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Autore: Giandra    29/07/2018    2 recensioni
❧ Malec
➥ modern!AU, ambientata in Italia
Alec capì immediatamente dove sua sorella volesse andare a parare. «La smetti di organizzarmi appuntamenti?»
Isabelle lo fulminò con lo sguardo. «Non organizzo proprio niente! Dico solo che, forse, se vieni... potrebbe succedere qualcosa.»
E quel qualcosa successe.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The night everything changed 
 
Alexander Lightwood era sempre stato un ragazzo ordinario. Lavorava per l’attività di famiglia: una sorta di agenzia ambulante che controllava, vendeva e riparava armi di ogni tipo. In quel periodo, da più o meno un anno, si trovavano in Italia, a San Marino, e — tralasciando la difficoltà di trovare italiani che parlassero fluentemente l’inglese e quella di imparare a sua volta le basi dell’italiano — Alec si stava divertendo davvero un mondo.
Certo, la sua idea di divertimento era passare in rassegna tutti gli archivi del Museo delle armi antiche, sulla vetta più alta del Monte Titano, ma quella era un’altra storia.
Tutto nella routine di Alec era sempre stato tranquillo e senza imprevisti. Al ragazzo piaceva calcolare ogni minima cosa. I suoi fratelli gli avevano ripetuto più volte che prima o poi avrebbe dovuto trovare il coraggio di osare, di vivere la vita correndo qualche rischio.
Ciò accadde.
Tutto iniziò quando Jace si innamorò di una bella ragazza i cui capelli erano dello stesso colore di un tramonto mozzafiato; o, almeno, così l’aveva descritta il suo fratellino, poeta a tempo perso, melodrammatico per eccellenza. Alec e Isabelle avevano alzato gli occhi al cielo: non l’avevano preso sul serio, agli inizi, non perché non gli credessero, ma perché come Alec era abituato a pulire le armi dell’inventario, Jace era abituato allo stesso modo a uscire ogni week-end con una ragazza diversa.
Ma si erano sbagliati.
Jace faceva sul serio con quella Clary: era praticamente diventata il centro del suo mondo; e se Isabelle ai primi tempi era stata una sua complice nello scetticismo generale, dopo un po’ si era lasciata coinvolgere dall’atmosfera romantica e aveva fatto amicizia con Clary. La giovane si trovava lì per lavoro proprio come loro, infatti avrebbe allestito una mostra in un museo d’arte moderna dell’Emilia-Romagna. Jace aveva raccontato della sua bravura nel disegno come se stesse parlando di Michelangelo.
Ora le due uscivano insieme per fare shopping, cucinavano la cena a casa Lightwood una volta alla settimana — e i due fratelli speravano, supplicavano ogni volta che fosse la rossa a fare la maggior parte del lavoro, considerando quando l’altra fosse negata in cucina — e spesso lo invitavano anche per un'uscita a quattro. Neanche a dirlo, Alec aveva declinato ogni proposta.
«Ti sta sulle scatole solo perché sei geloso» lo rimbeccò Isabelle un sabato sera che lui aveva deciso di trascorrere immerso tra archi e frecce, «perché adesso Jace dedica il suo tempo anche a qualcun altro.»
Alexander la guardò come se gli avesse appena sputato nella minestra e non rispose. In realtà, sapeva che la sorella avesse ragione, ma non aveva intenzione di ammetterlo.
Lui e Jace — essendo di tre anni più grandi, essendo maschi ed essendo tendenza popolare dei maschi di casa fare squadra contro le sorelle quando sono ancora piccoli e stupidi —, avevano costruito un rapporto molto profondo e ad Alec quel rapporto mancava. Certo, parlavano ancora, di tanto in tanto facevano insieme gli allenamenti della box, ma perlopiù Jace trascorreva il suo tempo con la sua ragazza, non più con suo fratello.
«Allora? Non dici niente?»
«Se non ti muovi, farai tardi per la vostra serata.»
«Può essere anche la tua serata! E poi stavolta non sarebbe un’uscita a quattro.»
Il fratello la guardò interrogativo.
«Clary ci presenta la sua comitiva di amici, o almeno quelli che sono venuti qui in vacanza. Perlopiù maschi, da quel che so.»
Alec capì subito dove sua sorella volesse andare a parare. «La smetti di organizzarmi appuntamenti?»
Isabelle lo fulminò con lo sguardo. «Non organizzo proprio niente! Dico solo che, forse, se vieni... potrebbe succedere qualcosa
E quel qualcosa successe.
Dopo aver insistito un altro centinaio di volte, e con il supporto di Jace, Alec alla fine si era lasciato convincere a uscire con loro.
All'inizio, Clary non gli era stata simpatica: troppo divertente, troppo sorridente, troppo gentile, aveva persino un lato nerd che risultava, per assurdo, adorabile; era troppo perfetta, per i suoi gusti. Il suo migliore amico, poi, Simon, lui era solo un nerd; non era simpatico, non era particolarmente solare, era però cortese, in effetti, ma solo quando non si esibiva in una battuta sarcastica e tagliente che tutti capivano ma alla quale nessuno rideva, tranne Clary — forse per pietà. Eppure, Alec notò che la sorella stesse sviluppando un certo interesse per quel ragazzo con i capelli castani e arruffati, una maglia di un anime che non conosceva e l’umorismo sottile.
Non ebbe il tempo di disapprovare quella relazione non ancora nata, perché l'arrivo di un altro amico di Clary, a sentire lei sempre in ritardo, catturò tutta la sua attenzione.
Era un uomo dalla pelle bronzea, con i capelli corti tirati in alto con una quantità immensa di gel, dai quali spiccavano delle ciocche colorate di rosso e dei glitter sparsi per tutta la capigliatura; il fisico era asciutto e gli occhi neri erano vivaci e attenti e dal tratto asiatico.
I loro sguardi si incastrarono come pietre nella roccia e Alec sentì le sue guance andare a fuoco nonostante la temperatura bassa e il vento che soffiava gentile sul suo viso chiaro.
«Piacere» lo sconosciuto si avvicinò subito a lui e gli tese la mano destra. «Io sono Magnus Bane.»
«Quel Magnus Bane?» domandò Isabelle con un sorriso estasiato dalla piacevole sorpresa.
Magnus Bane era uno dei più noti commercianti di armi speciali, preziose, uniche nel loro genere; si diceva fossero come impregnate di magia, come se venissero da un’altra dimensione. La sua fama lo precedeva. «L’unico e il solo» confermò.
Alec finalmente gli strinse la mano e accennò un sorriso, poi si presentò a sua volta.
La serata trascorse molto meglio di come se l'era aspettata. Con le ore, ebbe modo di conoscere meglio Clary, di capire che era una ragazza determinata, coraggiosa, cocciuta come poche e con un innegabile talento; nel bel mezzo della notte, alle due passate, aveva preso una torcia, illuminato il viso perfetto di Jace e gli aveva fatto un ritratto, senza chiedere permesso o dare spiegazioni; e Jace glielo aveva lasciato fare.
Simon si era confermato un nerd, uno di quelli che sarebbe nel suo habitat naturale al Comicon o ai tornei nazionali di carte Pokémon, per esempio. Però era anche spiritoso, doveva ammetterlo: un paio delle duemila battute che, nervosamente, aveva provato, nel tentativo di ammaliare Isabelle, lo avevano fatto ridere.
Magnus, poi, si era rivelato molto meglio di come già Alec aveva predetto.
Innanzitutto, gli era stato incollato tutta la serata senza mai risultare, neanche una volta, pesante, di troppo, insistente. Era chiaro che ci stesse provando — persino l’ingenuità di Alec non riusciva a fraintendere le sue intenzioni —, ma non per questo la sua compagnia era risultata sgradevole o irritante. Anzi: Alec credeva di non essersi mai sentito a suo agio con qualcuno che non fosse la sua famiglia prima di allora.
«Allora, Alec» prese parola Magnus, mentre Clary stava ritraendo Jace e Simon e Isabelle erano andati a prendere le granite. Erano appoggiati a un muretto delle strade di Rimini, vicino al Centro Storico. «Sei sempre così silenzioso?»
Alec fu stupito dalla domanda. «Non sono silenzioso. Sono solo riservato. E non sono a mio agio con gli estranei.»
Questa volta fu il turno di Magnus di rimanere a bocca aperta. «E, invece, sei sempre così sincero?»
Alec ci pensò su un secondo, poi disse: «Suppongo di sì.»
Magnus rise. «Mi piace questa cosa».
Si accostò un po’ a lui, cercando di lasciare qualche centimetro tra i loro corpi, e Alec immaginò che lo facesse per permettergli di tirarsi indietro in ogni momento, se l’avesse voluto; quel dettaglio lo compiacé.
Si prese un attimo per guardare Magnus più da vicino. Era più alto di lui di quasi dieci centimetri e il suo viso era tra quelli più espressivi che avesse mai visto; non era molto muscoloso, ma nel complesso gli risultava affascinante.
«Mi fa piacere» rispose solo alla fine, senza muoversi di un millimetro. La vicinanza tra di loro gli stava bene così com’era. «E tu, invece? Sei sempre così... criptico?»
Magnus alzò le sopracciglia in alto con un mezzo sorriso. «Criptico?»
«Hn-mh. Criptico, difficile da leggere.»
«Sei abituato a capire subito la natura delle persone, Alec Lightwood?» gli chiese mellifluamente Magnus, mettendo un braccio dietro la sua schiena pur senza sfiorarlo.
Alec cercò di non mostrare imbarazzo e ringraziò il cielo che, al buio, non si notasse il rossore sulle guance. «Forse. Credo di sì.»
Magnus parve soddisfatto della risposta. Lo guardò come se fosse un puzzle di cui gli mancavano dei pezzi per completarlo, per quasi un minuto intero, poi si allontanò. «Non sono criptico. Sono anche io parecchio riservato.»
«Non dai l’impressione di un tipo riservato» si lasciò scappare Alec, maledicendo la sua schiettezza.
Magnus però non sembrò affatto disturbato dalla sua affermazione. Questa volta si spostò dal muretto e gli si posizionò davanti, lasciando un bacio di distanza tra il proprio volto e il suo, e poi gli soffiò sulle labbra: «Non sempre le cose sono come sembrano.»
Alec non ricordava bene il resto della serata: colpa delle granite che non erano granite, ma bibite colorate con un quantitativo di alcool non indifferente. Maledisse mentalmente, con quell’unico neurone rimasto funzionante, sua sorella e l’amico di Clary, poi entrò in stato di incoscienza.
Si risvegliò il mattino dopo nel suo letto, profumato e cambiato, con un gran mal di testa. Guardò sul suo comodino, d'istinto, alla ricerca del cellulare, e vi trovò tre bigliettini e una freccia.
Afferrò quello a lui più vicino, sui toni del lilla, e ne lesse il contenuto con difficoltà — causa lo sguardo annebbiato dal sonno —: Fratellino! Vedo che ti ha fatto bene uscire con noi. Sono felice che hai fatto conquiste e spero che tu e Magnus vi conoscerete meglio al più presto, non so se mi spiego. Non ringraziarmi, tranquillo, non ce n’è bisogno. Non dovette leggere il mittente per capire che l’avesse scritto Isabelle; seccato, gettò il foglio per terra e prese il secondo: Sono contento che sei uscito con noi, fratellino. Sorrise: era Jace. Sentì un dolce calore diffondersi nel suo petto, grazie all’affetto dei fratelli. Afferrò il terzo: Ehi fiorellino, spero che il regalo che ho scelto per te ti piaccia. Usala per fare breccia nel mio cuore, sono curioso di vederti provare. Strabuzzò gli occhi un paio di volte, poi prese la freccia tra indice e pollice con molta cura e la guardò come fosse l’ottava meraviglia del mondo. Era bellissima e, nel rispetto delle voci che correvano sul conto di Magnus, sembrava provenire da una favola magica. Notò che, sulla punta, era inciso in lilla un numero di telefono.
Alec ripose tutte le lettere nel suo cassetto, posò la freccia nello scompartimento più basso dell’armadio, poi andò a farsi una doccia e a vestirsi. Nel prendere la camicia e il jeans da indossare, l’occhio gli ricadde sul tiretto dove aveva riposto il dono di Magnus.
Sorrise: eh sì, aveva fatto davvero bene a uscire con loro, in quella serata che forse gli avrebbe cambiato la vita; ma non l’avrebbe mai ammesso di fronte a Isabelle.




 
   
 
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