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Autore: shilyss    29/07/2018    20 recensioni
“Thomas.” Il suo nome fu un sussurro, una preghiera, una supplica. Lui era tornato. Dopo infinite notti a piangerlo e a invocarlo, nonostante il tempo e i nuovi amori. A piedi nudi si avvicinò alla finestra, scostandola, ma nessuna ombra eterea e sfuggente la fissava con occhi tristi, oltre il velluto pesante. Edith era sola, disperatamente, definitivamente, inevitabilmente. Un amore sbagliato può infrangere i confini della morte?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan McMichael, Edith Cushing, Lucille Sharpe, Thomas Sharpe
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I

 

La sopravvivenza

16 dicembre 1902

Il sorriso era quello della sconfitta. Breve ed educato, appena accennato da un gesto del capo. Raccolse la borsetta, si infilò nuovamente il cappello, sistemò la veletta.

“Chiamerò il mio avvocato,” disse con voce argentina. “Vi farò causa, mi riprenderò ciò che è mio.”

“Lei può fare tutto ciò che vuole, Madame Cushing,” rispose l’uomo alzandosi goffo.

“Sharpe,” lo corresse lei, senza che sul viso delicato, di bambina, scomparisse quel sorriso educato e freddo. “Mio marito, Sir Thomas Sharpe, era, se non legalmente, di fatto vedovo, avendo sua sorella avvelenato le sue precedenti mogli. Questo rende il mio matrimonio assolutamente, inderogabilmente legale e valido. Come vi ho già spiegato,” aggiunse con un breve cenno del capo.

L’uomo assentì, e Edith si girò energica, imboccando a larghi passi l’uscita. Prima che ne varcasse la soglia, tuttavia, l’uomo la bloccò.

“Madame.” La donna si fermò senza voltarsi, le mani piccole e delicate infilate nel manicotto di pelliccia. “Siete davvero certa che è Allerdale Hall, quello che volete? Potreste tornare in America, dimenticare tutto.”

Edith non rispose. A queste domande, non lo faceva mai. Uscì e salì nella carrozza, dove l’aspettava Alan. Il dottore, vedendola, le posò un bacio delicato sulla guancia, con tocco gentile. Anche lui le aveva chiesto perché fosse così importante quel vecchio palazzo tetro e cadente. Dovrebbe essere il posto che più detesti al mondo, Edie. Dovresti volerlo veder bruciare. È per questo che vuoi a tutti i costi che passi a te? Per distruggere ogni pietra, tirare giù tutte le mura, far sparire pezzo dopo pezzo questa casa marcia come i cuori che l’abitavano? Così aveva detto, ma la giovane donna lo aveva guardato con un’intensità tutta particolare e aveva scosso la testa. E nemmeno a lui aveva risposto.

Cigolando, la carrozza si avviò per le strade innevate che dalla città portavano alla tenuta appartenuta agli Sharpe.

Che ne poteva sapere Alan, del dolore e della lacrime che aveva versato svegliandosi, una mattina, con la camicia da notte macchiata di rosso? L’ultima speranza flebile del suo cuore si era spenta – quanto aveva sperato che quel ritardo fosse il segno di una gravidanza! Aveva sospirato, sfiorandosi il ventre piatto, immaginando che fosse rimasta, in lei, traccia di Thomas, di loro. E invece.

 

 

16/12/1908

 

Occhi aperti, nel buio. Fuori pioveva. Pioggia scrosciante, intensa, implacabile, che avvolgeva tutto come il sipario scuro di un teatro. A quell’ora, lo spettacolo sarebbe dovuto finire già da un pezzo. Ma Malcom ancora non era tornato, ed Edith pensò a un modo per descrivere il rumore delle ruote che giravano veloci sul selciato sdrucciolevole. Volle appuntarlo su un foglio di carta, accese la luce del comò. Gli occhi miopi non si abituarono subito alla luce improvvisa e alle lenti degli occhiali e, tra le ombre, alla donna parve di vedere un’ombra scura svanire tra i tendaggi.

“Thomas.” Il suo nome fu un sussurro, una preghiera, una supplica. Lui era tornato. Dopo infinite notti a piangerlo e invocarlo, nonostante il tempo e i nuovi amori. A piedi nudi si avvicinò alla finestra, scostandola, ma nessuna ombra eterea e sfuggente la fissava con occhi tristi, oltre il velluto pesante. Edith era sola, disperatamente, definitivamente, inevitabilmente.

Un sospiro le uscì dalla gola, come un rantolo di dolore tenuto soffocato troppo a lungo. Nei suoi romanzi, gli spettri popolavano sempre le notti senza luna dei suoi protagonisti. Erano ombre fugaci tra una stanza e l’altra, profumi intensi e sospiri appena percettibili dietro le spalle. Divenivano corporei e reali solo durante il sonno, quando la loro conformazione eterea si bagnava della sostanza dei sogni e traeva, da essa, forza e vigore. Ma Thomas Sharpe non le appariva mai.

Le rimproverava, forse, il matrimonio sbrigativo con Malcom? O di aver lottato per avere Allerdale Hall per poi, infine, perderla definitivamente?

Malcom era rientrato. La signora Fanny evidentemente doveva essere molto stanca quella sera, se l’aveva rispedito a casa così presto. Fanny era bruna, con dei lunghi boccoli neri e le labbra rosse. Incastonati nel viso, splendevano due occhi scuri come perle. Strano, che fosse sempre una donna dai capelli color inchiostro, a rubarle il marito. Avrebbe dovuto esserne ferita, provare gelosia, rancore, odio, amore. I suoi personaggi lo avrebbero fatto, e Edith stessa si divertì a sciorinare, come fosse un rosario, tutta la gamma di emozioni che le eroine dei suoi romanzi avrebbero vissuto in una situazione simile alla sua. Ma lei non aveva mai amato Malcom, non dell’amore passionale che lui, un tempo, le aveva chiesto con disperata insistenza.

Imparerai ad amarmi come ti amo io, le aveva detto con l’anello in mano e lo sguardo basso. Edith aveva scosso la testa. Se ti sposassi, gli aveva risposto, lo farei solo per scacciare via la solitudine. Non sarebbe giusto, né per te né per me. Il mio cuore è impegnato – c’è ancora Thomas, accanto a me. Sento il suo odore, il suo tocco sulla mia pelle, la mattina prima di svegliarmi.

Ma Malcom non si era arreso, e l’aveva chiesta in sposa ogni sera, per due anni. Qualunque donna si sarebbe intenerita, alla fine. Persino innamorata, forse, anche se i meccanismi dell’amore sarebbero rimasti, per Edith, sempre estranei e sconosciuti, il frutto di una forza imprevedibile, assoluta, tremenda e implacabile. Ma lei no. Aveva accettato per affetto, amicizia, solitudine, pietà. Perché era straziante, rifiutare ogni giorno i sentimenti sinceri di un uomo, in nome di uno spettro bugiardo e profittatore, che solo nell’istante che precede la morte aveva trovato il coraggio di battersi per lei e contrastare l’orrore e l’amore.

Malcom aveva capito. Aveva aspettato. Con dolcezza e pazienza, le era stato vicino in quella causa assurda e ingiusta che aveva riempito le cronache dei giornali di mezzo mondo. Ma, alla fine, aveva smesso di lottare, e aveva iniziato a cercare affetto altrove. Forse, era successo dopo aver letto i suoi romanzi.

Li aveva sfogliati con circospezione, muovendo le pagine come se si dovessero distruggere da un istante all’altro. Più volte, nella lettura, aveva aggrottato le sopracciglia e storto la bocca, chiedendosi se davvero fosse quello, il frutto dell’ispirazione della giovane donna. Glieli aveva restituiti senza un appunto o una sola nota a margine.

Thomas, invece, che sotto le macchie dei suoi molti peccati aveva nascosto un’anima appassionata e un vivace spirito critico, aveva riempito ogni spazio libero di pensieri, osservazioni, correzioni. Con lei aveva condiviso una mente particolarmente sensibile e ricettiva ai fenomeni oscuri e ai moti dell’animo, un piacere smodato per le narrazioni e le atmosfere. Ogni volta che rileggeva le chiose vergate dall’inglese con una grafia assai corsiva, ma chiara e decisa, Edith ne apprezzava l’acutezza e la perspicacia, il gusto raffinato e i consigli profondi e brillanti. Ma poi, le pagine scritte fitte finivano e, chiudendo il manoscritto in un cassetto, Edith puntava i gomiti sulla scrivania e si stringeva le tempie tra le dita. Thomas Sharpe voleva i soldi di suo padre. Era un cacciatore di dote, sua sorella un’assassina. In lei, non aveva visto che una preda da raggirare. Eppure, le note a margine del suo romanzo trasudavano un interesse sentito, partecipato, intenso, per la storia che aveva inventato. Non si può mentire così a fondo. Non si possono appuntare frasi tanto intense e vere, in grado di rispecchiare ciò che lei immaginava così fervidamente, senza sentirle come proprie. In quelle chiose scritte in poco più di ventiquattr’ore sir Sharpe, pur animato dalle peggiori intenzioni, aveva svelato l’animo appassionato e brillante e disperato che solo in morte avrebbe trovato la sua esaltazione. No, Thomas non aveva finto quando le aveva detto di aver amato il romanzo. Erano state due anime affini, loro.

Malcom, invece, lesse seduto sulla sua poltrona di velluto verde, di fronte al camino, la stessa su cui si sarebbe addormentato per non svegliarsi più, diciotto anni dopo. Stette a lungo appoggiato allo schienale, la mano che giocava distrattamente con la lunga barba chiara che si era fatto crescere. Quando infine Edith gli si piazzò davanti, con le mani sui fianchi e gli occhiali poggiati sulla punta del naso, sospirò e scosse la testa. Disse che non era il suo genere. Non comprese il valore di quelle pagine nemmeno quando, anni dopo, Edith Cushing divenne una scrittrice famosa. No, il dottore non possedeva l’immaginazione fervida e brillante del baronetto inglese. In verità, era rimasto ferito dagli scritti di sua moglie. Si sentiva tradito, umiliato offeso. Da lei e da se stesso, sciocco e patetico illuso.

Edith scriveva di Thomas. E questo era accettabile, plausibile, giusto. L’inglese, con la sua aria romantica e disperata, pareva davvero uscito da un fosco romanzo dell’orrore. L’avventura vissuta dalla donna era assolutamente degna di essere raccontata. Anzi, imprigionare nella carta le emozioni fortissime vissute nelle lunghe settimane passate ad Allerdale Hall aveva una grande valenza apotropaica. Come medico, Malcom era convinto di ciò.

Ma, come marito, tutto ciò era straziante: Alan aveva compreso come Thomas Sharpe, il bel Thomas dai capelli scuri e gli occhi azzurri come i grandi laghi d’inverno, sarebbe tornato a vivere ogni volta che la penna di Edith avesse tracciato un segno sulla carta bianca. In ogni sguardo, in ogni sorriso, in ogni frase, la moglie avrebbe messo qualcosa di lui, suo unico, disperato e perduto amore.

Lei si rese conto di avergli spezzato il cuore, rovinato la vita. Quando il tribunale aveva sancito definitivamente la sua sconfitta e aveva perso Crimson Peak, Edith si era detta che non le rimaneva niente a questo mondo d’importante, se non la penna d’argento, ultimo regalo di suo padre, e le fantasie accese che popolavano da sempre la sua mente sensibile. Non aveva potuto – né voluto – resistere al bisogno impellente di scrivere, consumare righe e pagine, svuotare sulla carta la sua anima traboccante di mille pensieri. E mentre la penna correva veloce sulle pagine appena ruvide, nel silenzio stregato della notte, Thomas era uscito fuori dall’inchiostro, tragico e disperato fantasma. Così Edith, come la sera in cui aveva ballato per la prima volta il valzer viennese con il baronetto, di nuovo ne era rimasta stregata, lasciandosi traportare da lui – o dalla sua ombra, era lo stesso. In questo modo, il ricordo dell’uomo era emerso, vivo e presente, vibrante e affascinante, e quando pareva si fosse esaurito nella replica della tragedia che lo aveva visto davvero morire – il primo successo letterario della signora Cushing – aveva finito per rivivere, mescolandosi assieme ai tratti fantastici dei personaggi usciti dalla penna di Edith, confondendosi in essi, disperdendo la propria unicità. E, mano a mano che riviveva nelle storie sempre oscure della scrittrice, lei sembrava instaurare un muto dialogo con il fantasma che aveva ormai smesso di apparirle.

 

16/12/1919

 

Interviste. Foto in bianco e nero catturate di sfuggita, pubblicate sul giornale esposto all’edicola. Cene, galà, conferenze, domande. Edith fumava, reggendo il lungo bocchino d’argento tra le labbra sottili. Gli occhiali d’oro erano ormai fissi sul suo naso, ed era per quelli che la donna aveva deciso di non cedere alle mode e lasciare che i lunghi capelli biondi le incorniciassero il viso. Nel raccolto elaborato erano ormai visibili fili d’argento che si mescolavano implacabili all’oro originale della sua giovinezza. Anche il viso s’era sciupato. Glielo diceva lo specchio ogni mattina, restituendole una ruga nuova. Il prezzo da pagare per la febbre da scrittura che la costringeva da anni ad un’insonnia perenne.

I suoi romanzi venivano letti nelle Università. Erano stati tradotti in più lingue. La gente li amava, così come adorava i personaggi di cui lei scriveva. Con le sue storie gotiche piene di terrore e sangue, aveva ricreato il patrimonio sperperato dopo la morte del padre nel vano tentativo di riprendersi Allerdale Hall.

Il suo accompagnatore le disse qualcosa all’orecchio e lei annuì. Voleva i suoi soldi, ma che importava? Lei desiderava compagnia, momentanea linfa vitale, illusione di felicità. I patti tra loro erano chiari, né Edith avrebbe mai desiderato dall’uomo un interesse maggiore.

L’angolo di Shilyss

Caro Lettore,

Vengo qui a colonizzare una sezione pressoché defunta di Efp. Cos’è questa? Una breve storia parcheggiata nel mio pc da anni, veramente. Se vorrai lasciarmi un pensiero, te ne sarò grata. Detto questo, avrà una fine codesta storia? Sì, ne sono certa, ma è un esperimento che necessiterà di un po’ di pazienza.

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