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Autore: FunnyYoungMe    01/08/2018    1 recensioni
Jimin è tornato dall'America. Taehyung, suo grande amico da prima che lui se ne andasse all'estero, lo invita una sera ad una uscita con il resto dei ragazzi del gruppo. Nonostante non sia sicuro delle sue decisioni e se essere sincero con loro, acconsente alla richiesta, cercando di mettere da parte il pensiero che Yoongi non è più il suo ragazzo.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Unditional Love

N.d.A: premetto che non sono una Army; ho deciso di scrivere su di loro per una mia amica. Scusatemi se magari sono OOC i ragazzi, ma non li conosco affatto.

Spero che vi piaccia e, se vi va, di lasciare recensioni.

øøøøøøø

“Cos'hai detto?” Domandò sorpreso guardando il suo amico negli occhi, la bocca aperta e le mani strette in pugni.

“Che Yoongi sta uscendo con Hoseok… e da un anno, ormai”, rispose timidamente Taehyung.

“Oh… Okay.”

Jimin cercò di mascherare il dolore nella sua voce, ma gli fu praticamente impossibile. Quando era andato via a studiare sì si era aspettato una cosa del genere, però non era comunque facile da accettare una notizia così.

Quando era andato in America, non aveva chiuso ufficialmente con Yoongi. Nel momento in cui era partito, semplicemente aveva evitato qualunque contatto. O almeno, nei primi mesi che era là. Voleva eccellere nei suoi studi per diventare qualcuno rinomato e tornare dal suo ragazzo da miglior persona, ma dopo soli sette mesi all'estero, il mondo gli era crollato addosso.

Tumore alla gola, ecco cosa gli aveva impedito di tornare a farsi sentire. Durante il periodo di trattamenti non poteva sforzare la voce e doveva parlare il minimo indispensabile. Viveva rinchiuso in ospedale, gli studi bloccati finché non si fosse rimesso e il cellulare sequestrato dai suoi genitori. Dopo varie settimane in cui aveva insistito con sua madre perché gli permettesse di mettersi in contatto con Yoongi e i suoi amici aveva deciso di interrompere i suoi sforzi; lei non avrebbe mai ceduto. Non aveva mai accettato che a lui non piacessero le ragazze e il suo ex non le era mai andato a genio.

Era rimasto tre mesi in ospedale e ormai convinto che Yoongi non lo avrebbe più aspettato, aveva deciso di concentrarsi sui suoi studi e tornare il prima possibile a Seoul per farsi perdonare. Se avesse saputo che Hoseok, il suo migliore amico, avrebbe aiutato il suo ex a dimenticarlo, sarebbe tornato prima.

“Tutto bene?” Domandò Taehyung, preoccupato per come avrebbe potuto reagire.

“Sisì, stavo solo pensando.”

“Uhm, d'accordo…” Taehyung giocherellò con le dita, alzando lo sguardo ogni tanto sull'altro come a volergli dire qualcosa ma poi tornando a concentrarsi sulle sue mani.

“Cosa devi dirmi?” Chiese infine Jimin, intenerito dalle azioni del più giovane.

Il moro alzò di scatto la testa e un po' di rosso si poteva apprezzare sulle sue guance.

“Posso capire se tu non volessi, ma… È da un po' di tempo che non ci vediamo, no? E be', sei mancato in questo periodo e quindi… Sì insomma, sarebbe bello se uscissimo tutti insieme come una volta, no?” Balbettò il ragazzo, maledicendosi internamente per essere così timido.

Yoongi, fin da quando si conoscevano, aveva cercato di renderlo più estroverso, seppur con un metodo un po' duro. Non poteva contare sulle dita le volte in cui lo aveva messo in imbarazzo, soprattutto in presenza di Jungkook. Ricordava ancora la volta in cui, nello spogliatoio della palestra dove erano andati, mentre si cambiavano tutti e sei, Yoongi aveva cominciato a fargli domande private, e lui aveva cominciato a rispondere con sussurri, fino a quando non aveva cominciato a parlare normalmente quando il maggiore aveva fatto finta di non sentire nulla. Poi però si era ricordato che c'era Jungkook con loro e preso da un attacco di panico, era uscito dallo spogliatoio. In mutande.

“Ehm… Va bene”, rispose Jimin poco sicuro della sua decisione.

Era contentissimo di poter tornare a vedere i suoi amici; in quegli anni gli erano mancati molto e voleva tornare a parlare con loro, capire se erano cambiati o meno e se erano rimasti le stesse persone “dementi” che lui adorava. Ma dall'altra parte aveva paura di rivedere Yoongi al lato di Hoseok. Non perché li odiasse perché stavano insieme, quanto perché a lui il suo ex piaceva ancora ed era sicuro che non lo avrebbe mai dimenticato.

Yoongi era stato il suo secondo amore e seppure la gente ritenesse solo il primo impossibile da dimenticare, per lui non era affatto così.

Quella “rimpatriata" sarebbe stata difficile da affrontare e da uscirne illeso.





“Ragazzi, indovinate un po'?” Esordì Taehyung sulla chat di gruppo.

“What?” Domandò Namjoon.

“Parla e smettila di cincischiare”, aggiunse Yoongi.

“Yah! Siate più gentili”, rimbeccò il maknae.

“Siete dei cattivissimi hyung.”

“Lo sai che lo fanno per fare i deficienti. Dai, cosa dovremmo indovinare?” Domandò il più saggio del gruppo.

“Tu sì che mi capisci, Jin hyung… Ad ogni modo, domani sera alla cena porto un amico con me.”

“DI CHE AMICO STAI PARLANDO?!?! TU NON PUOI…”

“Calma i bollenti spiriti, Kookie. Ci ha messo anni per mettersi con te, figuriamoci se è capace di metterti le corna”, furono le parole di Hoseok.

“Who is it? Do we know him?” Chiese Namjoon.

“Potresti anche parlare in coreano ogni tanto… E sì, lo conoscete. Molto bene, oserei dire.”

“Ti giuro che se hai di nuovo invitato Taemin ti sparo.”

“TU NON TOCCHI IL MIO UOMO!”

“Suga, Kookie, dovete stare calmi”, commentò Jin.

“E Taemin non ha fatto nulla di male.”

“Sarà, ma il fatto che ogni volta che usciva con noi non aveva mai il portafogli mi puzza”, disse ironico Hoseok.

“Quello è capace di dimenticare la testa se non l'avesse attaccata al collo!” Scherzò Namjoon.

“Ora parli in coreano? Tsk… Comunque lo vedrete domani sera. Passo e chiudo.”





“Oddio, non respiro. No no, io vado via. Perché sono venuto? Torno a casa che è meg-”

“Hyung, sul serio, devi stare calmo. Nessuno di loro ti mangerà vivo! Siamo maturati tutti in questi anni", cercò di tranquillizzarlo Taehyung, ma l'altro non riusciva a smettere di tremare.

Entrambi erano seduti al tavolo di un locale dove, a detta del più piccolo, erano soliti andare quando uscivano insieme. Il posto aveva un ambiente intimo ma affatto romantico, con un bancone sulla sinistra e i tavoli sparpagliati per la sala. Il loro era nell'angolo a destra dalla parte opposta alla porta e siccome avevano la porta della cucina vicino, gli unici che ci passavano accanto erano i baristi.

Jimin era seduto dando le spalle all'entrata, con Taehyung da parte che ogni tanto gli posava una mano sulla gamba per bloccare il tremolio.

“È facile dirlo per te, Tae, siete rimasti tutti insieme da allora. Io… Argh”, si passò frustrato una mano tra i capelli.

“Jimin hyung?” Domandò una voce alle sue spalle.

Taehyung si girò con il suo tipico sorriso squadrato e si alzò in piedi.

“Kookie!!” Strillò abbracciandolo.

“Quindi era lui l'amico di cui ci parlavi ieri?” Chiese una seconda voce, questa volta piuttosto conosciuta a Jimin, che rimase congelato.

Non voleva passare per un maleducato ma semplicemente non ce la faceva a voltarsi, a guardare in faccia il suo migliore amico ed il suo ex perché sì, era sicuro che insieme al primo ci fosse anche Yoongi.

“Yep! Mia madre è venuta a sapere che la sua famiglia era appena tornata e quindi sono andato subito a trovarlo”, lo salvò dall'impaccio Taehyung, dandogli il tempo di ricomporsi e di alzarsi.





Dopo un saluto, da parte di Jimin piuttosto impacciato, tutti avevano preso posto; Namjoon e Seokjin erano arrivati qualche istante dopo Yoongi, per cui non avevano dovuto aspettare per ordinare.

La cena si era svolta in tranquillità, con domande sui suoi studi a Jimin e novità da parte del resto dei ragazzi. Ogni tanto Taehyung e Hoseok facevano qualche battuta, soprattutto quando Namjoon si esprimeva con parole inglesi, dimenticandosi che quella lingua l'unico che la conosceva era Jimin.

Jimin aveva passato tutto il tempo a passarsi i palmi delle mani sui pantaloni; anche se non ne aveva motivo, soprattutto dopo aver visto che Hoseok e Yoongi si comportavano in maniera normale, aveva i nervi a fior di pelle. Più volte Taehyung aveva posato la mano sul ginocchio destro del maggiore, guadagnandosi qualche occhiataccia da parte di Jungkook, ma non era riuscito a porre fine al tremore. Jimin pregava perché quando fosse ora di andare via, gli altri lo facessero prima di lui così se le sue gambe avessero ceduto, nessuno avrebbe presenziato alla caduta.

“Allora Jimin, hai qualche novità da raccontarci?” Domandò Seokjin dall'altra parte del tavolo mentre aspettavano i loro dolci.

Subito gli sguardi degli altri passarono da uno all'altro e Jimin non poté fare altro che fare finta che fossero da soli. Pregò perché riuscisse a rispondere senza balbettare.

“Ehm, no.”

“No? Non sei più andato avanti con le lezioni di canto?” Questa volta fu Hoseok a fare la domanda.

Jimin strinse forte il bordo della sedia, cercando di non fare notare agli altri quanto quel tema fosse difficile da affrontare per lui. Appena aveva sentito quelle parole, aveva sentito come un peso sul petto e gli era mancata l'aria.

“No”, rispose in modo pacato e trattenendosi dallo scoppiare a piangere.

Sapeva che nessuno di loro poteva essere a conoscenza del perché del suo silenzio durante quegli anni e sperava che le cose restassero così. Era un tema tabù e sarebbe rimasto così.

“Oh… Peccato. Ricordo che volevi fare un'audizione per qualche agenzia…” Commentò Taehyung guardandolo in modo triste.

“Yoongi e Hoseok stanno lavorando su una canzone e…”

Ma Jimin non ascoltò le altre parole che Namjoon stava dicendo. L'inizio della frase gli aveva trafitto il cuore. Era sicuro che sarebbe potuto scoppiare a piangere se non fosse stato per l'orgoglio che lo tratteneva.

I suoi amici avevano ragione. Il suo sogno, fin da piccolo, era quello di diventare un cantante e convogliare passioni, sogni, desideri nelle sue canzoni. Ma quando gli era stato diagnosticato il tumore, si era tutto infranto. Aveva passato mesi a pregare perché il cancro non lo lasciasse senza voce e quando gli avevano detto che non l’avrebbe persa aveva quasi esultato di gioia. Sì, quasi. Perché neanche sorridere che il medico gli aveva raccomandato di non sforzarla in alcun modo, soprattutto cantando.

Quella era stata la botta finale. Se il cancro non lo aveva portato alla depressione quella notizia lo aveva fatto. Era andato da uno psicologo fino a qualche mese prima di tornare in Corea e adesso era mezzo intenzionato ad andarci. Specialmente dopo questa notizia.

Li odiava. Non perché stessero insieme, per quanto ne potesse soffrire, ma perché loro potevano far diventare realtà i loro sogni. E lo stavano facendo. E giorno dopo giorno ne avrebbero parlato sempre di più, colpendolo dove gli faceva più male.

“Jimin? Tutto a posto?” Chiese Jungkook vedendolo con lo sguardo perso da qualche parte.

“Io… Sì. Scusate ma… Vado un attimo in bagno”, e senza aspettare risposta o fermarsi ad ascoltarli, si alzò dalla sedia e camminò dritto verso il bagno.

Non appena si fu chiuso la porta alle spalle, scoppiò a piangere, circondandosi il corpo con le braccia, cercando di frenare il tremolio. Si sentiva debole, fragile, una nullità.

Hoseok era quello che lui non poteva più essere. Per uno stupido pensiero, lui e Yoongi non stavano più insieme, ma il suo amico sì. Per una malattia improvvisa non poteva più cantare, e soprattutto accanto al suo ex, ma il maggiore sì.

Si domandò se forse non era meglio tornare in America, dove avrebbe potuto dimenticarsi di tutto e tutti. Dimenticarsi del suo più grande errore.

Sentì bussare alla porta e, trattenendo un singulto, disse che era occupato. Ma la persona dall'altra parte insistette nuovamente per cui Jimin si alzò e asciugandosi le lacrime con la manica della maglia, aprì la porta.

Subito venne avvolto da due braccia che lo strinsero al petto del nuovo arrivato, impedendogli di vedere chi fosse.

La persona gli accarezzò la schiena e poi i capelli, avvicinando il viso al suo orecchio.

“Se vuoi continuare a piangere, io sono qui”, sentì dire dalla persona e subito Jimin riconobbe la voce di Taehyung.

“Pe-perché sei qui?” Chiese l'altro mentre tirava su col naso e metteva un po' di spazio tra i loro corpi.

“Mi sembravi strano poco fa e… Ho pensato volessi sfogarti… Ho sbagliato?”

“No, no… Però non dirlo agli altri.”

“Se avessi voluto che gli altri sapessero, non saresti venuto in bagno”, commentò il più piccolo.

“Saputello”, scherzò Jimin sorridendo lievemente.

“Me lo dice anche Jungkook… Comunque sarà meglio che torniamo dagli altri, okay?”

A quella parole Jimin si immobilizzò. Avrebbe dovuto rivederli e non ne aveva le forze.

“Sì certo. Però vado direttamente a pagare.”

“No, sennò gli offendi. Ci sarò io al tuo fianco, però non ignorarli.”

Jimin sospirò e, allontanandosi da Taehyung, andò a sciacquarsi il viso per cancellare le tracce di lacrime. Non appena ebbe un aspetto decente, fece segno all'altro di uscire e lo seguì fino al loro tavolo.

“Pensavo vi foste persi…” commentò con il broncio Jungkook.

Taehyung gli stampò un bacio, facendolo sorridere. “L'unico col quale mi perderei sei tu.”

“Ugh, che voglia di vomitare”, mormorò Hoseok.

“Ma taci, che le stesse cose le fai tu col tuo ragazzo”, disse Seokjin.

Yoongi alzò gli occhi al cielo, cercando di evitare di rispondere a quel trio di “dementi” e finì con l'incrociare lo sguardo con quello di Jimin, che lo guardava dall'altra parte del tavolo.

Non riusciva a decifrare la sua espressione. Era da quando si erano salutati che non si guardavano ma poteva immaginare il perché non lo facesse Jimin. A conti fatti, non si erano ufficialmente lasciati e probabilmente non sapeva nemmeno che stava insieme a Hoseok prima di vederli durante la cena. Ma d'altronde, perché avrebbe dovuto dirglielo? Era lui quello che lo aveva lasciato in Corea senza dirgli nulla e per poi non farsi sentire per anni. Perché avrebbe dovuto aspettare uno che non lo cercava?

Involontariamente sbuffò, risvegliando Jimin dalla sua trance. Prima che sparisse, gli era sempre sembrato un ragazzo che si sapeva far valere, ma ora davanti a lui c'era qualcuno di diverso, qualcuno che preferiva il silenzio ed osservare al parlare e interagire con gli altri.

Quando sentì sbuffare Yoongi, che in quel momento aveva lo sguardo puntato su di lui, Jimin si riscosse dai suoi pensieri. Vide subito come si girava verso Hoseok e gli sussurrava qualcosa, cominciando una conversazione alla quale solo loro avevano accesso.

Jimin li guardava comportarsi come una coppia, quello che erano stati anche lui e Yoongi anni prima. Sentì una fitta al cuore e subito si girò verso Taehyung.

“Io devo andare…” lo avvisò cercando di parlare il più piano possibile per non farsi sentire dagli altri, ma ovviamente le sue parole vennero intercettate da tutti quanti che prontamente lo guardarono.

“Cosa? Pensavamo di andare ad un karaoke…” commentò Namjoon.

“Ecco, io…”

“Ah, è vero che tua madre mi aveva detto di ricordarti di essere a casa per le dieci!” Esclamò Taehyung portandosi una mano sulla fronte.

“Fortuna che me ne sono ricordato da solo”, disse Jimin, ringraziando mentalmente l'altro per averlo aiutato ancora una volta.

“Oh, d'accordo… Allora ci vediamo un altro di questi giorni.”

“Certo, Jin hyung”, promise mentre si apprestava ad uscire, senza contare sul fatto che qualcuno era pronto a seguirlo.

“Ti accompagno io. Non ho molta voglia di cantare e visto che sei di strada, posso camminare un po' con te.”

Questa volta nessuno avrebbe potuto salvarlo dal parlare con Hoseok. Non si sarebbe mai aspettato che si offrisse di accompagnarlo, non ne vedeva il motivo. Se avesse potuto, Jimin sarebbe svenuto, fregandosene del posto dove si trovava e con chi era in compagnia.

Sorrise lievemente e dopo aver salutato gli altri, si incamminò alla cassa ed evitò di guardarsi alle spalle, consapevole che se lo avesse fatto, avrebbe visto qualcosa che non gli sarebbe piaciuto.

I due cominciarono a camminare, uno sperando che il maggiore non parlasse, e l'altro pensando a come poter dirgli cosa era successo in quel periodo di lontananza.

Hoseok ne aveva parlato con Yoongi e aveva continuato ad insistere che dovessero dire a Jimin che stavano insieme, ma il maggiore non voleva e non perché provasse ancora qualcosa per Jimin, quanto perché gli pareva inutile visto che si notava subito. Alla fine aveva vinto Hoseok nella discussione e per questo aveva deciso di accompagnare l'amico a casa sua.

“È da tanto che non siamo soli, vero? Ricordo quando, prima che tu andassi all'estero, uscivamo la sera ai karaoke io e Yoongi ti accompagnavamo a casa e tu non volevi salutarci perché volevi stare con noi un altro po' di tempo", disse all'improvviso Hoseok mentre passavano davanti ad un parco, quello dove erano soliti fermarsi prima di tornare a casa.

Vedendo che Jimin non commentava nulla e taceva, riprese a parlare. “Sai, ci sei mancato, tantissimo. A tutti, non solo a me e a Yoongi. All'inizio non capivamo come potessi essertene andato senza averci detto nulla, poi però abbiamo capito che se tu lo avessi fatto, saremmo stati capaci di impedirti di andartene e non fare gli studi che volevi tu.”

“Ah…” fu l'unica cosa che disse Jimin.

Aveva capito dove volesse andare a parare e non sapeva come comportarsi. Se essere felice perché il suo migliore amico e il suo ex avessero trovato qualcuno che gli amasse e che avrebbe curato le loro ferite, o se disperarsi perché la situazione stava diventando reale. Questa volta avrebbe saputo davvero che stavano insieme e non avrebbe più potuto fare finta che il tutto fosse una bugia di Taehyung.

“Lo sai già, vero?” Disse infine Hoseok girandosi a guardare l'amico che aveva lo sguardo puntato davanti a sé.

“Cosa?” Riuscì a domandare Jimin controllando la voce per evitare di farla tremare.

Il maggiore gli osservò bene il volto per cercare di decifrare il suo stato d'animo, ma non ci riusciva. O era un bravo attore o non gliene importava più nulla.

“Che io e Yoongi stiamo insieme.”

A quelle parole, pronunciate dal suo migliore amico, Jimin sentì il suo cuore spezzarsi e cadere in un abisso profondo. Era tutto così doloroso e vero e lui si sentiva impotente. Non sapeva cosa fare. Voleva essere felice per entrambi, ma non poteva. Il suo amore per Yoongi c'era ancora e dubitava sarebbe mai sparito.

Senza farsi notare, approfittando che Hoseok guardava il cellulare, Jimin si asciugò una lacrima che era riuscita a scappare al suo controllo.

“In effetti, me l'ha detto ieri Taehyung…” mormorò il moro girandosi verso l'amico. “Sono contento per voi.”

Le sue parole sorpresero Hoseok, che si aspettava di tutto, tranne quello che aveva sentito.

“Sei… Sei contento?”

“Certo. Cioè, non posso afferrarmi ad un amore che, per una decisione immatura, è finito. Sei riuscito a farti strada nel suo cuore, quindi vuol dire che sei speciale. Vi vedo sorridere e… ringrazio che lui abbia te e tu lui. Vi siete proprio trovati”, spiegò Jimin, stringendo le mani a pugno e trattenendosi dallo scoppiare a piangere.

“Io… Non avrei voluto. È stato… È stata dura dopo che te ne sei andato. Lui era veramente distrutto ed ero stanco di vederlo depresso… Ho cercato di mantenere in vita il suo affetto per te, ma sono… ho ceduto al mio stesso cuore e ho pensato egoisticamente e…”

“Non devi spiegarmi nulla”, Jimin lo fermò. Ogni parola era una stilettata al suo cuore e quando aveva definito 'affetto’ i sentimenti di Yoongi per lui, aveva semplicemente smesso di ascoltare.

“Non sei… Non sei arrabbiato con me, vero?”

“Con nessuno dei due… Ora però sarà meglio che vada; mia madre mi aspetta.”

“Oh sì, sì, certo. Ci sentiamo, okay?”

“Certo. Ciao”, e detto ciò Jimin gli diede le spalle e si incamminò verso casa sua.

Ogni passo che dava gli sembrava lo portasse sempre più vicino ad un bivio dove avrebbe dovuto scegliere cosa fare. Ogni passo che dava gli faceva uscire più lacrime dagli occhi.

Quando arrivò a casa, scosso dai singulti, corse in camera sua, ignorando le domande di sua madre. Voleva stare da solo e pensare.

Pensare a cosa fare.





Quando la mattina dopo Taehyung apparve in camera sua, lo trovò seduto sul letto, la schiena contro la testiera e le mani attorno al collo, uno sguardo di terrore dipinto in volto. Notò anche segni di lacrime sulle guance e gli occhi gonfi.

“Tutto bene?” Domandò Taehyung avvicinandosi lentamente all'amico.

Jimin girò di scatto la testa verso di lui, pronto a piangere nuovamente.

“La… La mia go-gola”, riuscì a rispondere con difficoltà, la voce roca e spezzata, non stabile.

“Che succede? Ti fa male?”

“Chi-chiama mia ma-madre.”

Taehyung uscì dalla stanza e andò a chiamare la signora Park in cucina che, appena sentì le parole del ragazzo, corse in camera di suo figlio e lo abbracciò, cercando di calmarlo. Il più giovane nella stanza rimase fermo sulla soglia, guardando la scena che si svolgeva davanti a sé.

Sapeva quanto potesse fare male la gola, ma gli sembrava estrema la reazione dei due Park. Era come se a Jimin fosse già successa una situazione del genere e si domandava quale fosse il problema. Che cosa gli era tenuta nascosta e perché il suo amico non gliene parlasse.

Non volendo interrompere i due famigliari e sentendosi di troppo in quel momento, Taehyung uscì di casa con l'intenzione di tornare e scoprire cosa succedeva con Jimin.





“E quindi?”

“Quindi? Qualcosa non mi torna”, disse Taehyung guardando il maggiore intento a piegare dei vestiti dentro un cesto.

“Tae, magari gli sta venendo una tonsillite o comunque un'infezione alla gola”, ribatté Seokjin girandosi verso il moro.

“Ma hyung, aveva gli occhi sbarrati… Sembrava terrorizzato!”

Seokjin osservò il minore. Capiva quanto fosse preoccupato per l'amico, anche lui lo era. Ma non potevano immischiarsi in faccende che non gli riguardavano, o delle quali non sapevano nulla.

“Per quanto non mi faccia piacere dirlo… Tae, devi accettare il fatto che il Jimin che conoscevamo non c'è più. Se avesse voluto renderci partecipi di quanto gli sta accadendo, ieri sera era l'occasione per farlo. Se ci nasconde qualcosa, sono affari suoi, o almeno finché non decide di raccontarci che succede.”

“Hyuuuung~”

“Togli quel broncio. Mi spia-”

“Secondo te perché non canta più? Non credo sia perché prima lo faceva insieme a Yoongi, anche se ieri…”

“Mi spieghi perché sei così interessato?”

“Perché… Perché Jimin è mio amico e… nessuno di voi sembra intenzionato ad averlo vicino”, rispose Taehyung, quasi sussurrando l'ultima parte.

Aveva visto gli sguardi degli altri quando si erano resi conto chi era l'amico che aveva portato alla loro cena. Erano tutti diffidenti, tranne Yoongi e Hoseok per ovvie ragioni. Capiva il loro timore che Jimin sparisse nuovamente all'improvviso, ma non poteva credere all'atteggiamento dei ragazzi nei suoi confronti.

“...” Seokjin lo guardò pensieroso prima di sospirare. “Ma se si arrabbia perché ficchiamo il naso nei suoi affari, te la vedi tu con lui”, disse infine riprendendo a piegare i vestiti.





“Jimiiiiin~”, esordì Taehyung mentre entrava in camera del ragazzo.

“Ugh, il tuo aegyo fallo a Jungkook, non a me.”

“Tanto lo so che saresti capace di spupazzarmi le guance…”, mise il broncio facendo finta di essersi offeso.

“Tsk, non 'saresti’, quanto…” Jimin si avvicinò all'altro e cominciò a punzecchiargli le guance, “... sono.” E sorrise.

Taehyung gli rivolse il suo famoso sorriso squadrato prima di avvolgerlo in un abbraccio.

“Lo sai che ti voglio bene, vero?”

Jimin gli diede delle pacche sulla schiena. “Certo.”

“Ecco… Verresti… Ti andrebbe di venire alla sala registrazioni?”

La mano di Jimin si fermò a mezz'aria e lentamente la abbassò, stringendola a pugno sul suo fianco. Non si aspettava quella domanda dal minore, l'unico che pensava ci tenesse a lui, seppur minimamente.

Il suo cuore prese a battere all'impazzata, non sapeva se per la gioia o dolore. Gli mancava tantissimo cantare, entrare nella sala registrazioni e mettere alla prova la sua voce. Ma questo era impossibile, soprattutto dopo il giorno prima in cui aveva avuto male alla gola. Aveva capito, in quel momento, che non poteva stare tranquillo, che non avrebbe dovuto nemmeno pensare a tornare a cantare in un futuro prossimo.

“Io… Non…”

Venne interrotto da Seokjin che entrava nella stanza con calma, sedendosi sul suo letto e guardandoli.

“Ehi Jimin”, salutò questi.

“Hyung?”

“Hai per caso visto un fantasma?”

“No, è solo che… Be’, non ti aspettavo”, ammise infine grattandosi la nuca imbarazzato.

“D'accordo. Be’, vestiti che usciamo”, disse il maggiore guardandolo serio.

“Dove andiamo?” Domandò diffidente l'altro mentre si staccava Taehyung di dosso.

“Lo vedrai.”

Senza fare altre domande Jimin cominciò a vestirsi, perdendosi gli sguardi d'intesa degli altri due ragazzi presenti.





“Oh no, io non ci entro lì dentro.” Jimin si girò e prese a camminare verso casa sua.

Taehyung gli si parò di fronte con le braccia spalancate e uno sguardo da cucciolo che avrebbe potuto sciogliere chiunque.

“Non ti stiamo dicendo di cantare. Vogliamo solo che tu torni a parlare con noi, a uscire con noi… Ci sei mancato e ci manchi ancora. E anche tanto”, disse tutto d'un fiato.

Jimin sentì una mano posarsi sulla sua spalla. “Ripeterei quello che ha detto Tae, ma non ce n'è bisogno, vero? Sei nostro amico e ti vogliamo bene; riprendi a condividere con noi tutto, anche le cose più sceme. Nessuno, nemmeno Yoongi e Hoseok, ti negherà questo”, mormorò Seokjin prima di fare segno a Taehyung di spostarsi e andare dentro l'edificio dal quale Jimin era scappato. “La decisione sta a te. Meglio vivere una vita insieme ad altri, piuttosto che rimanere soli e darsi la colpa per tutto ciò che è successo nella propria vita.”

Non appena ebbe finito di parlare, Seokjin gli diede una pacca sulla spalla prima di allontanarsi e andare allo studio di registrazione, dove sicuramente gli altri ragazzi lo stavano aspettando.

Jimin, quando non sentì più la presenza del suo amico, si voltò e volse lo sguardo verso l'edificio, al piano dove sapeva esserci lo studio.





"Ciao ragazzi", disse con tono mesto Taehyung mentre entrava nello studio col capo chino.
Jungkook gli passò un braccio sopra le spalle, cercando di consolarlo. Non appena lo aveva visto entrare, aveva capito che qualcosa non andava.
Dietro il minore entrò Seokjin con un'espressione rilassata, quasi sorridente che fece inarcare il sopracciglio a Namjoon.
"Salve ragazzi", salutò il maggiore sedendosi sul divano, accavallando le gambe e incrociando le braccia dietro la testa mentre si appoggiava allo schienale.
"Voi due siete strani", commentò Yoongi prima di tornare a sistemare i microfoni con Hoseok che lo aiutava a regolare il suono.
"Non hai idea di quanto lo siamo", replicò Seokjin, cominciando a sorridere.
"Mi fai venire i brividi", disse finalmente Hoseok dopo averlo guardato con la coda dell'occhio.
"Che è successo?" Domandò curioso Jungkook, ancora abbracciando il suo ragazzo.
"Niente. O almeno, non ancora", rispose misteriosamente il maggiore.
I presenti, escluso Taehyung, inarcarono le sopracciglia e lo guardarono sempre più confusi. Alle volte, Seokjin riusciva veramente a farli preoccupare, non perché facesse qualcosa di sbagliato; quando si comportava in modo strano, come in quel momento secondo loro, stava tramando qualcosa che gli avrebbe sorpresi.
Taehyung fece per ribattere ma si fermò non appena sentì la porta dietro di sé aprirsi. Alzò il capo e non appena vide gli sguardi sorpresi degli altri, si girò di colpo e quando vide Jimin imbarazzato fermo sulla soglia che si grattava il capo, lo abbracciò immediatamente.
"Ecco cos'è successo", mormorò sorridendo Seokjin dal suo posto mentre guardava gli altri riprendersi dalla sorpresa e cominciare a salutare Jimin.
Jungkook abbracciò forte sia Taehyung che Jimin, Namjoon si avvicinò a loro e diede una pacca sulla spalla al nuovo arrivato.
Hoseok, imbarazzato, rimase al suo posto a guardare la scena. Yoongi, dal canto suo, sorrise lievemente mentre ancora sistemava i microfoni.

“Bene, ora possiamo cominciare. Jimin”, il ragazzo si girò a guardare Seokjin, “stiamo registrando una canzone scritta da Yoongi. Ci farebbe piacere se ci aiutassi, anche solo con l'audio o con il segnalarci qualcosa che non ti torna, okay?”

Il moro annuì riluttante prima di sistemarsi dietro la console, aspettando che i suoi amici entrassero nella stanza di registrazione, sorprendendosi quando Yoongi rimase fuori e si sedette di fianco a lui.

Jimin cercò di comportarsi normalmente, sperando di non arrossire, o almeno fino a quando fosse sicuro di non avere su di sé uno sguardo penetrante che sapeva a chi appartenesse; avrebbe fatto lo stesso se avesse visto il suo ragazzo seduto di fianco al suo ex.

Non appena cominciarono la registrazione, non fece altro che prestare attenzione agli altri. Gli mancava cantare, provare con i suoi amici, provare l'ebbrezza di ascoltare la sua voce, insieme a quella degli altri, su una traccia. Voleva tornare a quei giorni in cui passavano intere giornate chiusi nello studio di registrazione con Yoongi che li sgridava e li faceva provare fino a quando non riteneva perfetta la canzone.

Senza rendersene conto, una lacrima gli scivolò lungo la guancia, cadendo poi sulla sua mano chiusa a pugno sopra la console.

Yoongi, che fino a quel momento era rimasto concentrato sui cinque ragazzi che si trovavano dietro il vetro, aveva notato con la coda dell'occhio come lo sguardo di Jimin si era rabbuiato e pochi istanti dopo una lacrima scorrergli sulla guancia. Ricordava che gli succedeva quando qualcosa lo intristiva e lui, quando se ne rendeva conto, cercava di calmarlo.

Perciò, quando gli posò una mano sul ginocchio dandogli una piccola stretta, non sorprese solo il moro, ma anche se stesso. Aveva sempre pensato che una volta tornato Jimin, se mai fosse successo, lo avrebbe ignorato o gli sarebbe stato indifferente, ma con quel gesto si rese conto che nonostante si fosse sentito tradito e lasciato solo quando se ne era andato, non era mai arrivato ad odiare Jimin né mai l'avrebbe fatto.

Il minore sussultò e si allontanò con la sedia da Yoongi, rendendosi conto della sua mano sul suo ginocchio e delle lacrime che ormai avevano preso a scorrere incontrollabili. Senza attendere alcuna reazione da parte dell'altro, Jimin si alzò e corse fuori, diretto al bagno dove si chiuse in uno dei gabinetti.

Prima di entrare nell'edificio si era ripromesso di non crollare, di essere forte per i suoi amici e invece, alla prima occasione, era finito a pensare al suo passato e la cosa peggiore era che il suo ex l'aveva visto debole e lui non voleva. Non desiderava che i suoi amici, ma soprattutto lui, venissero a conoscenza del suo problema. Non voleva piangere o sembrare malinconico perché sapeva avrebbe portato a domande alle quali non si sentiva di rispondere. Non voleva fargli pena. Voleva essere trattato normalmente, senza sguardi pieni di compassione puntati su di lui.

Chiuso nel gabinetto, cercò di controllare le lacrime e i singulti, ma non ci riusciva. Era così concentrato nella sua situazione, da non sentire la porta della toilette aprirsi e dei passi in avvicinamento.

Qualcuno bussò la porta del gabinetto dove si trovava Jimin, sorprendendolo.

“Ta-Tae?” Domandò tra un singhiozzo e l'altro.

Ma non gli rispose nessuno, per cui tentò nuovamente; magari non lo avevano sentito.

“Se-sei tu, Tae?”

“No… Sono Yoongi”, rispose finalmente la persona.

Il minore si passò le maniche sopra il viso, cercando di asciugare le lacrime. Non si aspettava che il suo ex lo seguisse lì. Almeno, non pensava che si sarebbe preoccupato nuovamente per lui. Aveva creduto si trattasse di Taehyung, visto che quando era uscito dallo studio gli altri lo avevano visto sicuramente. Quindi sapere che al di là della porta si trovava Yoongi lo fece calmare.

“Lo sai che se piangi il tuo viso si gonfia”, disse con tono pacato il più basso.

“No-non sto piangendo.”

“Ah no, eh? Quindi presumo che quella di prima fosse una goccia di sudore che ti usciva dall'occhio…”

Jimin aprì la porta del bagno sbattendola, spaventando Yoongi che, per sua fortuna, si trovava appoggiato a quella del cubicolo di fianco altrimenti l'avrebbe colpito.

“Ho detto che non sto piangendo!” Riaffermò il moro camminando verso il lavandino per rinfrescarsi.

“Se ti dico che non ti credo?” Yoongi gli si avvicinò, appoggiandosi contro il ripiano di marmo.

Jimin si passò le mani bagnate sul viso prima di prendere della carta da mani per asciugarselo. Quando ebbe finito, si girò verso il maggiore, quasi a sfidarlo con lo sguardo.

“E se continuassi a dire che non stavo piangendo?”

Yoongi lo guardò in silenzio. Non capiva perché il minore fosse così arrabbiato con lui, semmai pensava sarebbe dovuto essere il contrario. Certo quella di rispondergli era una cosa che faceva già quando stavano insieme ed era ancor più testardo di adesso. Quello che non tornava era lo sguardo spento che aveva, come se ormai si fosse arreso a qualunque fosse il suo problema.

Senza pensarci due volte, abbracciò il più alto e cominciò a dargli delle pacche sulla schiena, un gesto che raramente aveva fatto e faceva. Yoongi non sopportava le dimostrazioni d'affetto, ma qualche volta gli capitava di compierli.

“Sono proprio uno stronzo, vero?” Mormorò mentre ancora aveva tra le braccia il minore.

“Tu? So-sono io lo stronzo qui… Io…”

“Ammetto che quando te ne sei andato ti ho odiato e speravo che, se mai avessi dovuto incontrarti nuovamente, ti avrei ignorato. Però in questo periodo sono giunto alla conclusione che se non te ne fossi andato tu, prima o poi me ne sarei andato io; lo sai che il mio sogno è andare in America per lavorare con grandi case discografiche.”

“E… E ci andrai?” Domandò curioso Jimin, quasi spaventato per la sua risposta, come temendo che appena lo avesse lasciato andare dal suo abbraccio, sarebbe partito con Hoseok e non avrebbe più potuto rivederli.

“Non ancora. Ho… Ho delle questioni in sospeso qui”, rispose infine Yoongi, esitando a rispondere.

Aveva ricevuto richieste di collaborazioni con artisti americani, ma non era mai andato. Voleva che prima Hoseok finisse i suoi studi e anche che i suoi amici si diplomassero. Inoltre aveva atteso in segreto il ritorno di Jimin. Nonostante tutto, gli voleva bene e non voleva che la loro amicizia, così come quella con Hoseok, finisse.

“Oh… Vedrai che riuscirai a realizzare il tuo sogno”, commentò Jimin prima di lasciarlo andare.

Entrambi si guardarono imbarazzati qualche istante prima che Yoongi gli sorridesse dolcemente.

“Sarà meglio che rientriamo; gli altri saranno preoccupati.”

Il minore annuì prima di seguirlo fuori dalle toilette con passi leggeri. Era come se il suo cuore si fosse liberato di qualche peso ed era riconoscente a Yoongi per aver parlato con lui e averlo, in un certo senso, perdonato.





Dopo quel giorno, Jimin ricominciò ad uscire con i suoi amici, ad andare con loro nella sala registrazioni. Per lui era un toccasana, una cura alla sua sofferenza e a mano a mano che le settimane passavano, il suo amore per loro si rafforzava.

Gli altri ragazzi invece erano estasiati di vederlo lì con loro, sia quando andavano a divertirsi sia quando lavoravano. Avevano tutti notato che la situazione tra Jimin e Yoongi era migliorata; parlavano e scherzavano tra loro, con Hoseok che li sgridava ogni volta che combinavano qualche guaio. Non c'era nessun rancore tra i tre, come se non fosse mai accaduto nulla.

Ogni tanto Jimin non usciva con loro perché aveva degli impegni ma i suoi amici non lo obbligavano a raccontargli cosa era successo in America e cosa stesse facendo ora che si trovava in Corea. Dal canto suo, Jimin non raccontava loro che quando non si trovavano era perché se ne stava a casa con la sua famiglia e qualche volta andava in ospedale.

Il giorno del compleanno di Jungkook uscirono tutti la sera ad un locale. Quando si trovarono fuori dal posto, videro arrivare Jimin quasi trascinandosi ma non diede loro il tempo di fargli domande; non voleva rovinare la serata del più piccolo ed era capace di sopportare le vertigini.

“Bene, oggi il piccoletto compie ventun’anni. Come ti senti?” Domandò Namjoon sorridendo.

“Come mi sentivo ieri”, rispose semplicemente lui scrollando il capo.

“Eddai, non fare il brontolone”, rimbeccò Taehyung abbracciandolo di lato.

I ragazzi potevano giurare di vedere cuoricini al posto dei suoi occhi. Spesso si sorprendevano dell'amore che i due minori si professavano.

“Ugh, le smancerie a casa vostra”, si lamentò Yoongi alzando gli occhi al cielo.

“Vorrei, ma poi suo padre mi fucila.”

“Come se tua madre non facesse lo stesso con me, TaeTae.”

Jimin guardava la scena divertito. Il rapporto dei due più piccoli gli era sempre piaciuto e ne era stato anche invidioso. Pure in quel momento sentì una punta di gelosia perché sapeva che non gli sarebbe più capitato. Al solo pensiero sorrise amaramente e proprio in quel momento ebbe un capogiro e sentì un'improvvisa voglia di vomitare.

Senza alcun indugio, si alzò da tavola e corse in bagno, chiudendosi in uno dei cubicoli affinché nessuno lo vedesse in quello stato. Gli occhi cominciarono a pizzicargli ma lui trattenne l'impulso di piangere; almeno per una volta, non voleva farlo.

“Tutto bene?” Si sentì domandare da Seokjin che lo aveva seguito.

“Sì.”

“Sicuro? Guarda che…”

“Sto bene, davvero”, lo interruppe Jimin prima che un conato di vomito lo zittisse nuovamente.

“Ma stai vomitando?” Domandò preoccupato il maggiore mentre cercava di aprire la porta.

“A-avrò mangiato qual-qualcosa di avariato, non preoccuparti.”

“Non preoccuparmi?! Sei pallido, ho visto come ti prendevi il capo ogni tanto come se ti facesse male e ora stai pure vomitando. Qui non c'è niente che mi tranquillizzi!” Ribatté Seokjin battendo le mani sulla superficie della porta.

Jimin si pulì la bocca con l'orlo della maglietta prima di uscire dal bagno, facendo sussultare il maggiore per la forza con cui aveva aperto la porta. Camminò lentamente verso il lavandino e si sciacquò la bocca, rinfrescando anche il viso.

“Perché non andiamo in ospedale e…”

“Non voglio andarci! Sono stanco!” Gli urlò contro, stringendo il bordo del ripiano.

“Ehi, non devi mica urlare. Voglio solo aiu…”

“Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno, hyung. Non… Non più", rispose, sussurrando l'ultima parte e sperando che non l'avesse sentito l'altro.

Seokjin era stupito dall'atteggiamento del minore. Sapeva che Jimin non era uno a cui piacesse rispondere a modo a chi era più grande di lui, inoltre, non si era mai mostrato così restio a fare quello che gli veniva chiesto.

Non era sicuro di quello che gli stesse accadendo, ma il timore nel suo tono di voce quando gli aveva risposto che non voleva andare in ospedale e poi quelle ultime parole sussurrate lo preoccupavano. Non sapeva cosa fare, ma di certo non lo avrebbe lasciato da solo, qualunque cosa avesse.

“D'accordo, allora torniamo dagli altri. Non dirò nulla, tranquillo”, mormorò il più alto allontanandosi da lui per uscire dal bagno.

“Mi spiace Jin hyung… Mi spiace”, sussurrò Jimin asciugandosi una lacrima prima di seguire il maggiore verso il tavolo al quale tutti gli altri li aspettavano.


“Perché quello sguardo triste, TaeTae?” Domandò il suo ragazzo abbracciandolo da dietro e posando il mento sulla sua spalla.

“Jimin ha detto che oggi non viene con noi perché ha degli impegni…”

“E quindi…?” Jungkook non vedeva alcun problema. Se il più grande aveva da fare, non potevano certo obbligarlo a cancellare tutto e stare con loro.

“Quindi è già la quarta volta nel giro di una settimana che ci dà buca!” Esclamò il moro disperato.

“Tae…” Il ragazzo si girò verso Hoseok che riprese a parlare. “Jimin è grande e vaccinato, non devi fargli la guardia. Se ha bisogno di noi, sa come e dove cercarci.”

“Concordo”, commentò Yoongi alzando lo sguardo dagli spartiti che aveva davanti sopra la scrivania.

“Ma la cosa mi puzza”, si lamentò nuovamente.

“Te l'ho già detto, Tae, se vuole dirci qualcosa, lo farà”, gli ricordò Seokjin entrando nello studio seguito da Namjoon.

“Vedrai che non appena può, ci raggiungerà”, cercò di consolarlo quest'ultimo.




“Merda!” Esclamò irato Jimin lanciando il cellulare dall'altra parte del letto, contro la testiera.

Era passata una settimana dall'ultima volta che aveva visto i suoi amici e questi ogni giorno lo chiamavano, gli scrivevano messaggi e anche se la cosa gli faceva piacere, in quel momento non gli era d'aiuto.

“Che succede, Jimin-ah?” Chiese la madre mentre prendeva posto al suo fianco e gli accarezzava i capelli.

“Mi mancano i miei amici. Io…”

“Ehi tesoro, non rattristarti. Se vuoi, gli invitiamo qui. Anche se devi riposarti, ciò non vieta che vengano qui loro. Lo so che la c…”

“Non dirlo! Non… Non voglio sentirlo, okay? Voglio stare da solo, sì?” Jimin abbassò il capo e cominciò a giocare con l'orlo della sua maglia.

“D'accordo. Andrò… Andrò a fare la cena; tuo padre oggi torna prima da lavoro, così possiamo mangiare tutti insieme”, disse eccitata la maggiore, sperando di rallegrare suo figlio, ma questi sorrise lievemente con lo sguardo fisso davanti a sé.


   
 
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