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Autore: MovereCrus    01/08/2018    1 recensioni
Lunga poesia su Dio, l'uomo e la morte, composta servendomi della scrittura automatica. Surrealismo e immagini criptiche.
"L'hai avuta in vita, come un raggio d'incenso che ti bagnava le iridi grandi e profonde, chinate alla vastità delle disparate possibilità.
Ora la tua contingenza è finita e sei un essere firmato e finito, Questo è il tuo contrappasso.
Ora tu sei al centro di ogni dimensione, sei il punto dove orizzonte e altezza si intrecciano fatalmente. Sei in croce.
Sopporta la croce che si è delimitata alle tue spalle e che poi scorgere all'angolo della tua vista. Non la trasporti ma si è resa parte di te."
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le serpi dell'inferno sibilarono aulenti
trascinandosi dietro relitti di sogni.
Maleodoranti.
Danzando su maschere di spire,
incantevoli profili di donna demoliti
da inconsistenti vertigini e macerie.
Dio è il concetto più malleabile che possa esistere.
Agita le viscere del suo trono in fiamme,
e si decompone in sfere di suprema grandezza e bontà,
che pesano su di noi, corrodendo la già fustigata carne
e il nostro già inferiore debole tentato spirito,
intatto così come ci è stato dato,
benché devastato dalle ipocondrie della memoria.
E allora immolarsi appare la prospettiva più suadente,
grondante sangue e impeto di blasfema pietà.
Mendicando per il perdono che non
dovrebbe sfiorarci le dimenticate amigdale*,
all'interno dei nostri millenari cervelli,
perché questa è l'affermazione più esatta della nostra natura.
Devastato dall'interno i grandi muri della fortezza,
gli arazzi seducono le crepe, crepitando nei cuori dei sedotti.
L'Antichità ci affascina, dall'alto del suo altissimo seggio
di sabbia, impastato di plasma,
fuoriuscito dalle porte e dalla figura sacrale della Morte.
Respinta sempre, amata comunque, come una concubina insostenibile.
Amata con furia per doversi a lei concedere e non viceversa.
L'amplesso si dimenava oziando ma sempre massiccio, colossale, in un nero nido di corpi stanchi.
Per torturarli meglio, il cuore ne viene sfiorato,
oscilla come un pendolo facendosi ad ogni istante cenere,
facendosi urna d’ebano, futura urna del corpo.
A meno che non lo si sacrifichi prima della nostra soddisfazione più immediata,
imperversando in un abisso chiaro e delineato, che si prospetta lungo e infedele,
il cuore è destinato a precederci nella tomba.
Ed è allora che la mano aggraziata da penna o la bella voce per la folla
aprono in un varco inconsistente attraverso il loro valore presente soltanto in vita,
assaporando nude labbra sporche di morte nel cammino verso il suo apogeo, una torre d'oro stroncata a metà,
che pende su Atlante mutilato, da se stesso, per liberarsi del cielo e della terra,
a cui ha donato parte del suo corpo, per essere immolato altrove.
Immolazione, immolazione dai più profani angoli di respiro e di storia,
l'innocenza non soddisfa Dio, la purezza fa contorcere i suoi appetiti e gli fa partorire una millenaria stella danzante.
Organon dannato, uomo, le tue corde per suonare il mondo ti strangolano.
Facesti della violenza tua madre, la cercasti poi in tutte le vie
della città vecchia e della città santa, per poter espiare la tua bestiale eredità
di tuo padre, nello stesso modo in cui lui lo fece.
Unendoti ad altra violenza, ora era anche tua figlia.
Sii soddisfatto del frutto del tuo seno, Sisifo.
Sii orgoglioso, esci dalla tua dimora e mostralo arrogantemente al mondo, il tuo masso.
Umilia i pampini e tutti i frutti della terra.
Esso ti ripagherà come necessario.
Edipo, la colpa è tua perché credi che non ci sia altro destino all'infuori di quello che tu stesso tu sei inferto.
Accecato, quella è l'unica soglia aperta, mentre i tuoi discendenti si uccidono l'un l'altro.
I tuoi occhi rotolano nel vuoto, come quelli di quel Dio appeso a un frassino** ma nessuna arcana conoscenza ti è data.
Soltanto l'umiliazione di essere uomo cosciente ormai prossimo a ungerti di volontaria morte.
Morte, facci Dio e causa incausata del nostro dolore, se deve esistere
che sarà estinto, divorato dalla nostra necessità e atemporalità, schiacciati dall'altissimo supremo nostro Essere.
Che è e non può dare a meno di essere tale. Questa è la tua libertà, non ricordi?
L'hai avuta in vita, come un raggio d'incenso che ti bagnava le iridi grandi e profonde, chinate alla vastità delle disparate possibilità.
Ora la tua contingenza è finita e sei un essere formato e finito, Questo è il tuo contrappasso.
Ora tu sei al centro di ogni dimensione, sei il punto dove orizzonte e altezza si intrecciano fatalmente. Sei in croce.
Sopporta la croce che si è delimitata alle tue spalle e che poi scorgere all'angolo della tua vista. Non la trasporti ma si è resa parte di te.
Ormai sei tu. È questa la creatura alata che sognavo essere, celeste, dispensatrice di eternità e misericordia, che oltrepassa il suolo dove eri incatenato e si libra dove tu non potevi che affidare le tue lacrime?
Sei diventato il condannato accusato a pena più ignobile. Apprezza la tua onnipotenza. Apprezza tua suprema taccia.
Privato ormai del sangue e di ogni tessuto corporeo, ormai la tua sofferenza è il fantasmagorico calvario.
Il gotico che aveva dominato la tua vita, la fatale e irresistibile tensione tra libido e morte, non ti ha abbandonato ma si è fatta tua essenza.
E tu onnipotente non vuoi capire.
La volontà. La volontà si sgrana rapidamente data tua gola e dai tuoi immaginari tendini, presto diventerai il principio primo, la Causa Originale,l'Inizio e la Fine, a cui mai potrai sottrarti.
Tutti gli altri dei che ti hanno preceduto hanno fallito e sono fermi nell'inconscio collettivo.
Sono forme apocrife di te, che presto ti raggiungeranno. Ancora proiettano la loro ombra sulla terra, hanno un peso e possono ancora morire, hanno un'identità imperfetta e possono in altri modi morire.
Tu invece sei l’Origine, l’Assioma, l’Eternità.
Dov'è la tua identità, ne hai bisogno? Il Principio deve essere il tutto e il nulla. Sei tutto e non sei più nessuno. Sei Dio.

*Parte del cervello che gestisce le emozioni e in particolare la paura/Utensile primitivo
** Odino, principale dio norreno, che cedette un occhio in cambio della conoscenza

   
 
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