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Autore: Amantea    30/07/2018    17 recensioni
Una frase di Bukowski ha ispirato questa storia: un missing moment mi è balenato nella mente
Cosa farebbe André se scoprisse che domani finisce il mondo? Cosa farebbe... se potesse farlo?
Parigi è già prossima alla sua devastazione. Sono i giorni che precedono gli ultimi istanti dei nostri.
E Alain, immancabile, gioca il suo ruolo di mago illusionista.
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Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E SE DOMANI FINISSE IL MONDO...

 

"Se il mondo finisse domani, tu cosa faresti?
"Cercherei lei e ci farei l'amore fino a domani"
Charles Bukowski


 
- Siediti, André -.
Alain non volse lo sguardo verso l'amico. Restò seduto contro il muro di guardia, la mano mollemente appoggiata ad un ginocchio piegato. Osservava il cielo che si era scurito all'improvviso, sbavando appena una bordatura violacea all'orizzonte. Solo quel filo d'indefinito separava l'orlo delle case dal buio denso della notte.
- Come sta il Comandante? -.
Lo chiese roteando lo stecchino tra le labbra, e questa volta lo guardò, con quei suoi occhi di lupo abituati a tutto.
André era rimasto in piedi tutto il tempo. Non sembrò scuoterlo neanche quella domanda.
- E' sempre più pallida e non era in caserma oggi -.
Sì, era pallida. Lo sapeva, André. Pallida, tesa e magra.
Non si parlavano quasi più. Se lo facevano, era solo per questioni di servizio.
E dentro di lui quel vuoto pesava come una voragine.
La stoffa frusciò quando André si sedette accanto ad Alain. Frusciò e sospirò al contempo.
- Non torno a casa da giorni -, rispose.
- Si sente -, ribatté l'altro.
La sua risata sgangherata risuonò nel silenzio della caserma.
- Sei un idiota, André -.
Calcò il berretto, e socchiuse gli occhi.
Non c'era nulla cui fare la guardia. Era solo il solito turno di ronda, una boccata d'aria al fetore delle camerate. Quel fetore di paura e sudore che si incrostava sulla pelle, pelle in svendita di soldati.
- Ti farai uccidere per quella donna -.
André si voltò verso il compagno.
Aveva ancora il volto seminascosto dal berretto, e quel corpo possente rannicchiato alla bell'e meglio contro un muro di mattoni, il fazzoletto slacciato al collo, la camicia semiaperta, uno schiaffo a tutte le regole che il comandante Dagout aveva cercato invano di inculcargli, come se il decoro potesse interessare qualcosa a dei ragazzi che sarebbero morti di fame se fossero stati lasciati per la strada.
- Ho paura che Parigi brucerà presto -, mormorò André.
"Se solo potessi salvarti, Oscar... Salvarti da questo fuoco...".
- Parigi sta già bruciando. Abbiamo il culo seduto su una polveriera, André. E se il mondo finisse domani? Se ci fossero ancora disordini, e ci dessero l'ordine di sparare sulla folla? Oh al diavolo tutto! Venderò cara la pelle! Oh, se lo farò... Lo farò, lo farò... Non hanno ancora visto nulla di Alain Soisson -. Sputò il suo disprezzo, e poi aggiunse: - E tu stammi attaccato alla gonnella Grandier, qualunque cosa accada. Tu stai attaccato a me -.

- Accompagnami a casa, André -.
Gli aveva preso le mani. Gli aveva sorriso.
Le aveva sorriso di rimando, con quell'espressione ingenua e sorpresa che hanno i bimbi illuminati da una gioia inaspettata.
E avevano percorso in silenzio, a cavallo, la strada che li separava dalla villa dei Jarjayes.
Un invito inaspettato, un ristoro necessario e quanto mai gradito, prima di tornare di nuovo in caserma, nella tensione degli ultimi accadimenti, in quel luglio così rovente e strano.
Strano come le emozioni che ora gli riempivano il petto, e che gli pareva persino di respirare lungo via. Anche il suo occhio sembrava stare meglio. Se adesso guardava la figura che lo precedeva di poco, i colori erano vividi, i contorni meno confusi.
- Oscar... -.
Sì, suonava ancora il bene il suo nome tra le sue labbra. Quel nome chiamato un numero infinito di volte. L'unico nome che avesse pronunciato mai.
- Tua nonna sarà felice, André. Non faceva che chiedermi di te. Non potevo ignorarla ancora per molto! -.
Rise. La sua voce si fece eco di cristallo nella gola. Eccolo, l'oro e il diamante che lui ricordava. Intatti. Intatti a un passo da lui.
E d'un tratto percepì come tutto fosse perfetto. Come ogni cosa quel giorno si fosse incastrata alla perfezione, quasi in un sogno, perché Oscar avesse potuto incontrarlo in caserma e riportarlo a casa. Come nell'ispezione mattutina di Degout il suo nome non fosse stato fatto per i turni di guardia a Parigi, e Alain lo avesse guardato di sottecchi, con un sorriso beffardo. Quasi sapesse...
La villa gli apparve in tutto il suo splendore.
André fermò il cavallo.
Il cancello si spalancava di fronte a loro e lui esitava.
- André? -.
Sì, suonava ancora bene il suo nome fra le sue labbra.
Immaginò per un istante qualcosa che...
- Arrivo, Oscar -.

- Tua nonna ti ha farcito come un tacchino! -
- Sì, - rise - ancora un poco e scoppiavo. La nonna resta insuperabile, non c'è niente da fare -.
Avevano dismesso la divisa. E quella era casa, finalmente: la finestra che apriva sul tramonto, il camino spento, la piccola libreria delle loro letture, il canapè, il bicchiere amaranto tra le mani, e Parigi lontana, troppo lontana per sentirne il richiamo.
Oscar risplendeva nella sua camicia bianca.
Lo chiamava a sé.
Stava, semplicemente, in piedi accanto alla finestra. Guardava il giardino, il tramonto, o nulla di tutto ciò.
Andrè si avvicinò. Terminò di bere e posò il bicchiere, e si avvicinò.
- Ci penso, Oscar, sai. Ci penso continuamente -.
- A cosa, André? -.
Le era così vicino da sfiorarla. Sì, era più alto di lei. Se Oscar si fosse voltata, adesso, avrebbe affondato il viso nel suo petto, un po' più su del cuore. In fondo era il posto dove lui l'aveva sempre tenuta. Lì, raccolta, dentro di lui, al sicuro.
- Penso a ciò che potrebbe succedere a Parigi. Ci penso continuamente -.
- Sì -, mormorò lei.
Non avrebbe voluto pensare ai suoi soldati, alla caserma, ai disordini, al popolo. Non in quel momento. Scosse un poco la testa, svuotò il bicchiere.
- Tu non dovrai più combattere André. Voglio che resti qui a casa, e che tu non faccia ritorno in caserma -.
- E come puoi chiedermi questo? -.
- Non te lo chiedo, te lo ordino -.
A quelle parole sentì il sangue che correva veloce. E non era solo l'effetto del vino.
Allungò le braccia fino al davanzale della finestra. E si accorse di averla chiusa, tra quelle braccia.
- E come puoi chiedermi questo? -, ripeté. - Io vado ovunque vai tu, Oscar -.
Si avvicinò ancora un poco, respirò l'odore di quei capelli biondi, di quel biondo che non usciva mai dai suoi occhi, e ne screziava d'oro il verde, tanto lo aveva impresso.
E poi successe qualcosa.
Successe che sparì la finestra, il tramonto, la stanza tutta. Tranne Oscar.
Lei parve non accorgersi di nulla. Era un corpo caldo che respirava adeso al suo petto, con i suoi colori e il suo odore di donna.
- E se domani finisse il mondo Oscar, sai cosa farei? Ti cercherei, e farei l'amore con te fino a domani -.
Chiuse le braccia.
Le chiuse e la strinse. La strinse baciandole i capelli, e poi cercando il collo al di sotto delle ciocche, lasciando che lei si abbandonasse all'indietro, tremando, tra le sue braccia salde. E poi la fece voltare, lentamente, guidandola con le mani sui fianchi, fino a trovare la bocca, dove si perse, per sempre.
Per sempre nella sua bocca, in quel sapore che lui riconobbe pur non avendolo conosciuto mai, e si accorse che due mani non bastavano, non bastavano per accarezzarle il viso e trattenerle la nuca, e nel contempo scalzare la camicia e scoprire i brividi sulla sua pelle. Non bastavano per fare tutto quello che avrebbe voluto farle, mentre la teneva stretta contro un muro... Ecco, qualcosa della stanza era rimasto: un muro, anche se non lo vedeva. Non vedeva nulla, tranne qualche frammento di immagine e di colori, dettagli degli occhi o delle labbra, o della pelle. Però sentiva tutto: sentiva la voce rotta di lei, una voce che non le apparteneva, che lo mandava fuori di testa. Anzi no, non era affatto fuori testa: era dentro di sé, come mai prima di allora.
Era André che amava la sua donna. Che la amava con tutto se stesso.

Il resto fu un turbinio di sensazioni e voci e odori, e mani strette con forza, e corpi che si tendevano e si fondevano, in acqua e fuoco. Questo erano: acqua e fuoco, indistinti e uniti. Questo erano sempre stati.
E poi... E poi fu solo il suo nome.

Alain si tirò su dal muro stiracchiandosi.
- Si preannuncia un'altra giornata di merda -, sentenziò, calcaldo il berretto e osservando le truppe che si disponeavno in fila nel piazzale, agli ordini di Dagout.
- Forza André. Tirati su -. Lo aiutò a sollevarsi. - E cerca di sognare più piano la prossima volta, non mi hai fatto chiudere occhio stanotte, cazzo -. La sua risata scomposta risuonò fino al piazzale.

Non se lo aspettava. Oscar gli era comparsa di fronte, sembrava stesse cercando proprio lui.
. Strano che Dagout non lo avesse convocato per i controlli in citta'.
- Accompagnami a casa, André -.
Gli aveva preso le mani. Gli aveva sorriso.
Le aveva sorriso di rimando, con quell'espressione ingenua e sorpresa che hanno i bimbi illuminati da una gioia inaspettata.
- Tua nonna mi chiede continuamente di te -, aveva aggiunto Oscar. Lo guardava fiduciosa.
- Va bene, Oscar -.
Non disse altro. A lei bastò. Era ancora il suo André.
   
 
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