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Autore: Theredcrest    03/08/2018    1 recensioni
[Questa storia è liberamente ispirata a Detroit Become Human]
Un androide sperimentale viene inviato a Portland per assistere un Tenente in carriera in un caso di omicidio commesso da un altro androide. Ispirato liberamente a Detroit Become Human, ai personaggi di Connor ed Hank e al loro rapporto, questa fanfiction si propone come una storia alternativa alla trama, riprendendo alcune delle situazioni esistenti all'inizio del gioco ma in un'altra città, con elementi e ambientazione diversi.
Genere: Azione, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Inizializzazione sistema.

Analisi in corso...

Controllo stato sistemi.

Caricamento memoria interna...

Inizializzazione avvio...

Avvio confermato.

Procedura completata.

Modello 900DH. Stato: attivo e in attesa di ordini.

 

Aprì gli occhi, come prima cosa. I sistemi interni stavano ancora analizzando i contenuti scaricati dall'Azienda, con l'ultimo aggiornamento risalente alla sera prima. Si guardò attorno, vedendo che per ora era fuori dal centro di confezionamento, in piedi in perfetto equilibrio in uno stanzino con un piccolo specchio. Analizzò i dati di configurazione e nel frattempo si preparò a riconoscere i tratti distintivi che l'Azienda aveva deciso per lui. Guardò i vestiti.

Erano eleganti, allo stesso tempo privi di impedimenti, formali, adatti al lavoro. Un completo in camicia nera, pantaloni neri di cotone spesso e giacca bianca con elementi neri sulle spalle e sui polsi. Il colletto bianco rigido, con l'interno scuro, toccava appena il suo volto e accentuava quella che avrebbe dovuto esserne la forma senza impedirgli di muovere il capo in ogni direzione. Ai piedi, notò, portava robusti stivali antiscivolo perfettamente conformati, la cui grandezza era stata dettata dalla statura e dal peso decisi per lui. C'era anche un codice a barre sulla giacca, col suo numero distintivo e la sigla del suo modello. 900DH, "Deviant Hunter", cacciatore di fuorvianti. La memorià finì di caricare nel sistema e finalmente ricordò anche come l'avevano chiamato: Richard. Un nome semplice e chiaro.

Richard decise di muoversi verso lo specchio, per guardare come fosse fatto. Il fisico asciutto ma tonico lo seguì e sentì i muscoli in fibra di carbonio guizzare sotto la pelle sintetica mentre si dirigeva lì, davanti al riflesso. Era una macchina perfetta per correre agilmente, stanare e inseguire gli obbiettivi, ma allo stesso tempo disponeva di resistenza e forza per poter afferrare e bloccare completamente un suo simile, perfino per spaccare in poche mosse le ossa ad un umano se gliel'avessero ordinato, o sollevarlo con facilità per portarlo in salvo. Tutto questo non era evidente, grazie all'aspetto gradevole che gli avevano dato.

Osservò le mani, dalle dita lunghe e abili, muovendo ogni falange con perfetta puntualità tra recezione del comando e gesto. Si osservò il volto, sbarbato, ovale, con gli zigomi appena accentuati e delle fossette accennate ai lati della mandibola. Il naso, perfettamente dritto, finiva con delle sopracciglia arcuate, non troppo fini per ricordare agli umani che il sesso deciso per lui era quello maschile, ma non troppo folte per facilitare i cambiamenti d'espressione che caratterizzavano il suo particolare programma.

Mosse la bocca e scoprì i denti dalle labbra, l'arco superiore sottile e l'inferiore più carnoso. Erano perfettamente allineati e disposti, in modo che potesse mangiare e quindi masticare gli alimenti appositamente creati per gli androidi e che alimentavano il suo sistema, nel quale circolava la Linfa che portava nutrimento ai componenti. Essendo un modello avanzato, al suo palato erano stati aggiunti tutta una serie di analizzatori per qualsiasi tipo di solido e liquido, che ne avrebbero memorizzato percentuali e composizione, in modo da dargli indicazioni precise. Sangue, frammenti di pelle, capelli, polvere e altro: avrebbe potuto ingoiare qualsiasi prova senza inquinarla, dal momento che non era dotato di saliva, per poi impacchettarla secondo le indicazioni o distribuirla sui vetrini predisposti.

Un metodo forse disgustoso per l'umano in generale, in quanto chi li aveva creati li aveva resi convenientemente simili nell'atto di ingerire nutrimenti - ma d'altronde l'Azienda aveva pensato alla praticità e non esattamente a quanto fosse piacevole per l'uomo di turno guardarlo eseguire i suoi compiti.

Tirò indietro i capelli neri tagliati corti, con l'attaccatura della fronte né troppo alta né troppo bassa. Le orecchie erano allineate e non sporgevano; inoltre i canali uditivi erano collegati a strumenti di amplificazione, riconoscimento e registrazione. Appena dietro il sinistro trovò di nuovo il suo codice a barre e il numero di riconoscimento del modello, in una posizione discreta ma controllabile così che ogni umano potesse riconoscerlo come androide.

Tossì, scoprendo che il tono della sua voce era maschile ma senza suonare intimidatorio o impositivo, in modo potesse diventarlo o condurre conversazioni più tradizionali e piacevoli e relazionarsi, eventualmente, con il resto del mondo. Sotto le sopracciglia brillavano dei chiari occhi verdi, di una tonalità perfettamente bilanciata di verde acqua, telecamere che analizzavano in tempo reale ogni dettaglio. Infine la sua carnagione risultava chiara, rosea, non troppo mediterranea.

Ispezionò con attenzione sé stesso valutando il funzionamento eccellente di ogni sua componente decisa dal suo creatore, il capo ingeniere che aveva creato e valutato ogni contenuto del suo sistema. In ogni sua parte, Richard si trovava adatto a svolgere la sua missione, qualsiasi essa fosse: aveva tutte le capacità per accontentare qualsiasi richiesta, predisporre un primo soccorso o uccidere un avversario, anche se questa era chiaramente l'ultima delle opzioni previste dal suo programma. La sua priorità sarebbe andata allo scopo che gli avrebbero assegnato ed eventualmente, se non previsto altro, alla protezione degli umani che lo circondavano o al partner che gli avrebbero affiancato. Era perfino previsto che avesse una capacità decisionale a proposito: aveva degli schemi preimpostati ovviamente, ma poteva adattarsi, imitare e perfino imparare dall'ambiente circostante, cosa che lo rendeva un modello decisamente unico nel suo genere, e definitivamente un'esperimento del capo ingeniere, che i giornali descrivevano come un pazzo ed un genio, il tutto messo assieme ad una buona percentuale di carisma e di azioni dell'Azienda.

Un androide affiancato ad organo militare o paramilitare, giudiziario o di mantenimento dell'ordine doveva, d'altronde, disporre di una vasta conoscenza e dell'abilità necessaria a valutare gli eventi secondo diverse prospettive: l'imparzialità del suo giudizio risiedeva nel fatto che fosse un non-umano, e che potesse quindi analizzare impersonalmente anche in situazioni di elevato stress, in presenza di interrogatori, omicidi e ostaggi, e valutare l'approccio più adatto a seconda dell'individuo, di quanto aveva ricavato su di esso e della problematica da affrontare.

Ma per ora era chiuso in uno sgabuzzino, privo di ordini e quindi, teoricamente, libero.

Analizzò l'ambiente circostante con accurato interesse, valutando l'apparenza metallica delle pareti e inserendo tutte queste informazioni in un diagramma logico che lo portò a diverse valutazioni. Era su una portaerei? I suoi sistemi di equilibrio non percepivano movimento in nessuna direzione né variazioni di pressione o gravità, quindi si trovavano in un posto fermo, presumibilmente una base, una stazione di polizia, un'aereoporto militare o similari. Sulla terraferma.

L'incuria del luogo e la presenza di polvere su diversi oggetti (come il bordo dello specchio) gli indicavano anche che non era qui da molto tempo, e che il luogo non era certamente stato creato per accogliere forme di vita umane. Valutò meglio il terreno e trovò segni di metallo strisciato, come se qualcosa fosse stato trascinato via, e quattro viti.

Le quattro viti servivano a fissare i tavoli e i segni erano quelli di una sedia, per cui ponderò di trovarsi in una sorta di piccola sala interrogatori svuotata.

Uno scatto della serratura della porta e si girò fulmineo.

Qualcuno era entrato. Una testa dalla carnagione nera, scurissima, seguita da un pezzo di corpo, un'uniforme blu notte e un distintivo sulla spalla che indicizzò immediatamente tra quelli disponibili nel suo database. Polizia locale, Portland, Oregon, Stati Uniti d'America.

Probabilmente era proprio in quella stessa città che aveva avuto luogo la sua costruzione, considerando che Portland era un'enorme filiale dell'azienda originale sita in Detroit, che svettava come un'alta torre esagonale a spirale su tutta l'immensa, verde piana di Portland. Non c'era parco, giardino o lago da cui non si potesse vedere l'enorme meraviglia che creava e distribuiva poi ai rivenditori e ai negozi adibiti androidi e i relativi ricambi sulla base del modello. Qui il capo ingeniere, che una volta era stato direttamente a capo dell'Azienda, si era ritirato per progettare e costruire modelli più adatti a esigenze specifiche, spesso sociali o personali.

Per fare un esempio, era lì che gli androidi medici all'avanguardia che oramai si erano diffusi negli ospedali e prestavano le cure necessarie ai pazienti, diagnosticando con precisione qualsiasi tipo di malattia ed effettuando gli interventi di prima linea, avevano preso forma per la prima volta. Questo tipo di macchine aveva ridotto drasticamente il numero di decessi in ogni parte del paese, e una volta sperimentata sul campo la loro praticità l'intero stato, e poi innumerevoli altri, avevano voluto a tutti i costi quella rara, perfetta, multifunzionale tecnologia d'avanguardia. E il capo ingeniere l'aveva resa accessibile a tutti, deprezzata per l'inflazione dovuta alla crisi finanziaria di quegli anni.

«Seguimi, ti devo portare dall'agente che ti seguirà d'ora in avanti.»

«Va bene.»

Richard si mosse automaticamente verso l'agente, seguendo l'ordine appena dato. Non ne avrebbe avuto bisogno dopo l'assegnazione, in quanto il suo diretto superiore sarebbe stato il suo partner, ma tecnicamente per ora quelli erano i suoi ordini. Si diresse verso la porta, non prima di essersi ravviato i capelli all'indietro per non averli d'intralcio ed essersi toccato con ognuna entrambe le mani nella congiunzione tra pollice e indice, una strana abitudine forse inserita dal capo ingeniere nella sua programmazione. Chissà cos'altro doveva aver inserito, fù il suo dilemma elementare per pochi millesimi di secondo.

Poi sparì dietro la porta e dietro l'agente di colore, seguendolo docilmente, chiedendosi chi mai potesse essere il suo nuovo partner.

 

Richard rispolverò nei file di memoria la storia del mondo moderno di lì ad oggi, mentre camminava dietro l'agente Miller - aveva confrontato i risultati del riconoscimento facciale con l'archivio online degli agenti in servizio a Portland e incrociato i dati ottenuti per saperlo senza dover chiedere nulla.

La dinamica sociale era cambiata enormemente in un solo centinaio d'anni. Le ricerche spaziali, che erano ancora in corso grazie alla NASA e alle varie altre agenzie preposte, avevano subito un brutto periodo di decadimento e la corsa all'acqua su Marte si era fermata per un po' di tempo in risposta all'enorme crisi mondiale partita nel 2020. Non si sapeva come, in questo arco di tempo era nata dapprima l'idea di migliorare la realtà virtuale, fallita miseramente, per poi passare a nuove forme di ricerca. L'inquinamento, il bilanciamento della sorte dei vari stati, le minacce di guerra erano durate quasi fino al 2070, rendendo il mondo un immenso derelitto che si trascinava qua e là senza speranza di bellezza e armonia. In quell'enorme massacro ambientale e sociale era spuntato il baluardo dell'intelligenza umana: il capo ingeniere, un genio della matematica e della robotica, che aveva fondato i concetti basilari per la creazione della prima vera forma di intelligenza artificiale.

All'inizio considerata di utile applicazione solo in risposta ai bisogni elementari della gente, non aveva trovato un vero e proprio appiglio. Poi, private di ogni altra forma di speranza e di fantascientifiche promesse di terraformazioni, alcune aziende avevano voluto dar credito al laureato, prima a capo di un progetto, poi di una sezione e poi di un'intero dipartimento. Con i giusti fondi era divenuto un'imprenditore in un arco di tempo imbarazzante, nonché un'emergente figura di spicco sociale. Il capo ingeniere si era tenuto ben alla larga dai guai, estromettendosi totalmente dalla politica, ma non c'erano dubbi che l'azienda da lui creata e con lei, la raffinata tecnologia degli androidi, avessero influenzato le sorti di ogni paese.

C'era chi non l'aveva presa bene, avendo perso il posto di lavoro, ma era un problema totalmente trascurabile nonostante almeno il 20 percento della popolazione interna agli USA fosse effettivamente disoccupata a causa degli androidi (percentuale in crescita): la fascia povera, la forza lavoro data dalla schiavitù, era stata liberata da ogni necessità di sfruttamento grazie a loro, e sempre grazie a loro erano stati eliminati i turni massacranti, l'asservimento totale alle multinazionali, gli orari di lavoro improbabili e i sabati e le domeniche in catene nei centri commerciali. Certo, il problema della disoccupazione rimaneva ma ora, chi voleva e poteva permetterselo, poteva anche prendersi il tempo necessario ad una riqualificazione o ad una ricollocazione dei ruoli: l'Azienda stessa aveva finanziato l'apertura di centri dell'impiego per risolvere il problema, spinta dalla forza apparentemente positiva del capo ingeniere.

Trascurabile era anche il fatto che questi tipi di lavoro massacrante fossero ovviamente ricaduti sulla nuova forza sintetica fatta di carbonio, adattata a questo scopo e a varie altre mansioni stancanti. Gli androidi baby-sitter per esempio, i manutentori, gli spazzini e i muratori erano stati tutti dotati delle caratteristiche fisiche, estetiche e caratteriali adatte al loro nuovo impiego, come anche i nuovi modelli da allenamento sportivo, i badanti, i multifunzione. Erano stati creati androidi per qualsiasi cosa, tanto che la produzione era andata ben oltre il limite sopportabile ed esportabile in un solo giorno dalla sola Detroit. E allora era stata creata la filiale a Portland, il paese d'origine del capo ingeniere, un'integrazione direttamente sotto la sua supervisione.

Mentre scartabellava le conoscenze con la versatilità che solo un programma avanzato come il suo poteva ottenere, Richard si guardò attorno, trovandosi a percorrere i corridoi e poi una lunga sala piena di tavoli, computer e stazioni di rifornimento piena di gente e macchine che correvano qua e là. Constatò che erano in servizio ben 30 agenti e 12 androidi per quel solo turno (in media la durata era di quattro ore) e sentì perfino quello che doveva essere (da un confronto uditivo con svariati file audio catalogati nel suo cervello quantico) l'urlo del dirigente capo verso un povero sfortunato dietro i vetri del suo ufficio. Nel frattempo Miller lo fece accomodare su una sedia davanti ad una scrivania vuota, apparentemente nuova, che faceva da dirimpettaria ad un'altra incasinata e piena di gadget con il computer acceso a pieno schermo e svariate cose abbandonate sopra.

«Ci vediamo dopo. Ti porto il tuo... nuovo superiore.»

Richard annuì alle parole dell'agente Miller e lesse la targhetta sull'altra scrivania mentre questi lo lasciava.

'A. Coleman. Ottantaduesimo cognome più diffuso in america.'

Anche se sarebbe stato di comodo analizzare il tragitto dell'agente, preferì concentrarsi sulla scrivania disastrata e ispezionarla. Aveva elaborato due possibilità da quando lo avevano portato lì: o si trovava su quella sedia per semplice comodità ('Ma allora perché non mettermi in sala d'aspetto?') oppure l'avevano collocato nella postazione già convenuta per lui, vicino al collega. E il collega non doveva essere un tipo propriamente "a posto", dai file in suo possesso.

Non conoscendo cose come il "rispetto", ed essendo dotato di una sana dose di iniziativa utile al suo lavoro, Richard andò a ficcanasare senza troppi problemi nella vita del suo futuro probabile compare, di cui "A" stava per Aiden.

Aiden Coleman veniva descritto da più di duecento pagine di rapporti che lesse in un paio di minuti e che si potevano riassumere più o meno così: rabbia, violenza, inefficenza lavorativa, imprevedibilità compontamentale e altre cose che componevano un romanzo talmente fitto da poterlo quasi rendere motivo di vanto. Coleman era pressoché giovane per avere già un fascicolo tanto complesso, poco più che trentenne, ma tra le informazioni si citava anche il servizio militare e un titolo come ex-campione sportivo nel tiro con l'arco, da cui dopo una brutta frattura all'omero gestita male nell'ambito ospedaliero aveva dovuto ritirarsi a vita.

'Una personalità complessa' pensò Richard, le rughe d'espressione che si infittivano sulla sua fronte mentre elaborava diverse modalità di approccio. 'Empatico? Intimidatorio? Amichevole? Distaccato? Come dovrei presentarmi ad una persona così enigmatica?'

Ovviamente, avrebbe saputo riprodurre esattamente ognuna di queste emozioni e, nel dubbio, poteva reperirne anche la relativa espressione enciclopedica: era stato fatto per questo. Tuttavia ebbe un attimo di indefinibile... disagio - o almeno ne imitò l'espressione che sembrava tale - quando sentì l'intero ufficio zittirsi per un attimo, tutto assieme. Pochi secondi di sospensione prima che il lavoro riprendesse frenetico come prima.

«Non voglio un fottutissimo androide!» furono le prime parole successive che captò in mezzo al casino. Diresse i suoi occhi verso l'origine dell'urlo rabbioso, e vide che un uomo giovane, esteticamente piacevole stava scendendo la scaletta dall'ufficio del Dirigente, sbracciandosi e gridando. «Non mi serve un fottuto pezzo di plastica per lavorare a questo caso!»

«Taci e fila, Tenente Coleman!» Riconobbe di nuovo la voce del Dirigente, ma stavolta la porta era aperta ed era impossibile per lui non sentire i discorsi (poté supporre, anche per tutti i presenti). «Hai un dizionario al posto del fascicolo, non farmi incazzare prima che ti tiri col culo per terra! L'Azienda vuole testare un nuovo tipo di androide e tu andrai con quell'androide, chiaro?»

«L'Azienda mi può anche pagare una diaria su per il culo per fare il babysitter ad un-!» fù la risposta sgraziata dell'altro, interrotta dallo sbattere della porta. Oltre il vetro semitrasparente si poteva sentire l'aria bollire, ma aldiquà, dove c'era il suo presunto collega, avrebbe giurato che la temperatura fosse davvero salita di due gradi nell'ufficio. Controllò, ironicamente (un'altra opzione inserita dal capo ingeniere), la temperatura nell'ufficio e si aggiornò sulle condizioni meteo al di fuori, già che era collegato, e anche sui posti che le guide turistiche raccomandavano di visitare.

Il Tenente intanto raggiunse a passi pesanti la sua scrivania e lo guardò furioso, prima di sedersi pesantemente alla propria sedia con uno sguardo che sembrava lanciare raggi laser ('Definizione umoristica: tecnologia fortunatamente non disponibile' pensò).

Alla vista dello stato furioso di Coleman, che ancora non sapeva come chiamare se non col titolo formale, si ravviò di nuovo i capelli e si toccò la giunzione delle mani, elaborando. Si mostrò esitante in modo da pacificare qualsiasi tentativo di aggressione, poi tossì piano per fare notare la propria presenza e fece per presentarsi, allungando la mano.

«Tenente Coleman. Mi chiamo Richard. Sono l'androide mandato dall'Azienda per il caso che le é stato assegnato oggi. La stavo cercando.»

Coleman lo guardò di nuovo con quello che si poteva a malapena definire astio, senza degnarlo di una parola nè di rispondere al suo gesto. Lo lasciò così, con la mano alzata per aria, finchè Richard decise che tenerla sollevata troppo a lungo poteva irritarlo. Se la poggiò pazientemente in grembo, riservandosi di scegliere un'approccio più pragmatico.

«Tenente Coleman...»

«Aiden!» gli esclamò contro l'altro, continuando a guardare i dati sul suo computer, dove una pioggia di file con relative foto scorrevano a velocità variabile. Era logico, stava consultando il necessario, lo stava disturbando. Tuttavia doveva affermare il suo incarico in maniera formale, e per farlo era conveniente presentarsi o almeno stabilire dei rapporti neutrali.

«Tenente Aiden.» Richard si fermò aspettandosi un'altra cascata di insulti che non arrivarono. Proseguì. «Dovrò essere il suo partner per diverse settimane per testare la mia programmazione. La situazione evidentemente non le piace, nè a lei nè a me, ma spero si trovi d'accordo sul fatto sia necessario collaborare per non inficiare sul caso e sulle vittime coinvolte.»

Sapeva adattarsi alla persona con cui parlava, per questo aveva sottolineato con forza che la situazione non “piaceva” nemmeno a lui. Sembrare empatico nei confronti del Tenente poteva essere una buona scelta per farlo calmare quel tanto che bastava, e farsi poi ascoltare. Le sue previsioni si rivelarono corrette: Coleman gli diede una breve occhiata storta, facendo una smorfia, ma si trattenne dal'insultarlo.

«Parlami del caso» gli disse a voce roca, probabilmente dovuta alle grida di poco prima. Richard acconsentì, mostrandosi più rilassato, nonostante le rughe sulla sua fronte non fossero ancora scomparse.

«Stamattina lei è stato assegnato al caso. Un omicidio commesso da un'androide dell'Azienda. In concordanza con le procedure standard, l'Azienda ha inviato un modello specializzato ad assistere le indagini.»

«Non ho bisogno di assistenza, specie se si tratta della tua» borbottò il Tenente in risposta. «Senti un po', lattina» proseguì finalmente soffermandosi su di lui. «Tornatene semplicemente da dove sei venuto e lasciami in pace.»

Richard aggrottò le sopracciglia.

«La mia programmazione non mi consente di farlo.» Si soffermò un attimo a valutare come continuare. «Penso che dovrebbe smetterla. Questo renderebbe la vita più facile a entrambi.»

«E tu dovresti smetterla di parlare.»

«Anche questo va contro la mia programmazione.»

Il Tenente trattenne il respiro per un secondo, cercando conforto ovunque tranne che in quel... coso che aveva davanti, mordendosi silenziosamente la lingua. Richard lesse i suoi movimenti involontari e cercò di venirgli incontro, vedendolo frustrato.

«Le offrirò da bere. Che ne dice?»

Efficentemente, quella mossa placò l'animo frustrato di Coleman, che ci pensò sopra un secondo prima di rispondergli.

«Va bene. Ok, meraviglia della tecnologia, allora si va a bere. Sempre che tu possa.» Rilasciò un lungo respiro, inviando in stampa svariati fascicoli. Richard attese in silenzio mentre Coleman si alzava dalla sedia per andare a prenderli, infilarli in una cartellina e poi tornare sui suoi passi guardandoli. «Hai detto omicidio?»




Salve a tutti! Dopo un lungo periodo di tempo sono finalmente tornata a scrivere, emozionata da una storia così complessa e ben dettagliata come quella di Detroit, su cui ammetto di aver speso tempo e notti insonni (o in lacrime!) per la bontà delle mie scelte in gioco. Ho apprezzato così tanto l'ambientazione e il personaggio di Connor, assieme alla sua relazione con Hank, da non aver potuto resistere a scrivere qualcosa, senza riprendere i personaggi ma riproponendo quello che tutti ben riconoscerete come l'evoluzione androide di Connor - ovvero Richard. Nonostante le molte diversità con cui ho deciso di sviluppare questa storia (la presenza del codice a barre al posto del led, alcuni particolari come i biocomponenti, la loro effettiva capacità di mangiare alimenti appositi per "ricaricare le batterie") spero apprezzerete l'ispirazione e seguirete questa ficci un po' strana, che davvero devo capire anch'io come si andrà a svolgere pian piano sotto le mie dita. Avendo molti dubbi a proposito vi chiedo di lasciarmi un commento se volete, anche solo per dire "mi è piaciuta!" o "che schifo", in modo da avere anche solo un piccolo riscontro! Grazie di cuore a tutti voi che la leggerete comunque, sapendo quanto tempo e lacrime ci ho speso sopra T_T A presto col prossimo capitolo!
  
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