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Autore: Miryel    29/07/2018    12 recensioni
[ATTUALMENTE IN REVISIONE QUINDI VI CHIEDO DI NON PASSARE DA QUI GRAZIE!!]
Il giovane Peter Parker si ritrova a vivere la stessa, monotona situazione ogni estate: lui, i suoi zii, la villa al mare e un inquilino scelto a caso con un annuncio sul giornale a dividere con loro le spese di quella vacanze.
Tutto immutabile, come in un loop infinito destinato all'eternità finché inaspettatamente, con l'arrivo di Tony Stark e del suo odiosissimo fascino, quella monotonia sembra destinata a perire.
[ 18yo!Peter - Alternative Universe - Tony x Peter - Ispirata a Call Me By Your Name - Partecipa alla "4 Seasons Challenge" indetto dal gruppo Facebook: Il Giardino di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fools In The Rain






Epilogo

Quando Peter Parker uscì dalla porta della sua facoltà per liberarsi finalmente  dall’opprimente stato di ansia che lo aveva attanagliato per tre lunghissimi mesi, fu attraversato dal vento freddo che quasi gli mozzò il fiato ma, al tempo stesso, fu straordinariamente piacevole.

Scese i tre scalini che lo separavano dal marciapiede, mentre ogni tanto qualcuno gli dava una pacca sulla spalla e gli augurava buone vacanze e lui rispondeva con un sorriso e ricambiava, poi si fermò e si guardò intorno cercando tra l’affollata strada qualcuno che, quando lo riconobbe, gli andò incontro alzando un braccio.

«Meno male che per le prossime tre settimane non ti vedrò, Parker. Sono stufo di venirti a prendere a scuola come i ragazzini di tre anni!», lo salutò Quill, a modo suo come sempre, sfilandosi le cuffiette dalle orecchie.

Peter rise: «Nessuno ti costringe a venire a prendermi in facoltà ogni giorno».

«Sei vicino casa mia. Pare brutto non venire», asserì ancora l’amico, poi sospirò e gli diede una pacca sulla spalla. «Come va?».

«Uno schifo, come sempre», scherzò Peter e gli diede un pugno sulla spalla che l’altro ricambiò. «Tu?».

«Gamora è partita per le vacanze di Natale, l’ho accompagnata poco fa al treno. Dice che quando torna vuole organizzare un’uscita anche con te ma solo se nel frattempo ti sei trovato una ragazza», rispose Quill, che non sembrava tanto felice nel dargli quella notizia e Peter sapeva benissimo che era dovuto alla famosa delusione che gli aveva raccontato tempo prima, quella di un anno e mezzo prima, con Tony Stark.

Peter aveva cercato dimenticare, ma non era successo. Tony Stark era ovunque. Sui cartelloni pubblicitari, sugli opuscoli delle fiere hi-tech, persino citato nel suo libro di microtecnologia. Era un incubo, un ossessione.

Erano successe troppe cose in quel lasso di tempo, così tante che Peter stentava a credere non fossero riuscite a fargli dimenticare quella cosa che lui e Tony avevano condiviso insieme per poi separarsi come se un lampo avesse colpito entrambi a ciel sereno.

Peter Quill lo aveva capito, che si era di nuovo perso nei suoi pensieri, perché gli posò una mano sulla spalla e si morse un labbro.

«Senti, Parker… perché non ci provi davvero ad uscire con qualcuno? Insomma, tentare non costa nulla».

«Non voglio illudere nessuno, non voglio cominciare qualcosa che so di non poter continuare senza che il fantasma di quel… quello… stronzo torni a perseguitarmi», sbuffò, distogliendo lo sguardo e Quill gli diede uno spintone che quasi lo fece cadere.

«Mentre lui ti ha già dimenticato, tu sei qui a pensarci ancora! Ti rendi conto di quanto sei stupido?», lo redarguì e Peter avrebbe asserito che aveva anche ragione, se solo quella frase non fosse uscita dalla bocca di Quill.

«Senti da che pulpito, poi...».

«Dici? Eppure io e Gamora ora siamo impegnati e sappiamo tutti che da impegnati a coppia il passo è davvero breve. Lei comunque non è Tony Stark. Almeno a differenza di quell’uomo, non è un’utopia, Peter».

Già. Tony Stark era un'utopia, a quanto pareva. Non lo era stato nell’estate di un anno e mezzo prima ma ora lo era. Inarrivabile.

Non si erano più sentiti, l’uomo era sparito nel nulla e Peter pur avendo il suo numero aveva deciso di chiuderlo in un cassetto e dimenticarlo. Non aveva nemmeno avuto il coraggio di gettarlo via.

«Ma che cazzo…?», esclamò Quill, ad un tratto, col suo solito modo colorito di esprimersi che divertiva Peter sempre parecchio, sebbene a volte gli sanguinavano le orecchie per quante parolacce diceva.

Si voltò verso il suo migliore amico per beccarlo a fissare dritto di fronte a lui, un’espressione di pura sorpresa e scetticismo che lo incuriosì.

«Che hai visto? Un fantasma?», gli chiese ridendo.

Quill sembrò non riuscire a dirlo a parole, deglutì e indicò dritto di fronte a loro e quando Peter si voltò seguendo l’indice dell’amico, ebbe un tuffo al cuore.

Una Spider giallo paglierino era parcheggiata dall'altra parte della strada, spenta ma la ventola refrigerante ancora girava rumorosa. Tipico suono graffiante dalle auto sportive. Appoggiato ad essa con le braccia incrociate al petto, in un completo scuro ma una maglietta con un protone stampato, sotto la giacca, c’era Tony Stark.

Quel Tony Stark. Quello che non vedeva da un anno e mezzo, da tanti giorni che fino a qualche mese prima aveva contato e segnato su un calendario, fino a smettere quando si era sentito patetico.

E fu così che si sentì: patetico.

Gli occhi sbarrati fissi sull'uomo che sembrava non averlo visto ma che era palesemente lì per lui. Non aveva altro motivo di essere lì, dopotutto. Non Tony Stark, che era sempre impegnatissimo e tutto.

«È lui?», chiese Quill, e lo risvegliò dai suoi pensieri, che erano già tornati troppo indietro nel tempo, in una calda estate fatta di confusione e baci che gli erano mancati e che gli stavano ancora mancando, ma provava troppo rancore, troppa tristezza per dimenticare quello che c'era stato dopo: parole e accuse terribili che in un battito di ciglia avevano distrutto qualcosa durato tanto, ma non abbastanza.

Tony sembrò vederlo, finalmente e come se nulla fosse alzò una mano per salutarlo. Tipico di Tony, fingere che nulla fosse accaduto, che il tempo era relativo certe volte, come le sue azioni.

Peter non ricambiò quel saluto. Si limitò a fissarlo, finché l’uomo non decise di avvicinarsi, lo sguardo fermo sul suo e Quill vicino a lui che mormorava: «Che vuoi fare? Celere, Parker. Sta venendo qui! Se vuoi scappare lo distraggo».

Peter non aveva alcuna intenzione di scappare. O meglio, le sue gambe non riuscirono a rispondere all'impulso che il suo cervello stava mandando loro di muoversi e correre via.

«Parker», lo salutò Tony, quando fu a mezzo metro da loro e alzò di nuovo una mano, apparentemente tranquillo ma era ovvio che non fosse così.

«Che ci fa qui?», chiese Quill, e sebbene fosse una domanda legittima, che  probabilmente avrebbe poi fatto una volta preso coraggio, Peter trovò quell'uscita abbastanza fuori luogo. Come pure Tony, a quanto pareva, che alzò un sopracciglio e guardò il suo migliore amico con un certo scetticismo.

«Ci conosciamo?».

Quill mise su un’espressione baldanzosa e coraggiosa, gonfiando il petto e facendo un passo avanti.

«Oh, sì. Magari non mi conosce signor Stark, ma io so perfettamente chi è lei», asserì e Peter sospirò, mentre stringeva convulsamente una mano intorno alla spallina del suo zaino, «si dicono cose sul suo conto che…».

«Quill, per favore…», mormorò Peter, facendogli cenno di tacere, e quello ubbidì lanciando un'ultima occhiata truce all’uomo, «perché sei qui, Tony?», gli chiese.

«Passavo di qui», mentì e gli si leggeva in faccia che non era così e che sapeva di essere stato scoperto. «ti ho visto e ho pensato di salutarti».

Peter non sapeva che dire. La sua baldanza era quasi fastidiosa. Molto più di quando l'aveva conosciuto ma sapeva che non avrebbe mai detto all’uomo di andare via. Cacciarlo era l’ultima cosa che voleva e, rivolgendosi all’altro Peter, arricciò le labbra combattuto.

«Peter, ti dispiace se… insomma, se ci sentiamo più tardi?».

«Parker, non era quello che avevi detto avresti fatto nel caso in cui lui sareb-».

Peter lo zittì di nuovo: «So cosa ho detto, e mi dispiace non essere di parola ma… ci sono delle cose che vorrei discutere con Tony, in privato», concluse, e abbassò gli occhi dopo aver rivolto un breve sguardo a Tony che sembrò rincuorato dopo quelle parole.

«D’accordo Parker. Ma se serve… lo sai. Urla, ed io correrò da te», esclamò l’altro e Peter era felice dell’affetto che dimostrava un po’ a modo suo. Gli voleva un gran bene e lo guardò andare via - non prima di averlo visto fulminare Tony con lo sguardo - e con lui svanì tutto il suo coraggio e quell'ultimo barlume di felicità che era riuscito a preservare da quell’anno e mezzo a quella parte.

«Che fai qui? Per davvero, dico. Non mi bevo la scusa del passavo di qui», riuscì solo a chiedere.

«Ovvio che passavo di qui di proposito, Peter», asserì l'uomo, e ora che erano rimasti soli il suo sguardo era cambiato. Era meno sicuro, meno duro, meno… Tony Stark.

Lesse in quegli occhi una paura sconfinata, ma anche un sollievo che quasi riuscì a comprendere e, in fondo, dietro l'orgoglio, c'era anche un leggero velo di tristezza e di speranza.

Come sempre gli occhi di Tony erano in grado di esporre ciò che al di fuori era impossibile vedere.

«Non sono felice di vederti», mentì Peter, cercando di usare un tono distaccato che gli riuscì a metà.

«Lo so», rispose l’uomo, poi sospirò. «È un anno che passo qui davanti e cerco il coraggio di fermarmi e parlarti. Non l’ho mai trovato, fino ad oggi».

«Che fortuna», ironizzò Peter, e seppe di diversi fermare, di tirare fuori un po’ di responsabilità, ma non ci riusciva.

L’ultimo monito dell’uomo, prima di sparire da Villa Parker, era stato proprio «È ora di crescere» e Peter sapeva che non gli stava dando prova di averlo fatto.

«Ancora un giorno di attesa e non mi avresti trovato per via delle vacanze di Natale. Ottimo tempismo», si congratuló, abbozzando un sorriso finto e poi distolse lo sguardo scuotendo la testa, amareggiato.

«So anche questo. Ed è il motivo per cui ho deciso di farlo. Oggi o mai più», gli rispose l'uomo e Peter non riuscì a non guardarlo, perché dopotutto quelle parole lo avevano colpito. Perché dopotutto non erano parole che Tony diceva con una certa facilità.

Sentí il magone assalirlo: «Fare cosa? Cos'è che vorresti fare? Dopo un anno e mezzo, Tony…».

«Te l’ho detto, Peter: parlare con te. Voglio che tra di noi ci sia chiarezza perché se non lo faccio finirò per vivere con questo peso a vita».

«Quindi è solo per avere la coscienza pulita, no?», domandò Peter e dopotutto la cosa non lo stupí un granché. Tony era Tony. C’erano cose che diceva senza realmente pensarle.

«No. È per lasciarti vivere una vita senza nemmeno un rimpianto, perché sei ancora troppo giovane per iniziare a farlo. Io ormai… credo di aver dato, alla mia età», disse Tony e riuscì a spiazzarlo. Totalmente.

Era sincero, fu quello a stupirlo di più. Lo aveva riempito di bugie un anno e mezzo prima, ma erano state tutte legittime. Sapeva che se gli aveva mentito, in passato, era sempre stato per non farlo soffrire.

Ora, se stava dicendo quella verità, era per lo stesso motivo.

Peter abbassò lo sguardo e cerco di non esporsi troppo. Non tanto per Tony quanto per i suoi compagni di università che gli lasciavano occhiate curiose quando gli passavano vicino.

Tony parve capire quel disagio e, con dell’incertezza negli occhi, boccheggió.

«Ti va di spostarci altrove?», propose infine e se Peter accettò fu solo perché non avrebbe potuto fare altrimenti, a parte cacciarlo ma davvero, non aveva la forza di farlo, malgrado tutto il dolore che sentiva.

Entrarono in un bar. Un semplicissimo bar, di quelli che Peter stentava a credere Tony potesse frequentare e, dopo essersi seduti ad un tavolo vicino alla vetrina lontano dagli altri commensali, scese il silenzio.

«Come stai? Sei al secondo anno dell’università, giusto? Al terzo?», chiese Tony, solo quando le loro bevande furono al tavolo.

«Secondo», rispose Peter, semplicemente, poi posò entrambe le mani intorno al bicchiere del succo, fissando la bevanda intensamente. «Sto… bene. Da domani sono in vacanza per tre settimane e… studierò, con molta probabilità. Le cose non sono cambiate così tanto, dopotutto. Tu?», chiese e non era davvero sicuro di voler sapere come stesse. Non voleva sapere cosa aveva fatto in quel lasso di tempo dove lui si era riempito la testa di Tony ma Tony non aveva fatto lo stesso con lui, sicuramente.

«Al solito. Lavoro, tento di finanziare prototipi, accetto ragazzi giovani per stage interni alla Stark industries», disse, poi alzò gli occhi sui suoi e Peter notó del dispiacere che lo colpì al petto. «Credevo avresti fatto richiesta anche tu. Ci speravo, a dirla tutta».

«Avrei dovuto?», rispose Peter, lapidario, alzando un sopracciglio poi sospirò e si passò una mano tra i capelli. «Ci ho pensato, Tony. Anche zia May mi ha chiesto perché non lo avessi fatto, ma non… non volevo e non voglio e sinceramente la cosa mi sembra… piuttosto normale dopo… dopo quello che… insomma...».

«Capisco», rispose Tony, e Peter seppe che aveva capito davvero che anzi forse sapeva già che gli avrebbe risposto così e forse sperava non succedesse, e invece…

«I tuoi zii? Loro stanno bene?», chiese ancora l’uomo, per nulla intenzionato a chiudere lì quella conversazione.

«Zia May sta bene. Ci siamo trasferiti in un appartamento più piccolo, paghiamo meno di affitto e… basta per due persone, visto che sei mesi fa zio Ben è… insomma…», si bloccò e non riuscì a dirlo. Non riuscì a dirgli che zio Ben non c’era più e se n’era andato senza dire una parola e Peter aveva sperato così tanto di ricevere una telefonata, in quel momento, ma Tony… come poteva saperlo, se nessuno glielo aveva detto?.

Distolse lo sguardo e si asciugò gli occhi e riuscì a ricacciare le lacrime da dove erano venute, con una grande forza d’animo che aveva imparato a mettere in atto ogni volta che pensava a quel fatto.

«C-come è successo?», chiese l’uomo, incredulo.

«Tumore alle ossa. Se l’è portato via quest'estate, dopo sei mesi di calvario. Non ci ha dato nemmeno il tempo di rendercene conto», spiegò, poi abbozzò un sorriso e non riuscì a fermare una lacrima che gli scivolò dalla guancia, «Tipico di zio Ben, andarsene in punta di piedi», rise quasi, asciugandosi poi il viso lapidario con la manica della felpa e tirando su col naso.

«Mi dispiace molto, Peter. Se lo avessi saputo…».

«Non importa, noi… ce la siamo cavata; io e zia May, intendo. Ne abbiamo passate così tante nel corso degli anni, prima i miei genitori, poi zio Ben. Perciò non preoccuparti, ce la caveremo anche stavolta, te lo assicuro», si sentì di rispondere, in tono più duro.

«Peter, non essere così ostico nei miei confronti, non ne hai motivo. So che mi odi per quello che è successo ma se avessi saputo una cosa del genere mi sarei precipitato da voi, naturalmente. Hai il mio numero, perché non mi hai chiamato?».

«Cosa?», domandò Peter, lapidario, sconvolto. Chi accidenti ti credi di essere?. «Devo ricordarti chi dei due è fuggito a gambe levate? Avrei dovuto chiamare chi mi ha voltato le spalle senza alcuna ragione?».

«Non è fuggito nessuno, e lo sai. Se i tuoi zii non avessero scoperto quello che stava succedendo non potevamo sapere come sarebbe continuata la cosa», disse Tony, scuotendo la testa e sebbene stesse cercando di mostrarsi calmo, si vedeva che si stava agitando. «Ho solo scelto la via più semplice per non far incrinare il rapporto tra te e la tua famiglia».

«La via semplice, ma la più dolorosa e la colpa è ricaduta tutta su di me. Tu ne sei voluto uscire pulito».

«Pulito?», quasi lo zittì Tony, esibendosi in una breve risata senza entusiasmo, poi lo indicò: «Peter, c’è una cosa che forse tu non sai e che non volevo sapessi: io sono orfano di entrambi i genitori, proprio come te. Ero giovane quando sono morti ma a differenza tua, che avevi ancora qualcuno vicino, io ero solo come un cane. Conoscendo questa sensazione non avrei mai potuto privarti della presenza di ciò che rimaneva della tua famiglia per una mia pretesa, lasciandoti fare quell'errore di venire via con me. Loro non te lo avrebbero mai perdonato. Questo non è uscirne puliti. È uscirne più sporchi di quanto tu possa credere, eppure so di aver fatto la cosa giusta, dopotutto, e non ne sono pentito».

«Cosa ne vuoi sapere tu, di cosa è stato più giusto per me?», sibilò Peter, reprimendo l’impulso di alzarsi e picchiarlo, di spintonarlo, di fargli male. Molto male.

«E tu? Tu cosa ne sai? Avresti potuto prevedere quello che sarebbe successo? E se avessero smesso di parlarti? E se avessero deciso di troncare i rapporti? Hai passato l’ultimo periodo della vita di tuo zio insieme a lui, vicino a lui. Non hai idea di quanto sei stato fortunato, non tutti ne hanno avuto la possibilità in circostanze simili».

«Fortunato? Dopo aver perso quello che per me era come un padre? Bene… immagino che questa cosa tu non possa proprio capirla».

«Perché vuoi travisare per forza le mie parole?».

«Non voglio travisare! Voglio capire che cosa accidenti credevi di poter fare! Perché pensi di essere stato la mia salvezza? Sparendo a quel modo non hai fatto altro che peggiorare le cose!».

Tony sembrò perdere seriamente il controllo, e lo vide distogliere lo sguardo per una manciata di secondi forse con l’intento di non lasciarsi sopraffare dalla rabbia: «Ecco, ci risiamo! Non vuoi capire! Ce la stai mettendo tutta per autodistruggerti. Perché fai così?».

Peter grugnì coprendosi il viso con le mani e si sentì colpito in petto da troppe cose che non avrebbe voluto sentire. Specie dopo tutto quel tempo passato in totale apatia, per colpa anche sua.

«Perché sto male! È un anno e mezzo che sto male, e non ne va una giusta. Da quell’estate è crollato tutto, Tony. Mi sento… vuoto, senza uno scopo. Senza la voglia di fare niente solo perché l’unica volta che ho creduto di amare qualcuno, mi hanno imposto di non farlo! Aver visto la persona che mi aveva fatto sentire importante e amato voltarmi le spalle, poi, ha finito per distruggere quel piccolo frammento di amor proprio che mi era rimasto. Poi zio Ben è morto, e sono rimasto senza una guida. Sono perso, completamente perso e tu mi parli di fortuna», quasi urlò.

Si asciugó gli occhi, lucidi di tristezza, poi prese lo zaino e si alzò in piedi, «Voglio andare via, Tony… non… io ho bisogno di andare via».

L'altro lo guardò per qualche secondo senza dire nulla, visibilmente spiazzato, pentito, poi annuì e si alzò in piedi; raggiunse il bancone e pagò il conto con una certa fretta, facendogli poi cenno di uscire dal locale aprendogli la porta.

Si incamminarono percorrendo la stessa strada di poco prima, a ritroso, in silenzio.

Il cielo aveva iniziato a scurirsi, e l’aria a rinfrescarsi, dando a quell’atmosfera confusa e malinconica un tocco ancora più decadente e Peter avrebbe tanto voluto dire qualcosa, qualunque cosa ma l’unica cosa che riuscì a fare fu semplicemente fissare l’asfalto e contare i secondi che lo separavano al nuovo addio, stavolta probabilmente definitivo, con Tony Stark.

Avrebbe voluto ricucire quella ferita e curarla lentamente col tempo, ma non aveva idea di come avrebbe potuto fare.

«Scusa», sbottò poi Tony, ad un tratto. La voce spezzata, al limite.

Aveva pronunciato la parola magica. Scusa.

Bastava quello per sentire il suono di un muro crollare. Mettere da parte l'orgoglio, ammettere i propri errori e chiedere scusa. Sembrava stupido ma era così, che funzionava di solito. Ed era difficile. Peter sapeva quanto lo era per Tony, soprattutto.

Fu come un campanello che trillò dolcemente e dolorosamente nelle sue orecchie e Peter si fermò, in mezzo al marciapiede e sentì le dita formicolare, e tremare quando Tony lo fronteggiò e lo abbracció di colpo, senza attendere che glielo concedesse, forse perché aveva paura di essere scansato.

Peter però non lo scansò, anzi, alzò le braccia e le strinse intorno alla vita dell’altro e si aggrappó alla sua schiena, come una barca che si affida al suo porto, sicuro e immobile in mezzo al caos del mare.

Nascose il viso nell’incavo della sua spalla, e prese un grosso, lungo, dolorosissimo respiro.

«Scusa», ripeté Tony, e iniziò a accarezzargli i capelli come se solo quel gesto potesse cancellare un anno e mezzo di sofferenza e senso di abbandono e la cosa paradossale era che Peter dopotutto si sentiva meglio. Tra le sue braccia, col suo meraviglioso profumo, la sensazione di non avercela mai avuta con lui. «So che è tardi, so di averti danneggiato, so di non avercela messa tutta per evitare di farlo. So di aver avuto paura e tu non ne avevi, e la cosa mi spaventava a morte. Dannato il mio cazzo di orgoglio... qualsiasi cosa tocco la distruggo».

Era esattamente ciò che Peter pensava di se stesso. Un distruttore. Incapace di godere delle cose belle senza rovinarle.

«Volevo le tue scuse più di ogni altra cosa, Tony», riuscì a dire, senza alzare lo sguardo, in un mormorio sommesso.

«Lo so. Lo so…», rispose Tony, in un soffio e gli poggió il mento sulla testa, poi mormorò: «Per un anno e mezzo… non ho pensato ad altro, Peter. Solo a te. Sei stato il mio chiodo fisso», e se lo strinse di più addosso.

«Anche tu», ammise Peter, senza alzare però lo sguardo, con la paura di desiderare quel bacio e di non riceverlo; la paura di voler incontrare i suoi occhi e non trovarli ad aspettarlo.

«Ah», sbottò Tony, improvvisamente, smettendo di carezzargli i capelli e attirando la sua attenzione, «sta piovendo», quasi rise, infine e Peter alzò la testa di scatto e una goccia di pioggia gli colpì la fronte, poi una guancia e infine non seppe più collocarle, ma sentì il cuore perdere un battito quando vide Tony sorridergli con dolcezza, che non andava di certo ad annullare la tristezza e la malinconia che i suoi occhi esternavano, ma di certo riusciva a creare una magia quasi surreale su quel viso stanco e maturo.

Peter sentì il vuoto nel suo cuore che iniziava a colmarsi di qualcosa di caldo; non sapeva cosa stesse succedendo, ma era una bella sensazione.

La pioggia imperversò e seppe che non poteva essere un caso, che stesse piovendo proprio in quel momento, dopo mesi che non lo faceva.

Tony sembrò pensare lo stesso e se lo tirò addosso e quando si abbassò lentamente per baciarlo, Peter si alzò immediatamente sulla punta dei piedi per permetterglielo, senza nemmeno rifletterci su.

Le labbra morbide che aveva sognato per troppo erano tornare a vellicare le sue, a sfiorarle con una premura ineccepibile, dolcissima. Poi il contatto si fece più intenso, più passionale, più caldo.

Le mani di Tony andarono a circondargli le guance, mentre Peter inclinava leggermente la testa e sentiva scivolare dai capelli bagnati goccioline lungo il suo viso e tutto quel marasma di emozioni lo fece sentire di nuovo a casa, dopo così tanto tempo che non ci si sentiva.

Chiuse gli occhi, e tornò l’estate, il bordo piscina, il salotto con il piano e i vinili. Il campanile, il bar, la piazza dove avevano ballato e il profumo dell'arancio del giardino e quello di Tony sopra al suo corpo.

New York sparì.

Tornò tutto, di quell’anno e mezzo prima, e il sapore di quel bacio, la sua bocca sembrava non averlo dimenticato col tempo. Gliene fu grato.

Quando poi le loro labbra si divisero lentamente, si persero l’uno negli occhi dell’altro, per istanti infiniti, in un tempo scandito dal ticchettio della pioggia sulle pozzanghere e dal suono d’avviso di un semaforo poco lontano.

«Vorrei dirti così tante cose, Peter», sorrise Tony, scostandogli i capelli bagnati dalla fronte, poi lo abbracciò e lo strinse forte a sé.

Peter sapeva che avrebbe sofferto ancora, che quel ritorno non significava aver raggiunto il traguardo di una vita perfetta ma solo Dio sapeva quanto quelle labbra gli erano mancate e quanto il suo cuore stava battendo forte, ora, appiccicato a quello di Tony.

Si sentiva tornato alla vita, ed era la sensazione più bella che avesse mai sentito, perché dopotutto non aveva fatto altro che aspettare di poter provare ancora quelle sensazioni e se Tony era tornato, aveva la certezza che stavolta non se ne sarebbe andato di nuovo e per una ragione che non seppe spiegare nemmeno a se stesso, ne era assolutamente certo.

Così sbuffò divertito e, prima di reclamare un nuovo bacio, mormorò: «Non dire niente, Tony. Ha già detto tutto la pioggia».

Fine.

 

Now I will stand in the rain on the corner, I watch the people go shuffling downtown

Another ten minutes no longer, And then I'm turning around, 'round

And the clock on the wall's moving slower, Oh, my heart it sinks to the ground

And the storm that I thought would blow over, Clouds the light of the love that I found, found

Fool in The Rain • Led Zeppelin -
 

 

Piccolo spazio autrice random, che viene dal cuore:

Sto piangendo. Sto letteralmente piangendo.
Ho provato ad allontanare questo momento più che ho potuto, andando a rileggermi ogni singola parte, perché volevo convincermi che non era pronto per la pubblicazione, e invece lo era.
Questa storia non doveva finire così, non doveva avere un lieto fine, perché la challenge del Giardino di EFP prevedeva un finale diverso, più triste, più devastante, dove uno dei due si sposava e invitava l’altro al proprio matrimonio.
No. Mi dispiace.
Il mio Tony Stark, quello che è nella mia testa, sarebbe capace di abbandonare tutto pur di stare con Peter Parker. Non avrebbe la forza di rifarsi una vita, dopo di lui. Peter è il suo ultimo amore, quello che è in grado di dargli tutto, di amarlo così com’è. Di ammirarlo anche se è pieno di difetti, anche se lo fa soffrire perché a volte è insensibile persino con lui.
Era impossibile scrivere un finale del genere, e ci ho provato, ma da entrambe le parti non riuscivo a tirarne fuori un finale credibile.
Questa coppia mi piace per questo motivo: Tony ama Peter perché ha bisogno della sua dolcezza e della sua goffa premura per essere una persona migliore.
Peter ama Tony perché con lui riesce a tirare fuori il vero se stesso, e si sente vivo quando succede.
Non so quanto questa storia vi abbia coinvolto, quanto vi sia piaciuta, quanto abbiate apprezzato la coppia, ma scrivere su di loro è stato bello. So che è una parola fin troppo scontata, ma è stato bello per davvero.
Ho imparato a conoscerli sotto un contesto diverso, da quello dei film Marvel e mi sono resa conto di cosa c’è dietro quelle tute/armature. Mi sono resa conto che senza di esse questi due sono più insicuri e impauriti che mai. Sono veri. E si completano.
Potrei scrivere ancora per ore e ore, dirvi perché mi piacciono tanto, perché mi rispecchio così tanto in Peter ma non lo farò. Voglio ringraziare però tutti voi, tutti quelli che mi hanno lasciato una recensione, che hanno poi continuato con me a sclerare su questa coppia, chi addirittura ha scritto qualcosa su di loro facendomi palpitare (vero _aivy_demi_ ♥?).
Ringrazio tutte quelle persone che ho conosciuto grazie a questa coppia, prime fra tutti Abby_da_Edoras. Senza di lei, scrivere questa storia non avrebbe avuto lo stesso senso siccome come me lei scrive su di loro, e difatti vi consiglio di dare un occhio anche alla sua long che è tanta tanta roba.
Grazie a chi ha recensito: Victoria Buchanan, Elgas, Nirvana_04, Jill Shitsuji, _aivy_demi_, BlueRoar, Giusy_Renzo, Biohazard, Afaneia, Eledhel, Ninfetta e Mudblood98 alla quale dedico un piccolo pezzo del mio cuore, a causa di alcuni scleri e altre cose che abbiamo condiviso anche grazie a questa fic (♥).
Spero di non aver dimenticato nessuno e, invitandovi a farmi conoscere la vostra opinione riguardo a questo finale un po’ malinconico ma per lo meno a lieto fine, non posso che darvi appuntamento alla prossima avventura insieme.
Buona vita a tutti, e grazie ancora.
Miry ♥
 
   
 
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