotto.
Dopo una lunga doccia mi sento meglio, ora non mi resta che vestirmi, visto che mi sono depilata ieri, indosso calze nere, un vestito aderente a maniche lunghe – nero con arabeschi argentati – mi raccolgo i capelli di nuovo verdi in una coda e mi trucco.
Decido di stare sull’eccentrico, ma non troppo: matita nera, ombretto argento e rossetto scuro.
Il risultato mi soddisfa, così mi metto un po’ di profumo e i miei stivali argento dall’aria vintage, credo di essere elegante, ma non ne sono sicura.
Esco dal bagno e Jack mi applaude, lui indossa, jeans, camicia e giacca neri.
“Cravatta?”
“Le odio.”
“Sta bene. Come sto?”
“Sei fantastica, sembri una creatura scesa dallo spazio.”
“Non se sia una buona cosa, non mi sembra natalizia.”
“Chi se ne frega? L’importante è che ti piaccia, non credo i miei faranno storie, sono abituati ai miei look.”
“Tu sei loro figlio, è abbastanza normale che siano più tolleranti con te.”
Sbuffo io, nervosa come mai nella mia vita.
Sento che più che andare a un pranzo di Natale sto andando all’arena dove le persone vengono uccise o salvate secondo la volontà dell’imperatore.
“Non essere ansiosa, andrà tutto bene.”
Mi abbraccia lui, io non riesco a condividere questo suo ottimismo, non ancora almeno.
“Va bene.”
Io prendo il dolce e lui i fiori, poi finalmente andiamo alla casa dei genitori di Jack, è una tranquilla villa di periferia decorata per il Natale con due macchine già parcheggiate.
“Ci saranno anche mia sorella May e il suo fidanzato e Joe con la sua ragazza.
May è la mia sorellona e Joe il mio fratellino.”
“Ok. Ce la posso fare.”
Jack suona il campanello e una donna dai capelli castani viene ad aprirci.
“Ciao, Jack! Che bello vederti ogni tanto!
Tu devi essere Karima, vero?
Io sono Joyce, la madre di Jack.”
“Piacere di conoscerla.”
“Non darmi del lei, mi fai sentire vecchia. Entrate, forza!”
Ci dice sorridendo, noi eseguiamo e anche un uomo dall’aria mediorientale ci viene incontro.
“Lui è Bassam, mio padre.
Papà, lei è Karima.”
“Piacere di conoscerla. Beh, io ho portato delle rose di Natale e una knafeh.”
I due accettano i fiori sorridendo.
“Ho sentito bene? Una knafeh?”
Una terza voce si inserisce nella conversazione e una donna anziana in un abito di velluto rosso scuro con hijab coordinato fa la sua comparsa.
“Lei è mia nonna Naima.”
“Hai detto knafeh?”
Mi dice lei guardandomi con due penetranti occhi scuri.
“Sì.”
“E l’hai fatta tu?”
“Sì, mia madre mi ha insegnato la ricetta.”
Lei sorride all’improvviso.
“Sei libanese?”
“No, sono mezza palestinese. Mia madre era palestinese, ma ora è morta.”
“Mi dispiace, ma sono felice che ti abbia insegnato quella ricetta.
Sono anni che non magio una knafeh come si deve.”
“Mamma!”
“Sì, lo so, figlio mio.”
Lei se ne torna in sala e Jack la segue, io invece vado in cucina per posare il dolce.
“Mi dispiace di averti messa in imbarazzo.”
La madre di Jack ride.
“Non ti preoccupare, è una specie di gioco tra me e mia suocera, ogni tanto va in una pasticceria con specialità arabe e si rimpinza di quello che vuole.”
“Capisco.”
“Mi dai una mano a portare gli aperitivi?
Prosecco e noccioline.”
“Ok.”
Prendo un vassoio con calici colmi di vino chiaro e lo porto in sala accolta da un applauso. Non appena lo poso quelli che immagino siano May e Joe mi vengono incontro.
“Tu sei Karima, vero?
Jack ci ha parlato tanto di te.”
“Beh. Sì, sono io e che diceva?”
“Era felice di aver trovato una ragazza con cui mettere la testa a posto e lo sono anche io. Questo pazzo mi ha fatto preoccupare per anni con la sua band e i suoi comportamenti.”
“Dai, May! Si è giovani una volta sola!”
“Jack, hai quasi trent’anni. Accasarsi è normale, lo sai, vero?”
“Mio Dio, non dirmi che vuoi già dei nipotini?”
“No!”
Esclama Joe.
“Sono giovane per fare lo zio e Jack è figo così com’è.”
Io mi sento un filo fuori posto.
“Smettetela, mettete a disagio Karima. Facciamo onore all’aperitivo piuttosto!”
“Ok, ok!”
Beviamo il nostro calice sgranocchiando noccioline e chiacchierando, ovviamente io e Jack siamo l’argomento principale.
Che imbarazzo.

 

Finalmente ci sediamo a tavola, vengono portati gli antipasti: ci sono tartine con la salsa tonnata, vol au vent  e insalata di pesce. Non ci sono salumi probabilmente per rispetto alla nonna musulmana e forse al padre del mio ragazzo.
“Tuo padre è religioso?”
“Uhm, moderato. Diciamo che non segue il precetto sull’alcool perché il vino gli piace e pure la birra.”
“Capisco.”
“Adesso basta con le chiacchiere o le tartine spariranno senza che noi le abbiamo assaggiate!”
Ne prendiamo due ciascuno e mi accorgo che ha ragione, ne sono scomparse più della metà e dopo averle assaggiate capisco perché.
“Sono buonissime!”
“È la salsa di mamma!”
“Posso darti la ricetta se tu mi farai un corso intensivo per cucinare la knafeh, Naima dice che sembra proprio buona.”
“Oh, beh. Perché no?”
I vassoi spariscono e poco dopo arriva una teglia di lasagne che sembra uscita da una rosticceria italiana.
“Anche questa l’ha cucinata tua madre?”
“No, May. È lei la maga delle lasagne.”
“Sembrano davvero buone.”
“Fidati, lo sono.”
Joyce taglia le porzioni in modo preciso e le distribuisce.
“Buon appetito!”
Urlano tutti e poi si inizia a mangiarle.
Sono effettivamente molto buone e May si merita il titolo di maga delle lasagne, le mie non sono così buone, anche se mi impegno sempre al massimo.
Tra il primo e il secondo c’è una pausa in cui tutti chiacchierano amabilmente di qualcosa, chi di ricette, chi del lavoro, chi della band di Jack e qualcuno di noi.
Naima è la più interessata alla mia storia e io rispondo pazientemente a tutte le sue domande, alla fine sembra soddisfatta.
“Sembri proprio una brava ragazza, quella che speravo di vedere accanto al mio Jack, ho sempre temuto che ci portasse a casa un’oca.”
“Grazie della fiducia, nonna.”
“Beh, è vero. Finora le due ragazze che hai portato a casa sapevano a stento presentarsi.”
“Nonna!”
“La verità fa male, figlio mio?”
“Farebbe meno male se avessi davanti del cibo per consolarmi.”
“Oh, Jack! Non è che ti mancano?”
Chiedo io.
“Assolutamente no. Non dare retta a mia nonna, a volte sa essere molto polemica, ma fortunatamente ti ha presa in simpatia.”
Io e lei ridiamo insieme.
“A me tua nonna piace.”
“Bene. Mi sento felice, ma non alleatevi contro di me, okay?”
“Questo non posso prometterlo, Jack.”
Lui sbuffa e alzagli occhi al cielo, ma sotto sotto è contento che io sia stata accettata da una persona che è così importante per lui.
“Qualcuno si lamenta per la mancanza di cibo?”
“Io, mamma. Karima e la nonna si sono alleate contro di me.”
“Allora sii felice, sto per servire il mio arrosto con patate.”
“Mamma, ti amo.”
“Sì, solo perché ti nutro a dovere.”
Ride lei.
Poco dopo torna con l’arrosto e poi con una teglia di patate al forno, con metodo e con pazienza divide le porzioni per tutti.
“Buon appetito!”
Dice allegra.
Sia l’arrosto che le patate sono buonissime, se Jack è cresciuto con questi standard devo darmi da fare in cucina, sarà una sfida interessante.
“A che pensi, Karima?”
Mi chiede il mio ragazzo.
“Che nutrirti sarà una sfida interessante visto che tua madre cucina benissimo.”
“Sono un ragazzo di poche pretese.”
“Ma dallo stomaco vorace.”
Lui sogghigna.
“Forse un po’, ma, ehy! Amo la pizza, possiamo ordinarne d’asporto quanta ne vuoi.”
Io sospiro.
“Sì, ma non la cucinerei io.”
“Su, non prendertela a male.”
Finiamo di mangiare, do una mano a sparecchiare e poi servo i formaggi e la frutta, consumati anche quelli le conversazioni riprendono.
Io inizio a sentirmi sonnolenta e decido che è arrivato il momento di una sigaretta, così mi alzo da tavola, immediatamente gli occhi di tutti sono addosso a me.
“Vado a fumare una sigaretta, ehm.”
Balbetto io, annuiscono tutti e io prendo la borsa e il cappotto.
Lascio il salotto e poi esco sul portico imbiancato della casa, noto che c’è già un posacenere e quindi mi accendo la sigaretta tranquillamente. Mi siedo su una delle sedie e mi guardo attorno: quartiere tranquillo, neve che rende tutto magico, atmosfera da Natale d’altri tempi.
Sembra che per me sia stato creato lo scenario perfetto per conoscere la famiglia Barakat e mi chiedo se abbia superato o meno l’esame.
La porta si apre dietro di me e Jack esce, sfregandosi le mani.
“Fa freddo, non potremmo celebrare il Natale in estate?”
“E la magia creata dalla neve dove la metti?”
“Sì, ma in Palestina non c’è la neve e il Signore è nato lì.”
“Magari quell’anno ha nevicato, chi lo sa. Ogni tanto la neve arriva anche in Palestina.
Comunque… Ho superato l’esame della tua famiglia o mi odiano?”
“Alla nonna piaci e credo anche ai miei genitori, non ho sentito un solo commento negativo su di te finora.”
“Speriamo che sia andata bene.”
“La tua famiglia ti ha scritto?”
“Solo Ava, mi ha augurato buon Natale.”
“Tuo zio è uno zuccone.”
“Abbastanza, forse è una caratteristica di famiglia.”
Lui ride.
“Forse, ma alla fine tu hai ceduto, forse cederà anche lui.”
“Lo spero, è tutto così frustrante.”
“Passerà.”
Prende una delle mie mani tra le sue e la stringe dolcemente, amo quando fa così, non mi fa pentire della mia scelta.
“Sei sicuro, Jack?”
“Certo. Se mi considera un puttaniere e nota che la nostra storia va avanti senza che io faccia stronzate cambierà idea. Non può stare incazzato in eterno.”
“Sono d’accordo.
Sono felice di essere venuta qui, andata come sia andata ho sentito tanto affetto attorno a me, passare il Natale da sola sarebbe stato deprimente.
Devo dire che ogni tanto mi manca la mia assenza di sentimenti, almeno nono provavo dolore o tristezza o qualsivoglia emozione negativa.”
“Io ti preferisco così, con gli occhi che brillano, curiosa e pronta a fare un sacco di figuracce.”
“Questo non è molto carino.”
“Io lo trovo tenero.”
Io alzo gli occhi al cielo, fare figuracce non è tenero è da stupidi.
La porta si apre all’improvviso e la faccia del fratello di Jack spunta.
“Ehi, piccioncini! Tornate dentro, è arrivato il momento del dolce e la nonna non vede l’ora di vedere di provare la tua knafeh, dice che si presenta bene.”
“Arriviamo.”
Spengo la mia sigaretta e sia che io che Jack rientriamo in casa, le due teglie di knafeh sono al centro del tavolo, Naima ha in mano un coltello.
“Bentornati, sedetevi su.”
Facciamo quello che ci è stato detto e la guardiamo con aria curiosa.
“Visto che sono la più vecchia farò io le porzioni e giudicherò ovviamente.”
Dice con un mezzo sorriso.
“Mamma, non spaventarla.”
“Buono, Bassam. Se tua moglie non è ancora scappata dopo le mie critiche sono sicura che Karima reggerà.”
Con maestria taglia le fette e le distribuisce, nessuno però la tocca, aspettano tutti Naima. Lei ne taglia un pezzo con il cucchiaino e se la porta alla bocca. Mastica lentamente con espressione pensierosa facendo calare un’atmosfera nervosa sulla tavolata.
Alla fine sorride.
“Tua madre doveva essere una brava donna, questa knafeh è ottima, quasi come quella che mangiavo da mia nonna in Libano.
Esame superato, mi auguro che vi sposiate presto e che mi diate un nipotino o una nipotina, invecchio anche io, non sono eterna.”
Sia io che Jack arrossiamo.
Matrimonio?
Figli?
È troppo presto per pensare a queste cose, ci conosciamo da troppo poco tempo!
“Ehm, grazie.”
Balbetto io.
I genitori di Jack ridacchiano.
“Mamma, hai spaventato Karima e Jack con le tue allusioni al matrimonio.”
“Cosa c’è di male a volere un nipotino o una nipotina?
Mangiate, su!”
Effettivamente mangiare mi sembra una buona opzione, almeno ci aiuterà a superare l’imbarazzo.
Mi fanno tutti i complimenti e la madre di Jack vuole che io le insegni a prepararla, dice che probabilmente sono meglio di un tutorial scovato su internet.
Finiamo la knafeh, beviamo il caffè e poi tutti si disperdono, Naima, Joyce e May vanno in cucina a lavare i piatti e rifiutano cortesemente e così rimango in salotto a guardare la tv con gli uomini di casa.
Mi appoggio cauta alla spalla di Jack e cerco di seguire un vecchio cartone natalizio, ma i chiacchiericcio me lo impedisce. Loro parlano della loro famiglia, del lavoro e di altre cose, ma io non sono in vena di fare conversazione, questa giornata mi ha stancato psicologicamente.
Jack deve capirlo perché mi passa un braccio attorno alle spalle con fare protettivo e gliene sono grata.
Torno a guardare la tv, lasciando che la tensione se ne vada a ondate e lasci il posto alla stanchezza, è faticoso interagire con gli altri per me.
Anni e anni priva di anima mi hanno resa una mezza incapace sociale, una che non sa conversare o dare pareri se non strettamente professionali.
Il lavoro è l’unica cosa che mi riesce bene sia come fotografa, sia di supporto ai musicisti: non so fare altro. Immagino siano le conseguenze di essere cresciuta in una casa di musicisti e poi mi mancano i miei zii, Ava e Jonas.
Dopo un po’ arrivano anche le donne e giochiamo a tombola, per me è un misto di caos e divertimento.
Credo di poter sopportare ancora un po’.
“Non essere così tesa.”
Sussurra Jack.
“Siamo la tua nuova famiglia.”
Un brivido serpeggia lungo la mia spina dorsale, ma non è spiacevole, è come un’epifania.
È come capire qualcosa di ovvio, che è sempre stato lì davanti a te, ma che non hai mai visto per chi sa quali motivi.
“Davvero?”
“Sì.”
Mi stringe la mano sotto al tavolo e io sorrido, in un angolo mi sembra di vedere anche i miei genitori sorridere.
Lui ha ragione, questa è la mia nuova famiglia e io sono lieta di averla trovata.
Mi sento fortunata.
Mi sento finalmente in pace con il mondo.
Mi sento felice.
Ho trovato il mio posto nel mondo e l‘amore e non lascerò che mi siano tolti.
Ora so che i sentimenti sono positivi e ti rendono completa, che sia la magia del Natale.
Sorrido un po’ di più e spero di sì.
Spero che la magia ci accompagni a lungo, magari per sempre.
Una ragazza può sognare, no?
E con Jack i miei sogni possono diventare realtà, anzi lo sono già diventati.
Ora sono completa

   
 
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