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Autore: Chemical Beam    06/08/2018    1 recensioni
In cui un uomo ripercorre i passi della notte che gli ha cambiato la vita.
***
"Pause without end
A moment in time suspends
How could she leave?"
***
[Ispirata dalla canzone Drive Home di Steven Wilson]
Genere: Drammatico, Song-fic, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Note dell'autrice: Ho scritto questa amara, triste, malinconica storia per colpa di Steven Wilson. Ecco, l'ho detto. È tutta colpa sua e della sua musica. 
Tutto è iniziato mentre ascoltavo Drive Home, un connubio di depressione e perfezione. Guardavo il music video e- bam, ecco l'ispirazione. In effetti, per certi versi la storia e il video si somigliano: è perché non avevo intenzione di stravolgere le cose. Ho voluto usare lo stesso "espediente" di Wilson. Comunque, alla fine, le mie parole si distaccheranno notevolmente dalle immagini del video.
Spero che la storia vi piaccia.
AVVERTENZE: Dopo averla letta potreste sentirvi alquanto giù. Non venite a dirmi che non vi ho avvisati- in fondo, ci tengo al vostro buonumore.

Lascio il link della canzone e vi consiglio caldamente di riprodurla mentre leggete. Mi raccomando, fatelo lentamente (giusto per assaporare meglio il dolore). Per mano divina sono riuscita a far combaciare le varie parti della storia con le parole e l'atmosfera del brano. Credo che questo dia un tocco in più.

Buona lettura!

https://www.youtube.com/watch?v=ycYewhiaVBk
 

La sua risata cristallina risuonava come un'eco.

George si avvicinò alla cassettiera e prese la cornice dorata, che ormai era capace di distinguere tra mille altre. Le sue mani avevano fatto la conoscenza del materiale liscio e delle piccole scanalature tanto tempo addietro.

Sospirò profondamente e allungò il tessuto della manica del proprio maglione a righe bianche e nere sul palmo della mano, per pulire un alone invisibile sul vetro limpido.

Le lenti degli occhiali si appannarono, mentre leggere lacrime gli scorrevano lentamente lungo le guance, ormai segnate da un sottile strato di barba grigia.

Con le dita che accarezzavano il vetro, immaginava di star toccando invece il volto delicato di lei.

"Quanto mi manchi, Lucy", pensò, lambendo per l'ennesima volta l'immagine.

Poi, le stesse mani che fino a qualche momento prima stavano tenendo l'immortalità della sua amata, posarono la cornice nella stessa posizione di prima, al centro della superficie del mobile, circondata da altri piccoli ricordi.

Fece un sorriso obliquo, come quando si vuole ridere per evitare di piangere, e si passò le dita sulle guance per asciugarle.

Abbassò le braccia e poggiò le mani sulle ruote, facendo cambiare direzione alla propria sedia a rotelle, per poi avvicinarsi alla porta, girare il capo un'ultima volta verso la tanto cara foto, spegnere la luce e attraversare l'uscio.

Il corridoio della sua casa era decorato da bellissimi quadri di artisti locali, che ritraevano perlopiù paesaggi di montagna.

Giunse nel salotto. Qui, sul lato sinistro, c'era una scrivania in mogano, sulla cui superficie trionfava un'antica macchina da scrivere. 
I tasti erano per la maggior parte consumati dal tempo e dalle lettere premute, dapprima freneticamente e poi, col passare degli anni, sempre più piano, come in una sorta di rassegnazione.

Accanto allo strumento, sui mobili, stipate nei cassetti, c'erano decine e decine di lettere mai pervenute al destinatario e tutte indirizzate ad un'unica persona: Lucy.

George sospirò stanco, pronto a riempire le righe dell'ennesimo foglio bianco, quando il campanello suonò per un breve istante.

Strano, non aspettava nessuno.

L'uomo si diresse a fatica verso il portone d'ingresso e spalancò gli occhi, sorpreso.

Un ragazzino di circa dodici anni gli si parava davanti. Indossava un cappellino verde e portava una tracolla di cuoio marrone chiaro.
Gli sorrideva timidamente, come se non volesse davvero essere lì.

«Ti sei perso?» indagò George curioso e vagamente preoccupato.

Il bambino sbatté le palpebre più volte.
«Oh, no, no, io... Beh, sono qui per...»

«Che sbadato, scusa. Non sono più abituato a ricevere ospiti. Vuoi entrare?»
E senza aspettare risposta, George fece marcia indietro per far passare quello strano ragazzino, che aveva assunto un'espressione ancora più imbarazzata.

Si fermò in piedi al lato del bracciolo di un divanetto bianco, notando moltissime lettere, e vide l'uomo scomparire in una stanza attigua. 
La sua voce gli arrivò abbastanza bassa alle orecchie, ma comunque distinguibile.

«Desideri qualcosa? Ho solo acqua e tè, ma non credo tu lo voglia... Dovrei avere anche dei biscotti, da qualche parte.»

«Va benissimo l'acqua, signore, grazie» il bambino lo interruppe.

E così l'uomo tornò nel salotto e gli fece cenno di sedersi, per poi offrirgli un bicchiere d'acqua.

«Perché sei qui, ragazzo?»

Lui finì di bere e poggiò il bicchiere sul tavolino basso davanti a lui.

«Ecco... Mi chiamo Michael Sinlow. Frequento la scuola media di questo quartiere e mi è stato assegnato un progetto. Cioè, non solo a me, ma alla mia classe...» e arrossì imbarazzato. Poi si riscosse. «Insomma, a ciascuno è stata assegnata una casa da visitare e dobbiamo chiedere a chi ci abita qual è la sua storia.»

George strabuzzò gli occhi.

«Beh, ovviamente non tutta, magari solo qualche episodio importante...» aggiunse Michael sottovoce.

«Oh, beh, ecco...»

George non seppe mai cosa lo spinse a farlo. Forse la solitudine, forse la voglia di confidarsi con qualcuno, forse la disperazione, la voglia di tenerla ancora accanto a sé.
Fatto sta che gli raccontò di Lucy.

Si sistemò sulla sedia, una mano andò sulla propria guancia come per darsi sostegno e, mentre Michael si preparava a prendere appunti, parlò.

Si sistemò sulla sedia, una mano andò sulla propria guancia come per darsi sostegno e, mentre Michael si preparava a prendere appunti, parlò     

Una settimana dopo, George aveva appena finito di scrivere una lettera alla sua amata ed era intento a fissare il vuoto, sovrappensiero.
Poi, un rumore lo destò.

Si avvicinò alla porta di ingresso giusto in tempo per vedere una busta che veniva infilata nell'apposita fessura per la posta e subito la raccolse.

Era abbastanza piena e non c'erano nomi sulla carta giallina.

Dopo qualche secondo di iniziale timore, tutto ad un tratto la aprì.

E quello che vi lesse mise in dubbio le poche certezze che aveva, creando confusione nel suo cuore– quel cuore che in quel momento veniva stritolato dalla pura verità.

"Caro signor Robinson,
Sono Michael, il ragazzo che la scorsa settimana è venuto a disturbarlo.

Le parole che mi ha raccontato sono state estremamente interessanti e credo che la mia professoressa sarà molto felice di ciò che ho scritto. La ringrazio tanto, è tutto merito suo.

Tuttavia... Mi sono preso la libertà di fare alcune ricerche. 
Non riuscivo a capire come un episodio del genere sia potuto accadere, e così ho scoperto delle cose.

Ecco, le lascio una copia del tema che ho scritto perché credo sia la cosa più giusta da fare.

George interruppe la lettura per prendere un foglio protocollo a righi, probabilmente preso dal quaderno del ragazzo.
Dopo qualche minuto passato a decifrare la sua scrittura abbastanza disordinata, mise a fuoco la realtà.

"Venerdì scorso, il signor George Robinson mi ha accolto nella sua dimora.
Vive in una casa davvero affascinante, con molti quadri alle pareti e una macchina da scrivere di tutto rispetto.
Tuttavia, quello che è stato davvero affascinante per me, sono state le sue parole.
Con voce tremante, mi ha raccontato della sua amata Lucy.

Con gli occhi persi in chissà quali ricordi, mi ha raccontato della notte che gli ha cambiato la vita.

Trenta anni fa, i due erano in auto, viaggiando per raggiungere la spiaggia più vicina, nonostante fosse pieno inverno.
La sera prima, avevano festeggiato il venticinquesimo compleanno di lei in un ristorante, solo Lucy e George, in un festeggiamento molto intimo.
E nel mezzo della cena, lui si era inginocchiato davanti agli altri ospiti presenti nel locale, facendole la fatidica proposta di matrimonio. Lei aveva detto "sì" con gli occhi colmi di lacrime.

Anche gli occhi di George stavano per piangere mentre me lo raccontava. Io l'ho notato, e gli ho chiesto se volesse fermarsi, ma lui ha continuato determinato, come se volesse finalmente dare un nome al suo fantasma, per renderlo reale.

George mi ha raccontato che mentre guidava verso la spiaggia, allungò la mano sinistra verso la guancia di lei in una muta carezza, ma Lucy si scostò, ancora irritata per un piccolo litigio avuto quella stessa mattina, che lui ormai non ricorda più.

George non lo sapeva, ma quello sarebbe stato l'ultimo contatto con la pelle diafana di lei.

Perché poi, quando si voltò di nuovo verso la strada, vide un accecante bagliore rosso e Lucy non c'era più.

La cercò dappertutto: fermò la macchina al lato della strada, controllando l'interno dell'auto e anche all'esterno, spingendosi avanti, verso un piccolo lago che si estendeva al lato sinistro della strada.

Ma di lei non c'era più traccia.

George cerca ancora la sua amata, le scrive centinaia di lettere che però non spedisce mai –come si può inviare un messaggio ad una persona che è scomparsa?– e le conserva in ogni angolo della sua casa.

Ancora oggi, a distanza di trent'anni, non riesce a capacitarsi di come una persona possa essere presente e poi svanire nel nulla nell'arco di una manciata di secondi.

La sua voce, mentre mi raccontava del suo amore perduto, era rotta: a volte scoppiava in singhiozzi, altre volte aveva bisogno di qualche minuto per raccogliere i pensieri o per cercare di tenere a bada questo dolore inspiegabilmente aguzzo nel petto, che si porta avanti da trent'anni.

Le sue parole mi hanno colpito nel profondo e anche io, come lui, non riesco a capire come Lucy sia potuta scomparire da un momento all'altro.

E così, preso dalla curiosità, ho fatto delle ricerche, ma ciò che ho trovato non è quello che si direbbe un finale roseo ad una storia drammatica.

Perché la verità è che Lucy non c'è più.
Lucy è morta.

Quella sera di trent'anni fa, i due hanno fatto un incidente. Un'auto viaggiava contromano nella corsia dei due futuri sposi, l'autista era ubriaco e si è scontrato frontalmente con la vettura di George e Lucy.

Molti giornali locali ne parlarono, all'epoca. E spiegarono anche che il conducente dell'auto colpita –George– non era stato trovato all'interno della vettura.
Probabilmente perché era impegnato a cercare Lucy lungo il perimetro del lago.

A quanto pare, dopo l'incidente, la loro auto ha preso fuoco, con la donna all'interno.

Georgmi ha raccontato che, a volte, in sogno, gli appare la sua amata mentre si pettina i capelli o mentre si aggiusta il trucco. E una volta gli ha persino detto che la collana d'argento che custodisce così gelosamente apparteneva a lei.

Da quello che ho potuto capire, George è stato colpito così profondamente dall'accaduto che la sua mente ha deciso di rimuoverlo. Forse per un istinto di autoconservazione, per proteggersi da un dolore così grande che lo distruggerebbe.

George non ricorda dell'incidente o dell'autista ubriaco.
Non ricorda del fuoco. Non sa da dove proviene effettivamente quella collana– probabilmente il gancio si sarà rotto mentre cercava di tirar fuori Lucy dall'auto in fiamme, e così ha solo un piccolo gioiello d'argento a testimoniare la scomparsa della donna amata.

È a causa dell'incidente che ora George è costretto a muoversi sulla sedia a rotelle.

Ma lui non lo sa, e questo porta ad un triste dubbio.
Si può vivere nei ricordi?
Si può amare una persona che non esiste più?
George, sono sicuro, risponderebbe di sì.

Ma io mi chiedo: tutto questo, non è vivere nella menzogna? Un essere umano può preferire vivere nel buio della memoria, piuttosto che affrontare la gelida verità?"

George fece cadere il foglio come se fosse fatto di fiamme ardenti. 
Le sue mani tremavano. Ormai non riusciva più a leggere, gli occhi erano diventati liquidi di lacrime.
Sentiva il cuore martellargli nelle orecchie.

Per qualche secondo, chiuse le palpebre per riprendere il controllo delle sue emozioni.
Poi, con difficoltà, prese la lettera che gli aveva scritto Michael, e continuò la lettura dal punto in cui l'aveva interrotta.

Probabilmente, se ha già letto il mio tema, ora mi starà odiando con tutto il cuore. O forse no, non posso saperlo.
Tuttavia, posso capire che ora lei sarà sconvolto.

Ma vede, io credo che farle sapere la verità sia la mossa più giusta da fare.
Non sarebbe corretto continuare a farla vivere nell'inganno, ora che mi ha reso partecipe di quello che è successo.

Ho notato l'amore sconfinato che prova per Lucy e la ammiro tanto, davvero. Io –forse perché sono ancora piccolo– non so se riuscirei ad amare così tanto e con tanta dedizione una persona che non c'è più.

Ed è per questo suo sentimento che ho deciso di mostrarle la verità. Affinché lei possa continuare ad amare Lucy nel rispetto della sua memoriaconsapevole di quello che è successo.

Ormai mi sento profondamente legato a lei, ed è per questo che mi prendo la libertà di darle un consiglio.

Vada di nuovo sul luogo dell'evento. Si rechi sul lago, respiri l'aria cristallina dell'acqua. Si diriga sul molo, lo stesso molo che ha perlustrato tanti anni fa.
Cerchi di ricordare Lucy come la donna di cui si è innamorato. E poi vada a casa con tranquillità.

Ma soprattutto, non se ne faccia una colpa.
Quello che è successo, è accaduto non di certo a causa sua. Se c'è un colpevole, questo è l'autista che guidava contromano.

Ora che è venuto a conoscenza della verità, non si pieghi su se stesso.

Affronti la sofferenza, si sciolga dai suoi sensi di colpa. Pianga la sua morte.
Si arrenda al dolore.

Ma poi, rialzi la testa con un sorriso.

Perché la sua amata potrà non esserci più, lei sarà ancora solo, ma Lucy sarà sempre presente nel suo cuore.

Ed è lì che deve essere: a casa.

Io la ringrazio infinitamente per avermi raccontato di questo episodio così importante per la sua vita.
Gliene sarò eternamente grato e lo porterò sempre con me, nel mio cuore.
E spero di trovare anche io una Lucy da amare così tanto.

Con affetto,
Michael Sinlow"

  
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