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Autore: Spoocky    31/07/2018    1 recensioni
Ambientata durante il blocco navale in "Duello nel Mar Ionio".
L'ammiraglio Harte non prende bene il fatto che la nave di Jack abbandoni lo squadrone per accompagnare Stephen in una missione segreta. A causa della punizione assegnata un membro dell'equipaggio si trova a rischiare la vita.
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Genere: Angst, Hurt/Comfort, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Missing moments in Patrick O'Brian'
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Disclaimer: sarebbe che se mi pagassero per quello che scrivo avrei meno problemi, no? E invece non guadagno proprio nulla da questa storia, che ho scritto per il puro piacere di farlo ( nella speranza che piaccia a qualcuno)

Buona Lettura ^.^


“Ammiraglio, vi prego: permettetemi di spiegare...”
“Spiegare cosa?!” Harte era furibondo, in tutta la sua vita Aubrey non ricordava di averlo mai visto tanto agitato, nemmeno quando gli aveva mosso l’accusa, fondata, di barare al gioco “Cosa vorreste spiegare?! La situazione è chiarissima: voi e i vostri uomini vi siete permessi di prendere contatto con agenti del Servizio Informazioni di nazionalità spagnola senza degnarvi di avvisarmi. Questo è quanto.“
“Con tutto il rispetto, signore. Gli ordini...”
“Vi dicevano di fare rapporto all’ammiraglio Thornton, ho capito! Si da il caso, tuttavia, che l’ammiraglio Thornton sia indisposto al momento ed essendo io il secondo in comando, avreste dovuto fare rapporto a me! Avete capito?!”
“Sì, signore.”
“Bene! Buon pro vi faccia! Consideratevi fortunato se non vi mando davanti alla corte marziale, voi e i vostri ufficiali. Ma non la passerete liscia: non posso permettere che ogni capitano dello squadrone si permetta di prendere iniziative simili. Sarebbe l’anarchia! Ne pagherete le conseguenze, Aubrey.”

A quel punto Jack era seriamente preoccupato: non c’erano i presupposti per mandare lui né nessun altro alla corte marziale, avevano agito nel pieno rispetto degli ordini. E poi ci voleva l’approvazione di Thornton, che si sarebbe messo a ridere solo all’idea. Ma Harte ne aveva fatto una questione personale, il suo astio nei confronti di Aubrey aveva radici antiche – più o meno da quando lo aveva cornificato, diversi anni addietro – e non ci sarebbe passato sopra.
Anche se sapeva che la presenza di Thornton lo rendeva praticamente intoccabile, guardò con ansia crescente l’ammiraglio scribacchiare un foglietto.
Terminatolo, praticamente glielo lanciò addosso, congedandolo bruscamente.

Lesse la triste missiva sulla scialuppa e, quando salì a bordo, senza fare cerimonie, il suo volto si era fatto scuro e si capì che tratteneva a stento la rabbia quando ordinò, rivolto alla generica posizione del cassero: “Il signor Pullings e il Dottore a rapporto nella mia cabina. Subito.”
Gli veniva male al solo pensiero di ciò che stava per annunciare.



Pullings incassò il colpo senza battere ciglio, Stephen no.
Se il primo si limitò a sedersi, di due gradi più pallido e con il foglio sgualcito tra le dita, sulla sedia che il comandante gli aveva offerto, il medico sbottò immediatamente, sapendo di potersi esprimere liberamente in presenza del secondo in comando.

“Gesù, Giuseppe e Maria! Può farlo? Sul serio?”
“Il regolamento non gli vieta esplicitamente di farlo, quindi può. Teoricamente per assegnare punizioni ci sarebbe bisogno del consenso del comandante in capo, in pratica è nelle sue facoltà, quindi sì: può farlo.”
“E tu non puoi farci niente?”
“Non senza rischiare di peggiorare le cose: Harte ce l’ha con me, lo sai! Non può rivendicarsi su di me perché sa che Thornton e più ancora Keith, se mai lo venisse a sapere, in qualche modo gliela farebbero pagare.”
“Ma su quali basi se la prende con lui?”
“E’ il secondo in comando. Per cui lo ha considerato altrettanto responsabile di me, anche se non avrebbe potuto fare nulla per evitare quando accaduto. Vedi, lui non se l’è presa perché abbiamo contravvenuto a qualche ordine, sa bene quanto noi che avevamo la disposizione diretta dell’Ammiragliato per prendere contatto con... il tuo contatto. Quello che ha contestato è che non lo abbiamo avvisato prima di partire, anche se sa bene che il nulla osta è arrivato da Thornton, e purtroppo questa motivazione è più che valida per intraprendere un’azione disciplinare, che in questo caso consiste nell’assegnazione di più turni di guardia.”
Stephen emise un verso sprezzante, a metà tra un sibilo ed uno sputo: “Come se si dovessero esporre i manifesti per un’azione che richieda la massima discrezione.” Calcò molto bene le ultime due parole “Resta il fatto che non può far proseguire la punizione a tempo indeterminato.”
“Purtroppo la cosa è a sua discrezione, non possiamo farci nulla. Mi dispiace, Tom.”
“Oh, Signore!” difficile stabilire se la ‘s’ uscita dalle labbra di Pullings fosse minuscola o maiuscola, ma lo sconforto era comunque evidente nel suo tono “Adesso che faccio?”
“Ora come ora, ragazzo mio, il mio consiglio è di andare di sotto e farvi un bel sonno. Vi darò qualcosa per dormire. Prima però sarebbe opportuno che faceste un pasto abbondante: non sappiamo quanto lavoro abbiate davanti ed è meglio se fate scorta di energie. Coraggio, vi accompagno.”

Nell’accompagnare il tenente alla porta, tenendogli una mano sulla schiena perché faticava ad arrivargli alla spalla, Stephen si voltò verso Jack.
Non disse nulla ma dai suoi occhi il Capitano capì che l’amico era furente e cominciò a preoccuparsi.
L’ultima volta che aveva avuto quello sguardo aveva ucciso un uomo in un duello.
 


La mattina dopo, alle quattro in punto, Tom Pullings lasciò la branda.
Secondo le disposizioni dell’ammiraglio, indossò l’uniforme completa.  Rispetto alla tenuta da cerimonia era più leggera e comoda ma il caldo umido del Mediterraneo non tardò a farsi sentire.
Quel primo giorno il sole rimase per lo più coperto ed il cielo rannuvolato ma l’umidità elevata permeava l’aria rendendola quasi irrespirabile.
Non passò molto tempo dal sorgere del sole che lo videro tamponarsi la fronte con un fazzoletto.

Stephen andava spesso a controllarlo, offrendogli una bevanda fresca o un sandwich, perché non gli era permesso smontare nemmeno per prendere i pasti: perché finisse serviva l’ordine diretto dell’ammiraglio e quest’ultimo non sembrava avere fretta. Anche se la situazione si stava facendo preoccupante.
A metà pomeriggio il tenente era sudato fradicio e verso sera, nel tastargli discretamente il polso, Maturin lo trovò pericolosamente rallentato.
Dato che si trovavano nel pieno di un blocco navale, c’era davvero ben poco da fare: bastava dare di quando in quando un’occhiata all’orizzonte con il cannocchiale e mettere sporadicamente mano alla velatura per mantenere la nave in posizione.
Ciononostante, Pullings si presentava visibilmente affaticato, tanto da doversi appoggiare alla paratia per stare in piedi.
Fu solo per un qualche miracolo se riuscì ad arrivare dopo il tramonto senza svenire.

A notte fonda, quando ormai le luci dell’ammiraglio Harte si erano spente da un pezzo, Jack salì in coperta, dove Tom Pullings si aggirava sul cassero come uno spirito inquieto nella reggia di Macbeth.
Facendo sfoggio delle proprie migliori capacità diplomatiche, lo convinse a sdraiarsi in un angolo tranquillo con la giacca piegata sotto la testa.
In circostanze normali, addormentarsi durante il turno di guardia era un reato da corte marziale ma quelle non erano circostanze normali e aveva comunque fatto più di quanto fosse umanamente possibile.
“E’ giusto obbedire agli ordini, per quanto assurdi, di un superiore. Ma non è il caso di ammazzarsi per un capriccio simile.” Concluse Aubrey, e il tenente si arrese.

Si addormentò poco dopo aver chiuso gli occhi, rannicchiato contro la paratia in un cantuccio riparato, e Jack lo coprì con la propria mantella perché si stava alzando una brezza fredda ed era ancora sudato.
Gli avrebbe lasciato almeno quattro ore di sonno prima di svegliarlo per la seconda comandata, Harte poteva anche andare all’Inferno.
Comunque non lo avrebbe mai scoperto.
 


Il secondo giorno fu anche peggio del primo: il sole picchiava forte e in una delle giornate più calde fino ad allora e il fisico, già provato, del tenente ne risentì più di tutti.
Dopo una mattina passata a grondare sudore, verso mezzogiorno la pelle gli si asciugò completamente ed il volto assunse un colorito grigiastro.

Si fece progressivamente più irritabile, cosa rara visto il carattere generalmente accomodante, e cominciò a trattare gli uomini in modo brusco, rispondendo al minimo errore con i peggiori insulti. Verso metà pomeriggio, lo si vide sporgersi due volte oltre la paratia per vomitare quel poco che erano riusciti a fargli mangiare.
Per sua fortuna, gli uomini della Worcester ormai lo conoscevano bene e non diedero peso alle sue uscite. Sebbene nessuno li avesse informati esplicitamente di cosa stesse succedendo era lampante che non si stesse seguendo un regolare ritmo dei turni di guardia e le voci di una presunta punizione erano state diffuse tempo addietro da Preservato Killick il cui orecchio era sempre incollato alla porta della cabina, qualora sospettasse una qualunque novità interessante. Vale a dire sempre.
Ad ogni modo, persino il capitano lasciava correre ed era risaputo quanto tenesse al rispetto reciproco sulla nave. Per cui non sentivano di doversi preoccupare.
“Sarà in quel periodo del mese.” Scherzò un gabbiere al suo primo viaggio con Aubrey.
“Gli passerà prima che a te.” Ribatté Barrett Bonden, suo vicino di mensa, assestandogli uno scappellotto sulla nuca.

Stephen era sempre più preoccupato per le condizioni del tenente e Martin, con il quale stava discutendo di una particolare specie di pulcinella di mare avvistata al largo dell’Islanda, non tardò ad accorgersi delle repentine occhiate che lanciava alla porta del quadrato come se si aspettasse che qualcuno vi piombasse dentro da un momento all’altro.
Uno stato di bruciante, pruriginosa agitazione, non dissimile da una febbre, gli aveva preso ogni nervo del corpo e per quanto si sforzasse di nasconderlo non riusciva ad averne ragione.
Alle quattro del pomeriggio, poco meno di trentasei ore dall’inizio di quella guardia infinita, Tom Pullings si accasciò sul cassero con un tonfo sordo, il viso ormai cianotico nell’incavo del gomito. 
  
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