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Autore: Dreamer In Love    06/08/2018    3 recensioni
La ciurma del Re dei pirati.
Un Destino annoiato e seccato da alcune affermazioni sentite sulla Sunny.
Rufy e Nami: forse più maturi fisicamente ma ancora poco saggi.
Un contrattempo e una complicanza sotto forma di bambina a creare un po' di scompiglio.
[...] Nami si avvicinò alla piccola, ipnotizzata dalla dolcezza che emanava. Si sdraiò accanto a lei sul letto per osservarla meglio: i capelli neri, radi e sparpagliati ovunque, le guance rosee e morbide e quella bocchina a forma di bocciolo che succhiava imperterrita nel sonno. Era affascinante.[...]
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nami, Nuovo personaggio | Coppie: Rufy/Nami
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parents
 
Quando una sera di tredici mesi prima i Mugiwara avevano affrontato l’argomento bambini, due voci sicure e tonanti si erano levate dal coro. Nami, la prima, aveva contrastato la filippica di Sanji sull’istinto materno, a dire del biondino tipico delle donne, con l’affermazione: “L’unico fagotto che le mie braccia sorreggeranno sarà composto da berry”.  La seconda, invece, era emersa da un Rufy sputacchiante cibo e si era prodigata nella semplice e sbiascicata frase: “ Adoro cullare solo i cosciotti di re del mare” .
Nonostante fossero entrambi ostinati nel mantenere la loro posizione, il destino, che vegliava attento su Cappello di paglia e la sua ciurma, sentendo quelle parole aveva storto il naso. Ed ora eccoli lì, capitano e navigatrice alle prese con il loro peggiore incubo.
 
 
- Nami… -,
Quella supplica bassa e cantilenante proveniva dalle labbra di Rufy ormai da dieci minuti. Con gli occhi sbarrati e le iridi scure ridotte a un puntino, guardava terrorizzato la bambina che piangeva, sorretta a braccia tese e rigide davanti a sé.
Un grugnito malmostoso provenne da un cumulo di coperte sul letto, mentre un braccio afferrava un cuscino per aggiungerlo alla barriera del suono artigianale creata della ragazza.
- Nami, piange! -
Ritentò di nuovo il moro e, stavolta, ottenne la sua attenzione. Questa si mise improvvisamente seduta, i capelli sparati per aria con qualche bigodino, reduce di una permanente mai finita, ancora incastrato nei ciuffi, e lo sguardo più omicida che il suo nakama avesse mai visto. Lui si zittì, temendo già le conseguenze. 
- Rufy. -
Quelle due sillabe, pronunciate con tono calmo e gracchiante, fecero desiderare al capitano un esorcista.
- Ho bisogno di dormire. -
Il messaggio era laconico, chiaro e semplice ma l’ennesimo vagito ricordò al moro il perché di quell’insistenza. Non sapeva se essere più terrorizzato da Nami o dalla piccoletta. Decise che la bambina aveva la priorità; dopotutto i lividi causati dalla navigatrice sarebbero passati nel giro di qualche giorno.
- Non so come far smettere di piangere Puzzetta. -, spiegò brevemente e riprese ad agitarsi saltellando da un piede all’altro, con la bambina che dondolava pericolosamente nel vuoto.
Nami sospirò rumorosa massaggiandosi le tempie.
- E’ assurdo che storpi addirittura nomi che hai proposto tu. -
- Ma Puzzetta fa un sacco di puzzette, dico le cose come stanno. -, mise il broncio, l’uomo.
- Ha quattro mesi, è normale che abbia lo stomaco sensibile. -
L’espressione ignorante e cocciuta di Rufy la fece desistere nel tentare di farlo ragionare. La rossa emise l’ennesimo sospiro.
- Lo sai che non ti sto riempiendo di pugni solo perché sono troppo stanca? -
Il moro annuì.
- E che dopo averla fatta calmare e una bella dormita, domattina ti aspetterà tutta la mia furia? -
Il capitano concordò ancora e, quando vide la donna alzarsi dal letto per prendere la pargoletta tra le mani, sorrise a trentadue denti.
- Sei la mia salvatrice. -, pronunciò dolce e la ragazza minimizzò con un gesto stizzito.
La navigatrice cominciò l’interrogatorio, mentre appoggiava la piccola al petto per cullarla. Questa si tranquillizzò appena.
- Ha digerito? -
Rufy rise sommessamente.
- Dopo che le hai dato da mangiare, ho fatto come mi hai detto: un rutto degno di suo padre anche se ha ancora molto da imparare. -
Nami si lasciò andare a un sorriso tirato dalla stanchezza: l’idiozia del suo capitano era fin troppo contagiosa.
- Poi, mentre cercavo di farla addormentare, ha vomitato. -
Lo vide abbassarsi all’altezza del suo seno per guardare meglio la bambina. Rufy accarezzò docile una guancina, sfoderando un ghigno sghembo. La rossa si trovò a distogliere lo sguardo da quel gesto così intimo, confusa ma strabiliata dall’insolita delicatezza che da poco aveva scoperto appartenere all’uomo.
- Mi hai sporcato la camicia, eh Puzzetta? -, la canzonò sottile.
La bimba accennò una smorfia tirando fuori la lingua e sbattendo debolmente le palpebre.
- Hai un bel carattere, piccolina. -, continuò, interpretando quella reazione come scherno per la macchia maleodorante. - Mi piaci. -
Poi, tornò a guardare la donna.
- Quindi che cosa ha che non va? -
Nami arriccio pensierosa le labbra.
- Immagino sia rimasta solo una cosa da verificare… -, tergiversò un pochino godendo alla vista di Rufy che pendeva dalle sue labbra.
- Rufy prendi un asciugamano e stendilo sul letto. -
- Agli ordini. -, rispose zelante il ragazzo che si mise a frugare tra gli oggetti accumulati dalla ciurma in occasione della nascita di Puzzetta.
Nami aveva avuto un infarto controllando la contabilità degli acquisti fatti e aveva passato le notti successive a piangere ogni singolo Berry, avvinghiata ai pochi tesori incolumi che erano rimasti nella stiva.
Presto il capitano aveva preparato la postazione su cui la donna appoggiò la bambina per, poi, iniziare a spogliarla.
Man mano gli strati venivano tolti uno strano tanfo riempiva l’aria. Rufy si coprì tempestivo la bocca mentre allungava una mano per tappare il naso alla compagna, che, arrivata al solo pannolino si bloccò.
- No, io non ce la faccio. -, proferì con voce acuta, scuotendo disgustata la testa. - Questo è troppo per me . -
Si voltò verso il capitano.
- Tocca a te. Sei esperto in secrezioni corporee. -
- Secrezi-che? -
Nami si allontanò e trascinò Rufy davanti alla bimba che, intanto, agitava incuriosita mani e braccia in versetti divertiti.
- Slaccia i due lembi. -, spiegò la ragazza indicando il fagotto che avvolgeva la piccolina.
Rufy esitò: aveva affrontato nemici ben peggiori ma quando si trattava della pulce che si dimenava davanti a lui, si sentiva totalmente impotente. Puzzetta era così piccola e fragile che aveva paura di spezzarla e non riusciva mai a capire di che cosa avesse bisogno. Anche con Nami spesso provava quelle sensazioni ma almeno la navigatrice era dotata di linguaggio - fin troppo, a suo parere - e seppur con modi bruschi ci teneva a fargli capire le cose. Infatti, le dita fresche che si posarono sulla spalla lo obbligarono a guardarla: Nami, nonostante la stanchezza che rendeva il suo viso pallido e tirato, gli sorrideva dolcemente per infondergli coraggio. Che fosse bella l’aveva sempre saputo ma erano quei sorrisi che fin troppo spesso lo avevano aiutato a superare momenti di difficoltà, soprattutto quando la morte di Ace invadeva i suoi sogni notturni, a fargli torcere lo stomaco.
- Ce la puoi fare. -, sussurrò, sovrastata dai vagiti della pargoletta che aveva ricominciato a piangere.
Annuì sereno e tirò su le maniche della camicia, pronto ad affrontare qualsiasi cosa ci fosse lì sotto.
I minuti seguenti furono un susseguirsi di esclamazioni schifate ma anche ammirate, almeno da parte di Rufy, per la quantità di cacca che quel batuffolo di umana aveva generato. Pulita e cambiata, la bambina si era poi riaddormentata mentre navigatrice e capitano arieggiavano e disinfettavano la camera.
- Dovrebbe stare tranquilla per un po’. - , disse Nami avvicinandosi alla piccola, ipnotizzata dalla dolcezza che emanava.
Si sdraiò accanto a lei sul letto per osservarla meglio: i capelli neri, radi e sparpagliati ovunque, le guance rosee e morbide e quella bocchina a forma di bocciolo che succhiava imperterrita nel sonno. Era affascinante.
- Sei bellissima, Olvia. -,  sussurrò accarezzandole la manina che, istintivamente, si chiuse sul suo dito. - Chi se l’aspettava di diventare zii. -
Il moro crollò dall’altro lato della piccola, stanco anche lui delle notti insonni. Proporsi di fare il babysitter gli era sembrata una buona idea ma non aveva tenuto conto della moltitudine di attenzioni da prestare a Olvia. Finché si era trattato di giocare con lei, allungarsi la faccia per farla ridere, era stato divertente; poi, erano cominciati i problemi e l’uomo aveva deciso di coinvolgere in quel teatrino Nami. I neo genitori si stavano godendo da una settimana l’intimità di coppia in un’isola estiva e capitano e navigatrice non vedevano l’ora che facessero ritorno.
- Più siamo, meglio è. -, liquido sbrigativo ogni dubbio sull’imprevisto di nome Puzzetta che era capitolato sulla sua nave.
- Su questo ti do ragione Rufy. Eppure mi domando se sia davvero adatto per una bambina vivere su una nave pirata. -
Il silenzio che le giunse in risposta obbligarono la rossa a guardarlo. Trovò il moro che la fissava con un broncio cocciuto. La donna sospirò.
- Va bene, non è una nave qualsiasi ma quella del Re dei pirati. Contento? -
Rufy si aprì in un enorme sorriso.
- Non c’è posto più sicuro di questo. Tutti la proteggeremo a costo della vita. -
Per diversi minuti calò di nuovo il silenzio, stavolta rilassato e sereno, rotto solo dal respiro leggero di Olvia.
- Hai trovato un nuovo sogno, Nami? -
La voce di Rufy fece scoppiare la bolla di tranquillità che si era creata e fece trasalire la ragazza, più che altro per il significato delle parole pronunciate. Questa si fece subito seduta con gli occhi nocciola sbarrati sul capitano.
- Di che parli? -
Rufy si tirò su con il gomito, appoggiando il capo alla mano.
- Hai disegnato la mappa del mondo. E ora che farai? -
Nami afferrò una ciocca che riposava sul suo seno e cominciò a giocarci con le dita.
- È da molto che quello non è il mio unico sogno. E se uno si è realizzato, l’altro non ancora, non completamente almeno. -
- Un giorno me lo dirai? -
La gatta ladra accennò un ghigno malizioso.
- Forse. -, disse solo. - E il Re dei Pirati, l’uomo più libero dell’emisfero, che obiettivo si è prefissato ora? -
Il moro si grattò la crapa: la navigatrice colse l’esitazione nascosta dietro quel gesto, l’incertezza nel dire qualcosa che forse era sconveniente; sulle idiozie, invece, non si limitava mai. Quante volte la donna si era scoperta un’esperta nell’interpretare Rufy: lo conosceva a menadito come lui, dopotutto, aveva imparato a capire lei anche solo con uno sguardo. Gli anni a condividere uno spazio ristretto in mezzo al mare, le battaglie vinte o perse, le bevute e le confidenze fatte al chiaro di luna quando tutti gli altri dormivano, li avevano resi complici. Senza contare la fiducia che riponevano l’uno nell’altro. Non si trattava solo di un cappello sgualcito affidato da Rufy a Nami nei momenti di avversità, il quale era ormai deperito su una collina ventilata appoggiato a una lapide rossa, ma della responsabilità che riponeva in lei per la guida della sua nave. I veri tesori del Re dei pirati erano i suoi nakama e lei aveva il compito di portarli in salvo per i mari.
- A volte mi capita di pensare ad Ace. -
Quelle parole obbligarono Nami a interrompere il flusso di pensieri e corrugò la fronte, confusa da quell’affermazione. La memoria del fratello era viva nel cuore di tutti loro ma non riusciva a capire dove Rufy volesse andare a parare.
- Essere figlio del Re dei Pirati è una condanna. -
Le origini di Ace lo avevano obbligato a una vita isolata e discriminata, all’ombra della fama di un uomo che non aveva mai conosciuto; poi, c’erano stati Rufy, Sabo e la voglia di ribalta per trovare una nuova identità e una nuova famiglia.
- Ti sbagli. -
L’uomo si mise a gambe incrociate con espressione confusa. La rossa gli rivolgeva, intanto, con cipiglio arrabbiato.
- Era figlio di Gol D. Roger. Il titolo di Re è passato nelle tue mani, ora, e, sapendo cosa ha subito tuo fratello, sono sicura che non commetterai gli stessi sbagli. -
Il sorriso incontaminato che si era aperto sul viso del capitano fece arrossire la donna.
- A volte mi dimentico di avere te al mio fianco. -
Allungò una mano per afferrarle le dita e tirarla a sè. Le lasciò un bacio umido sulla guancia – una leggera peluria le solleticò la pelle - e la strinse. Nami, totalmente in balia delle emozioni, si dimenticò di respirare. Ormai non si preoccupava nemmeno di nascondere i suoi sentimenti perché Rufy, nonostante gli anni, era rimasto il solito ingenuo e sapeva di non poter aspettarsi di più. Quei momenti d’intimità, però, erano sempre più frequenti e il suo cuore non smetteva comunque di fremere.
- Con una mamma così qualunque bambino crescerebbe felice. -
La rossa rise leggera.
- Non eri tu a dirmi che sono isterica e tiranna? -, lo canzonò con tono ironico per seppellire la speranza nata con quel complimento.
- Non c’è nulla di meglio. Pensa a come sono cresciuto bene io grazie a Dadan. -
Nami si accoccolò meglio tra le sue braccia.
- Non lo so Rufy. I figli sono così dispendiosi: di pazienza e di denaro. E poi rovinerei il mio fantastico corpo. Non ho più vent'anni. Mantenermi in questa forma è faticoso. -
La risata del moro spezzò l’aria. Il suo fiato si riversava caldo sul collo della navigatrice.
- Rimarresti comunque bellissima. -
Stavolta era troppo. Nami allontanò con una spinta il Re dei pirati e gli lanciò un gancio destro sul naso.
- E questo a cosa lo devo? -
Il pugno sventolava ancora minaccioso tra i due.
- Sei strano capitano: cosa vuoi da me?-
- Nulla! -, protestò l’uomo massaggiandosi la testa.
- Quando mi fai dei complimenti, è per chiedermi qualcosa. Spara e smettila di dire stupidaggini. -
Rufy accennò un sorriso prima di assumere un’espressione seria.
- Facciamo un bambino. -
Le labbra della rossa si spalancato stupite mentre il resto del corpo rimase paralizzato.
- Nami. -, la chiamò docile l’uomo avvicinandosi.
Improvvisamente, venne scaraventato a terra con un calcio.
Sopra di lui si stagliò la figura di una navigatrice infuriata.
- Non pensavo che la tua idiozia potesse arrivare fino a questo punto. Perché un incosciente come te dovrebbe volere un bambino? -
- Mi hai appena detto che sarei un bravo padre. -
Le mani calarono sui fianchi e un piede cominciò a infierire a intervalli regolari sul petto dell’uomo.
- Stavamo facendo delle ipotesi, null’altro! Non sei nemmeno in grado di accudire da solo Olvia per qualche giorno! -
- Per questo l’ho chiesto a te. -
La risata di Nami risultò sarcastica e amara.
- Fare da balia a te non è abbastanza? Ti ho aiutato a diventare Re dei pirati e ne sono fiera ma non sono un giocattolino che puoi sfruttare quando ne hai voglia. Io me ne vado. -
Si mosse verso l’uscita superando il corpo disteso a terra di Rufy.
- Te ne vai nella tua cabina a sbollire? -, domandò una voce dal basso del pavimento.
Nami non si voltò nemmeno e aprì la porta.
- Me ne vado da questa nave. Non ho intenzione di sprecare altro tempo con te. -
Era stufa di accontentare ogni richiesta di quel babbeo nella speranza che lui finalmente l’avrebbe amata. Questo era troppo, l’ennesima richiesta egoista e opportunista. Ma un braccio avvolto intorno alla sua vita la obbligò a fermarsi.
- Lasciami andare! -
Zoro, che passava di lì, vide la fugace figura di Nami scomparire trascinata nell’oscurità della stanza del capitano mentre le iridi nocciola si spalancavano in una tacita richiesta di aiuto rivolta a lui. Diede una scrollata di spalle, sicuro nel non volersi impicciare negli affari di quei due, e proseguì per la cucina dove Sanji e il suo spuntino di mezzanotte lo stavano aspettando. 
La porta, intanto, si chiuse in un tonfo e Nami si trovò con le spalle al muro e Rufy a pochi centimetri da lei.
- Che cosa ho detto di sbagliato? -
La rossa assottigliò lo sguardo, troppo arrabbiata per rivolgergli la parola.
- Forse non hai capito cosa ho detto. -
- Illuminami. -, lo apostrofò la donna.
La presa su di lei si fece più stretta.
- Voglio un figlio con te, non solo un figlio. –
Quei pozzi scuri che erano gli occhi di Rufy erano lo specchio della sua anima: sincerità, trasparenza, desiderio e determinazione. Erano gli elementi essenziali grazie ai quali aveva raggiunto il suo sogno, grazie ai quali aveva stravolto il mondo. E se prima quegli occhi erano sempre stati rivolti a un orizzonte lontano, ora, erano incatenati a quelli nocciola di Nami. Lei, d’altro canto, sentiva le budella attorcigliarsi combattuta tra il calare sulle labbra del capitano e arrendersi allo sguardo che tanto amava o resistere e metterlo, per una buona volta, alle strette.
- Sono stanca, Rufy. -, pronunciò sottile, sicura che comunque lui l’avrebbe sentita.
- Di cosa, Nami? –
- Di te, di me, di questo continuo rincorrersi e allontanarsi, di cercarsi e maledirsi. Mi serve sapere la verità, sapere cosa provi davvero, perché io è da troppo tempo che mi espongo senza ricevere una risposta. –
Il moro sospirò, esasperato.
- Ti ho scelto come compagna di vita da molto tempo, ormai. –
Nami arricciò le labbra, di nuovo furibonda, e sbottò, sapendo che ormai sarebbe stato difficile chiudere il rubinetto di parole che per tanto tempo aveva trattenuto.
- Sarò sempre una tua nakama ma quello che ti sto chiedendo è altro. Per anni ti ho seguito in giro per il mondo, aiutandoti a realizzare il tuo sogno, che poi è diventato anche il mio sogno, il sogno di tutti noi. Ci hai dato uno scopo, Rufy, a molti di noi hai persino salvato la vita chiedendoci di unirci a te. Ti saremo per sempre fedeli.
Ora, però, ho bisogno di conferme, si sapere che stiamo andando nella stessa direzione. Ho capito che ti avrei amato dal momento in cui mi hai posato il tuo cappello di paglia sulla testa, ad Arlong Park. Ho capito anche che la libertà che tanto agognavi aveva il prezzo di mettere in pericolo chi ti era più vicino e che la cosa ti spaventava moltissimo. Per questo, fino ad adesso, non ho mai preteso di più. Mi sono adattata a ogni circostanza, ho supportato le tue strambe idee e sono diventata sempre più forte per continuare a meritare di essere al tuo fianco. Ho curato le tue ferite e ti ho consolato quando ne avevi bisogno. Oddio… -, imprecò in un sussurro strozzato, - Quante volte mi hai fatta sentire più speciale degli altri per una confidenza sussurrata o un abbraccio disperato; eppure, sapevo che non potevo illudermi. Saresti rimasto sempre il mio sogno irrealizzato, quello che si continua a cercare di ricorrere ma che sai che non si avvererà mai.
Quindi, spiegami per favore una buona volta cosa devo fare con te? Che cosa devo pensare di questa tua ultima assurda richiesta? Quanto del fare un figlio con te sia uno dei tuoi capricci o una proposta che porta con sé parole e sentimenti più profondi?-
A quel punto, le lacrime rigavano le sue gote già da un pezzo e alla navigatrice sfuggì un singhiozzo per la frustrazione e l’ansia del sentire una risposta.
- Ognuno di voi è speciale e mi completate in diversi modi. Tu, Nami, hai sempre custodito le mie emozioni, i miei sentimenti e il mio cuore. Accetta la mia proposta e lascia che te lo dimostri. –
Nami si asciugò con un gesto di stizza il viso per guardare il volto di Rufy. Era bello come sempre; il suo sorriso sghembo emanava una luce rassicurante e le riempiva i polmoni di ossigeno, la faceva tornare a respirare come se fosse la sua unica fonte di vita.
- Non dimenticarti i tuoi risparmi, custodisco anche quelli. –
Lui la guardò stupito.
- Voglio il novanta percento della tua parte del One Piece. –
Rufy rise.
- Basta che mi lasci qualcosina per comprare la carne. -, volle contrattare lui sotto lo sguardo rassegnato della donna.
Poi, anche Nami scoppiò a ridere e si abbandonò tra le braccia di Rufy, appoggiando la guancia alla sua scapola e respirando il suo profumo di mare, idiozia, forza, sicurezza e gentilezza. Chiuse gli occhi.
 
 
Quando la mattina di due giorni dopo Robin e Franky tornarono sulla nave, si stupirono nel constatare che sia capitano sia navigatrice fossero sopravvissuti a Olvia: Nami non aveva scannato e picchiato selvaggiamente Rufy mentre il Re dei pirati si era impegnato a non far venire una crisi di nervi alla donna. Usopp e Brook garantirono che non era stato così per tutta la settimana, Chopper volle precisare che tutti avevano dato una mano e Sanji si dimostrò contento del ritorno dei genitori perché a suo dire, quei due erano rimasti troppo tempo da soli. Mentre il Super-papà stringeva nuovamente tra le braccia la loro bambina, piangendo di felicità, Robin guardò attentamente i babysitter, domandandosi per quale miracolo avessero collaborato pacificamente. Notò il capitano sussurrare alla navigatrice la significativa frase: “Forza Nami. Andiamo. Abbiamo da fare”, per poi prenderla sotto braccio e trascinare la donna, accaldata e imbarazzata, in cabina.
Robin…ehm! Volevo dire... il destino sorrise soddisfatto: era proprio come aveva previsto.
 


Angolo dell'autrice!
Hola! Un'altra storia, un'altra RufyXNami. Non ho molto da dire, mi sono divertita a scrivere di loro due da baby sitter. E' una post -fine-manga e so che in molti pensano che Rufy morirà ma NO! Andranno in giro per i mari all'avventura, me lo sento, anche dopo la mega battaglia finale strafiga. Fatemi sapere cosa ne pensate e se ci vedete questi due come genitori. 
Dreamer In Love
  
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