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Autore: titania76    08/08/2018    1 recensioni
Questa oneshot partecipa alla challenge #26promptchallenge indetta dal gruppo facebook Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart
Se solo il tridente divino fosse rimasto conficcato nel suo petto, ancorandolo al suolo proibito del Tempio di Poseidone per l'eternità...
Chi lo aveva liberato, lasciandolo andare poi alla deriva?
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gemini Kanon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questa oneshot partecipa alla challenge #26promptchallenge indetta dal gruppo facebook Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart


#26promptschallenge - prompt 15/26
#MIRACOLO
/mi·rà·co·lo/
sostantivo maschile
1.Fatto che si ritiene dovuto a un intervento soprannaturale, in quanto supera i limiti delle normali prevedibilità dell'accadere o va oltre le possibilità dell'azione umana.
2.Il verificarsi di una contingenza inaspettata e favorevole, spesso decisiva ai fini di modificare o invertire il corso degli eventi

Titolo opera: Non sprecare questa tua nuova vita
Fandom: Saint Seiya
Ship: nessuna
Parole: 830
Tags: #miracolo #ricominciare #nuovavita #perdono
Warning: nessuna


*****



Quel poco d'aria che gli era rimasta nei polmoni lo stava lentamente abbandonando. Poteva vederla formare delle bollicine e uscire dalla sua bocca, allontanandosi da lui in fila indiana. Erano i suoi ultimi aliti di vita che lo tradivano, per trovare la libertà dove c'era la luce.
Il suo corpo fluttuava inerme nell'acqua, in quel mare che voleva dominare, abbracciato – cullato – dalle correnti di quella distesa fredda e solitaria.
Se solo il tridente divino fosse rimasto conficcato nel suo petto, ancorandolo al suolo proibito del Tempio di Poseidone per l'eternità...
Chi lo aveva liberato, lasciandolo andare poi alla deriva?
I suoi occhi si stavano spegnendo, ma poteva ancora intravedere quei sbiaditi filamenti come inchiostro rosso fuoriuscire dalle sue ferite e mescolarsi all'acqua, rendendola torbida. Il suo sangue si stava dissipando in una danza sinuosa e ipnotica.
Si sentiva tirare. Non capiva in che direzione, ma era certo che il peso della sua colpa lo stava mandato sempre più in giù, fino ai fondali più oscuri, ai quali apparteneva un'anima nera come la sua.
Poteva accettarlo.
Poteva accettare che il suo corpo venisse straziato dalle rocce acuminate e diventare cibo per le creaure marine. Era quello che si meritava per aver armato la mano di suo fratello, per aver tramato contro gli dèi, per aver desiderato il dominio sugli esseri umani senza esserne degno.
Chiuse gli occhi, risparmiandosi la visione delle tenebre che lo inghiottivano e lo trascinavano sempre più a fondo.
Il gelo delle acque profonde gli intorpidiva le membra.
Il silenzio della tomba a cui era destinato riempiva ogni suo pensiero residuo, cancellando il volto di suo fratello, sostituendosi all'immagine della dèa bambina, l'unica che aveva sempre creduto in lui. Se solo quel giorno avesse riconosciuto l'amore di Athena, che lo aveva protetto nella prigione di roccia e lo aveva fatto approdare, indenne, fra le braccia di Poseidone. Se solo fosse stato più umile da ammettere il suo errore. Se solo...
Il petto gli doleva. Pulsava, bruciava. Era come se fosse compresso, racchiuso in una morsa. Era a causa della pressione dell'acqua. A che profondità era arrivato?
Aveva caldo. Tanto caldo.
Era convinto che la morte fosse fredda, ma lui scottava. Lo sentiva sul viso, lo sentiva sulla pelle.
La testa... avvertiva una strana sensazione di leggerezza che lo scombussolava e poi, un dolore martellante.
Le sue palpebre tremavano. Gli sembrava di vedere una luce attraverso di esse. Com'era possibile?
Dove stava precipitando lui non poteva arrivare la luce.
Allora, dov'era?
Il silenzio.
Aveva sempre creduto che la morte fosse anche silenzio. Soprattutto silenzio. Nelle profondità del mare c'era il silenzio più assoluto, ma le sue orecchie udivano una sorta di silenzio frusciante, come la pioggia in una sera d'estate.
Sentiva gli occhi stanchi; eppure, qualcosa di indefinito lo spingeva ad aprirli. Una voce nel suo cuore, calda e dolce, piena d'amore, lo invitava ad avere fiducia e a guardare di nuovo il mondo.
Deglutì. La gola gli faceva male, come se fosse rimasta inoperosa da troppo tempo. E aveva sete. Da quanto tempo non beveva? Il mare non era generoso in quel senso. La sua acqua poteva uccidere, invadendo i suoi polmoni, invadendo ogni cosa di sé.
Boccheggiò un paio di volte. Gli si serrò la gola come se gli mancasse l'aria. Afferrò il lenzuolo e strinse forte, fin quasi a strapparlo. Tutto il suo corpo si irrigidì, a contrastare la morte che lo attendeva.
Non era pronto. Non era pronto ad accettare quella fine.
Aprì gli occhi di scatto e arrancò nel respirare, disperato, affamato d'aria.
Ancora una volta si ritrovò disteso nel letto, in un bagno di sudore, sfinito.
Ancora una volta aveva rivissuto quell'incubo.
Ancora una volta era vivo, in una camera sconosciuta, vuota ed essenziale come lui era sempre stato.
Il petto, le braccia, le cosce e la testa, erano stretti da bende candide che qualcuno cambiava ogni giorno con ammirevole dedizione. Il suo corpo era debole e pallido, privo della vigoria che un tempo ne aveva fatto il comandante di un esercito. La sua mente non vedeva più in là del giorno stesso, ormai priva di interessi, di speranze e di motivazioni.
Girò lo sguardo verso la finestra. Fuori pioveva.
Non capiva com'era possibile che fosse ancora vivo. Non capiva perché era ancora vivo. Non meritava di respirare ancora; non quando altri più degni di lui erano invece sottoterra.
Nel suo petto il cuore batteva veloce. Perché?
Nelle sue vene scorreva ancora sangue, caldo, rosso. Perché?
Chi aveva compiuto quel miracolo doveva aver preso una cantonata. Lui non valeva un tale incomodo.
Chiuse gli occhi, stanco, scivolando piano in un sonno alieno, in attesa che quell'incubo, ancora una volta, gli straziasse la mente. Era la sua punizione.
Il silenzio di quella camera si riempì di una dolce melodia, cantata da una voce piena d'amore. Poi, avvertì il tocco gentile di una lieve carezza sulla sua fronte. Qualcuno vegliava su di lui. Lo aveva sempre fatto e lo avrebbe fatto in futuro.



   
 
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