Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Ninfea Blu    08/08/2018    3 recensioni
Da una pagina di un ipotetico diario del nostro Masumi, la malinconia di un uomo innamorato..
Storia scritta per il contest "Caro diario..." indetto su Forumfree
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Masumi Hayami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ultima sera nella valle

 
 
Valle dei susini, 18 maggio 2006 h. 21,45
 
 
È una sera fresca e tranquilla, quella che avvolge la valle.
Dalla finestra aperta, l’odore dei fiori di susino mi arriva intenso alle narici.
Mi sento inquieto, e stranamente malinconico; forse, è perché devo lasciare questo posto. O magari, il vero motivo è un altro. Qualcosa che non posso dire, ma che sento come un richiamo che riecheggia nel profondo del mio petto.
 
Quando iniziai a scrivere i miei pensieri tra queste pagine anonime, ormai diversi anni fa, pensavo che mi sarei stancato in fretta di comportarmi come un adolescente inquieto e insicuro.
Ho scoperto con stupore che non potevo smettere di farlo. Riversare qui, le mie emozioni più segrete è diventata una necessità quasi vitale.
La verità è che forse, io non sono mai stato un adolescente; ho pochi ricordi degni di nota di quella parte della mia vita, che dovrebbe essere uno dei periodi più belli dell’esistenza umana, uno dei più spensierati dove i sogni dominano ogni cosa.
Ho avuto poco tempo per sognare, anzi, non ho mai sognato affatto, troppo preso dalle responsabilità di essere degno erede di Eisuke Hayami, un padre che non è mai stato un padre.
Ma non è di questo che ora voglio parlare.
Queste pagine non devono contenere nulla che riguardi Eisuke, non sprecherò alcun foglio di carta, né una goccia d’inchiostro; non è per lui che sono state scritte, ed è l’ultima persona a cui le farei leggere.
 
In realtà, nessuno dovrebbe leggere quello che scrivo qui, perché a nessuno è destinato, salvo a me stesso.
 
Ho continuato a sentire l’esigenza di mettere in fila i miei pensieri, come i numeri di un resoconto trimestrale, forse per dargli un ordine, forse per controllarli e impedire che possano scappare pericolosamente oltre le soglie della mia coscienza vigile.
Ma i pensieri che evadono al controllo della coscienza, non si lasciano imprigionare dentro binari impostati. Da qualche tempo ho scoperto che è inutile, e questo rito di scrittura serve solo a buttar fuori cose che non esternerei mai in altro modo, abituato come sono a mantenere il controllo al punto di apparire freddo e distante.
Scrivo e non sono più padrone delle mie emozioni, che muovono la mia mano sulla carta a tracciare parole convulse, a volte con tratto incerto e tremolante, a volte nervoso, né riesco a dominarle come faccio abitualmente nel quotidiano; questa è l’unica verità che posso riconoscere, non senza sentirmi perso, e qualche volta addirittura terrorizzato.
 
Masumi Hayami è terrorizzato da ciò che prova.
 
Se qualcuno mi ascoltasse adesso, o leggesse queste parole che riporto sulle pagine bianche di un quaderno, stenterebbe a credere che sia io l’autore di questi pensieri.
Eppure sono davvero io.
È la mia mano che trema mentre scrivo.
 
Tra poche ore torno a Tokio, sotto quel cielo malato e stanco che nasconde stelle e respinge desideri; domani torno alla mia vita immutabile, al lavoro quotidiano che assorbe energie e pensieri.
Mizuki, efficiente come sempre, si è già occupata di ogni cosa; il viaggio, la prenotazione del treno, l’auto che dovrà venire a prendermi. Mi ha già trasmesso tutte le comunicazioni e ha già organizzato con scrupolo meticoloso, gli impegni e gli appuntamenti che mi attendono al rientro.
Una vita, la mia, inquadrata al dettaglio.
Ho l’impressione che non esista nulla di più patetico.

Lascio la valle dei susini, strano luogo magico che è stato capace di rapirmi i sensi e il cuore come non pensavo fosse possibile, senza avere avuto la possibilità di vedere Maya, e quest’idea mi mette una tale tristezza, che mi pare impossibile da provare. Anche ora, mi basterebbe che lei fosse qui con me, a guardare questo cielo che a Tokyo non si riesce a vedere, esattamente come quella sera che siamo rimasti sdraiati vicini sull’erba umida della valle.
 
Non pensavo di potermi sentire così vuoto. È dunque questa l’infelicità?
 
Oggi sono andato a salutare la signora Tzukikage; c’era un silenzio quasi innaturale attorno a noi, ero lì di fronte a lei, che sorseggiavo il mio tè, ostentando una calma che non provavo, e non desideravo altro che lei comparisse all’improvviso, davanti a me.
Lo speravo con ogni fibra del mio essere.
Le mie labbra si stirano in una piega amara, mentre indugio nel ricordo. Ero così teso, diviso tra la paura e la voglia d’incontrarla un’ultima volta, anche solo per un istante, che perfino il gatto comparso dal nulla è riuscito a farmi sussultare. La signora Tukikage si è accorta che qualcosa non andava, chissà cosa ha pensato del compassato e freddo Masumi Hayami, nemico giurato contro cui combatte da una vita.
Il suo vero nemico è mio padre.
 
Mi chiedo ancora come faccia.
Come fa quella ragazzina a sconvolgere tanto la mia esistenza? È qualcosa che mi meraviglia. Mi emoziona con la potenza di un uragano che scuote le radici del mio cuore che non trova terra cui aggrapparsi.
Non è più una ragazzina, anche se io continuo a ritenerla tale; me ne sono accorto quel giorno che ho assistito alla sua prova nei panni della Dea Scarlatta.
Una Dea ancora acerba, non del tutto sbocciata, ma capace di impressionarmi con la forza di un tuono che si schianta nell’aria.
Come sarà quando prenderà forma compiuta nella passione e negli occhi di Maya? Come potrò sostenere l’assalto di una simile, disumana emozione, incarnata nel minuto e fragile corpo della mia dolce, ingenua ragazzina?
 
Mia… potrò mai dirlo veramente? Come quel giorno nella valle, in cui mi è parso di sentire il mio spirito legarsi al suo? Non avevo mai provato nulla di simile. Nulla di cosi totalizzante, con nessuno. Ho dubitato che fosse vero, ma non ho mai sentito niente che fosse più reale di quella strana, avvolgente, meravigliosa sensazione.
Le ho rubato un bacio, in quel tempio, dove lei si è fatta abbracciare. Una notte intera cullata dal mio respiro che le solleticava i capelli sulla fronte.
Mai mi era parsa così arrendevole, così mite, così diversa dalla ragazza ostile che conosco da sempre. Mai l’ho vista così pronta ad ascoltare e a comprendere le parole del suo nemico naturale.
Che ti è successo Maya?
Sei cambiata dunque, fino a questo punto, e io non me n’ero accorto? Cosa ha mitigato il tuo cuore che pare disposto a perdonare il male che ti ho causato? Non posso essermi sbagliato così tanto.
 
E questa tristezza non mi abbandona.
Voglio vederla. Almeno una volta, prima di tornare laggiù, tra le miserie della mia vita vuota.
Il suo volto è davanti ai miei occhi. Il suo sorriso invade la mia mente e i suoi occhi scuri accendono fiamme nel mio cuore.
Qualche ora di sonno potrà aiutarmi, ma quando mi sveglierò, lei sarà ancora qui, tra le pieghe dei miei pensieri.
 
 
Shori per fortuna è già partita per Tokio; non so se sarei riuscito a fare il viaggio di ritorno con lei, dilaniato da questi ricordi dolci e struggenti. Shori non è fatta per questa valle. Shori è fatta per le luci al neon, fredde e ingannevoli, stelle artificiali senz’anima che brillano opache nel buio.
A volte, sembra così poco spontanea, tanto perfetta nei modi e negli atteggiamenti educati da apparirmi innaturale, come una marionetta di cui altri tirano i fili, ma priva di autentica volontà.
Eppure sembra sinceramente innamorata di me, pronta a restare al mio fianco a dispetto di tutta la cattiva sorte e io non ho fatto nulla per scoraggiarla; piuttosto, le ho regalato fiori per convincerla una volta di più del mio interessamento. Le ho mentito, come mento a me stesso.
Ho mentito a mio padre, convinto che io sia qui per fare gli interessi della Daito. La dea che sto cercando io, non è quella di mio padre.
E mi rendo conto di aver sbagliato, al punto che potrebbe essere difficile, forse impossibile rimediare al mio errore.
La mia fidanzata mi appare ogni giorno sempre più distante, lontana dalla mia natura e dalla mia sensibilità. Cosa ho in comune con quella bellissima donna? Il tempo dovrebbe saldare il nostro legame, farci trovare punti di contatto comuni, ma ho la spiacevole impressione che accada l’esatto contrario; più conosco Shori, più mi accorgo che abbiamo personalità e interessi inconciliabili, e questo fatto mi opprime come se avessi piombo sul cuore.
Eppure sarebbe la moglie perfetta per Masumi Hayami; lo sarebbe stata per il Masumi di un tempo, per l’uomo freddo, anaffettivo, incapace di provare vere emozioni, interessato solo al lavoro e alle sue aziende.

Sarebbe stata perfetta, se sulla mia strada non fosse comparsa una ragazzina di tredici anni con un talento e una passione oltre misura per la recitazione; una ragazzina che considera il teatro e i suoi misteri la vita stessa.
Prima di incontrare Maya, io non ero neanche certo di sapere cosa fosse la vita vera, quell’energia che ti spinge ad andare avanti ad inseguire i tuoi sogni a scapito di ogni cosa.
Maya mi ha conquistato per questo, perché possiede tutto quello che io non ho mai avuto, mosso com’ero - e sono ancora probabilmente - dalla mia sete di rivalsa, dall’unico desiderio della vendetta.
Non sono più sicuro nemmeno di volerla questa vendetta; sento che negli ultimi anni ha perso molta importanza, per quanto sarebbe una cosa relativamente facile da raggiungere. Il mio desiderio più grande e irraggiungibile ora è un altro.

Io voglio che Maya… mi amvorrei essere amato da lei… ho paura perfino di scriverlo.

Voglio che Maya interpreti da Dea Scarlatta, voglio vederla in quel ruolo, voglio sentire attraverso di lei l’amore delle anime gemelle, e scoprire finalmente se esiste davvero… se può esistere anche per uno come me.

Se avessi abbastanza coraggio, le esprimerei tutto questo a parole, faccia a faccia.

Invece, come un vigliacco, non ho mai avuto il coraggio di mostrarle il mio vero volto, ho dovuto nascondermi dietro una maschera, che dopo anni è diventata scomoda e difficile da portare, ed ora ho l’impressione che si stia incrinando.
 
Mi sto chiedendo seriamente come farò a sposare Shiori; come farò a portare all’altare una donna verso cui sono tanto indifferente?
La verità è che non la amo. Non provo nulla per Shiori. Non riesco ad amarla, per quanto lo meriterebbe. Forse sono davvero un uomo senza cuore. Non ho verso di lei alcun trasporto, anche se so che mi vuole bene e si preoccupa sinceramente per me.

E continuo a pensare a Maya.
Continuo a desiderare di vederla, di parlarle, di sentire la sua voce anche se è per ricevere il suo biasimo. Continuo ad essere geloso, in un modo di cui non mi credevo capace se quel ragazzino è con lei, se la tocca, se le parla, se le stringe la mano, se l’abbraccia per amicizia o amore inventato sulla scena.
 
Ricordo quello che ho provato quel giorno nella valle, durante la rappresentazione di prova della Dea Scarlatta; erano seduti vicini, i petali dei susini volavano nell’aria spargendo il loro profumo, e io morivo se le loro spalle si sfioravano soltanto.
Costretto accanto a Shori, non desideravo altro che alzarmi, andare verso di loro e separarli con una scusa qualsiasi. Allontanare lui da lei, cacciarlo via, fuori dal suo mondo e dalla sua vita. Era davvero questo che desideravo fare, di niente altro m’importava.
Sono pensieri assolutamente strani per uno come me.
Li guardavo in silenzio assottigliando lo sguardo, stringendo le mani nervose tra le mie gambe divaricate, e ribollivo di rabbia contenuta che non potevo manifestare senza impressionare la mia fidanzata, che ignara mi stava accanto, eccitata e commossa senza ragione, mentre seguiva la recitazione come io non riuscivo a fare, troppo concentrato sulla mia ragazzina e Sakurakoji che sedeva accanto a lei e le cingeva le spalle, senza curarmi del fatto che Shori avrebbe potuto accorgersi del mio malessere.
Non mi sarebbe importato. Che capisca con chi ha che fare.
Un uomo che non la merita.
Un uomo meschino incapace di amarla.

Non merito neppure Maya se lascio che il mio cuore bruci, senza tentare di placarlo. Sono tanto vigliacco che non oso lottare per la mia felicità, convinto come sono che non sia prevista nel mio destino.
Ciò che desidero non può realizzarsi, e non c’è stella in questo firmamento che osservo da questa finestra, che possa brillare lassù per me. Non ho desideri da buttare in questo cielo profondo che mi sovrasta. Non ho sogni da sussurrare a queste stelle luminose che accendono la notte. Non ho nulla da portare a Tokyo con me, salvo istanti più evanescenti della sottile bruma rosata che riveste la valle come per incanto.

Ciò che è accaduto in questa valle resterà qui, luogo in cui i sogni, anche i più impossibili, possono vivere.
La mia mano continua a tremare mentre traccia linee sulla carta. Il mio cuore è pesante.

Se ne fossi capace disegnerei il suo volto.
Il volto della mia ragazzina, imprigionata tra le pagine segrete di un diario.
Allora, sarebbe davvero mia.
 
 
 
Fine

 
   
 
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