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Autore: Sognatrice Realista    06/08/2018    7 recensioni
Archìa, Plasma, Empatia.
Gli Archi guidano gli Elementi, ma c'è chi con loro si fonde – sarà solo leggenda?
«Come ti è saltato in mente?» percepì distintamente il sibilo del ragazzo, ora vicinissimo. Fece per ritrarsi, ma lui riuscì ad afferrarle il polso.
Con la mano avvolta dalle fiamme.
Lo stupore la paralizzò, mentre un’assurda sensazione di serenità l’invadeva. Non provò dolore al contatto, il fuoco non la bruciò.
Durò solo un secondo.

IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fisis'
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PROLOGO





Le strade di Agia quella sera erano gremite di persone intente a celebrare l’Anuk-ei. Era quasi il momento di consumare il sit’ota, un piatto tipico a base di bacche dolci: la tradizione prevedeva che ciò avvenisse in piazza, tutti insieme. Già risuonavano nell’aria le note d'inizio del canto di ringraziamento. Il quinto kalam volgeva al suo termine: i festeggiamenti sarebbero durati fino alla prima ora del nuovo ciclo.

Rara eccezione all’atmosfera esaltata, un bambino vagava smarrito per i vicoli. Nella confusione nessuno lo notò; oppresso dalla folla, imboccò d’istinto vie sempre più sgombre. Riottenuta un po’ d’aria, si guardò attorno: non distingueva le abitazioni intorno a lui, tutte caratterizzate dagli stessi mattoni color sabbia su cui la luce delle torce creava strani effetti che l’inquietarono.

Si fece coraggio e si riavvicinò alla folla, cercando disperatamente tra i volti quello di sua madre: non la trovò. Infine, stanco, si addentrò in una via buia che lo portò al limitare del villaggio, dove i rumori dei festeggiamenti divennero solo echi lontani. Calciò un sasso, scoraggiato, e si lasciò cadere contro un muretto. Sentì freddo e si strinse nella casacca di lana, inutilmente: non c’entrava la temperatura esterna, a farlo rabbrividire era il timore di non rivedere più la madre. Si disse che sicuramente lo stava cercando anche lei, e sperò fosse così; ma ultimamente era tanto stanca, e le faceva male la schiena. Si sarebbe arrabbiata molto? O preoccupata? Scosse la testa; nessuna delle due opzioni lo rasserenava.

Un urlo improvviso interruppe il filo dei suoi pensieri. Stupito, si alzò di scatto, senza pensare. Da dove veniva? Era stato un urlo acuto, una bambina, forse, o una donna… Si guardò intorno. Ciò che sentì dopo lo spaventò: una risata roca, crudele risuonò nel vicolo. Lanciò uno sguardo alla strada da cui era venuto – possibile che nessun altro avesse sentito? Era tutto così deserto.

In preda a una strana sensazione, si diresse verso l’origine del suono, rasentando il muro e stando ben attento a non fare alcun rumore. Gli arrivarono delle voci, ma non riuscì a distinguerne le parole. Attento a non farsi vedere, si sporse oltre la fine del muro: fuori dal villaggio, accanto al fiume Tar, c’era una bambina. Si reggeva malferma sulle gambe, o almeno così gli sembrò; indossava una casacca simile alla sua. Fissava con occhi pieni d’orrore dritto davanti a lei, e fu solo seguendo il suo sguardo che il bambino distinse nell’ombra le figure di due uomini.

Un brivido gli corse lungo la schiena. Uno degli uomini impugnava un lungo coltello e, sebbene il buio e la prospettiva gli impedissero di distinguere bene gli abiti, il loro copricapo era unico e lanciava un chiaro messaggio. Solo i banditi indossavano l’Amakai, riconoscibile dai due lacci pendenti sul retro con due anelli legati alle estremità. Questi tintinnarono quando i due avanzarono verso la bambina, che al contrario indietreggiò. Osservò la scena trattenendo il fiato; avrebbe voluto urlare, aiutarla, ma era come paralizzato.

Nella mano del bandito più vicino a lei apparve una fiammella.

«Fa’ la brava, seguici e andrà tutto bene».

La vide stringere le labbra e grazie alla luce della fiamma notò che lottava con le lacrime. Mormorò qualcosa, o così sembro al bambino; era troppo lontana perché potesse sentirla.

Poi parlò l’uomo con il coltello. «Basta giocare. Prendila» ordinò al compagno. «Abbiamo già perso fin troppo tempo» aggiunse, facendo un cenno verso una zona a pochi metri da lui. Al bambino per poco non sfuggì un grido d’orrore, distinguendo in quel punto due sagome immobili.

Il fuoco lasciò la mano del bandito e si sollevò sopra di lui. Fece un altro passo, riducendo di molto lo spazio che lo separava dalla bambina, che ora si era arresa al pianto. La vide indietreggiare ancora, azzerando la distanza tra lei e il fiume.

L’uomo si slanciò in avanti nel tentativo di afferrarla; lei si ritrasse, mise un piede in fallo…

Scivolò nel fiume sotto il suo sguardo.

“La prenderanno”, pensò triste. Davvero non poteva fare niente per aiutarla? Il suo sguardo si soffermò sul coltello. Era solo un bambino, non sapeva controllare i suoi poteri. Loro erano in due. Sarebbe dovuto correre indietro a cercare aiuto, forse avrebbe trovato qualcuno e non sarebbe stato troppo tardi… non riusciva a muoversi, però. Poteva solo guardare, e vide il secondo uomo raggiungere l’altro e abbassare lo sguardo sul torrente.

«Non c’è!».

L’incredulo urlo di rabbia giunse distintamente alle orecchie del piccolo spettatore.















NdA

Ho attentamente rivisto e ampliato questo prologo seguendo i consigli di Nirvana_04, che ringrazio davvero molto.
Questa è la storia a cui tengo di più; se vorrete seguirla, vi sarò grata. Vi esorto inoltre a farmi sapere che cosa ne pensiate, nel bene e nel male: sono qui per migliorare!
   
 
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